La Pergola di Heinz Beck è uno spettacolo teatrale da applausi a scena aperta

di Leonardo Romanelli

Freddo. Salotto con luce da fuori che penetra. Memories. Colonna sonora: Halleluiah di Leonard Cohen. Una vita con le gambe sotto al tavolo, la mia, e i ricordi si soffermano ai tanti pranzi e cene fatte in giro per l’Italia. A Roma faceva caldo, ma la pioggia continuava incessante. Meglio così, almeno potrò concentrarmi sui piatti di Heinz Beck senza essere disturbati dal paesaggio che si gode dalla terrazza de La Pergola (la Sindrome di Stendhal è sempre in agguato) e godere così appieno dei consigli di Marco Reitano, osservando con curiosità la rappresentazione che va in scena tutte le sere, con un pubblico voglioso di battere le mani alla fine della cena, anche se qui il bon ton non lo permette.

Partenza Dom Perignon 2004, dalle note di freschezza agrumata, il sommelier forbito non si lascerebbe sfuggire la nota minerale, di fatto un inizio intrigante. Ricciola marinata all’aceto balsamico bianco con neve di melograno, consistenza e profumo, aria ed acqua, una bocca pulita ed appetitosa, vivace.

Il tempo di pensarci un po’ ed arriva Jospeh Mellot Sancerre 2013 per il ricordo di frisella con tartare di gamberi rossi, dalla nota croccante, denso e ricco il sapore, che si amalgama e ben si svolge, per rimanere ad abbracciarsi  con il vino.

E’ il turno delle capesante affumicate in guscio di barbabietola e qui inizia il gioco complesso, come una partita a bridge: elementi che si vanno a comporre sull’equilibrio sottile tra dolce e affumicato, con la tenacità del frutto a fare da contraltare. La sorpresa successiva è il Quintodecimo Via del Campo 2006, che racconta una vita trascorsa ma ancora tanto da aggiungere, dove il baricentro lo si ottiene dalla freschezza, ma poi i fiori e i frutti la fanno da protagonisti.

Giusto, per abbandonarsi così ai fagottelli “La Pergola”, avvolgenti, cremosi, pieni, osceni nella loro capacità attrattiva. Sarà per questo che c’è bisogno di uno stacco, un piatto di trasbordo, il merluzzo con salsa di sedano e crosta al curry, azzardo gioioso, nome quasi volgare per aromi che portano lontano, ma senza scordarsi il luogo di origine.

Da bis immediato, senza chiudere il sipario, con le luci accese in sala il secondo, ovvero  l’agnello su salsa di pomodoro, ricotta salata e basilico, riuscito connubio fra aromi di carne e di verdure. Qui il compagno era il Quota 600 Etna Rosso 2010 di Graci, e non poteva essere altrimenti, non imperioso ma ben presente.

La chiusura tributa l’omaggio alla tecnica, al piacere coniugato all’arte: sfera ghiacciata ai frutti rossi su crema di tè con lamponi cristallizzati. Il Moscato Rosa 2011 di Zeni è li a fare da delicato supporto. In mezzo immagini, flash improvvisi, di sali, di olio, di pasticcini da scoprire in un comò argentato. Tutto è compiuto. E’ il momento liberatorio: U2 (The Miracle of Joey Ramone) e tutto si fonde tra bocca e cervello.

(Foto credits: Scatti di Gusto (ricciola marinata), Instagram Heinz Beck)

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Leonardo Romanelli

“Una vita con le gambe sotto al tavolo”: critico gastronomico in pianta stabile, lascia una promettente carriera di marciatore per darsi all’enogastronomia in tutte le sfaccettature. Insegnante alla scuola alberghiera e all’università, sommelier, scrittore, commediografo, attore, si diletta nell’organizzazione di eventi gastronomici. Mescolare i generi fino a confonderli è lo sport che preferisce.

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