La Malvasia di Bosa e poi basta. Sei assaggi di un vino che (quasi) non c’è

La Malvasia di Bosa e poi basta. Sei assaggi di un vino che (quasi) non c’è

di Jacopo Cossater

Di ritorno da un breve fine settimana in Sardegna questo post si potrebbe esaurire più o meno così: Bosa è un luogo di incredibile bellezza e la sua Malvasia, almeno nelle sue interpretazioni più virtuose, un vino che ha pochi eguali per fascino.

E invece no, qualche parola in più credo vada spesa, che di certo la Planargia non è immune da quelle contraddizioni che caratterizzano tutti quei territori del vino che ti rapiscono prima gli occhi, poi il cuore, infine la mente. Per esempio ci sarebbe da sottolineare lo sconcerto con il quale ho appreso che tutta la denominazione vede iscritti appena 27 ettari di vigneto alla produzione della sopracitata tipologia. Avete letto bene. Un’area talmente piccola da risultare irrilevante ai fini di qualsivoglia calcolo statistico. Regionale, nazionale e oltre. Così piccola però al tempo stesso così significativa, basta infatti portare alle labbra la Malvasia Riserva 2010 di Columbu per venire trasportati in un universo in cui i termini sole, mare, macchia mediterranea, torba, frutta secca, agrumi, fieno, trovano senso compiuto uniti in un unicum irripetibile per magnetismo. Secco e appagante, un vino fieramente ossidato e maledettamente attraente, caratterizzato da una beva che definire compulsiva è dire poco (oltre ogni possibile meditazione).

Eppure basta avventurarsi anche per pochi chilometri tra i comuni di Bosa, di Magomadas o di Modolo, tutti in provincia di Oristano, per accorgersi che nella realtà i numeri non possono che essere ben diversi, e che qui semplicemente la Malvasia fa parte della realtà di tutti i giorni senza però avere quell’ufficialità che tutte le grandi denominazioni meriterebbero. Vuoi un grande consumo domestico, vuoi la semplicità del fare da sé, il risultato è che sono oltre 120 gli ettari coltivati a malvasia che non rientrano nella DOC. Un numero in proporzione enorme, una perdita particolarmente importante per una tipologia che al di là di ogni possibile valutazione qualitativa avrebbe davvero bisogno di una spinta numerica. Vi siete mai imbattuti in una Malvasia di Bosa al ristorante? Appunto.

Il fatto poi non ci sia (più) una cantina sociale capace di assorbire una parte di questa produzione non aiuta e anzi rende tutta la zona ancora più “grigia” dal punto di ogni possibile rilevazione. Perché in fondo le cantine sono poche, davvero poche. Anzi, correggo il tiro: la questione forse non riguarda tanto il numero delle cantine presenti sul territorio quanto la loro tensione verso una tipologia, la Malvasia di Bosa ossidata – quella che richiede più tempo – che sta andando via via scomparendo a favore di un vino dolce d’annata tanto piacevole quanto impossibilitato a raggiungere la statura assoluta del suo fratello maggiore. Un vino unico, per certi versi paragonabile alla vicina Vernaccia di Oristano (e qui ci sarebbe da aprire una parentesi sul fatto che due dei più grandi vini ossidati del mondo si trovino a pochi chilometri di distanza, valore tanto incredibile quanto irripetibile), che prevede una lunga maturazione in botti scolme, anche superiore ai due anni, al fine di esaltare il lavoro dei cosiddetti lieviti flor, gli stessi che si trovano a volte a Jerez de la Frontera, in Spagna, o nello Jura, in Francia. Quello che ne risulta è un vino unico, non dolce, non abboccato, tendenzialmente secco, profondissimo, particolarmente caldo e trascinante. Soprattutto un vino capace di una longevità sconcertante. Un fascino, quello dell’ossidazione, che Giampiero Pulcini ha descritto con grande partecipazione solo pochi mesi fa sul blog degli “alterati”, un post da tenere stretto, su cui torno sempre con piacere.

Bosa prelude allo sbocco sul mare del fiume Temo. L’anfiteatro di colline della Planargia è alle spalle; lì nei comuni di Suni, Tinnura, Magomadas e Tresnuraghes cresce una Malvasia delicata – localmente detta Alvarega – su cui il maestrale posa quel tanto di Mediterraneo che rende sapidi gli acini quasi fossero capperi. Il terreno è candido, di matrice calcarea arricchita da una fitta compattazione di fossili marini.

Vinificata in ossidazione, quest’uva dà il vino dell’amicizia e dell’ospitalità; quello della domenica mattina dopo la messa, con gli uomini riuniti per fare il giro delle cantine scambiando opinioni. Il vino che nelle migliori espressioni impone di sedersi per essere “chistionadu”, ossia commentato, discusso; non esiste complimento più grande che gli si possa fare.

Una delle cose più belle, al netto di un territorio impossibile da riassumere in poche righe, è stata la possibilità di assaggiare – complice la manifestazione Primavera della Malvasia di Bosa, una due giorni ideale per immergersi nella zona – diversi vini di diversi produttori. Ecco alcuni appunti presi al volo in momenti molto lontani tra loro, magari sul battello che risaliva il Temo, l’unico fiume navigabile della Sardegna, magari direttamente in cantina (luoghi che hanno scorci come quello qui sopra).

Malvasia di Bosa “Alvaréga” 2013, Columbu – Note addirittura di gianduia, di fiori di camomilla, di mandorla per un vino non eccessivamente dolce, appena sapido, gradevolmente appagante, certamente equilibrato. Che delicatezza, che bello.

Malvasia di Bosa “Salto Di Coloras” 2013, Angelo Angioi – Semplice ma non scontato, caratterizzato da una lieve vena di acidità che lo rende piuttosto ritmico all’assaggio su piacevoli sentori agrumati. Bene.

Malvasia di Bosa 2013, Fratelli Porcu – Armonico, lineare, a tratti lucente. Al naso non emerge per complessità ma stupisce per intensità su note di agrumi maturi e di fieno. Fresco, dolce, chiude molto piacevole su toni glicerici. Lungo.

Malvasia di Bosa “Contos” 2013, Zarelli – Molto dolce, caldo, fruttoso . Magari non emerge per sfaccettature ma risulta piacevolmente appagante, in particolare sul finale.

Malvasia di Bosa Riserva 2010, Columbu – Il campione del mondo, il vino che con il bicchiere in mano immagineresti su quell’isola deserta. L’ossidazione al potere e al servizio di ogni possibile sentore mediterraneo. Asciutto, deciso, trascinante, infinito (lasciatemi qui).

Malvasia di Bosa 2008, Emidio Oggianu – Non completamente secco, assolutamente non dolce. Affascinante su toni di frutta secca, mandorla in particolare, e di vaniglia. E poi quella bella sensazione volumetrica, appagante, quella di un assaggio che lascia dietro di sé una scia appena larga ma davvero significativa.

Questi ultimi due sono oggi gli unici esempi di Malvasia di Bosa vinificata con stile ossidativo. Tutti gli altri sono invece figli di un approccio “tradizionale”, vengono cioè vinificati in acciaio e imbottigliati, chi prima, chi dopo, l’anno successivo alla vendemmia. Due vini che senza esagerare emozionano ogni volta non tanto (e solo) per l’originalità gustativa che sono in grado di esprimere ma anche per l’enorme statura che li caratterizza. Vini senza tempo, caratterizzati da un’austerità e una generosità non solo organolettica ma anzi, che rimanda immediatamente alle persone che li hanno prodotti.

[Trasparenza per un mondo migliore: questo post non sarebbe stato possibile senza la straordinaria accoglienza, ospitalità e disponibilità della Strada della Malvasia di Bosa, associazione che mi ha ospitato in Sardegna per il weekend. Come sempre in questi casi: grazie]

Jacopo Cossater

Docente di marketing del vino e di giornalismo enogastronomico, è specializzato nel racconto del vino e appassionato delle sue ripercussioni sociali. Tra gli altri, ha realizzato i podcast Vino sul Divano e La Retroetichetta, collabora con l'inserto Cibo del quotidiano Domani e ha cofondato il magazine cartaceo Verticale. Qui su Intravino dal 2009.

4 Commenti

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biotipo

circa 9 anni fa - Link

grazie jacopo per aver raccontato così bene, dandogli finalmente un po' di visibilità, un vino unico che dovremmo tenerci stretti e che invece (così come la vernaccia di oristano) fa sempre più maledettamente fatica ad emergere, non dico sul mercato, ma almeno nei discorsi di appassionati ed esperti...

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Gianni Morgan Usai

circa 9 anni fa - Link

Columbu : un grande filosofo di Malvasìa, un grande sardista, una grande perdita...

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Gianni Morgan Usai

circa 9 anni fa - Link

Jacopo : bene meda..!

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Barbara

circa 9 anni fa - Link

Il tuo racconto è emozionante così come la grande Malvasia di Bosa di Columbu !

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