La lunga storia di Krug, una volta per tutte

di Andrea Gori

Prologo: Pensate a Johann-Joseph Krug, immigrato tedesco, che dalla Renania approda in Francia e in breve tempo diventa socio di Jacquesson, la maison di Champagne più quotata dell’epoca. Ecco, pensate a questo signore che abilmente consolida il suo ruolo, convolando a nozze (ah, l’amour!) con una signora interna alla famiglia reggente l’azienda suddetta. Una posizione invidiabile la sua, direte. Dunque, spiegatemi voi, come mai questo gentiluomo rischia capra (carriera) e cavoli (matrimonio) per fondare la sua maison personale? La risposta è semplice e risiede nella parola ossessione. Johann-Joseph Krug era – infatti – un romantico (nel senso letterario del termine) capace di seguire le proprie idee a tutti costi, lasciandosi guidare da queste e dalle sue capacità, oltrechè dalla voglia di mettersi in discussione.
Intreccio: J. J. Krug era partner dei Jaquesson – è vero – ma si occupava principalmente di comunicazione, ruolo in cui eccelleva. Il fatto di non poter intervenire nei processi produttivi era un elemento di frustrazione per lui, che avrebbe voluto dir la sua nel confezionamento dei vin claires e nell’assemblaggio delle cuvée. Altro suo grande cruccio risiedeva nell’idea Champagne che portava avanti Jacquesson; Krug, infatti, non credeva nell’effettiva sudditanza dei sans année rispetto alle cuvèe millesimate. Insomma, è pur vero che Veuve Clicquot nel 1816 – anno della cometa – aveva inaugurato un’era, ma la visione poteva e doveva essere non univoca.

All’epoca dei fatti, in Champagne, si viveva quello che può essere definito il primo boom commerciale del vino omonimo, molte erano le maison nuove di zecca e la competizione era durissima; noncurante del mercato caotico e della concorrenza, Joseph Krug, iniziò col dedicare tempo ai suoi “esperimenti” d’assemblaggio, avvalendosi della collaborazione di un negociant capace di procurgli vini base su cui lavorare, nel completo anonimato. Dopo tre anni di sperimentazioni la collaborazione fra i due si intensificò ed il negociant chiese a Joseph di uscire da Jaquesson e rimanere con lui, fondando una maison nuova. Non è rimasta traccia per i posteri della lettera con cui Joseph annunciava alla moglie la sua voglia di autonomia,  ma la replica di lei – sopravvissuta fino a noi – è piuttosto chiara e testimonia tutta la turbolenza del momento, per usare un eufemismo.
Monsieur Krug debuttò con il suo champagne nel 1843, producendolo personalmente fino al 1866, anno della sua morte. Nel corso di questi anni Krug, non mancò mai di tradurre le sue idee su carta, in maniere che queste arrivassero integre fino al figlio (all’epoca aveva 6 anni), annotò tutto quello che avrebbe potuto aiutare quest’ultimo, insistendo su quella che era l’idea fondante del progetto: il concetto di Cuvée.
Se Herr Krug, da un lato, contava di mettere in cassaforte – per il suo erede – una formazione tecnica adeguata, dall’altro pensava ad inculcare contemporaneamente in lui un animo commerciale, insistendo nello studio delle lingue, vero e proprio passepartout per il mercato internazionale; d’altronde non si poteva pensare di produrre qualcosa di eccellente se poi non lo si poteva vendere ovunque.

Le Cuvée e l’idea d’eccellenza: Krug, all’inizio del suo percorso commerciale, divise la sua produzione in due cuvée. La prima, chiamata Numero 1 e non millesimata che può essere considerata l’antesignana della attuale Grande Cuvée, e la Numero 2 – millesimata – che veniva prodotta solo nelle annate eccezionali. Non vi era alcuna gerarchia qualitativa fra le due, l’elemento che le contraddistingueva era l’idea che ne segnava la genesi. La Cuvée Numero 1 poteva essere considerata frutto dell’abilità, dell’esperienza e della sensibilità nella manipolazione; un vino con l’uomo al centro, insomma. La numero 2, al contrario, vedeva come elemento focale la variabilità; la mano dell’uomo era subordinata alla natura e all’andamento stagionale.

Il concetto dell’assemblaggio e La Grande Cuvée al giorno d’oggi: Le idee alla base del progetto “Krug” sono arrivate intonse fino al giorno d’oggi e sono la base su cui viene sviluppato il mood del vino più importante – in termini numerici – dell’azienda: La Grande Cuvée. La mira ultima è quella di cercare un’eccellenza perpetua, lo strumento per inseguire questa chimera sono i vin de reserve, che la denominazione ammette in quantità anche elevata nelle cuvée senza annata (fino al 40%). Per avere maggiori garanzie di “stabilità” e qualità del prodotto finale, l’azienda conserva e mette a disposizione uno stimolante mosaico di vin clares, separati per provenienza delle uve e per millesimo; una pratica che richiede grande disponibilità economica e che prevede enormi capacità di gestione, sia nello stoccaggio che nell’utilizzo dei vini di base. L’assemblaggio è un lavoro certosino, ed il progetto di ogni singola cuvée è il frutto di infiniti assaggi – almeno sei mesi di prove da cui – in ultima battuta – lo chef de cave (oggi al ponte di comando c’è Eri Lebel) attinge gli spunti per tre ipotesi progettuali sulla quale lavorerà una commissione di 5 persone tra le quali Oliver Krug, discendente diretto del nostro caro J.J.

Grande Cuvée, un viaggio nel ventre di Krug: Per arrivare a bere questo vino il percorso è lungo quasi 10 anni e lo si può virtualmente percorrere visitando l’azienda. La prima tappa è il grande edificio-magazzino che contiene le piece (botti) dove fermentano i vini dei vari villages da cui provengono le uve (acquistate o coltivate in proprio) o i mosti. Ogni botte ha un numero esplicativo che riporta il comune di provenienza e indica se si tratta della prima o della seconda pressatura. Nei locali ogni anno fermentano in legno più di 200 vini differenti, che si chiarificheranno in botte con lentezza, senza metodi meccanici.

Passando al piano inferiore, nelle caves vere e proprie, riposano tutte le bottiglie per minimo 6 anni dopo l’assemblaggio, mentre i millesimati possono sostare anche per 10 anni. Il periodo è più lungo perché non vengono utilizzati vin de Reserve a dare equilibrio e a bilanciare l’acidità. L’elemento che colpisce di più sono i tank  contenenti i vin de Reserve, tenuti separati fino al blend definitivo. Su ogni contenitore trovano spazio gli appunti con le note di degustazione alla cieca: un tesoro d’informazioni unico in tutta la Champagne e pressochè inestimabile.
Un lavoro certosino – ed incredibilmente costoso – come quello portato avanti dalla Maison non sarebbe oggi più sostenibile economicamente neanche con i prezzi che l’azienda spunta sul mercato se non ci fosse alle spalle un colosso del calibro di LVMH.


Un’idea nel bicchiere, la degustazione: è proprio il calice a rafforzare il concetto stilistico dietro alle scelte della maison. Ecco i nostri assaggi:

Clos du Mesnil 2000 (bott 7126)
Un piccolo miracolo. Scampato alla grandinata che ha distrutto la collina accanto, ha trascorso 10 anni sui lieviti. Nel bicchiere troviamo senza sforzo il nitore e la precisione dello Chardonnay di Mesnli-sur-Oger. Annata ricca ma non facile. E’ impressionante la nota tropicale, le sensazioni di frutta secca e le note tostate, anche se appena accennate. Al naso, ancora ricordi di mela, kumquat e mandarino. La bocca è ovviamente giovane ma riesce ad esprimere cenni di maturità ed equilibrio, grazie ad una proverbiale mineralità capace di tenere ogni elemento al proprio posto. Ancora, in chiusura, rimandi al pane dolce e al miele. Calore e umidità insieme, freschezza e concentrazione, verticalità e morbidezza. Confettura di arancia amara e lievito leggero in retrolfazione, quasi a ricordare la genesi di tutto. 92

Vintage 2000

Da poco in bottiglia ed ancora all’inizio del suo cammino è frutto di un’annata molto attesa e celebrata. L’assetto nel bicchiere è solare, gioioso. Apre con note di pasticceria, cedro candito e lime, burro, salvia e sensazioni di torrefazione. E’ una champagne “gourmandise”, goloso. Si distende su note di caramella agli agrumi e pompelmo. La bocca è ficcante, corroborata dall’acidità. Il  finale è di grande persistenza. 90+

Vintage 1998
E’ uno Champagne che evoca piena maturità. Al naso è marcato da sensazioni di frutta (ribes e fragola, pesca e susina) e ricordi floreali di ginestra. Si schiude poi su note di pane candito, uvetta e bacon. Bocca più fresca dell’olfazione, ravvivata da un’acidità straordinaria e incalzante, capace di alleggerire il gran corpo del vino, donandogli eleganza. 97

Krug Collection 1989
Al naso: caramello, iodio e frutti di bosco. Ancora sensazioni di vaniglia, leggere note ossidative, meringa e cacao. Ricordi di agrumi canditi e zafferano, miele di acacia, vetiver e lavanda. Il sorso attacca appena dolce ed è connotato da una bollicina esile. L’assaggio risulta solido, godereccio e succoso. E’ un vino da leggere con attenzione, ma in uno stato di forma smagliante. Da meditazione.  95

Krug Rosé
Colore splendido: arancio lievissimo. Al naso: ribes, cuoio e tabacco, confetto e mandorla, melograno e alkermes. E’ una Grande Cuvèe che sposta la lancetta su sensazioni appena maschili, grazie ad una leggera percezione tannica. La bocca è stuzzicante e si muove fra note di caramello e frutti di bosco, pan di spezie e zenzero. Il grip avvertito in precedenza anima la bocca con una persistenza notevole. E’ un vino dall’evidente appeal gastronomica.  88

Grande Cuvée
Uno Champagne composto da oltre 120 vini (provenienti da 10 annate diverse), impone un’attenzione ed un ascolto particolari. Questo non significa illeggibilità, però. La Grande Cuvée, infatti, è un mix fra piacevolezza e cerebralità. Un grande vino, insomma. Nel bicchiere si rivela subito floreale, intenso e solare. E’ marcato da un tocco di vaniglia, note di pasticceria, cialda di mais, agrumi, zenzero, anice e lamponi. In bocca ha una freschezza inconsueta e sorprendente. E’ opulento e fine. Chiude fra sensazioni di nocciola, mandorla e pepe bianco. 91

Si ringrazia Mauro Mattei per collaborazione

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

13 Commenti

Lorenzo

circa 11 anni fa - Link

wow! varie volte ho bevuto Krug, solo una volta il Clos du Mesnil, e la sensazione di stupore di quell'assaggio, ancora la porto con me. A chi mi chiede, com'è il clos du Mesnil ? Io riapondo, ''quello è Champagne, il resto sembra acqua minerale''

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Pietro

circa 11 anni fa - Link

Bella storia e bella descrizione Andrea, bravo. Per chi, come me, non sapeva nulla di Krug, è un bel leggere.

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fmartini

circa 11 anni fa - Link

e bravo Andrea, molto esaustiva e competente, anche se non potrò quasi mai degustarli non essendo un professionista e comprando champagne per uso personale,mi piace molto quando fai le valutazioni perchè non sfoggi mai!!! Continua

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Andrea Gori

circa 11 anni fa - Link

anche se non sei un professionista e anche se (come me) non te li puoi permettere sappi che ci sono spesso eventi in cui Krug è protagonista e "assaggiabile". Di recente c'era una serata durante il convegno AIS a Roma e una bell'evento durante il Salone del gusto a Torino. Non capitano spesso ma se càpitano...

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fmartini

circa 11 anni fa - Link

ringrazio,io sono di Fiorenza come te e aspetto gli eventi qui che sono rari come i cani gialli :-))

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Lara

circa 11 anni fa - Link

forse state bucando la news di oggi ..... robert parker vende tutto si attendono notizie di cernilli ........

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Antonio tomacelli

circa 11 anni fa - Link

Nelle notizie flash: è lì dalle 12,30

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Lara

circa 11 anni fa - Link

appunto.

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Riccardo Campinoti

circa 11 anni fa - Link

Oh Gori, premesso che non ho assaggiato il CDM 00 ma mi sembri di braccino parecchio corto, 88 al Rose' poi... Beato tec he li hai bevuti tutti insieme, ora li metti in carta da Burde!

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Andrea Gori

circa 11 anni fa - Link

in carta da Burde al massimo riesco a farci stare la Grande Cuvèe che comunque mi bevo io da solo...gli altri sono un poco fuori scala per i miei prezzi da osteria! Il rosè è molto buono ma non mi sento di definirlo imprescindibile...però per i Krug lovers è esattamente quello che ti aspetti da Krug in materia quindi di sicuro non si rimane delusi. Per gli altri vista la spesa consiglio di andarci cauti...

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Alberto

circa 11 anni fa - Link

Leggendo i commenti di questo articolo del buon Andrea incappo in lei sig.Campinoti e colgo l'occasione per complimentarmi degli ottimi Brunelli che sta producendo. Bravo e continui così.

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raffaele

circa 11 anni fa - Link

Grande champagne, con un piccolo problema i prezzi non accessibili preferisco i piccolo vigneron mi soddisfano di più... cose come agrapart, lamandier bernier o il piccolo Andrè Jacquart tanto per citarne alcuni nella cote de blanc o perché no l'eclettico sellosse.... grazie bell'articolo

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