La Cina non è poi così vicina: scambiano ancora il Prosecco per Champagne

di Cristiana Lauro

Il futuro è in Oriente e non solo in Cina, lo hanno capito tutti da un pezzo, anche il comparto vinicolo internazionale. Personalmente, senza tutto quell’inquinamento nell’aria, non avrei grossi problemi a trasferirmi a Pechino o Shanghai, anche se vivere con la mascherina senza essere Zorro su questo pianeta un senso non ce l’ha. Casomai lo farei con il mio adorato cane al seguito, la piccola Carmela, così sfatiamo la maldicenza che i cagnolini da quelle parti finiscano in padella. Non è vero! Me l’hanno detto dei cinesi, gente perbene, hanno un ristorante.

Per ora preferisco muovermi da pendolare, che non è molto comodo ma mi dà il tempo di fare un sacco di cose mentre viaggio. Ad esempio stavolta ho iniziato e finito il Capitale di Marx e nelle ultime due ore di volo rimaste, ho potuto riflettere su alcuni contrasti fra il pensiero marxista e l’indubitabile rilettura operata dal compagno Mao. Poi ho iniziato un libro di Adua Villa ma siamo atterrati e ho dovuto mollarlo alla sesta riga. Al ritorno da Pechino la tratta è ancora più lunga e ho avuto tempo per ricomporre i 35 cubi di Rubik che avevo in valigia; un po’ ingombranti, effettivamente, la prossima volta ne porto solo uno così rifaccio e disfo sempre quello per 35 volte. Poi ho ripreso in mano il libro di Adua Villa ma siamo atterrati e ho dovuto mollarlo alla settima riga. Che peccato!

Ho girato parecchio anche stavolta fra incontri istituzionali e scambi di idee sul mercato del vino. Inoltre ho preso parte a un bellissimo gala dinner organizzato da James Suckling, che mi chiedevo che fine avesse fatto dopo quella volta a casa di Sting dove ci regalò momenti indimenticabili. Suckling parla di vino italiano a Hong Kong e Shanghai e si rivolge prevalentemente a un pubblico high-level, piuttosto numeroso da quelle parti, bontà loro. La location del gala dinner, Jing An Shangri-La, West Shanghai, era da mille e una notte: si è mangiato abbastanza bene ed é stata un’occasione per incontrare amici produttori e gran parte degli importatori cinesi accorsi numerosi malgrado l’elevato costo per la partecipazione. Io ero a scrocco. I vini presenti sono stati molto apprezzati. Pensate che durante l’aperitivo più di uno ha creduto di tracannare una flûte di champagne bevendo a secchiate il Prosecco di Carpené Malvolti, tanto per riferirvi un modello di crescita qualitativa dei nostri prodotti.

In Cina per vendere vino sono sbarcati tutti, dopo i francesi; cileni, australiani, neozelandesi, spagnoli e noi ci siamo mossi tardi a parte qualche eccezione lungimirante come quel genio di Angelo Gaja, che in terza elementare festeggiò una sfilza di dieci e lode in pagella proprio a Shanghai, offrendo ai maggiorenni presenti al rinfresco, fiumi di Barbaresco allora sconosciuto da quelle parti. I Gaja conoscono la Cina poco meno delle Langhe e quasi come gli Stati Uniti.

La quota di mercato rappresentata dai vini italiani qui deve crescere al più presto perché il consumo di vino è in forte incremento ma altre aree produttive si stanno muovendo più rapidamente di noi. Non abbiamo saputo fare sistema, non serve ripeterlo, ma dobbiamo darci una mossa. Qui da noi organizziamo una quantità di incontri che non ha precedenti per parlare del trend dei vini naturali, artigianali, liberi o chiamateli come volete, e infatti stanno crescendo sul mercato italiano in maniera importante, come diretta conseguenza di un lavoro di comunicazione di squadra ben fatto. Ma parliamo di tanti piccoli produttori sapendo che il grosso della produzione vinicola interna, che non è ovviamente rappresentato da questi ultimi, dobbiamo rivolgerlo all’estero, ora e chissà per quanti anni a venire.

In Oriente, in generale, il palato che si va formando è basato su un gusto diverso dal quello nostro attuale, molto più simile a ciò che ricordo da noi fino a pochi anni fa. Non interessa il concetto di vitigno autoctono e vinificato in purezza, ad esempio, quindi un blend di cabernet sauvignon e merlot non è Belzebù, anzi, Bordeaux style funziona parecchio. Sono mercati diversi e vanno affrontati con altre regole e visione interna, cercando di interpretare la ricettività del pubblico per farla crescere. È chiaro che per fare questo sia necessario recarsi in Cina, tornarci spesso, muoversi e non da soli, per meglio affrontare i costi elevati, conoscere, parlare, osservare e cercare di capire, altrimenti si resta schiacchiati dai preconcetti e dalle interpretazioni personali basate su conoscenze congetturali, per tanto fallibili, più che su sostanza concreta.

Italia e Cina sono paesi molto diversi e noi siamo un popolo molto diverso dai cinesi per storia, cultura e tradizioni. E cosa apre le nostre menti se non aver compreso e assimilato l’importanza del relativismo culturale e di tutto ciò che ne deriva in ogni campo? Che sia commercio, cultura, divulgazione, formazione, rapporti interpersonali, metteteci quello che volete, senza limiti. E non trovate in tutto questo grossi stimoli per crescere culturalmente? Sarà che somigliare a qualcun altro mi annoia a morte. Sarà che sono naturalmente attratta da persone assai diverse da me.

[Foto: Donatella Cinelli Colombini]

avatar

Cristiana Lauro

Cantante e attrice di formazione ma fortemente a disagio nell’ambiente dello spettacolo, che ha abbandonato per dedicarsi al vino, sua più grande passione dopo la musica. Lauro è una delle degustatrici più esperte d’Italia e con fierezza si dichiara allieva di palati eccellenti, Daniele Cernilli su tutti. Il suo sogno è un blog monotematico su Christian Louboutin e Renèe Caovilla, benchè una rubrica foodies dal titolo “Uomini e camion” sarebbe più nelle sue corde. Specialista di marketing e comunicazione per aziende di vino è, in pratica, una venditrice di sogni (dice).

8 Commenti

avatar

Dario

circa 10 anni fa - Link

Invece ti posso assicurare che i cani ci finiscono per davvero in padella...

Rispondi
avatar

Cristiana Lauro

circa 10 anni fa - Link

Ma no dai! Dici davvero? Urca! Io mi son fidata del ristoratore cinese...mi ha anche detto: mi raccomando, torni col suo cagnolino la prossima volta, da noi è il benvenuto! :D

Rispondi
avatar

armin kobler

circa 10 anni fa - Link

meno male che non ho sostituito il merlot e cabernet con vitigno tipo lagrein... scherzi a parte, sembra allora che la cina potrebbe diventare un ottimo cliente dei supertuscans ed altri vinoni nazionali ultimamente così disdegnati dalla nomenclatura enoica.

Rispondi
avatar

Il chiaro

circa 10 anni fa - Link

Fossi a capo di un consorzio tipo Barolo/barbaresco/brunello/Chianti/quello che volete voi non andrei in Cina, ma organizzerei una bella gita per una 50ina di sommeliers dei ristoranti più quotati di Shanghai, Pechino e hong kong e gli farei visitare il territorio che rappresento, le cantine, i vigneti e poi degustazioni guidate dei vini. Prima di vendere il vino bisogna aver "venduto" il territorio e facendolo a casa loro viene molto difficile. Lo so ci vogliono parecchi soldi per una cosa del genere, ma il modo si dovrebbe trovare.

Rispondi
avatar

LA MONACESCA

circa 10 anni fa - Link

Concordo con il Chiaro...la storia di rincorrere il gusto dei mercati è miseramente naufragata negli USA ed in parecchi altri paesi, con il risultato che un sacco di piccoli e grandi produttori che avevano piantato a josa Merlot, Cabernet sauvignon e Chardonnay, a fronte di una richiesta che doveva essere di lungo corso, si sono ritrovati con evoluzioni di richiesta e conseguentemente con vigne da riciclare. Noi siamo l'Italia ...inutile per me rincorrere l'appeal di Bordeaux o della Borgogna per qualcuno che in realtà ad oggi compra solo etichette... e vero poi che questo presumerebbe una politica adeguata di sostegno, ma questa è un'altra storia per un altro pianeta.

Rispondi
avatar

Stefano Cinelli Colombini

circa 10 anni fa - Link

L'altro giorno ero in California e pensavo ai vini che si venderanno su Marte. Poi mi sono ricordato che la California dove poggio i piedi è quella di Bibbona (LI) e non l'amerigana e non sono il divino Otelma. Per cui, chi son mai per divinar cotanto? Grazie o celeste Laura per gli eccelsi lumi sul regno di mezzo, dopo averli letti mi sento molto più aperto culturalmente.

Rispondi
avatar

Cristiana Lauro

circa 10 anni fa - Link

Apperò Stefano! Allora ce l'hai l'acidità...la potresti convogliare meglio ;-)

Rispondi
avatar

Stefano Cinelli Colombini

circa 10 anni fa - Link

Sai, le stagioni che non sono più quelle di una volta e il Destino Manifesto (alias il mercato cinese ci salverà) mi fanno venire l'acidità. Dai, da te mi aspetto qualcosa alla Monty Python e non l'involtino primavera!

Rispondi

Commenta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.