Jaquesson Cuvée 738, The Dress degli appassionati di Champagne

di Andrea Gori

La nuova cuvée numerata di Jaquesson gira ormai da qualche mese nei bicchieri degli appassionati di Champagne. E fin dall’inizio si sta comportando come la famosa foto del vestito bianco e oro (che in realtà è blu e nero, oppure no). Le divisioni qui sono pure maggiori, perché Jaquesson da almeno 4 anni ha messo mano all’intera gamma rivoluzionando le etichette e la proposta sul mercato, suscitando grandi discussioni e allo stesso tempo levate di scudi memorabili.

La Cuvée 738 comincia a dividere già sul piano esteriore, in quanto la nuova veste di etichetta e collarino appaiono troppo moderne (o poco classiche), con quel rosso sparato, con il numero e la dizione “Grand Vin” messa sotto gli occhi a bella posta a sottolineare che si tratta di un prodotto importante, quasi e più dei nuovi millesimati Avize Champ Chaïn, Aÿ Vauzelle Terme e Dizy Corne Bautray, che rendono omaggio ai propri terroir d’origine.

Quando poi si comincia ad assaggiarla, questa 738, succede il finimondo. Chi la detesta parla di tradimento e di caduta libera della maison, e chi invece prova a capire usa a supporto considerazioni un po’ vaghe, e chi la vuole premiare a tutti i costi si arrampica quasi sugli specchi.

Insomma una cuvée ‪#‎thedress‬ che divide i critici, perché proprio come il vestito del tormentone internettiano soffre di una mancanza di percezione unica e condivisa: esattamente come i colori, dipende dal punto di vista e dalla psicologia di chi l’assaggia. Certo conoscendo la maison e il prestigio ultrasecolare (lo stesso Joseph Krug mosse qui i primi passi nell’assemblaggio delle cuvée) la difficoltà di stroncare la 738 è grande quasi come la voglia di premiarla per fiducia, e per dimostrare quanto si è in sintonia con i fratelli Hervé e Laurent Chiquet.

Pure noi siamo divisi sull’atteggiamento da tenere, soprattutto perché l’insistenza di maison e distributore nel farla assaggiare invita davvero a discuterne, indipendentemente dalla qualità che mai come in questo caso è oggettivamente difficile da stimare. Difficile perché Jaquesson ha abbassato e non poco il dosaggio delle proprie cuvée numerate fino alla soglia dell’Extra Brut (2,5 gr/lt in questo caso). Quindi gli Champagne sono più secchi, diretti e immediati, ai confini con l’aggressivo. Soprattutto, rispetto al solito, c’è molto chardonnay (60%) in un’annata grande per lo chardonnay. E grandezza, in questo vitigno, significa altissima acidità e poca voglia di concedersi da giovane. Uno chardonnay barely legal che necessita attesa e pazienza nonostante i vin de reserve siano un 33% e dovrebbero equilibrare il sorso. Poi mettiamoci anche l’uso del legno sempre molto spiccato e la malolattica che viene sempre svolta: le variabili sono tante e non del tutto armonizzate tra loro, soprattutto perché la sboccatura è davvero recente (giugno 2014) e con un cuvée così complessa almeno un annetto sarebbe auspicabile.

In ogni caso, nonostante le premesse, a noi è piaciuta. E la bottiglia scorre via che è un piacere come un gioco di società e di degustazione che appassiona e conquista.

Jaquesson 738 Champagne
Color rosa pallido, esile e confettoso, svela al naso lentamente le sue doti di energia e muscolarità. Lamponi ribes e ginger si proiettano al naso con note di melograno acerbo e alchechengi. In bocca ha forza citrina e agrumi rossi, ma anche nocciole e resine. Il sorso è animato da forza costante, estensione continua in un susseguirsi di note incalzanti mentolate e floreali, che aprono ad evocazioni estive con l’aumentare della temperatura. Compresso e compatto quasi fino all’ostilità, ma ha la stoffa in nuce dei grandi, da seguire per almeno due anni mentre evolve in bottiglia. 90-92

(Base 2010 più 33% vin de reserve, 61% chardonnay, 18% pinot nero, 21% pinot meunier affinati in legno; dégorgement giugno 2014, 2,5 gr/lt zucchero).

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

6 Commenti

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Tino Bolla

circa 9 anni fa - Link

Grandissima maison, ma questa bottiglia è un esempio perfetto di roba che, alla cieca, farebbe tutt'altra impressione.

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Andrea Gori

circa 9 anni fa - Link

stavolta ti devo dare ragione ma soprattutto è utile sottolineare che la degustazione alla cieca non ha senso in molti casi. Questo è un esempio lampante: a cosa servirebbe dare un 84 a questo vino che tra qualche mese sarà un eccellente champagne ma non più disponibile per l'acquisto?

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Il chiaro

circa 9 anni fa - Link

Ma che ragionamento è? Anche se non sarà più disponibile all'acquisto qualcuno in cantina l'avrà e magari è pure interessato ad un giudizio da parte di chi con il vino ci lavora. Comunque se mi dite che è diverso dal precedente mi metto alla ricerca, xchè quello era davvero gramo

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Tino Bolla

circa 9 anni fa - Link

Servirebbe a non comprarlo perché anche se é Jacquesson é molto più facile rivolgersi altrove per soddisfare il proprio palato a questo giro.

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Il Duca

circa 9 anni fa - Link

Chi conosce e apprezza questa maison sa, dovrebbe sapere, che quantomeno 2 anni dal dégorgement sono indispensabili, forse anche 3.

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Andrea

circa 9 anni fa - Link

Bevuto un mese fa. Non mi ha per niente sorpreso, vino senza slancio, lontano dall'essere entusiasmante. Potrebbe nel migliore de casi ambire tra qualche tempo all'aurea mediocritas.

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