Isabelle Legeron e RAW Fair tra Londra, Vienna, Berlino e New York

Isabelle Legeron e RAW Fair tra Londra, Vienna, Berlino e New York

di Jacopo Cossater

RAW Fair a Londra della scorsa primavera è stata una delle mie più belle esperienze recenti (qui il post scritto pochi giorni dopo essere tornato). Una manifestazione coloratissima in cui scoprire e ritrovare un bel mucchio di produttori e vini. Della serie: nel 2016 spero di potermi prendere di nuovo un paio di giorni e di tornarci, sarebbe un lusso meraviglioso. Il prossimo weekend, domenica, Raw si trasferirà in blocco a Berlino per una tappa in terra tedesca. Per l’occasione ho contattato Isabelle Legeron, la Master of Wine che ha ideato RAW nel 2013 (anche autrice del volume “Natural Wine: An Introduction to Organic and Biodynamic Wines Made Naturally”) per due parole sullo stato del movimento e un po’ di altre cose.

“Ci saranno oltre 120 vignaioli, un bel numero che come sempre vede l’Italia protagonista. Ci divertiremo, ci sarà come sempre un pop-up bar e in generale un sacco di iniziative in giro per la città. Sai, fino ad ora la cosa più bella e sorprendente di Berlino è che ho avuto la sensazione di avere a che fare con una community molto forte, che ci ha supportato sin dall’inizio.”

E l’idea di portare RAW in Germania com’è nata?

Dai vignaioli stessi. Parlandone è emerso che per quanto in Germania ci sia una forte tensione per tutto ciò che è biologico ci sia ancora molta strada da fare per far conoscere il mondo dei vini naturali. Abbiamo iniziato a pensarci e da lì il passo è stato breve: siamo stati a Berlino per confrontarci con alcuni ristoratori, in generale addetti ai lavori, e dopo aver colto il loro entusiasmo ci siamo semplicemente detti: ok, facciamolo. Abbiamo avuto immediatamente un grande riscontro da parte di tantissimi vignaioli. Talmente tanti che abbiamo dovuto chiudere le iscrizioni subito dopo averle aperte, lo spazio scelto non ci permetteva di accettarne altre.

L’entusiasmo intorno a RAW è alle stelle, a Londra l’ho percepito anche io. Altre tappe che hai in mente?

Beh, l’anno scorso siamo stati a Vienna, ci torneremo nel giugno del 2016. E poi stiamo lavorando per organizzare RAW anche a New York. La data non è ancora ufficiale ma stiamo già valutando alcune location.

Wow, beh, buona fortuna allora. Ma com’è iniziato tutto?

Beh, la verità è che a Londra non è che ci fossero tutte queste iniziative interessanti, anzi. L’idea prima di tutto era quella di organizzare un appuntamento ovviamente dedicato ai vini naturali per tutti quelli che lavorano nel settore. Portare cioè ristoratori e sommelier in contatto con i vignaioli in un clima che fosse il più trasparente possibile, senza barriere. Non è un caso che nella guida di RAW – quella che consegniamo all’ingresso della manifestazione – ci siano quante più informazioni possibili. Chi fa cosa insomma. La mia sensazione era che ci fossero troppe barriere, parlando con molti produttori ed enologi a volte traspariva un’eccessiva riservatezza, come se ci potesse essere qualcosa di segreto in un vino. Ecco, con RAW abbiamo voluto abbattere tutte queste barriere, perché ovviamente è importante che un vino sia buono, ci mancherebbe, ma per me è altrettanto importante e centrale com’è stato prodotto. Per esempio abbiamo trascorso mesi a raccogliere dati su tutti i partecipanti proprio per andare in questa direzione..

Questo tema, quello delle certificazioni per molte persone è centrale. La garanzia cioè che un vino sia davvero stato prodotto in un certo modo. In Italia VinNatur esegue analisi a campione sui vini dei propri associati (e in un altro post in cui si parlava di RAW Angiolino Maule ci ha raccontato di come questa metodologia si stia evolvendo verso l’analisi dei suoli). ViniVeri per organizzare l’annuale manifestazione di Cerea passa invece attraverso gli assaggi e le autocertificazioni. Voi come vi comportate, soprattutto pensi che sia abbastanza?

Mah, probabilmente non esiste un sistema di controllo infallibile. Quello che posso dirti è che noi ci fidiamo molto dei produttori, al tempo stesso un buon 90% può vantare una certificazione ufficiale, riconosciuta (biologica o biodinamica). Al tempo stesso cerchiamo di incrociare il più possibile i dati per portare ai visitatori un catalogo il più coerente possibile. La verità è che si potrebbe sempre fare qualcosa in più.

Beh, le maglie della certificazione biologica però sono larghissime, mi sembra che da lì a parlare di vino naturale il passo sia lunghissimo…

Ma certo, nel nostro caso la certificazione biologica è soltanto un primo step per cercare di andare più a fondo su quello che viene fatto in vigna e in cantina.

La prima volta che ho varcato la soglia di una fiera dedicata ai vini naturali è stato nel 2005, a Villa Favorita. Da allora sono cambiate tantissime cose e al netto di una piccola percentuale si può anche dire che in generale la qualità media dei vini sia cresciuta molto. Il mio sguardo però è rivolto alla sola Italia, tu che ne pensi, soprattutto a livello globale?

Beh, sicuramente. A volte ho l’impressione che ci sia troppa fretta nei confronti del vino, non ha senso che per esempio un’annata venga commercializzata 6 mesi dopo la vendemmia. Ci vuole tempo, soprattutto per i vini naturali, 2 inverni in cantina dovrebbe essere quasi sempre il minimo. La cosa interessante è che negli ultimi anni mi sembra si sia affacciata a questo mondo una nuova generazione di vignaioli con forti basi tecniche, spesso con una formazione nata proprio in istituti tecnici. Persone che non si affidano al caso, che conoscono e che continuano a studiare tutto quello che ha a che fare con il processo produttivo. Il risultato finale non può che risentirne in termini positivi.

Mentre parlavi stavo pensando che in Italia c’è forse un’idea piuttosto statica dell’istituto dei Master of Wine, e che è piuttosto inusuale trovarne uno così attivo nel mondo dei vini naturali…

Beh, quello che è importante sottolineare è che il percorso per diventare MW ti permette di avere una formazione davvero completa su ogni aspetto legato al vino, dalla coltivazione della vite fino alla dalla distribuzione passando ovviamente per la degustazione. In questo contesto ognuno all’interno dell’Istituto viene incoraggiato ad esprimere il suo potenziale come persona, ad avere cioè delle proprie opinioni. La varietà viene vista come un grande valore, a patto che ognuno sia in grado di argomentare e sostenere le proprie tesi, è ovvio. Non ci sono quindi delle regole prestabilite, e ogni regola in quest’ottica può essere infranta. Poi certo, è inevitabile che tutto il percorso di formazione sia “tradizionale”, ma è solo studiando a fondo le basi che ci si può formare un’opinione forte sul mondo del vino. La Borgogna, Bordeaux, Porto non sono dei capitoli che è possibile semplicemente saltare, sono capisaldi per tutti. Quindi non credo che il mondo dei vini naturali sia in antitesi con tutto questo.

E perché secondo te non ci sono MW italiani?

Non lo so, dimmelo tu! A dire la verità non è che ci siano anche tutti questi francesi…

È un problema di lingua?

Potrebbe essere, sì. Oggi le cose sono cambiate ma sia Italia che Francia per anni sono stati dei veri e propri microcosmi, quindi forse non c’era la percezione del vino come fenomeno globale. Vivendo a Londra ho sempre avuto la percezione del Master of Wine come di una straordinaria opportunità per conoscere il mondo del vino, ed eccomi qui.

Jacopo Cossater

Docente di marketing del vino e di giornalismo enogastronomico, è specializzato nel racconto del vino e appassionato delle sue ripercussioni sociali. Tra gli altri, ha realizzato i podcast Vino sul Divano e La Retroetichetta, collabora con l'inserto Cibo del quotidiano Domani e ha cofondato il magazine cartaceo Verticale. Qui su Intravino dal 2009.

2 Commenti

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Isabelle Legeron

circa 8 anni fa - Link

Hi all, I want to make sure that nothing is lost in translation! My point about the technical knowledge is this. We are seeing a growing number of young producers who make wine without adding anything who actually went to study winemaking and who understand the science behind winemaking. They use this knowledge to make natural wine. They use microscopes to monitor the yeast populations and the fermentation process. They don't use any of the additives or even the techniques they were advised to do, but they use their understanding of the science behind wine to make better wines. Sometimes it can be useful to understand the system in order to chalenge the system. And I am not saying that you have to go to a winemaking college in order to make great wines either!

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Jacopo Cossater

circa 8 anni fa - Link

Grazie mille Isabelle, your point is very clear.

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