Intravino al tema di maturità. Cosa sono i BRICS e perché l’Italia del vino dovrebbe occuparsi di loro

di Antonio Tomacelli

64WLM I3Z2G TIDYPM SQJAZ QQEYH. Tranquilli, la tastiera gode di ottima salute e quello che vedete è “solo” il codice usato dal Ministero della Pubblica Istruzione per decrittare le tracce per gli esami di maturità 2013. Sai com’è le spie sono in agguato e dopo la scoperta del sistema di spionaggio Prism di Obama non c’è da stare troppo sicuri. Il Ministro Carrozza ha letto il codice in diretta al Tg1 senza tentennamenti e con la giusta emozione: c’è da capirla, erano i primi esami anche per lei.

E se fossero i primi esami anche per noi di Intravino? Massì, dai, la traccia sui BRICS mi intriga un casino, potrei svolgere il tema in chiave vinosa e sperare in un voto accettabile. Mi butto!

Prima di tutto spieghiamo a quei due lettori che ancora non dovessero saperlo il significato dell’acronimo BRICS: sono le iniziali di Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, i cinque paesi cosiddetti emergenti dell’economia mondiale.

Che rapporto hanno i BRICS col vino e perchè l’Italia dovrebbe preoccuparsi di loro? Vediamoli uno per uno e cerchiamo di capire la situazione.

BRASILE. Tra tutti è il paese con la crescita più lenta ma comunque interessante. Siamo i primi esportatori di vino sul mercato brasiliano, nonostante la penalizzazione dovuta a una tassa sull’importazione pari al 27% ed un consumo totale che non supera i due litri l’anno pro-capite. Per contrastare il vino straniero e favorire le produzioni locali, il governo di Dilma Rousseff ha imposto per legge a supermercati ed enoteche uno “spazio” per i vini nazionali pari al 25% del totale. Attualmente le produzioni locali non occupano più del 10%.

RUSSIA. Buone notizie dal fronte russo, abbiamo superato alla grande i francesi in quantità e valore e il vino italiano va via che è una bellezza. Le bollicine segnano addirittura un più 338% ma c’è da dire che un grosso aiuto ci arriva dall’OCM vino, i fondi erogati da Bruxelles per sostenere progetti di export delle aziende vinicole.

INDIA. Buone nuove anche dall’India che si preparerebbe ad abbassare i dazi (stellari) applicati ai vini importati, pari al 150%. Lo ha annunciato il ministro indiano del Commercio Anand Sharma che ha proposto una tassa del 40%. Le accise elevatissime  dell’India sono oggetto di discussione fin dal 2007: l’India e i 27 Paesi Ue sono tuttora impegnati a negoziare un accordo per la riduzione delle barriere commerciali e le prncipali resistenze di New Delhi sono proprio sul settore degli alcolici e dei veicoli di lusso.

CINA. Diciamoci la verità: i francesi ci hanno annullato e sul ricco mercato cinese siamo lontani dalla prima posizione. I grand cru occupano stabilmente le cantine di collezionisti e ristoranti, grazie ai milioni di euro spesi dai tycoon asiatici in bottiglie da sogno. Sono talmente tanti che qualcuno ha cominciato a chiedersi se non fosse più conveniente comprarsi tutta la cantina e così è partita la “caccia allo sciatò”: sono circa 40, infatti, le cantine francesi vendute al glorioso popolo cinese negli ultimi 4 anni, e il trend non accenna a diminuire. Brutte notizie arrivano dalla cosiddetta guerra dei dazi, una storia che si trascina da un paio di anni: la Cina, diventata nel frattempo produttrice di vino, contesta agli europei gli aiuti e i contributi erogati all’agricoltura. Loro la chiamano “concorrenza sleale” e fanno appello alle leggi del libero mercato: non male per un paese comunista, vero? La goccia che ha fatto traboccare il decanter è la proposta dell’UE di aumentare i dazi sui pannelli solari prodotti in Asia e a rimetterci saranno le esportazioni  di vino europeo.

SUD AFRICA. La bilancia, questa volta, pende quasi tutta a favore del Sud Africa, storico paese produttore di vino. Più interessante la situazione nel resto del continente, anche se il totale delle esportazioni non supera i 13 milioni di dollari. Il nostro unico competitor è la Spagna ed il nostro principale importatore è la Nigeria, pensa te.

Riassumendo: forse ha ragione Paolo Basso, novello campione mondiale di sommellerie, che durante un incontro al Vinexpo di Bordeaux ha dichiarato: ”Se fossi un produttore europeo non scommetterei così tanto sulla Cina, mercato con tante incognite, ma cercherei di riprendermi i mercati tradizionali europei. L’Europa ha sempre bevuto vino, insieme al Nordamerica che da tempo ha dimostrato di apprezzare il mondo del vino e la cultura enologica. Presto i cinesi il vino se lo faranno da soli, come gia’ avviene ma ancora con manager e enologi europei nei punti chiave dell’azienda vinicola. Anche gli indiani fanno vino ma a gusto loro, con residui zuccherini per sostenere cucina speziata”

Insomma, in questa sorta di Risiko enologico, scegliere i mercati su cui concentrarsi è una bella sfida.

[Fonti: Nomisma – Ansa]

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Antonio Tomacelli

Designer, gaudente, editore, ma solo una di queste attività gli riesce davvero bene. Fonda nel 2009 con Massimo Bernardi e Stefano Caffarri il blog Dissapore e, un anno dopo, Intravino e Spigoloso. Lascia il gruppo editoriale portandosi dietro Intravino e un manipolo di eroici bevitori. Classico esempio di migrante che, nato a Torino, va a cercar fortuna al sud, in Puglia. E il bello è che la trova.

6 Commenti

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Marco Baccaglio

circa 11 anni fa - Link

A me risultano numeri ben diversi, soprattutto per quanto riguarda il Brasile. A presto bacca

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Vincenzo

circa 11 anni fa - Link

Buongiorno Tomacelli, Parlando di Brasile, Paese nel quale vivo e nel quale lavoro, Le confermo che non siamo i primi esportatori di vino, veniamo dopo di Cile, Argentina e Portogallo, sia in volume che in valore. In valore siamo dietro anche alla Francia. Cordiali saluti Vincenzo Protti

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Antonio Tomacelli

circa 11 anni fa - Link

Mi scuso ma c'è stato un errore. L'Italia è quarta dopo Cile, Argentina e Portogallo.

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gianpaolo paglia

circa 11 anni fa - Link

bel tema, ma se posso dissento dalle tesi di Basso. La Cina è difficile, se vogliamo un banco di prova per le aziende italiane, che non hanno i paisa' come in America, ma è un mercato per forza destinato a crescere. Attualmente il consumo è poco, ed è vero che è anche un paese produttore importante, ma in numeri, la qualità e il prestigio del vino estero sono su altri livelli ancora. E se anche dovesse migliorare, come succederà, aumenterà la middle class che altro non aspira che ad assumere stili di vita occidentali. Paese comunista? Non ho mai visto un paese dove il vento del capitalismo spirasse piu' forte che in Cina.

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bruno

circa 11 anni fa - Link

A quanto ne so la cina ha in atto un progetto enorme di impianti viticoli con lo scopo di diventare leader mondiale per quello che riguarda il vino a basso costo come nella tradizione delle produzioni cinesi. Tenteranno di impadronirsi del mondo del tetra pack, sfusi e tutta quella produzione da esportazione che poi viene imbottigliata in loco. Loro sono forti nel low-cost e credo che ricalchino la stessa strategia anche nel vino

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Marco Bessi

circa 11 anni fa - Link

Complimenti a Tomacelli... lo spunto sul tema della maturità è veramente azzeccato! saluti Marco

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