Intervista ad Eric Asimov, wine critic del New York Times nientedimeno che dal 2004

di Elena Di Luigi

Eric Asimov si occupa di vino dal 1999 ed è wine critic per The New York Times dal 2004 dove firma le rubriche “The Pour” e “Wines of the Times”. Si è occupato anche di cibo e ristorazione co-scrivendo dal 2000 al 2004 le edizioni de New York Times Guide to Restaurants. Eric è il nipote dello scrittore di fantascienza Isaac Asimov.

Cosa ricordi del tuo primo bicchiere di vino?
Nulla. Ero troppo giovane. Probabilmente si è trattato di uno sherry dolciastro che mia nonna era solita bere o di un altrettanto dolciastro vino sciropposo che si beve alla cena del Passover. La prima volta che ho sorseggiato un vino gustandolo consapevolmente è stato a pranzo con mio padre e dei suoi amici in un bistrò di Parigi quando avevo 14 anni. Credo fosse un Beaujolais.

Come sei arrivato a scrivere di vino?
Ho iniziato con il cibo e per me il vino è cibo. È una parte integrante di un pasto e quasi sempre lo migliora. Con il tempo ho capito che più il vino è buono e più lo spirito del vino è giusto per il cibo e la compagnia, e più il pasto se ne avvantaggia.

Come è cambiato il giornalismo vinicolo nel corso degli anni?
Negli ultimi 30 anni il giornalismo vinicolo negli USA è cambiato moltissimo. Negli anni ’80 si cercava di capire un vino dando voti e scrivendo note degustative; le riviste che pubblicavano questi giudizi erano anche le voci più rilevanti del settore. Con Internet sono arrivate altre voci e gli amanti del vino hanno capito che voti e note potevano avere dei limiti. Il vino migliore è quello che riesce a esprimere una cultura, non può essere ridotto a una bibita in un bicchiere.

Ha senso dire che un buon vino è fatto o da un terroir importante o da un grande winemaker, e che un vino sublime è dato dalla combinazione dei due?
Direi che è più complicato di così.

A coloro che hanno poca dimestichezza con il “nuovo mondo” vinicolo, quale elemento più di ogni altro lo distingue dal “vecchio mondo”?
I vini del ‘vecchio mondo’ spesso hanno in sé secoli di tradizione ed esprimono le culture delle comunità. Quelli del ‘nuovo mondo’ sono l’espressione della individualità imprenditoriale del singolo e della sua visione. Col tempo queste caratteristiche si fonderanno. Le comunità influenzeranno la produzione del ‘nuovo mondo’ e l’imprenditorialità visionaria emergerà nel ‘vecchio’.

La prima cosa che noti quando assaggi un vino
Che non abbia difetti.

Quanti vini è ragionevole assaggiare a una degustazione?
Non amo le degustazioni di massa, mi prendo il tempo necessario per valutare un vino. Ma questo non è sempre possibile. Al New York Times limitiamo le nostre degustazioni a 20 bottiglie alla volta e cerchiamo di dare a tutte la giusta attenzione.

Quale produttore o winemaker sta facendo vini molto interessanti?
Troppi da menzionare. In tutto il mondo si producono vini avvincenti.

C’è una varietà italiana che i consumatori statunitensi fanno fatica ad apprezzare e perchè?
Non credo che si possa generalizzare. Le tante differenze stilistiche in ogni tipo di vino sembra offrire qualcosa a ciascuno. I consumatori americani non sono mai stati così omogenei come spesso gli europei si immaginano che siano.

Conquistare un mercato estero è più una questione di affermare la propria identità o di seguire la tendenza?
Non so bene cosa si intenda per ‘conquistare un mercato estero’. Yellow Tail per esempio vende milioni di bottiglie in USA ma per me è irrilevante; invece mi appassiona un vino prodotto sul monte Etna di cui magari si hanno poche centinaia di casse ogni anno. Per i giornalisti Yellow Tail offre una storia sul business del vino, mentre il piccolo produttore dell’Etna stimola l’immaginazione, il corpo e l’anima.

Premiare i vini è positivo, controproducente o irrilevante?
Credo che piaccia molto ai produttori per motivi di marketing. Per quanto mi riguarda sono irrilevanti.

Come ti rilassi?
Praticando arti marziali giapponesi.

[Credits foto: Martha’s Vineyard Book Festival]

1 Commento

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Sergio

circa 9 anni fa - Link

ma l'intervista è stata in Italiano?

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