Intervista a Nicola Centonze, l’enologo cresciuto tra le vigne di Sicilia
di Elena Di LuigiNicola Centonze è uno dei protagonisti della scena enologica siciliana di ultima generazione. Nel 2010 il Giornale di Sicilia gli conferisce il premio di miglior enologo della regione e oggi oltre a firmare i vini delle Cantine Rallo – tra cui un Passito di Pantelleria che ha vinto la Gran Medaglia all’ultima edizione del Concorso Internazionale di Bruxelles – è in partnership con il collega Vincenzo Bambina alla guida dell’agenzia di consulenza B&C Enologi. Alla premiazione del 2010 Nicola ha detto “Non ho parole, non me l’aspettavo ma sono felice che venga premiata un’idea del vino che mira esclusivamente al territorio da valorizzare senza pensare troppo alle tendenze del momento”.
Il primissimo ricordo che hai di te in cantina?
Avevo poco più di 10 anni e mi trovavo in cantina con mio padre, anche lui enologo, e rimasi colpito dai profumi inebrianti dell’ambiente. Con la curiosità di bambino chiesi a mio padre cosa fossero quegli odori e da dove provenissero. Allora lui mi portò nella parte alta della cantina dove c’erano i boccaporti di una serie di vasche in cemento dalle quali proveniva quel vapore profumato. Rimasi affascinato dal “mare in tempesta” e dalla velocità con cui si muovevano le masse di mosto che si stavano trasformando in vino grazie a piccoli esseri viventi unicellulari. Tutto questo mi colpì e segnò il mio destino.
Chi o cosa ti ha convertito a fare vino?
Lui e solo lui: il vino
Quale vino non tuo porteresti a una cena romantica?
Sicuramente uno dei vini più sensuali al mondo, una bella bottiglia di Pinot Nero, magari un Givry Rouge Premier Cru come “Crausot 2006” di François Lumpp.
Qual è la fase della produzione che ti affascina di più e perché?
Secondo me ogni fase produttiva ha un suo fascino perchè trasmette un’emozione diversa e coinvolge tutti i sensi. Comunque quella che personalmente mi affascina di più è la fermentazione, perché oltre ai miei sensi stimola anche i ricordi.
Cosa invidi ai tuoi colleghi stranieri?
Senza voler peccare di presunzione, credo che gli enologi italiani non abbiano nulla da invidiare ai colleghi stranieri. Forse invidio i nostri cugini Francesi che hanno la fortuna di lavorare in un contesto dove la storia e la cultura del vino sono profondamente radicate a tutti i livelli sociali. Credo che il lavoro di un collega francese sia più riconosciuto e apprezzato.
Cosa gli stranieri invidiano ai winemakers italiani?
Dovresti chiederlo a loro! Comunque dovrebbero invidiarci la nostra storia, la nostra ricchezza ampelografica, la nostra evoluzione tecnologica e tanto altro.
Se tu potessi fare il vino di un’annata storica quale sceglieresti e in che parte del mondo andresti a farla?
Premesso che un’annata può essere storica in una zona e non in un’altra, e facendo riferimento alla mia modesta esperienza, dico che mi piacerebbe ripetere l’annata 1997 in Sicilia.
Quale abbinamento di vino & cibo hai scoperto di recente?
Quest’argomento mi stimola molto perché non credo agli stereotipati abbinamenti cibo & vino. Ci dovremmo liberare tutti da schemi e provare a sperimentare liberamente con i nostri gusti e fare così esperienze nuove che diano forti emozioni. Se semplicemente bevuto e goduto, il vino può regalare emozioni uniche e atmosfere magiche.
Quale varietà d’uva secondo te è immeritatamente ignorata?
Nel nostro paese ce ne sono tante di poco valorizzate o addirittura di abbandonate.
Se un tuo vino potesse entrare in una scena di un film, quale vino e quale film sceglieresti?
Sicuramente sceglierei un Passito di Pantelleria e lo farei recitare in 9 settimane e mezzo. È incredibile come il vino entri nella vita sentimentale e intima di una coppia. Poi anche perchè si abbina bene con le fragole!
Cosa ti ha insegnato il mondo del vino?
Ad avere pazienza e ad ascoltare la natura.
Come ti rilassi?
Può sembrare retorico, ma mi rilassa molto condividere una buona bottiglia di vino con gli amici più cari.
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