Il vino in cucina, istruzioni per l’uso. Specie quando non capisci niente di vino
di Giulia ManciniPremessa dovuta: di vino capisco poco o niente ma cucino, con alterni risultati, quindi per me diventa ingrediente. Quando il frigorifero ancora non esisteva era un conservante, specialmente per la carne che, lasciata a bagno nella bevanda di Bacco, marinava. Usato come liquido di cottura evita che le preparazioni si attacchino, contribuisce a ridurre i grassi impiegati e insaporisce aggiungendo profumi e colore a brasati e stufati.
Se aggiungo del vino alla preparazione di un piatto desidero sia un valore aggiunto, qualcosa che enfatizzi i sapori ed esalti la complessità, più o meno accentuata, di ciò che preparo. Per questo detesto trovare nelle ricette la mera indicazione vino, vino da cucina. Eh ma io che non ne so quasi nulla che vino ci metto? Quale vino uso?
Che siano brasati o brevi cotture lo scopo del vino in cucina è trasferire aromi, veicolare sapori; la componente alcolica è termolabile, l’alcol evaporerà quindi meglio stappare la bottiglie e versarne subito un bicchiere da bere nell’attesa. Questa evaporazione contribuisce alla sensazione di sgrassare unitamente all’acidità residua; volendo deglassare è inutile il coperchio che manterrebbe la parte alcolica non desiderata, mentre se devo sfumare il risotto preferisco dealcolizzare in precedenza così che gli amidi non assorbano l’acidità ma solo il profumo.
Per evitare brutali errori quando trovo in una ricetta “vino da cucina”, come se poi fosse diverso dal “vino da bere”, mi baso su un semplice breviario, frutto della mia esperienza casalinga. Che ne dite?
– Barolo per la guancia di manzo brasata a cui aggiungo semi di cardamomo verde per enfatizzare le note balsamiche e accentuare la compostezza del piatto, tutto accompagnato da un sontuoso purè di patate.
– Barbera giovane in riduzione per contrastare cromaticamente,e non solo, un risotto al castelmagno, pungente del vino in antitesi armoniosa con la grassezza del formaggio.
– Riesling alsaziano -quelli italiani non mi piacciono, ho capito- per il coq au vin in cui la carne bianca assorba i profumi e la dolcezza del vino sia completamento alla terrosità delle verdure.
– Chardonnay per sfumare le scaloppine, anche Marsala per sentirmi un po’ vintage. Penso specialmente ai saltimbocca alla romana, in cui la sapidità del prosciutto sia allungata dalla nota del vino che accompagna la salvia. Se mi lasciassi coinvolgere dalla territorialità declinerei su un Frascati, ma un’altra cosa che ho capito di vino è che i laziali non mi piacciono.
– Madeira per conferire una nota dolce e profumata al brodo di carne e mi riferisco a un brodo completo di gallina che emani sentore di volatile, lingua di vitello, muscolo di manzo, osso di ginocchio, copertina, nervetti e zampetto di maiale.
– Nebbiolo per sfruttare i tannini che in cottura si contrapporranno splendidamente alla rusticità della selvaggina da taglio se penso al cinghiale, Marzemino con cervo o capriolo. Borgogna giovane in cui i frutti rossi accostino con la loro acidità il sangue della piuma nobile.
– Vino aromatizzato per il risotto alla milanese, la cui dolcezza enfatizzi quella opulenta del midollo e i cui profumi anticipino lo zafferano.
Quando aprono una bottiglia se mi piace bevo, altrimenti lascio; se gli riconosco un difetto allora non va bene neanche per cucinare.
8 Commenti
francesca
circa 10 anni fa - LinkDalla lettura di questo post evinco che Giulia sappia di vino più di quanto non creda, di cucina sicuramente ne sa parecchio. Ho bevuto con lei alcune bottiglie e ne è spesso nata una conversazione di poche parole, asciutte e dirette, mai banali; ho avuto l'impressione che beva poco, beva bene e beva costoso. Fissato il paletto in alto difficilmente si soddisfa il suo palato, questa la mia impressione
RispondiFabio Cagnetti
circa 10 anni fa - LinkGeneralmente utilizzo per cucinare lo stesso vino che poi berrò con il piatto in questione, o a volte, nel caso ciò costituisse peccato mortale, perlomeno lo stesso vitigno. Due scomode verità: 1) Se cucini con un vino che sa di tappo si sente. La cottura è invece più magnanima con l'ossidazione. 2) La qualità del vino usato è nettamente percepibile, cosa che mi si è palesata in tutta la sua evidenza dopo avere utilizzato mezza bottiglia di Barolo Vigna Rionda 1985 Oddero in un risotto. Del resto se il più celebre fuori carta del Trigabolo era la lepre al La Tache un motivo ci sarà stato...
RispondiIl consumatore
circa 10 anni fa - LinkUn noto personaggio dell arte culinaria per buona parte delle ricette consiglia di aggiungere vino senza alcool ossia dopo breve bollitura.
RispondiStefano
circa 10 anni fa - LinkÈ Allan Bay, mica è peccato dirlo. Questione di acidità.
RispondiGiuliano
circa 10 anni fa - LinkImmagino che alcoolicita` e acidita` possano avere un ruolo funzionale in una preparazione, quindi non lo prenderei come un modello da seguire pedissequamente. Siete a conoscenza di qualche informazione più tennica sull'argomento? Non vorrei chiedere sempre tutto a Bressanini quando si tratta di chimica. : )
RispondiGiulia Mancini
circa 10 anni fa - LinkL'acidità e la componente alcolica sicuramente sono determinanti in cottura, nello specifico tecnico non saprei darti delucidazioni. Mi limito alla pratica e all'empirismo; possiamo chiedere a Bressanini, lui imbattibile.
Rispondialessandro
circa 10 anni fa - Linkpoi non mi venite a dire che un'esposizione così chiara, sintetica e precisa non sia maestria!
RispondiSara
circa 12 mesi fa - LinkE basta. Si sfuma l'ombretto sugli occhi. Si sfuma la barba sul viso. Col vino si bagna la carne sul soffritto e si fa evaporare. Da quando in qua questo dialetto...
Rispondi