“Il vino buono nasce in vigna”: come falsificare la frase più abusata in circolazione

“Il vino buono nasce in vigna”: come falsificare la frase più abusata in circolazione

di Alessandro Morichetti

L’avrete sentita un migliaio di volte e a pronunciarla sono stati sia il contadino dalle mani callose sia il general manager dai gemelli d’oro: “Il vino buono nasce in vigna”. Frase bellissima, peccato sia falsa da ogni punto di vista, letterale e metaforico.

Falsificazione letterale: in vigna non nasce nessun vino. Nasce un frutto, che è l’uva, e si fatica a trovare una coltivazione più culturalizzata della vite da vino. Il filare è invenzione umana e alla vite interessa una cippa di produrre vino: a lei interessa perpetuare la specie e i complessi meccanismi di sopravvivenza tal quale, per noi del vino, sono solo una brillante scusa per privarci di alcol buono. Se volete esplorare la fisiologia della vite in ogni suo più recondito segreto acchiappatevi un bel manuale da 1.000 pagine tipo Fregoni o simili. Apritelo e poi in assenza di tenore alcolico richiudetelo come me.

Falsificazione metaforica: anche il vino naturale nasce in cantina. Il senso metaforico sotteso a “Il vino buono nasce in vigna” è che le pratiche di vigna, quelle finalizzate al prodotto uva, siano più importanti, ontologicamente superiori, rispetto alle pratiche di cantina. Questo è falso e facilmente dimostrabile.
Data un’uva che chiameremo “naturale” (solo rame e zolfo, solo omeopatia, solo preghiere: decidete voi), sono le pratiche di cantina a definire i contorni del vino. Interventismo illuminato, vinificazione a braccia conserte, interventismo spinto, turbo-enologia scientista: potremo avere centinaia, migliaia di esiti diversi: 5 giorni di macerazione o 50? Lieviti indigeni o selezionati? Additivi? Solforosa sì, no, boh? Scelta multipla nell’emisfero naturale e parimenti scelta esponenzialmente multipla nell’emisfero convenzionale: e sempre a parità di uva.
Data un’uva che invece chiameremo convenzionale, forse, dico FORSE, le opzioni successive sono più limitate e ristrette al campo convenzionale. Ma si rientra di fatto nell’opzione sopra descritta, con un ventaglio di possibilità ampio almeno quanto il più misero dei cataloghi di enologia.

Conclusione: il prodotto uva è ovviamente fondamentale per la creazione del vino. Esso è materia prima unica e insostituibile, serbatoio di tutte le peculiarità potenziali che andranno a profilare l’amato liquido. L’acino d’uva è il più grande concentrato di potenzialità culturali dell’agricoltura contemporanea ma in vigna nasce solo uva, nessun vino. L’abile mano riesce a nobilitare una materia prima anche in annata problematica e a magnificare nei secoli dei secoli le stagioni migliori. Un buon frutto è condizione necessaria ma significativamente non sufficiente ad ottenere un prodotto degno di nota.

Bignami. Il buon vino nasce in cantina quando buona uva incontra buona conoscenza. La prima senza la seconda è muta, la seconda senza la prima è cieca. E fin qui sembrerebbe tutto quasi facile, non fosse che in giro uno dei problemi più grossi è l’abbondanza di sordi.

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Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

14 Commenti

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William Lee

circa 8 anni fa - Link

L'espressione 'il vino buono nasce in vigna' è metaforica, per cui una falsificazione letterale di una espressione metaforica è fuori luogo. Il senso metaforico sotteso non è che le pratiche di vigna siano più importanti (e probabilmente lo sono, con le numerose scelte da effettuare), ma che siano altrettanto importanti di quelle di cantina, creando le fondamenta, una nascita appunto.

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Franco

circa 8 anni fa - Link

Tho, va a finire che per una volta mi trovi d'accordo.....

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Marino de Crescente

circa 8 anni fa - Link

Una frase breve e coincisa si presta a mille interpretazioni nessuna delle quali e' di per se vera. In ogni caso la mia interpretazione e' questa: Senza una uva buona ( importanza della materia prima, come in cucina) non resta che adulterare il vino in cantina ovvero ricorrere a sostanze nocive per ottenere maggiore concentrazione di alcool a colore etc. In questi termini l'affermazione risulta inequivocabilmente vera!

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Stefano Cinelli Colombini

circa 8 anni fa - Link

Giusto per curiosità, quali sostanze nocive possono ottenere una maggiore concentrazione (?) di alcol nel vino?

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Stefano Cinelli Colombini

circa 8 anni fa - Link

Quelle che hai scritto ieri sui vini "naturali" e oggi sul "vino fatto solo in vigna" sono ovvietà innegabili ma, se nessuno le dice mai, anche no. Soprattutto considerando quanti Santoni Del Vino (con tutte le maiuscole al posto giusto, ovviamente!) e quanti poeti della zolla pontificano da sempre in senso opposto. Bravo, il re è nudo. Ed era più che ora che lo fosse.

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giuliano

circa 8 anni fa - Link

" IL VINO BUONO NASCE IN VIGNA" certo che si, se porti in vigna tutto quello che serve per farlo. Dal colorante all'acqua alle botti allo zucchero e a quant'altro serve per fare un buon vino. Volendo si può fare anche in cantina ma all'aperto viene meglio. E poi se ti beccano puoi sempre dire che non è roba tua, che non ne sapevi nulla. I fratelli Cilavegna hanno insegnato a tutti. Chi non ha imparato e si ostina a fare il vino con l'uva è un pirla. Seza offesa.

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Cristian

circa 8 anni fa - Link

Lo disse qualche anno fa ad una conference sui vini Mondavi Michael a Napa valle convention "Il Vino e' Fatto in Vigna " , e bravo M. Mondavi

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Lorenzo Biscontin

circa 8 anni fa - Link

Se fosse vero nelle aziende ci sarebbero piu' agronomi e meno enologi. Che poi un'uva (ed un suolo) trattata con abbondanza di metalli pesanti sia "naturale" a me non sembra una cosa cosi' scontata.

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Sisto

circa 8 anni fa - Link

Sottoscrivo, con una postilla. Di palle da falsificare ce ne sono anche di più clamorose. Dato che io (insieme a tanti altri) i tomi di Fregoni e compagnia li abbiamo dovuti studiare e financo insegnare, cominciamo anche ad aggiungere che sono destituite di ogni fondamento (salvo prova contraria, accettata e divulgata in ambito scientifico internazionale, cosa che ancora non mi è dato averne avuto notizia) talune leggende metropolitane (il termine più adatto sarebbe "puttanate"), che sedicenti esperti di conventicole seguitano a recitare. Ovvero che: la radice della pianta aspirerebbe (oltre a quello che è certo e misurato che aspiri) talune sostanze di carattere eminentemente inorganico-cristallino-roccioso (volgarmente e anche erroneamente definite "minerali"), per definizione assolutamente inodori, da qui passando al fusto, al tralcio, al capofrutto (nell'ordine, pertanto dei ppm o anche meno), e successivamente al termine di altre centinaia di trasformazioni, arrivino all'acino. E da qui, dopo altre centinaia di trasformazioni chimiche e fisiche, come il coniglio dal cappello, vadano a finire tali e quali (sic!) nel vino e, badate bene, con quei medesimi aromi che comunque non posseggono. E con lo stupefacente fenomeno, di cui le conventicole di cui sopra non parlano, che questo accadrebbe solo in talune combinazioni astrali "sostrato-vitigno". No: le cause del fenomeno per cui in rarissimi casi e, per sinestesia possiamo per un attimo PERCEPIRE (che è cosa diversa che c'è dentro) come "minerale", è stato ampiamente spiegato e il sostrato (suolo) non centra assolutamente nulla, dato che non potrebbe esserlo in alcun modo, per evidenti ragioni fisico-chimiche. Ma alle conventicole piace di più crogiolarsi nella loro beata e tracotante ignoranza che studiare: si, ma si fa presto quando si deve parlare di vino a degli sprovveduti e non ad una commissione di esame per abilitare professori ordinari...

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Alessandro Morichetti

circa 8 anni fa - Link

Giusto, giustissimo e sfondi non una porta aperta ma un portone. La mineralità paga e affascina ma io mi fido molto di voi che avete studiato queste cose e aggiungo che non serve codesta m. per aumentare il piacere del vino o renderlo più "profondo". La mineralità è SOPRAVVALUTATA, eccome. Grazie dello spunto, Sisto!

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Diego

circa 8 anni fa - Link

Cos'è questa moda di prendersela con le espressioni - forse abusate, ma non per questo meno vere - del mondo del vino? Il vino buono nasce in vigna è lapalissiano. Così come è innegabile l'importanza della mineralità, altro che sopravvalutazione! Il fascino del vino sta però proprio nel fatto che è la sintesi più riuscita dell'eterna "contrapposizione" tra NATURA e CULTURA. Il vino non esiste senza l'uomo ma l'uomo che vuole fare vino (e non una bevanda qualsiasi) deve mettersi umilmente in ASCOLTO della natura per fare un prodotto vero, emozionante e perfetta sintesi di NATURA E CULTURA.

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Alessandro Morichetti

circa 8 anni fa - Link

Stigmatizzare è un ottimo modo per desacralizzare. La mineralità è sopravvalutata, specie nei termini in cui viene utilizzata l'espressione in un buon 90% dei casi, altroché. E' solo questione di tempo, passerà ;-)

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Pinot Gigio

circa 8 anni fa - Link

La discussione sul vino in Italia è indietro di un decennio minimo e voi ne siete l'esempio.

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Pinot Gigio

circa 8 anni fa - Link

Si è creduto per secoli che nel suolo della regione di Tokaji fossero presenti proprietà speciali, e si sosteneva che l'uso 'medicinale' del suo vino avrebbe curato numerose malattie, tra cui la gotta e la peste bubbonica. Così grande e diffusa fu questa credenza nei suoi poteri che si instaurò un commercio redditizio di Tokaji in tutta Europa. Nel 1732 uno studioso tedesco, Daniel Fischer, pubblicò un trattato, il De terra medicinalis Tokayensis. Fino al 17º secolo fu anche opinione diffusa che ci fosse l'oro nelle colline di Tokaji, e che questo in qualche modo trovasse la sua strada fino al vino, tanto che il famoso alchimista Paracelso cercò in ogni modo, ma inutilmente, di estraerlo direttamente dal vino. Paracelso pubblicò un resoconto sui tentativi, ma espreimendosi in maniera così oscura che il mito si mantenne in vita per secoli a seguire.

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