Il vino assiomatico. Cos’è e come si manifesta

di Fiorenzo Sartore

Ospitiamo oggi il contributo di Pietro Stara, uno dei più fini e concettuosi intellettuali prestati all’enomondo. Enjoy.

In un bar:  «Buon giorno, vorrei un vino bianco!» «Fermo o frizzante?» «Fermo, grazie.» «Cos’è?» «Uno Chardonnay». Fine del colloquio.
Così, per parlare: «Mi piacciono molto i vini bianchi Friulani!» Stop
Da contrappunto: alcune carte dei vini in alcuni ristoranti, trattorie, osterie. «Grignolino… prezzo; Barbera…. prezzo; Bianchetta… prezzo; nome del vino … prezzo».
Oppure il cameriere; oppure il proprietario: «Abbiamo un Nero d’Avola ottimo» «Di chi?» «Non so, aspetti che chiedo…» Carte dei vini mute: scompaiono annata, casa produttrice, qualsiasi informazione supplementare.

E’il vino assoluto che parla, nella sua totalità onnicomprensiva ed inconfutabile. Il vino assiomatico è figlio dei postulati della geometria Euclidea, secondo cui il criterio dell’evidenza definisce, a posteriori, la loro verità assoluta: così come “Le cose uguali ad una stessa cosa sono uguali tra loro [proprietà transitiva]”, allora, se “il Nero d’Avola è buono”, anche “i Neri d’Avola non possono che essere buoni”.

Il bevitore seriale assiomatico, al pari del suo vino, afferma kantianamente che soltanto la conoscenza a priori è universale, mentre quella che deriva dall’esperienza empirica può essere solo generale, ovvero godere soltanto di una diffusa applicabilità: «La proposizione “Tutti i corpi sono pesanti” è addotta da Kant come esempio paradigmatico del tipo di “proposizioni generali, ma non propriamente universali” che otteniamo per induzione; “in questo caso, in effetti – come ci spiega altrove – la loro generalità è soltanto comparativa: tutti i corpi, tra quanti ne conosciamo, sono pesanti, questa generalità potremmo chiamarla empirica per distinguerla da quella razionale che, in quanto è conosciuta a priori, è universalità in senso stretto”.»

Ciò che succede, infatti, al degustatore assiomatico non è quello di validare la bontà del vino nella sua tipologia generale sulla base della sua esperienza empirica: non è perché ha assaggiato due, tre o venti tipologie dello stesso vino che passa dal particolare al generale, ma conduce il proprio ragionamento a partire da un a priori indiscutibile.

Così come possiamo sostenere che questo a priori non è un prodotto squisitamente divino, possiamo anche affermare, in maniera assiomatica, che il vino assiomatico è assolutamente maggioritario.

Pietro Stara

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Fiorenzo Sartore

Vinaio. Pressoché da sempre nell'enomondo, offline e online.

7 Commenti

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Alesio Piccioni

circa 10 anni fa - Link

Ottimo articolo e sacrosanta verità. Questo copre e movimenta almeno il 90% del consumo del "prodotto vino".

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Rossano Ferrazzano

circa 10 anni fa - Link

Cioè in poche parole la maggior parte dei consumatori pensa che sia la tipologia ad essere più o meno buona, e non la singola bottiglia. Ovvero, la maggior parte dei consumatori non sa come è distribuita la varianza interna di ogni tipologia, e come le varie tipologie si posizionano reciprocamente con i loro intervalli di qualità lungo l'asse che misura la qualità. Detta brutalmente non immaginano che ci possa essere un certo Grignolino più buono di un certo numero di Barolo, tanto per dire. Più che andare a cercare a priori kantiani, secondo me sarebbe più interessante andare a capire quali sono le cause di questo stato di cose. I sistemi della classificazione ufficiale e informale dei vini, la comunicazione delle aziende, quella dei media specializzati e non, la competenza dei canali commerciali...

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Rossano Ferrazzano

circa 10 anni fa - Link

correggo: "come le varie tipologie si posizionano reciprocamente con i loro intervalli di varianza lungo l'asse che misura la qualità"

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Pino

circa 10 anni fa - Link

Grande Pietro. Vado a farmi un bicchiere di bianco. "Cos'è?" "Uno Chardonnay". Fine del bicchiere.

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Cristiano

circa 10 anni fa - Link

Pezzo interessante. Il concetto di "vino assiomatico in fondo è un modo per fare ordine e se recepito in maniera bi-direzionale ossia che anche il produttore si adegua all'assioma ecco che si crea una tipologia merceologica ben definita, indipendentemente dal punto di partenza iniziale. Mi viene in mente la percezione che molti hanno di "Prosecco" e come ha finito per divenire una categoria di spumante secco (anzi pro-secco), di corpo leggero, leggermente abboccato alla faccia della DOCG relativa.Anzi diciamo che ho il sospetto che la creazione della DOCG sia un tentativo (riuscito) di creare una copyright su un vino assiomatico.

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Jean

circa 10 anni fa - Link

Divertente, ma è anche vero che non si può pretendere da tutti l'interesse all'approfondimento, vale per il vino come per il resto. Qualcuno pretende forse che tutti i guidatori siano anche piloti provetti? Questo dal punto di vista del cliente. I "mescitori", invece, dovrebbero farli degli sforzi, perché ci sono troppi locali fighetti nei quali ti servono vini, anche costosi, in modo che neanche un unno...

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Eufemia

circa 10 anni fa - Link

Tutto vero, tutto sperimentato da tutti noi più volte. Quanto all'enotecaro-cameriere-lavoratore in locale quand'anche volesse raccontare qualcosa di più sul vino richiesto o sul vino che sta servendo sono certa che troverebbe attenzione solo nel 10% dei clienti. Morale: "la gente" non ha tempo o pazienza o abitudine ad ascoltare..........

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