Il racconto del vino nell’Italia del ‘900: e nel futuro? Vino ad Expo Parte 5

di Andrea Gori

Mentre il padiglione del vino ad Expo miete successi, come ci racconta Riccardo Cotarella in questa intervista, si infittiscono gli appuntamenti che lo animano. Sabato scorso c’è stata la prima nostra intrusione, partecipando alla giornata dedicata al racconto del vino fatto nel secolo scorso da Luigi Veronelli, Mario Soldati e Paolo Monelli. Il nostro ruolo era quello di provare a verificare come questi tre autori abbiano influenzato i blogger e la comunicazione attuale. Soprattutto, quanto del loro stile potrà continuare a influenzare il futuro del vino raccontato.

Una narrazione lunghissima, che a partire dal primo Novecento ha descritto tradizioni enogastronomiche, cibi e vini fortunosamente rimasti intatti durante la trasformazione dell’Italia, da paese contadino a nuova realtà industriale. Prima di noi sul palco Raffaele Borriello, vicecapo di gabinetto del Mipaaf con delega all’Expo, e lo stesso Riccardo Cotarella, che ha auspicato la nascita di nuovi talenti “in grado di raccontare il vino come lo sono stati, con le loro peculiarità e nei loro anni, Monelli, Soldati e Veronelli”. Gigi Brozzoni ha radunato vari esperti che si sono prodigati nel portare esempi di guide, manuali e produzioni cartacee sulle esperienze legate al vino, svelando un corpus letterario davvero imponente che ha sorpreso molti per profondità, spessore e fecondità.

Se oggi le guide e le pubblicazioni sul vino ci sembrano numerose, davvero è difficile da calcolare il numero di iniziative divulgative messe in atto nel nostro paese per aiutare il vino ad uscire dalla semplicità rurale degli inizi, e divenire l’oggetto voluttuario e culturale che celebriamo ogni giorno. Luca Clerici, professore di Letteratura all’Università di Milano, ha raccontato “il Ghiottone errante” di Paolo Monelli: un giro d’Italia enogastronomico in compagnia di Novello, pittore e vignettista astemio, un mix di scrittura talentuosa e capacità di visualizzazione dei tic dell’Italia a tavola fondante per il racconto della nostra enogastronomia, compresa la litigiosità che ha da sempre permeato la discussione sul vino, fatta di verità assolute propugnate a discapito delle opinioni degli altri: le discussioni e le polemiche sul vino insomma non sono prerogativa del web ma sono sempre esistite.

Alberto Capatti, storico della cucina e co-curatore della mostra alla Triennale di Milano “Camminare la Terra” su Luigi Veronelli, racconta di come Veronelli sia stato il primo soprattutto a intuire il profondo legame tra cibo e vino nonostante la difficoltà di mantenere il discorso focalizzato sul vino ogni volta che si parla anche di cibo, troppo più comunicativo e comprensibile dai lettori (e quindi non è un problema di oggi che il cibo sia più “telegenico” del vino). Il giornalista e gastronomo Giuseppe Lo Russo sottolinea di Veronelli la “riflessione a venire su territori, pratiche in vigna e in cantina, rivendicando dignità sovrana per il vignaiolo e riconoscimento per il frutto del suo lavoro”. 

Sul palco anche Andrea Gabrielli, a rammentare che l’impegno di divulgare e salvaguardare i prodotti della tradizione italiana ha visto tanti protagonisti, come Piero Accolti, Felice Cùnsolo, Livio Jannattoni, Rossano Zezzos, Luigi Volpicelli e Renato Ratti, tutti autori di libri divulgativi, manuali e guide inerenti il vino.

Venendo ad oggi, Andrea del Cero ha provato a immaginare cosa berrebbero e come si comporterebbero Veronelli, Soldati e Monelli. Più protagonista, guru e scenografico Soldati che sceglierebbe un rosso di grande stoffa, Monelli un vino di Langa elegante ma contadino, e infine Veronelli che non starebbe di certo ad Expo, ma avrebbe già organizzato una contromanifestazione con centinai di produttori entusiasti nel porsi dalla parte dei più piccoli e genuini.

Infine, di seguito la nostra presentazione portata ad Expo, e un abstract del nostro intervento.

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“L’evoluzione linguistica e stilistica dei blogger del vino”

La via italiana al blog sul vino nasce, nei primi anni del 2000, come risposta alla riduzione di spazi sulla carta stampata e si prefigura all’inizio come una riproposizione dello stesso modo di scrivere tradizionale su un formato diverso, del quale si ignoravano ancora le potenzialità. Nascono i primi “blogger” puri nel senso che pubblicano i loro scritti, le loro recensioni e i loro viaggi nel vino esclusivamente online, prima sui blog e poi sui social network. Molti di loro presto approderanno a collaborazioni cartacee influenti e importanti, perché scrivere (gratis) sul web dona molta visibilità e permette agli operatori tradizionali di raccogliere nuovi talenti.

Nel tempo il blogging del vino in Italia acquisisce forza e importanza, anche perché punta a illustrare istanze su prodotti e trend che la stampa tradizionale non riesce a coprire, per mancanza di spazio ed essendo priva di velocità nello star dietro alle nuove proposte. In Italia soprattutto il wine blogging va di pari passo con l’affermarsi dei vini cosiddetti naturali, che vendono e divengono famosi spesso grazie al passaparola tra addetti ai lavori e appassionati, innescato proprio dalle “scoperte” dei blogger.

Il configurarsi del blogger di vino come personaggio alternativo ai classici autori e scrittori si evolve in un ricerca di stile che grazie all’affermarsi dei social media si fa sempre più visivo, con una serie di scatti e racconti per immagini e video (virali) che ottengono successi insperati. Attualmente il panorama dei blogger e degli scrittori di vino è molto frammentato e in realtà i blog propriamente detti sono pochissimi: piuttosto è meglio concentrarsi sul grande pullulare di degustatori amatoriali che annotano i propri assaggi e le proprie sensazioni su twitter, facebook, instagram e altri social network.

Oggi non esistono più i blogger, il termine stesso è desueto e non rappresenta più la realtà né una figura precisa di scrittore: meglio parlare di narratori e influencer, che diventano capaci di far conoscere vini, storie e persone che sul web trovano lo spazio e le risorse che sulla carta stampata sono in costante diminuzione.

L’impressione è che la grammatica con cui si scriverà e si comunicherà di vino nel futuro debba ancora nascere, ma è chiaro che non sarà scritta da chi ha gestito fino ad ora la conversazione in materia, e neanche da chi ha cominciato a farlo sul web, i cosiddetti blogger della prima ora.

La grammatica futura della comunicazione del vino sarà scritta dal web stesso e dalle dinamiche che animeranno l’infosfera del vino. E prima che la qualità, nel comunicare e far conoscere un vino conterà il modo con cui il consumatore cercherà informazioni sul vino stesso, qualcosa che possiamo monitorare costantemente, anche se non abbiamo idea in cosa potrebbe evolvere, in un mondo dove app come Vivino ottengono milioni di utilizzatori in pochi mesi, e diversi milioni di dollari in finanziamento. Scorrendo i vini più ricercati si incontrano sorprese e si raccolgono dati sulla “pancia” del paese Italia e del mondo: questi dovrebbero illuminare molte coscienze su dove stiamo andando nel racconto del vino sul web.

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

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