Il gioco delle coppie tra le colline del Collio

di Alice in Wonderland

Divertente e serio l’intento di questa degustazione. Porre stili a confronto, rassicurare o mettere in crisi il gusto personale, sedersi in una galleria d’arte ed osservare come due pittori coevi, ma di diversa scuola e approccio filosofico, offrano espressione così diversa dello stesso soggetto, che in questo caso è il soggetto- vitigno. Il soggetto vitigno nel Collio. Cinque coppie da programma, un’altra fuori programma, ognuna composta da un vino “orange” e da un vino “alla tedesca”. Stili, filosofia, obiettivi ed equilibri diversi, lingue lontane l’una dall’altra, accomunate dalla convivenza nello stesso “ora” e nel coinvolgimento con lo stesso territorio.

1 coppia: l’accoglienza
Pinot Grigio 2013 – Jermann. Accogliente come lo è un giardino di toni pastello e profumi gentili, di quelli che piacciono a grandi e piccini. Accoglienza di stampo “professionale”: la coccola di una commessa di una buona boutique del centro. Albicocche, pesche, sale. Bocca sciroppata e con manciate di sale. Squarcio d’acidità da Farinelli, acuto, bello, ma pur sempre falsetto. Con il tempo si lascia un po’ andare, si accascia: l’ora di timbrare il cartellino e tornare a casa.
Pinot Grigio 2006 – Dario Princic. Accogliente come una casa disordinata, calda e vissuta, dove ci si sente a proprio agio fin dal primo momento. Amaretto, erbe in infusione, ardesia, tè, china, marron glacé e bergamotto. Alcol integrato alla perfezione. Passano i minuti e si moltiplicano i riassaggi, e, in quella casa, ci si sente sempre di più a casa.

2 coppia: la presenza
Sauvignon 2013 – Tiare. Qui si riconoscono, rassicuranti, i descrittori che ai corsi da sommelier vengono indicati sul manuale come tipici del sauvignon e che non riporto perché universalmente noti. Questo vino è stato anche recentemente insignito di un importante premio, difetti non ce ne sono, sta bene sotto tutti i punti di vista. Eppure a me lascia la sensazione di una bella fotografia lavorata in post produzione, di colori carichi e filtri selezionati. Genere, proprio come quelle immagini, che ha la sua giusta schiera di amatori, così come c’è chi ama il risultato chiaroscuro delle vecchie reflex.
Sauvignon 2006 – Terpin. Ostico ai primi nasi, quasi imbronciato e apparentemente poco loquace. Bisogna andare a cercare segni di vita, va un po’ scosso e stimolato, provocato e certamente atteso. Piano piano si spoglia del broncio e tira fuori un sorriso di marsala, è robusto e corpulento, sa di zabaione, di bucce arrostite. Di cui si libera presto lasciando spazio a erbe aromatiche sminuzzate, a radici e sottobosco, a ortica ed erbe di campo. Girando il bicchiere come fosse una giostra, quasi si vedono fisicamente i profumi abbandonare il seggiolino uno dopo l’altro e disperdersi nell’aria.

3 coppia: le dolcezze
Ribolla Gialla 2013 – Villa Russiz. Dolcezza educata e contenuta, come dopo il soggiorno in un collegio. Qualcosa di aereo, di etereo, di evanescente, sparisce presto, ricompare, non infastidisce, non colpisce. Dolcezza di buone maniere, di schiena dritta e sguardo in avanti. Composto e sorridente, cammina per il seminato che ha davanti, avanti e indietro in un movimento sempre uguale e cadenzato. Di legni profumati, passeggiate nel bosco, fiori d’acacia e bastoncini di vaniglia.
C.O.F. Ribolla Gialla Pettarin 2012 – Miani. Dolcezza che mai sfiora la sdolcinatura, presente a se stesso, una punta lattiginosa che se ne va subito e che, ad ogni modo, evoca la via Lattea e non certo un caseificio. Crosta di pane, lievito di birra, delizia al limone, pompelmo e sale. Dolcezza innata e non indotta. Che la prestanza e la presenza fisica non disturbano affatto.

4 coppia: l’equilibrio
Ribolla Gialla Lus 2013 – Puiatti. Equilibrio corto. Ed è un peccato questa sua fretta di andar via e non concedersi. Peccato perché avrebbe tutto a posto, almeno questo si evince da quell’attimo fuggente. Se ne va senza emozionare, senza picchi di luce, senza modulare la voce. Plastico nel movimento, compresso. Sparge di corsa il suo corredo perfettamente da manuale, non gli manca nulla di quello che dovrebbe avere. Ma oltre quello che dovrebbe avere, altro non ha. Un 45 giri senza un graffio, che contiene la hit dell’estate perenne.
Ribolla Gialla 2006 – Terpin. L’equilibrio ricco di una colonna corinzia. Te’ rosso, scorza d’arancia, balsamo di tigre e unguento al bergamotto tutto in chiaroscuro. Sotto il sole, invece, splende la luce accecante di un lago di sale. L’acidità, dritta come un’asta d’acciaio, lo libera e lo spinge oltre il terzo piano. E tannini come fosse rosso, non i tannini di un bianco macerato, i tannini di un rosso. Qui dentro c’è la Lampada di Giacomo Balla.

5 coppia: la serietà
Ronc di Zorz 2009 – Livon. Questo è un vino secondo stile tedesco, con guizzi di ritorno al passato. E’ serio e composto, in lui non c’è nulla di duro, anzi: morbidezze, che mai richiamano alla mente la mollezza, equilibrate da una venatura amara appena accennata ma costante. Col passare del tempo scopre le carte che ha in mano, e sono tutte carte buone, non c’è pericolo che non vinca la mano. Questa rilassatezza è la principale responsabile della sua seria compostezza priva di pathos. Noce moscata grattata, melograno e pesca di vigna acerba, tutto leggero come fuoriuscisse da un diffusore da parete.
Ronco della Chiesa 2009 – Borgo del Tiglio. Nota amara intensa che quasi richiama il dramma. Un vassoio di Sali. Intensa nota cerealicola che oggi me ne rovina l’assaggio. Alcool un po’ scoordinato. Ma bello il bouquet di fieno, erba secca, buccia di mela, note radicali di rafano e senape. Pulito e coerente.

6 coppia: Menzione speciale
Ginger & Fred. Jakot di Nando e Kai 2009 di Paraschos stavano proprio bene vicini, accomunati dalla grazia e dalla potenza. Sensuale, boteriano ma agile Kai, sottile ma carnoso e altrettanto snodato Jakot, riempiono entrambi la bocca di molteplici sensazioni tattili, te, infusioni, spezie come zafferano e cumino, Jakot e pescanoce, burro, ferro, unguenti profumati, Kai. Assaggiare più volte prima l’uno e poi l’altro, è stato come inserirsi in quel curioso e inaspettato loro ballo e, ancora una volta, meravigliarsi di come la bellezza sia spesso data da presunte, o anche reali, imperfezioni.

Queste coppie sono state accuratamente scelte, abbigliate, maritate e poi sapientemente svestite e presentate da Emanuele Giannone, che di Collio un po’ ne sa.

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Alice in Wonderland

Nascere a Jesi è nascere a un bivio: fioretto o verdicchio? Sport è salute, per questo, con sacrifici e fatica, coltiva da anni le discipline dello stappo carpiato e del sollevamento magnum. Indecisa fra Borgogna e Champagne, dovesse portare una sola bottiglia sull’isola deserta azzarderebbe un blend. Nel tempo libero colleziona multe, legge sudamericani e fa volontariato in una comunità di recupero per astemi-vegani. Infrange quotidianamente l’articolo del codice penale sulla modica quantità: di carbonara.

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