I Dieci Champagne 1996 che vi metteranno tutti d’accordo. Vive la France

di Alice in Wonderland

L’approccio spirituale a una serata come questa è più o meno quello che si avrebbe andando a cena coi vincitori dell’Oscar, a incontrare una comitiva di premi Nobel o i giocatori della squadra del cuore freschi di scudetto. Ci si va come se si fosse ricevuto l’invito da Artù in persona a raggiungerlo a Camelot alla Tavola Rotonda. Stasera i Cavalieri fisicamente presenti sono 11. Poi diventati 10 per improvviso malessere dell’undicesimo che, in overdose da Tricloroanisolo, viene subito allontanato in barella. Costui era tale Deutz Vintage Rosè. All’arrivo delle Signore Bottiglie si materializza sul pavimento un tappeto rosso, e sopra le teste degli astanti compaiono luccicanti lampadari di puro cristallo di Boemia, i cavatappi chiedono di essere appellati “tire–bouchon” e a capotavola appare un trio modello Rondò Veneziano con archi, fiati e cotillon. L’Orizzontale ‘96 può avere inizio. L’eccitazione non copre la rilassatezza: i vini sono tutti fuoriclasse, a divertirsi davvero sarà il gusto personale di ognuno. Prima batteria, o Il buongiorno si vede dal mattino (perché il mattino ha l’oro in bocca).

Philipponnat Clos de Goisses. Naso scuro, grigio e snello, ferro e gesso, mela renetta e pera Williams double face: turgide eppur mature. Austero e monastico. Anche la bocca profuma come il naso, l’acidità incide scome uno squarcio. E asciuga come una lavasciuga lasciando a secco i rubinetti salivari.

Billecart Salmon Cuvée Nicolas Francois. Fiori, luce e sole. Uno champagne di mezzogiorno. Profuma di profumo e di pesca di vigna. Accattivante, si lascia amare facilmente, non impegna, accompagna. Persistenza tanto salina e lunga, da sosta sul bagnasciuga. Abbagliante, fa il paio con “Scale nel giardino dell’artista”, di Pierre Bonnard, guardando quello si sentono chiaramente i grilli, assaggiando questo lo sciabordio di onde spumose gonfie di sale contro gli scogli.

Dom Perignon Vintage. Bollicina finissima. Chiuso: per lungo, lungo tempo resta chiuso. La bocca è setosa ma non è la sua. Tappo penalizzante, il cesto di mandorle diventa piano piano un cesto di cicuta. Peccato, un’amarezza che stringe il cuore. Non siamo ancora arrivati al Requiem ma la chiamata al pronto soccorso sarebbe già da fare. Seconda batteria o Gaudeamus igitur, Iuvenes dum sumus

Salon. Ed è subito miele, mille mieli. Voluttuoso, sensuale, morbido. Burroso. Un abbraccio avvolgente e setoso, liscio come una schiena liscia, puntinato di vaniglia e latte di mandorla. Cremoso e al contempo leggero, senza alcun accenno di stanchezza. Aureo e klimtiano.

Dom Ruinart. Naso delicato, ben dosato di sale e di un’infinità di fiori bianchi, il tiglio fra tutti. Bianca anche la frutta: pesca e pera. Bocca croccante, di nocciola e miele. Comprensibile e chiaro, non manca di nulla, non eccede in nulla, il vero piacere della pulizia. Dimostra molti meno anni di quelli indicati sul documento di riconoscimento. Un po’ penalizzato dalla posizione intermedia tra il precedente ed il seguente, forse, ma se la cava egregiamente.

Dom Perignon Oenotheque. Primo impatto come un’onda oceanica, salmastro, marino, l’acqua dell’ostrica. Invita allo snorkeling. Poi piano piano, dopo questo scenografico e drammatico canto del cigno, si accascia nell’amarezza definitiva e senza ritorno. Non è suicidio: è stato ucciso, seppure a fatica, da un boia a forma di tappo, glaciale, irremovibile e senza cuore. Terza batteria o E quindi uscimmo a riveder le stelle.

Pol Roger Winston Churchill. Il funambolo. Il trapezista. Tanti di quei profumi e di quei richiami che si susseguono così vorticosamente da renderne difficile l’identificazione precisa. Ma, una volta accettata l’impossibilità a controllarlo, è piacevole affidarsi a lui e seguirlo sulla sua montagna russa. Gesso, ostriche, campi di fiori, frutta esotica, erbe aromatiche a mazzi, agrumi dolci fanno il loro numero alternandosi, abbracciandosi, presentandosi come solisti e protagonisti e poi ordinati e composti a prestar le belle voci al coro. Champagne stupefacente e che trasmette la sensazione di divertirsi.

Krug. L’apoteosi. La perfezione assoluta, ragione e sentimento. Scopre lentamente il corpo grasso ma sensuale ed agile. Sale che muta di sapore, di intensità e di colore. L’acidità attraversa il cavo orale come una scheggia, ha una forma fuori dal comune: è tagliente ma dalla punta arrotondata, ricorda un samurai: concentrazione, precisione, velocità. Passeggia per la bocca a passi lenti, inverte di continuo la direzione, riempie, consola. Cura l’inquietudine e andrebbe venduto in farmacia. Meglio se passato dalla mutua.

Bollinger R.D. (dég. 2007). Freschezza, eleganza, diverse tonalità di verde scuro. Verde profondo d’erba, di foglie secche, di erbe aromatiche. Poi tante note iodate e oscurità. Ed essenza di bergamotto e scorze d’agrume. Da indagine lunga e minuziosa, è composto e parla a voce educatamente bassa, si concede lentamente, appare in fieri, come un blocco di marmo da cui a poco a poco emerge una forma, un corpo.

Dom Ruinart Rosé. Fragolina di bosco immersa in acqua salata. Bocca primaverile, suggerisce l’immagine di un pic nic sul prato con tovaglia a quadretti Vichy. Bocca di succo di lampone e caramellina alla violetta, supportata da agrumi dolci multicolori che apportano la giusta sferzata di delicata freschezza. Un vino di pizzo.

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Alice in Wonderland

Nascere a Jesi è nascere a un bivio: fioretto o verdicchio? Sport è salute, per questo, con sacrifici e fatica, coltiva da anni le discipline dello stappo carpiato e del sollevamento magnum. Indecisa fra Borgogna e Champagne, dovesse portare una sola bottiglia sull’isola deserta azzarderebbe un blend. Nel tempo libero colleziona multe, legge sudamericani e fa volontariato in una comunità di recupero per astemi-vegani. Infrange quotidianamente l’articolo del codice penale sulla modica quantità: di carbonara.

2 Commenti

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Daniele

circa 10 anni fa - Link

Dove è avvenuto questo fattaccio?

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ale

circa 10 anni fa - Link

A parte Bollinger di cui scrivte 2007 sarebbe interessante sapere le varie sboccature (e questo sia per la tenuta nel tempo e sia per sapere quanto il liquido è stato a contatto dei lieviti)

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