Gita di Pasquetta in Valle d’Aosta con 3 vini nello zaino suggeriti da Fabrizio Gallino

di Alessandro Morichetti

Anche quest’anno non ho assaggiato un cavolo di vino valdostano al Vinitaly, nonostante i buoni propositi. Allora ho chiesto a Fabrizio Gallino (Enofaber) – massimo esperto galattico di vini della Valle d’Aosta, nonché autore di Vino in Valle – un suo itinerario del cuore. La sua risposta articolata è una piccola gita nei meandri meno battuti del vino italiano. Eccola qua.

“Ma in Valle d’Aosta si fa vino?
Tante volte mi sono sentito porre questa domanda. La risposta è affermativa e, aggiungo, il livello qualitativo medio è anche molto alto. Partiamo con un’avvertenza: evitiamo di paragonare il vino della VdA con i vicini più prossimi, ossia Piemonte e Francia. Inevitabilmente uscirebbe sconfitto (anche se in cuor mio non ne sono così convinto): i vini della VdA vanno presi nella peculiarità del loro territorio, nella tipicità e unicità che riscono ad esprimere. Mantenendosi fedeli a se stessi.

Una regione che produce circa 2,5 milioni di bottiglie sotto l’unica DOC regionale, 650 ht vitati, un manipolo di 50 produttori tra privati e Caves Cooperative (ben 6), un patrimonio ampelografico unico nel panorama italico con la presenza di numerosissimi vitigni autoctoni. Una regione incastonata tra le montagne che ha rischiato di vedere spazzata via la propria tradizione vitivinicola grazie alla fillossera, a due guerre mondiali e all’industrializzazione, passando dai 3500 ht vitati di fine ottocento ai 250 dell’immediato dopoguerra.
Un’avanguardia illuminata ha salvato tutta questa ricchezza: prima i clerici, con la nascita dell’Institute Agricole Regional, poi una figura carismatica come quella dell’Abbé Bougeat e infine quattro uomini, Costantino Charrere, Vincent Grosjean, Renato Anselmet e Albert Vevey. A tutti questi personaggi dobbiamo la nuova primavera della produzione vitivinicola valdostana.

Per me è faticoso individuare tre vini che rappresentino bene la VdA: questa terra è oramai parte del mio cuore e il dover scegliere tra le diverse bottiglie mi appare come una forzatura. Cercherò di indicare comunque tre assaggi che rappresentino al meglio la tripartizione tradizionale con cui si suole dividere la Valleé.

Partiamo allora dalla bassa Valle, che va dal confine piemontese fino al comune di Monjovet. Qui il principe incontrastato è il Picotendro, ossia un clone di nebbiolo tipico della valle. E una delle sue massime espressioni, anche per un rapporto qualità/prezzo assolutamente vincente è il VdA Doc Donnas 2008 della Cave de Donnas: un nebbiolo di montagna, giocato sulla finezza e non sulla potenza, con tannini levigati, freschezza e una bellissima persistenza.

Spostandoci in media Valle, ossia la parte più ampia che va da Chatillon fino ad Arvier, il numero di vitigni e produttori sale esponenzialmente. Quindi faccio una scelta legata al mio cuore e al mio gusto, parlando del VdA Doc Cornalin 2012 di Grosjean: il cornalin è un vitigno autoctono valdostano, diffuso anche nel Valais con il nome di Humagne Rouge. Qui abbiamo un vino bifronte: sentori cupi, legati alla terra, al selvatico, talvolta all’ematico, di grande impatto, non sempre immediato; ma l’assaggio spazza via eventuali dubbi, con una freschezza e una fragranza che sono una cornice per la persistente sapidità e tannini vibranti che lavorano incessantemente.

Infine saliamo nell’alta Valle, ai piedi del Monte Bianco, nei comuni di Morgex e La Salle. Qui c’è un unico vitigno, il Prié Blanc, il più alto d’Europa, coltivato tra i 900 e i 1200 metri di altitudine (nota: per il momento è considerato il più alto; a Zermat e Cortina hanno impiantato dei vigneti ma non sono ancora in produzione). Un vitigno a piede franco poichè qui non arrivò la fillossera, coltivato con il sistema della pergola bassa per preservare il grappolo dalle potenti escrusioni termiche. Un vitigno eclettico, da cui nascono bianchi sapidi e verticali, bollicine d’autore e passiti suadenti. E che qui voglio raccontare attraverso il Metodo Classico Brut 2010 de la Cave de Morgex: bollicina dalla grana fine e persistente, sentori che vanno dal lievito al frutto, passando per ricordi di fieno e una vena minerale che si ritrova anche in bocca, regalando grande beva a questo bicchiere.

Bene… ora potete evitare di fare la domanda “in valle si fa il vino?”. Andate a curiosare quella piccola regione incastonata tra le montagne. E probabilmente ve ne innamorerete anche voi, come capitato a me, che valdostano non sono.”

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Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

12 Commenti

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Flachi10

circa 10 anni fa - Link

Enofaber e' sicuramente uno dei miei blogger/enocantastorie preferito. Preciso, non condizionato, senza fronzoli linguistici ed inutili giochi descrittivi complicati ma sopratutto UMILE e pronto sempre ad imparare cose nuove. Raro esempio nel mondo del vino.

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Enofaber

circa 10 anni fa - Link

@flachi10 emh.... grazie... :-)

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Moreno

circa 10 anni fa - Link

La Valle d'Aosta non teme confronti qualitativi con nessuno. I tre vini consigliati sono ottimi e rappresentativi non i migliori, suggerirei anche Fumin e Petite Arvine

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Alberto

circa 10 anni fa - Link

Concordo con Moreno, la Valle d'Aosta non teme confronti qualitativi con nessuno e a oggi rappresenta una realtà consolidata. Consiglio l'esperienza gustativa con Chardonnay (anche non maturati in legno) e Pinot gris (conosciuto anche in zona come nus malvoisie). Vitigni ritenuti "internazionali" che sanno leggere il territorio Valdostano in tutto il suo fascino.

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Sergione

circa 10 anni fa - Link

A me non risulta che Cornalin e Humagne rouge siano la stessa cosa, tanto che nel Vallese un sacco di produttori hanno entrambi i vini nella loro gamma....o sbaglio io?

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Enofaber

circa 10 anni fa - Link

Salve Sergione, il Cornalin VdA è "cugino" dell'Humagne Rouge. Esiste un'altra tipologia nel Valais chiamata Cornalin che dal punto di vista genetico non ha nulla a che vedere con l'omonimo valdostano

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Enofaber

circa 10 anni fa - Link

@Moreno e Alberto: concordo in pieno con i vostri commenti. Esistono moltissimi vini affascinanti e interessanti in VdA. Dovendo però sforzarmi, come richiesto dalla redazione di Intravino, nel scegliere 3 vini ho preferito partire dai vini a mio parere più rappresentativi.

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Francesco Annibali

circa 10 anni fa - Link

e il moscato di chambave? anno scorso guida espresso ne premiò uno di una finezza sconfinata

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Enofaber

circa 10 anni fa - Link

Anche Francesco. Sia in versione secca, sia in versione passito. Quello a cui ti riferisci, se non ricordo male, è il Muscat Chambave Fletrì di La Vrille, a Verrayes

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Sergione

circa 10 anni fa - Link

Grazie della spiegazione!!!

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Federico

circa 10 anni fa - Link

Ho conosciuto Fabrizio in una manifestazione di vini dolci vicino Bologna e ho potuto gustare la passione vera con cui parla di questi vini e queste terre. Ma oltre alla passione, ci deve essere anche il vino in questo contesto, e qui c'era. Ho ancora in bocca e nel naso, un bicchiere che non avrei mai immaginato, che vi consiglio, se volete bere qualcosa di ... inaspettato, apputo: "Chaudelune" Blanc de Morgex et de la Salle 2010 Vendemmia tardiva della Cave du Vin Blanc de Morgex. Forse non è l'icewine (o simile) della vita, ma è un vino che spiazza con i suoi profumi di spezie nostrane, riconoscibili a tutti. Un buonissimo bicchiere che si fa risordare.

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