Francesco Valentini: “Viticoltura e olivicoltura d’Abruzzo in ginocchio ma le istituzioni dove sono?”

di Alessandro Morichetti

Il grido di allarme arriva da Loreto Aprutino ma “dormono tutti”, risponde Francesco Paolo Valentini appena chiediamo come si stiano muovendo le istituzioni. L’agricoltura -specialmente viticoltura e olivicoltura- in Abruzzo è letteralmente in ginocchio causa maltempo: neve, vento forte e pioggia incessante hanno creato danni poderosi di cui nessuno sta parlando. “Le prime stime rilevano 1800-2000 ettari di vigneti distrutti ma nessuno dice niente”: è Valentini, produttore di vino, olio e grano d’eccellenza, ad esprimere il proprio dissenso verso l’inspiegabile immobilismo istituzionale di fronte ad una situazione di estrema gravità. “Do voce ai tanti piccoli produttori che non riescono a sfogare la loro rabbia per le perdite subite e per la sensazione di abbandono da parte delle autorità locali”. E continua, a nostra esplicita domanda: “La stampa locale non ne ha parlato e i politici non hanno rilasciato dichiarazioni “visibili”.

Loreto Aprutino è il comune a più alta densità di olivi in Italia e le semine sono andate sott’acqua per tre giorni di pioggia incessante. Per quanto riguarda l’azienda di famiglia: “Il conto danni è di quasi la metà dei vigneti abbattuti, su cui ormai si può andare in bicicletta”. Quasi la metà dei vigneti abbattuti.

Viene la pelle d’oca a mettersi nei panni di chi è costretto a scattare questa tremenda fotografia e l’unico auspicio possibile è che, messa alle spalle l’emergenza, il lavoro di ricostruzione riparta solido e solidale.

“La voglia di lasciar perdere tutto e andare alle Bahamas c’è tutta ma è più forte l’attaccamento alla terra, alla tradizione, al senso di responsabilità verso i miei colleghi. Ci stiamo appunto muovendo per far capire il dramma che ha colpito le nostre attività e speriamo che anche le istituzioni ci aiutino.”

[Fonte: Ansa, Tg2. Foto: NewsAbruzzo.it]

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Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

40 Commenti

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Marco

circa 10 anni fa - Link

Comprensibile lo scoramento di coloro che vedono distrutto in poco tempo il lavoro di una vita, ma possibile che ci si appelli sempre alle istituzioni, come fosse sempre tutto responsabilità dello Stato? Non è per merito o demerito dei governi se piove e gente che lavora in agricoltura dovrebbe saperlo meglio di altri.

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Jacopo Cossater

circa 10 anni fa - Link

Ma è per merito o per demerito delle istituzioni locali (i Comuni colpiti, la Provincia, la Regione) se si riesce o meno ad intervenire con tempestività per a) affiancare le aziende colpite in questa prima fase di valutazione dei danni, con ogni strumento a disposizione b) riparare, dove possibile, e ricostruire con solerzia affinché questo particolare evento non abbia eccessive ricadute non solo sulle cantine coinvolte (quello purtroppo è ovvio) ma anche e soprattutto sull'economia locale e sulla filiera che circonda il mondo del vino abruzzese.

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Fiorenzo Sartore

circa 10 anni fa - Link

Marco, ma se un evento naturale le avesse "distrutto in poco tempo il lavoro di una vita" (usando parole sue), lei non invocherebbe qualche tipo di presenza istituzionale? Io sì, per dire.

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cinzia

circa 10 anni fa - Link

ciao marco ..ti volevo chiedere ma che lavoro fai ???? e che cosa mangi o bevi ??? se parli cosi di sicuro non sei del settore e non sai quanti sacrifici bisogna fare x i campi .....certi commenti li terrei x me

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Fabio Rizzari

circa 10 anni fa - Link

Gravissimo. Occorre parlarne e scriverne.

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stefano bonilli

circa 10 anni fa - Link

Per dare alla notizia una vasta eco bisogna coinvolgere i giornalisti dei giornali a più alta diffusione, da Scuteri della Repubblica a Marisa Fumagalli del Corriere, Pignataro del Mattino, Vizzari, e poi i cuochi abruzzesi Niko Romito in testa. Non basta un blog, fb o twitter anche se così si buca il muro di indifferenza. Ormai, con la crisi, tutto è uguale a tutto e nulla più scuote oltre l'emozione delle 24 ore.

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monia zanette

circa 10 anni fa - Link

Se volessi aprire l'argomento sul piano politico,in merito ad ingiustizie ,finanziamenti o fondi vari ,ne potri dire .....Mi limito solo all'augurio che ,attraverso forti braccia e volontà di ferro ,si possano continuare a degustare i merivigliosi vini di Valentini e di gente appassionata come lui. Forza e coraggio!

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Paolo Cianferoni

circa 10 anni fa - Link

Purtroppo la gente pensa che il vino basta andare al supermercato per acquistarlo, come tutto il cibo. Stiamo perdendo come popolo (italiano) la cultura e il valore dei beni primari. Se manca cibo da una parte si compra da un'altra, per cui certi eventi, certe notizie, non importano a nessuno se non a pochi addetti. Gli'è tutto sbagliato, gli'è tutto da rifare...

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Daniele

circa 10 anni fa - Link

Non capisco l'attacco a quanto dice Marco, noi italiani abbiamo sempre avuto la tendenza innegabile al piove governo ladro. Se piove ed esonda un fiume a causa della mancata manutenzione pubblica degli argini e mi distrugge i vigneti è chiaro che sono il primo a PRETENDERE che le istituzioni facciano immediatamente qualcosa ma se c'è semplicemente maltempo...si possono anche scrivere due righe sul giornale dove l'assessore regionale dice che è tanto dispiaciuto ma francamente me ne cala poco, cosa cambia? Noi agricoltori campiamo grazie alla terra e così come la natura tanto ci dà a volte qualcosa si prende, c'è poco da fare purtroppo, è nel novero delle cose.

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Alberto

circa 10 anni fa - Link

Scusate se copio-incollo ma sono perfettamente daccordo con il primo commento!! Cito: Comprensibile lo scoramento di coloro che vedono distrutto in poco tempo il lavoro di una vita, ma possibile che ci si appelli sempre alle istituzioni, come fosse sempre tutto responsabilità dello Stato? Non è per merito o demerito dei governi se piove e gente che lavora in agricoltura dovrebbe saperlo meglio di altri.

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Cristiana Lauro

circa 10 anni fa - Link

@Marco @Alberto, temo non vi sia chiara l'entità del danno, altrimenti non liquidereste la faccenda con interventi così inadeguati. Non è venuto giù un acquazzone, diamine! Stiamo diventando tutti cinici

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Giampiero Pulcini

circa 10 anni fa - Link

Non è colpa dello Stato se un terremoto distrugge una città, cionondimeno lo Stato - nelle sue varie articolazioni - ha il dovere istituzionale di intervenire. E il fatto che non lo faccia, o lo faccia male e/o in ritardo, configura una responsabilità gravissima che mina alla radice il rapporto di fiducia e appartenenza che in ultima analisi fonda la democrazia. Altrimenti lo Stato che ci sta a fare? A legiferare sotto dettatura delle lobby? A riscuotere tasse dai soliti noti in quantità tale da compensare chi le tasse trova il modo di evaderle? E per fare cosa, poi, se non alimentare se stesso, la burocrazia clientelare, gli affarucci tra banche, industria e - appunto - politica? Lo Stato, le Istituzioni, se ancora vogliono definirsi tali, hanno il dovere non eludibile di intervenire in caso di calamità naturali, colpiscano esse l'agricoltura, il paesaggio, l'apparato urbanistico o il patrimonio storico-culturale latamente inteso. E ha il dovere di farlo bene, e in tempo, perchè sono queste le vere risorse inimitabili su cui dovrebbe fondarsi la sua stessa ricchezza. Per tacer poi del dovere di aiutare cittadini che lavorano rischiando di loro, con le loro famiglie; i lavoratori non sono solo quelli delle grandi industrie che fanno gli scioperi generali riempiendo le piazze, dando così ai sindacalisti e ai politicanti di turno nient'altro che una bella vetrina per la loro orrenda retorica.

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Marco

circa 10 anni fa - Link

Non sono d'accordo sull'irresponsabilità dei decisori politici sul crollo di una città o sull'esondazione di un fiume. E' tutta la vita colpa anche loro. Il dissesto idrogeologico, la costruzione delle case con la diarrea, l'abusivismo edilizio, il disboscamento selvaggio, e potrei continuare all'infinito, non sono stati mica provocati da Mamma Natura. Poi mettiamoci le risate delle 4 del mattino, i ritardi, le prese in giro, l'abbandono e chi più ne ha più ne metta il quadro è completo. Paese di m. Massima solidarietà a tutti gli agricoltori.

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Marco

circa 10 anni fa - Link

Ah, Marco ma non il primo Marco.

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Franco

circa 10 anni fa - Link

Marco e Alberto spero siate dipendenti statali fancazzisti e che un giorno vi arrivi un SMS che vi comunica che siete licenziati e che Equitalia vi porti via la casa.Cosa vuoi che sia anche questo va messo in conto.

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Alberto

circa 10 anni fa - Link

Io dirigo 4 aziende in altrettanti settori. Equitalia è una piaga che si abbatte spesso anche su di noi. Lo stato oltre che un peso econominco e socio immobile, spesso ci danneggia (anche a livello internazionale) con leggi e manovrette ridicole. Nessuno qui si aspetta aiuto dallo stato quando le cose vanno davvero male. Forse è per questo che siamo preparati anche al peggio.

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Emanuele

circa 10 anni fa - Link

Paradossale coincidenza: Francesco Valentini cita un arcipelago nord-caraibico quale rifugio dal disastro, approdo per la voglia di "lasciar perdere tutto". Nel farlo, cita uno stato magro e lasso, del tipo che Marco e Alberto invocano. Un patto sociale in versione light, poco invasivo e poco partecipativo. Frequento quello stato, non da turista. È afflitto da frequenti uragani. I bahamiani sanno che lo stato non li aiuterà a rialzare chioschi e case quando la Katrina di turno glieli stende. Risultato: nessuno fa nulla o quasi per risollevarsi, se non nei settori presidiati da investitori stranieri. I quali investono là alle loro condizioni, forti della forza bruta ed elegante di chi potrebbe, domani stesso, smobilitare e riaprir tutto su un altro arcipelago più conveniente. Cioè più povero. Quelle condizioni trascurano la tutela di dettagli quali i costumi, le tradizioni, le arti del luogo: sono irrilevanti. Che cada Valentini, cadano i suoi simili. Sulle terre liberate dai Valentini in fuga ipotetica, nuove zone depresse, nuove bahamas da comprare a poco, sarà bello portare una raffineria o, che so, un parco tematico. Ho letto qui sopra due messaggi pieni di una retorica odiosa diversa da quella citata giustamente da Giampiero. Retotica e prosopopea da salotto e culo al caldo. Il culo al caldo del vero eno-snob che beve Valentini perché...

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Emanuele

circa 10 anni fa - Link

... è à-la page e non conosce Valentini. Lo snob da morto un vino se ne fa un altro, di chi parla da élite dell'etile. È un atteggiamento tipico e detestabile. Mi dà pena perché denuncia un sostrato che riduce culture e persone a marchi, mode e prezzi.

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Giampiero Pulcini

circa 10 anni fa - Link

Grazie Emanuele.

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Fp

circa 10 anni fa - Link

Allora quando i vini si vendono a prezzi alti ( lasciamo perdere per un attimo il discorso qualità' ) e' il mercato a chiederlo. Quando ci sono la catastrofi paga "lo stato". Dunque privatizzare gli utili e socializzare le perdite degno del miglior DeBenetti's style. Bene così italiani un popolo inemendabile.

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alessandro bocchetti

circa 10 anni fa - Link

Ma di cosa parlano alcuni qui sopra??? Avete presente il concetto di calamità naturale? Il fatto che alla base degli stati nazionali ci sia il principio di solidarietà? Sono abruzzese e 2.000 ettari di pergole a terra sono una catrastofe per un territorio già piegato dal terremoto e dalla sua comunicazione... Non parliamo di solo Valentini, lui come sempre è un'immagine dell'Abruzzo, di questo spicchio di terra violato da un ciclone devastante... Che diamine c'entra de benedetti non lo capisco??? Ciao A

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Franco

circa 10 anni fa - Link

probabilmente chi non ha a cuore la viticultura spera nell'abbandono delle terre affinchè questi terreni diventino le terre dei fuochi.

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Cristiana Lauro

circa 10 anni fa - Link

@alessandro bocchetti (ciao A) ;-) no perché fra un po' va a finire che Valentini cerca visibilità attraverso i blog o il Tg 2. Non di certo Valentini che non parla solo per sé ma offre il suo nome e la sua notorietà anche a chi ha meno voce per farsi sentire. Avvilita :-( ma porc! @Fp Lasciamo perdere per un attimo il discorso qualità. cit. Ti rendi conto, se non fosse che il tema è un altro, che questa frase è più attaccabile di uno scippatore all'uscita dalla metropolitana? Poi De Benedetti...ma perché adesso?

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FP

circa 10 anni fa - Link

Se si va a riprendere alcune datate le interviste del' Ing DeBenedetti , al quale va riconosciuta indubbiamente lungimiranza, si troverà questa teoria spiegata anche bene , poi è stata applicata in diversi casi ma questo non è un blog di Economia. Sul discorso della qualità messa MOMENTANEAMENTE da parte era per indicare che in alcuni casi , non Valentini per carità ,il prezzo è fatto dalla richiesta delle bottiglie e , specie in annate minori, non dalla qualità in essa contenute. Poi l' iperbole proprio non l' ho capita ma magari sono lento io. Nel mio post in soldoni volevo solo evidenziare come a molti piace questo tipo di atteggiamento dove si scaricano sul prossimo le perdite e si tengo per se i profitti , meritati per carità , del proprio lavoro. Se un mercato a bisogno dello stato per sopravvivere non si può definire tale .

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Giampiero Pulcini

circa 10 anni fa - Link

Francesco Valentini oggi, e suo padre ieri, hanno sempre socializzato gli utili attraverso un trattamento (non solo economico) dei propri lavoratori che non ha eguali nel settore; e ha continuato a farlo anche in annate particolarmente sciagurate, dai raccolti decimati, privatizzando le perdite quindi. Questo nel particolare. In generale, se qui non si capisce in fretta che un'agricoltura di alta qualità dovrebbe essere IL settore trainante di un'economia capace di creare benessere diffuso (con tutte le ricadute del caso nei settori ambientali, culturali, turistici), ecco, se ancora non ci è chiaro questo tra una decina d'anni qui ci ritroviamo come il Burkina Faso. Ma forse pure prima.

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Emanuele

circa 10 anni fa - Link

Ha ragione, Fp. La storia recente insegna che gli abruzzesi sono abili speculatori. Pensi, ad esempio, a come hanno furbescamente attinto alle casse dello stato per socializzare, col pretesto di un sisma, il costo della sostituzione di vecchie e scomode casupole antiche con moderne, funzionali e costose unità abitative nei MAP. Come se questo non bastasse, pretendono pure il ripristino degli edifici di interesse storico-artistico. Ora, privi oramai d'ogni scrupolo, chiederanno fondi e sgravi persino per orti e campi rovinati. Inemendabili e rapaci.

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dva45

circa 10 anni fa - Link

francamente, capisco la solidarieta' al produttore, ma da li a dire che "...se qui non si capisce in fretta che un’agricoltura di alta qualità dovrebbe essere IL settore trainante di un’economia.... tra una decina d’anni qui ci ritroviamo come il Burkina Faso" mi sombra una visione un po' parziale, o magari solo datata (datata 1800). Insomma, se mi si parla di valori e cultura, non ho nulla da eccepire - a parte che si potrebbe discutere per ore sul fatto che sia opportuno che lo stato intervenga per proteggere interessi privati indivuduali o meno - ma suvvia, l'agricultura pesa +/- il 2% del pil... e il turismo viene soprattutto per il colosseo e i musei.

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alessandro bocchetti

circa 10 anni fa - Link

Mah sei sicuro di quanto affermi con certezza? Uno studio dell'associazione statunitense dei tour operetor dello scorso anno sancisce il sorpasso tra vino e cibo e arte. Il cibo diventa secondo loro il principale attratto re del belpaese...

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Emanuele

circa 10 anni fa - Link

Liquidare così l'unico settore che nel 2012 ha segnato un incremento nel valore aggiunto, nella quota di PIL, nel numero delle assunzioni è errore che fa storcere il naso non tanto a me quanto a INPS e ISTAT.

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dva45

circa 10 anni fa - Link

Emanuele, anni fa avevo un professore di economia che a proposito di quelli che usano le statistiche in modo "creativo" diceva: "If you torture the data long enough, they will confess". L'agricultura sara anche cresciuta, ma, come in tutti i paesi industriallizzati, la sua contribuzione al PIL resta molto limitata. Nel nostro caso, circa il 2% e, I guess, a poco piu in termini di impiego, mentre nel Burkina, paese che conosco bene, sta al 35%...

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Emanuele

circa 10 anni fa - Link

Non uso le statistiche in modo creativo. Diciamo comparativo. Avevo un esimio prof di Economia, secondo solo a quello di Statistica II e III.

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Giampiero Pulcini

circa 10 anni fa - Link

Non dimentichi i piatti da appendere con scritto "Capri", gentile Dva45, oltre al colosseo (minuscolo) e i musei (a caso).

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Alessandro Morichetti

circa 10 anni fa - Link

Suvvia, non ingarelliamoci. L'agricoltura può essere un settore economico percentualmente poco significativo ma qualitativamente molto rilevante. E' lecito che si veda la cosa da prospettive diverse ma la questione di partenza qui era un'altra, cioè una calamità naturale che ha creato danni ingenti a un comparto. Non infognarci in botta-risposta può solo aiutare la comprensione offrendo elementi utili a chi legge. Grazie a todos.

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Giampiero Pulcini

circa 10 anni fa - Link

Non mi infogno. Semplicemente contesto che un'agricoltura di qualità (non industriale) non possa assumere connotati quantitativi percentualmente assai più rilevanti di adesso. Con le opportune politiche, certo, e creando indotto in altri settori con creazione di sistemi di facilità elementare. Siamo in Italia, ricordiamocelo ogni tanto di essere il posto più vario e straordinario del mondo, oltre che il più irritante. Ma poi, al netto di tante parole, stiamo parlando di terra. Terra, non capannoni. La terra, cazzo! Vogliamo cominciare a difenderla sì o no? Ma cosa siamo diventati, altrimenti?!

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Alessandro Morichetti

circa 10 anni fa - Link

Queste le parole di Fausto Albanesi, dell'az. Torre dei Beati di Loreto Aprutino, rivolte a Fabio Rizzari e pubblicate stamattina sul blog Vino:.

Caro Fabio, ti ringrazio molto dell’interessamento per quanto è successo qui qualche giorno fa. Non avrei mai voluto parlare di una cosa come questa, ma purtroppo è accaduta ed è bene che se ne abbia nel mondo del vino la giusta consapevolezza. La cronaca, penso ormai nota a molti: a causa di una forte nevicata avvenuta in due fasi, prima la notte di lunedì 26 novembre, e successivamente il pomeriggio e la notte di martedì 27, una buona parte dei vigneti abruzzesi piantati a pergola è caduta giù. Particolarmente colpite le colline pescaresi e diverse zone del chietino. Notevoli danni anche agli uliveti. “Le vigne cadono a novembre” ammoniscono i vecchi , e questa frase mi ripete sempre mia moglie, che l’ha imparata da suo padre, quando a inizio novembre, poco dopo la fine della vendemmia, inizia a fare le “strade”, cioè a far potare la vigna a fasce parallele più o meno distanziate, per alleggerire il carico in caso di eventuali nevicate. Inutile dire come gli agronomi delle varie aziende non accettino, o sopportino borbottando, questa pratica di tagliare tralci con su ancora foglie in grado di accumulare sostanze per l’anno successivo. Ma lei non ne vuole sapere, e a metà novembre la vigna si presenta già con le strade fatte. Io so che lei in queste cose è molto pratica, ed evito di schierarmi. Quest’anno ha avuto ragione lei. Un’annata particolare, ma lo si dice sempre di ognuna, in cui le temperature elevate fino a due settimane fa hanno trattenuto le foglie sui tralci, mantenendo quella cortina orizzontale che caratterizza la pergola abruzzese, capace, in caso di nevicate, insieme al reticolo di fili deputati a sorreggere i tralci e ai tralci stessi, di creare un piano di appoggio per la neve, che lì si accumula, creando un peso a volte non sopportabile dall’impianto di sostegno. E questo è quello che, tecnicamente, è purtroppo avvenuto. Ci si aggiungano anche le intensissime piogge della prima decina di novembre (che hanno fra l’altro causato molti allagamenti qui in Abruzzo, che sono pure cronaca) le quali hanno reso meno compatti i terreni e quindi meno forti i punti di ancoraggio ai bordi del vigneto, ed ecco che si spiega il collasso di molte pergole. Dopo la prima nevicata, abbiamo trascorso la mattinata di martedì, io e Adriana, a camminare sotto quei due ettari di pergola ancora rimasti senza “strade”, per fare cadere a mano la neve. Pratica che sempre i vecchi raccontano pericolosissima, perché, dicono, se la vigna decide di cadere a terra mentre sei lì, i fili tesissimi ti possono tagliare la testa o schiacciare. Ma bisogna sempre sperare che si tratti di superstizioni, e comunque siamo pure tornati a casa ridotti come dei ghiaccioli, ma l’alleggerimento che eravamo riusciti a realizzare ha salvato quei due ettari, che probabilmente sotto la neve caduta il pomeriggio e la notte successivi avrebbero ceduto (gran parte dei danni è infatti avvenuta per il sommarsi della seconda nevicata alla prima). L’ondata di freddo e neve era stata prevista, ma non ci si aspetta mai proporzioni ed effetti così catastrofici, e comunque, per aziende di grande estensione non è semplice in poco tempo effettuare quelle drastiche potature di alleggerimento (peraltro, come ti dicevo, agronomicamente dannose), visto che la potatura delle pergole può essere effettuata solo a mano. E in molti casi anche questa prepotatura non è bastata. Gli appezzamenti più piccoli, invece, sono coltivati da persone spesso anziane, o dai loro figli che sono impegnati nei giorni feriali in altri lavori, e i cui tempi in vigna sono spesso legati ai calendari di fabbrica o di ufficio, e che vedono nella viticoltura una integrazione del reddito e, molte volte, purtroppo, data la scarsezza di questo, solo un dovere verso le tradizioni della famiglia e del territorio. Ho fatto un giro nel pescarese giovedì mattina, e ho visto estensioni enormi completamente a terra. Forse, per l’immediatezza di visione, due sono le situazioni che più mi hanno colpito. L’immagine di una quercia GI-GAN-TE-SCA vicina al mio vigneto di Pecorino completamente mutilata di tutte le sue branche e ridotta al solo enorme fusto. Forse non tutti sanno quale impressionante fiotto di linfa esca da una pianta di quelle dimensioni quando viene tagliata o si spezza! E quella di un bellissimo vigneto piantato su un altopiano in dolce declivio a Catignano. Ce lo hai tutto di fronte a te, non interrotto o nascosto da colline, e vedi a perdita d’occhio i 36 ettari di pergola, di quarant’anni, tutti completamente schiacciati a terra. Se pensi quanti “piccoli principi” sono stati per tanti anni con il loro sudore a prendersi cura di tutte quelle loro “rose” ti si stringe veramente il cuore, e ti chiedo scusa per la retorica, che spesso non si può contenere davanti a queste emozioni forti. E, senza ignorare come questo disastro abbia colpito in modo indifferenziato il lavoro sempre ugualmente nobile di tanti viticoltori, e come nessuno possa essere considerato speciale in situazioni così, va comunque ricordato come fra i vigneti più seriamente danneggiati ci siano quelli di diverse aziende che da anni lavorano con grandissima serietà per portare nel mondo prodotti in linea con le potenzialità del nostro territorio regionale, con bottiglie che in alcuni casi riescono quasi a distaccarsi da logiche puramente commerciali per sconfinare nell’ambito ristrettissimo dei vini da leggenda nel mondo, ed è quest’ultimo il caso specifico dell’amico Francesco Paolo (Valentini, ndr), che, solo, cito, e con grande affetto, perché la storia della sua azienda lo pone al di là di ogni possibile confronto. Vedendo tutto questo viene da domandarsi, e non per fare i soliti piagnoni, quale sia il confine fra il “grave danno all’agricoltura” e la “catastrofe naturale”. Sicuramente la definizione esatta sarà presente in qualche legge dello Stato. Dalle le notizie che ho, gli organi competenti si sono immediatamente mobilitati per un censimento generale dei vigneti colpiti. Nella speranza che il loro lavoro dia a brevissimo qualche frutto e qualche indicazione certa, che cosa fa ora il viticoltore. Dopo il colpo bisognerà rimettersi al lavoro, partendo dal censimento puntuale dei danni vigna per vigna, assai faticoso in mezzo a certe estensioni dove il piano della pergola, fatto di un intrico di tralci, tronchi, fili metallici e pali spezzati, si trova ormai vicino a terra. La mia speranza è che, persa buona parte dell’impianto, si riesca almeno a raddrizzare una parte delle piante, che potrebbero magari essersi solo piegate, e non spezzate o sradicate. Qualcuno dice che il costo di una simile operazione sarebbe altissimo se confrontato con il suo esito, ma bisognerà provare. Se non arriveranno fondi straordinari, molti approfitteranno dei contributi per il reimpianto dei vigneti per ripartire da zero, e spero che nelle graduatorie prossime ci sia un occhio di riguardo vero per queste situazioni. Sicuramente molti, dopo la brutta esperienza, sceglieranno di abbandonare la pergola per ripiantare a controspalliera, con un evidente mutamento di volto del territorio regionale, fino a pochi giorni fa di una bellezza così struggente nel suo manto autunnale. (Tralascio l’annosa e qui tanto più inutile polemica fra sostenitori e detrattori delle pergola). E comunque si avrà un forte abbassamento dell’età media dei vigneti, con evidenti ripercussioni sulla qualità. Infine, molti proprietari di piccoli appezzamenti, uno, due, tre ettari di vigna, quelli che io chiamo con tristezza i giardinieri “aggratis” del Turismo Italiano, e cioè gli anziani o i loro figli di cui dicevo sopra, già messi a dura prova dai bassi introiti derivanti dall’attività viticola, decideranno di togliere del tutto il vigneto, se non lo hanno già fatto dopo i contributi all’espianto degli ultimi anni, facendo morire una tradizione così antica e così radicata nel nostro tessuto sociale ed economico. Si vedranno così anche scomparire molti dei torchietti per uso domestico utilizzati da generazioni nelle piccole cantine familiari, e i nipotini verranno portati dalla scuola in visita, con i loro bei grembiulini puliti, a qualche fattoria vinicola didattica per scoprire senza sporcarsi una cosa che non gli apparterrà più, portandosi a casa un brik ricordo, dopo che i diritti di impianto si saranno concentrati nelle mani di aziende più grandi (per la gioia di chi promuove la deframmentazione del vigneto italiano come unica possibilità di sopravvivenza per la nostra viticoltura, al di là dell’aspetto “secondario” della creazione di grandi centri di potere). Un cambiamento abbastanza radicale insomma. Forse, quasi quasi, una “piccola” catastrofe naturale. Lo sapevo che avrei fatto tardi, che mi sarei dilungato oltre misura e che sarei andato fuori tema, ti chiedo scusa, ma l’argomento è quello che è… Ti ringrazio comunque moltissimo per l’attenzione. A presto Fausto

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AG

circa 10 anni fa - Link

Un'analisi definitiva. Non un solo aspetto, causa e effetto è stato trascurato.

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nirgendwo

circa 10 anni fa - Link

I torchietti per uso domestico sono questi. Vorrei che mio figlio ricevesse in custodia un Abruzzo simile il più possibile a quello di prima del sisma e prima delle alluvioni. Con tanto di micro-vinificazioni nel sottoscala. Non so se si accontenterà, ma al torchietto sarà sempre contento. [img]https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10151516181259610&set=pb.770854609.-2207520000.1386007182.&type=3&theater[/img]

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FERRO BRUNA

circa 10 anni fa - Link

..riporto quel che mi si diceva da bambina : " quando ci accorgeremo che i soldi non si mangiano cambieranno tante cose.." Sono passati circa 40 anni da allora e c'è ancora tanta strada da fare, ma si può fare. Un abbraccio forte a tutto l'Abruzzo.

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