Dopo Benvenuto Brunello 2016, altre note alternative (tutta un’altra musica)

Dopo Benvenuto Brunello 2016, altre note alternative (tutta un’altra musica)

di Emanuele Giannone

Ho in archivio vecchi album poco noti e fondamentali. Li riascolto a intervalli irregolari. Gioco a completare recensioni incompiute e in composizione da anni. Ho in cantina vini coi quali amo fare lo stesso gioco.

Penso a quegli album che anni fa suonavano futuribili. Penso a uno in particolare. Dubito che sia considerato parte della storia della musica ma è parte della mia. A venti-e-passa anni dalla prima fulminazione notturna, rimescola sempre le carte e le emozioni. È sghembo, elettrico, eclettico. Un flusso eufonico, euforico di suoni moderni e retrò. Era ed è sempre avanguardia perché si opponeva e continua ad opporsi al grado medio. Contiene esplosioni di rumore erratico e transeunte e ha un ordine che, pure dopo molteplici ascolti, non suona mai prestabilito.

Penso a certi vini che ho a cuore. Penso che l’album dei vini di Montalcino suoni sghembo, elettrico, eclettico. Rispetto all’altro ha testi migliori, scritti finanche da imperatori e poeti, monelli e soldati, amici e accademici. A quasi trent’anni dalla prima fulminazione è vecchio ma sempre nuovo, gioca col tempo, mescola ricordo e desiderio. In occasione dell’Anteprima 2016 ho annoverato tra i migliori ascolti novità vere e verità rinnovate: un 2004, una Riserva 2006 e una 2007, un paio di Riserve 2010 e vari 2011. Oltre a questi, un pugno di bonus tracks ancora di là da venire imbottigliate. A ogni ascolto, insomma, si ripete la meraviglia, l’esplosione di rumore erratico e transeunte.

Le tracce sono riprodotte in ordine cronologico: quello occasionale delle visite e degli assaggi.

TENUTA LE POTAZZINE
Il tempo a venire. Si va non già per un veloce ripasso, bensì per una lezione privata di tecnica ed ermeneutica. I 2015 si annunciano belli e vari, tutti comunque accomunabili alla cifra di casa: purezza del frutto, estrazione ad arte, maturità e finezza dei tannini. Abbiamo incrociato quasi tutti i vini in una fase di apertura e distensione, trovandoli sì in itinere ma compiutamente buoni.

Vasca #5 è una selezione e potenziale Riserva 2015 ma non lo sarà. Sostanza concentrata e sferzante, asserragliata su una cuspide minerale – una montagna di sale – e infusa di fiori, bacche rosse e tannini puntiformi. Tino #1 è la quota sudista del futuro Brunello 2015 e completa la prospettiva con eleganza in nuce ed equilibrio già evidente tra spessore e slancio, suadenza e temperamento. Tino #3 è già un taglio Nord-Sud ma taglio ricorda chiasmo e stona con il senso di unità e coesione: nessuna cicatrice, vocazione corale. Vasca #3 è il Rosso ancora bifronte, di doppio senso (doppiamente compiuto) a seconda che lo si legga dal verso acido o da quello morbido. Si va indietro di un anno e i docenti illustrano la magrezza del 2014; le Botti #3 e #7 la qualificano però in snellezza non estenuata, piena di succo e sapore, certo più semplice e diretta. A ritroso si arriva prima alle Botti #8 e #16 del Brunello 2013, due variazioni di calore e delineazione della vena sapida, entrambe molto buone; e poi alla Botte #6 di uno splendido 2012, stoffa e classe da grande annata, perentorio nel tocco di bocca all’ingresso, proporzionato e flessuoso in progressione. Si chiude con la Riserva 2011 che lascia il fausto numero 13 e diventa Botte #14. Se ne disse già qui e a distanza di un anno compendia ancor meglio potenza, spessore e slancio. Un monstre senza ambizioni di monumento. Scultura: arte di dar forma partendo da un materiale grezzo. Per non parlare della sostanza.

Parus 2014. Dalle vigne giovanissime di sangiovese. Un bacio con tutti i crismi: il tocco, lo schiocco, il dolce e il salato, le sensazioni a seguire, il caldo afterglow. E come nel bacio, spontaneità e immediatezza: qui di fragolina, lavanda, salvia e sale dolce. Né ricercatezze, né pretese di per-sempre. Adolescente, complice e goloso.

Rosso di Montalcino 2014. Ugualmente goloso e immediato nella presentazione del frutto – una macedonia in rosso, arance e angurie comprese – ma dal tono di voce appena più basso, cresciuto in spessore e profondità. Fresco, disteso, fluido, di una beva che si dichiara ugualmente appagante sorso dopo sorso. Il pugno di sale che tonifica, la dote acida che richiama il frutto rosso croccante e disseta.

Brunello di Montalcino 2011. Primo assaggio in azienda luminoso e caldo (non accaldato), con ciliegia e lampone in evidenza, maturi e polposi. Cenni di rosa tea, mela granata, ferro, creta e ribes a ornare. Sorso di eleganza distesa, ampio e leggero, avvolgente in attacco e fendente in progressione. Purezza del frutto ed eleganza dei tannini – piccoli, cesellati – già salienti. Secondo assaggio in vineria a Piazza Garibaldi, bontà e succulenza del frutto maturo, giusta concentrazione, qualità dei tannini – marcanti, non invadenti – finezza e compiutezza del complesso: Brunello per ora e per i tempi a venire, fatto e futuro. Terzo assaggio terso all’anteprima: bottiglia meno loquace con ciliegia matura e arancia amara, tanto slancio, tannini infiltranti e resa del frutto esemplare al gusto.

Brunello di Montalcino 2010. Lo ritrovo in raccoglimento, conchiuso e conciso nei richiami a ribes, ferro, frutta da guscio (un ospite dice nocciola, un hospes dice arachide). Stratificato, sapido ed eminentemente fresco, serrato nella trama, elegante e preciso in progressione, nello sviluppo aromatico, nella fattura dei tannini, nella resa del frutto. Presa risoluta e impressione tattile durevole. Chiusura lunga, nitida e sapida.

BIONDI SANTI
I vini sporadici e la loro aura oraziana. Qui il poeta – il poietés, colui che crea – sebbene non di Venosa sarebbe pur sempre orgoglioso del monumento che il corso degli anni e la fuga del tempo non abbatteranno. La Riserva 2010 è la parafrasi dell’Orgoglio di Poeta: gloria per i tempi a venire. Intanto profuma sottilmente di bosco, marasca, aronia e altre bacche scure, alloro, erbe fini e amare in avvincente campionario. Tanto lievi i profumi, quanto chiare la coesione e la concentrazione degli aromi. Tensione statica, densità e forza infusa risolte in una beva prodigiosamente agevole, in presenza radiante e progressione radiosa. I sapori sono resi in pochi cenni e poco significativi; di più significano ora sapidità infiltrante, freschezza emergente, massa che non fa congerie, il senso di un’imponente e raccolta struttura, una trama minerale già emergente e composita. Finale senza fine. Un vino fuori dal tempo, come l’ode e la fama del poietés. Per il resto si vedano le Odi, Libro III, n. 30. Segue il Brunello 2011 profondo e quieto, lento nello svolgimento: all’inizio sussiego, ciliegia, mirto e sottobosco; alla distanza si aggiunge un ventaglio ben più ricco con lampone, garofano, aloe, anguria e grafite. Di sapidità spiccata già in attacco e continua per tutto il sorso. Dritto e progressivo, con lampone, sorba e visciola in evidenza e un toucher de bouche autorevole. Tensione, freschezza sorgente e impressione tattile a scandire lo sviluppo appassionante ed esaltare la bontà del frutto. Il calore è appena un cenno in chiusura e sottolinea il ritorno di erbe amare, chiodo di garofano e legni nobili. Austero, non contratto, disponibile.

TIEZZI
Seconda lezione. Vigna Soccorso 2015 è ancora grosso, denso di ciliegia e terra, ha energia che scorre sotto strati di materia e che da lì sotto tuona e fulmina. Cerrino 2015 dall’omonima vigna è scuro, ha tannini e scheletro forti e concentra frutto scuro, ghisa e sottobosco. La seconda botte è un altro mondo perché è un’altra vigna (Cigaleta): il galestro ha profilato un corpo e profumi più sottili. Più fine che potente, più chiaro nel frutto e già indirizzato a quadratura e poise. Anche qui il passaggio al 2014 risuona delle avvertenze sull’acclarata astenia dell’annata; anche qui le cautele sono in eccesso. Vigna Soccorso 2014 si fa precorrere aereo e leggiadro, accenna a erbe fini, visciole, ruggine e viola. Gli siede accanto un vino-ossidiana, vitreo e affilato, piccolo sì ma ben piantato e radente e irremovibile: è Cerrino 2014 col suo essenziale compendio di sassi, arancia amara, frutta nera, terra e spezia. Vigna Soccorso 2013 è una lezione a sé: quella intorno a slancio, stoffa e linfa. Un campo vettoriale: tensione, acidità e presa in ogni punto del palato. Esemplare. Cerrino 2013 è in duplice versione: una ficcante, tersa, di acidità vibrante e dai tannini grandi e terrosi; l’altra più delicata, incentrata sul frutto e di acidità più subdued, agile in allungo e ricca di richiami speziati. Vigna Soccorso 2012 è già elegante, fresco e profondo, ben composto tra carnosità, calore, tanginess e spezie dolci. Promette molto. Cerrino 2012 lo guarda da un eremo o da Trafalgar Square 1977. È magro affilato. Un asceta o un punk. Mangia erbe amare o clotted cream. Sa di mora e prugna. Veste in tunica o borchiato, prega o bestemmia, si raccoglie in silenzio o dà in escandescenze. È sulla strada e può andare ovunque, beato lui. Chissà da che parte andrà.

Vigna Soccorso 2011. Concentrazione e stratificazione, profondità, toni prevalentemente scuri – viola, china, sottobosco, muschio, mora, succo di ribes nero – e in fondo terra, ruggine, legno di rosa. Elegante, con tannini duri e avvolgenti che apprendono subito senza asciugare. Emergente e complessa la vena minerale, ferrosa e terrosa. Progressione serrata e continua, sviluppo aromatico contenuto e preciso, molte emozioni in fondo con un acuto caldo a rilanciare gli aromi di frutta, radici ed essenze di fiori. Un riferimento.

Vigna Soccorso Riserva 2010. Una Riserva coerente con premesse e promesse dell’annata; esito per nulla scontato, poiché più d’una si è rivelata variazione un po’ stramba, o in tono minore, o semplicemente palestrata rispetto al base. Questa è profonda e intensa. Aerea, slanciata, perfettamente leggibile per finezza e in tutto il suo spessore. Rossa di rose e ribes, più scura per spezie e dote erbacea-vegetale. Tutta succo – concentrato, acido – al palato con il frutto integro, tannini croccanti, presa e trazione energiche, non violente. Nettante a chiudere con una coda lunga, delicata di ciliegia, lampone, spezie e fiori.

POGGIO DI SOTTO
Terza lezione. Quando giungi a Sant’Antimo sai che se poco oltre prendi a destra c’è casa, a sinistra Poggio di Sotto. Sotto il profilo immobiliare il rapporto tra le rispettive superfici calpestabili è pressappoco uno a mille, quasi borgata contro Olgiata. Ma quando la gente de borgata bussa, qui di solito aprono e accolgono bene.

Rosso 2013. In bottiglia da 9 giorni e nessun indizio di convalescenza. Elegante, aereo, fragrante, croccante. Foglia d’olivo, ciliegia bianca, agrumi e tante erbe. Ingresso slanciato, incedere regolare e cadenzato. Succulento e sassoso. Tensione e impressione tattile, freschezza diffusa. Succo e polpa di frutta rossa matura, arancia, e dragoncello. Presenza e persistenza salienti.

Brunello Riserva 2010. Federico Staderini dixit: annata più facile della 2011 per la gestione agronomica. Buccia più consistente e resistente. Freschezza e gradualità di maturazione hanno aumentato la resistenza all’ossigeno. Da qui la scelta di una macerazione (e di un’esposizione all’aria) più lunga. I profumi contenuti connotano un’eleganza non ostentata, neroli, ribes e legno di rosa. In bocca è un volano, ha un approccio tutto classe e misura, quasi leggero. La progressione ne chiarisce energia, potenza e fittezza di trama. Dinamica gustativa già appassionante. I ripetuti assaggi all’anteprima restituiscono un’iride di stratificazioni ed eleganze in variazione, con la costante di tannini piccoli, infusi, croccanti a dettare il ritmo.

Brunello 2011. Decorso normale per regime pluviometrico e termometrico fino alla svolta del 19 agosto, quando è subentrato il caldo secco a determinare appassimento diffuso delle uve. Bucce a pelle di vecchia (sic) con maggior frequenza della 2012. Selezione delle uve sovramature. Quelle passate alla cernita sono tutte entrate con lo stesso diritto di fare Brunello (sic). E che Brunello. Freschezza intatta di ciliegia, arancia sanguinella, melagrana e buccia di mela. In bocca ha presa e progressione mirabili, è avvolgente, equilibrato tra freschezza e morbidezza, sensuale, contesto di tannini finissimi. Vena agrumata e sapidità dolce innervano tutto il sorso.

SAN LORENZO – Bramante Riserva 2006
Let Love Rule. Un vino perfetto. Fa a meno di analisi, punteggi, aulismi, aulenti note etc. Chiede semplicemente di uscire e bere e far notte e godere e alla fine di prendersi sul serio. Perché non è facile: è bello e vivo, scoppia di vita e di voglie. Travolgente per bontà, ha beva definita dal campo di variazione tra affetto e voluttà. A ragione e sentimento, uno dei vini più immediatamente, istintivamente buoni bevuti negli ultimi tempi.

CUPANO – Riserva 2007
Acidità come una guglia. Dona vigore e levità. Buffo che il vino di questa cantina sia oggetto di disputa più che di culto. Buffo, almeno, stando a questa Riserva: che è un vino verde come una cornucopia d’erbe. Officinali e infuse, chiare e scure, tè ed aloe ed edera e tantissime altre. Caldo verde come la fata dell’artemisia e i suoi fuochi (non come la zuppa). Ma um Vinho Verde não è um vinho verde. Qui trata-se infatti de um vinho unico no mundo, produzido exclusivamente em uma região especifica de Montalcino, non del Portogallo. La sicurezza dell’equilibrista sulla corda, molto in alto e senza rete.
Postilla: tutto il rosso concentrato in un punto. Purissimo. Intensissimo. Come in estratto. In fondo.

MASTROJANNI – Vigna Schiena d’Asino 2004
Il Giglio è il titolo di un racconto fantastico ambientato in una locanda. Personaggi: il Cellario, il Figlio, la Cuoca Sotterranea, l’Apprendista che sorride, il Vino. L’occasione mi impone di saltare l’inizio del racconto ed entrare in medias res: a un certo punto il Cellario porta il vino. Il vino arriva e parla – invero pochissimo. Dichiara di essere giovane e laconico e giusto strappato al letargo. Infatti è tutto contratture e ha poca o punta voglia di parlare. Eppure, dalle poche parole s’intende un eloquio forbito. E dai pochi movimenti un corpo tornito sotto la veste rubino intenso. E ha profumi di terra e ispira densità. Il primo sorso è quello obbligato sotto lo sguardo indagatore del Cellario: con un ghigno complice segue in tralice la nostra meraviglia. Il vino è massivo. Sonda la profondità. La percorre con vaghe stelle e altre allusioni in fast-forward. È monodico. Esplicita solo il suo fondo amaro in coda: liquirizia, radici, sale e china. Impiegherà un’ora per farsi espansivo: quando accade, all’improvviso è un fiume in piena. Tanti sapori e ognuno è iniziatore e si sviluppa in tanti altri, via via più sottili e difficili da contenere in parole note. Vino memorabile, fantastico, dal gusto che evolve come in successive iterazioni di uno sviluppo frattale.
Postilla: il paté di fegato di fagiano, uno standard della Cuoca Sotterranea.

No doubt at all
I migliori secondo me: quindi il rischio di classifiche, dogmi d’infallibilità e argumenta ab auctoritate è scongiurato. Rosso 2014: Canalicchio di Sopra, Capanna, Costanti, Le Chiuse, Le Ragnaie, Lisini, Salicutti. Brunello 2011: Agostina Pieri, Canalicchio di Sopra, Capanna, Caprili, Corte dei Venti, Costanti, Fattoi, Fattoria dei Barbi (il miglior Brunello per tutti) Fonterenza, Gianni Brunelli, Il Poggione (il solito campione di understatement), Le Chiuse, Le Potazzine, Le Ragnaie V.V., Lisini Ugolaia, Marroneto Mad. delle Grazie, Mastrojanni Vigna Loreto, Padelletti, Piancornello, Pietroso, Poggio Antico Altero, Poggio di Sotto, Salvioni, SanLorenzo, San Polino Helichrysum, Sesti, Tiezzi, Valdicava.

Riserva 2010: Biondi Santi, Capanna, Caprili, Fattoi, Gianni Brunelli, Padelletti, Poggio di Sotto, Pietroso, Lisini, Stella di Campalto, Tiezzi, Ventolaio.

Le sorprese
Cupano di diritto perché è sempre una sorpresa (tra l’altro quando la domenica sfodera la verticale di Riserva 07-08-09-10). Loacker (Corte Pavone) che bontà, risale perentoriamente la classifica. SanCarlo è per me un quasi-inedito ma entra nella galleria dei santi. Sassodisole è Torrenieri comme il faudrait, giunonico e non pletorico. Tenuta Buon Tempo è l’altro vicino di casa a farci sentire al posto giusto. Argiano e Caparzo sono i grandi che non maramaldeggiano e non strafanno con squadra e compasso, vitamine e integratori. Castello Romitorio (Filo di Seta) e Cerbaia i rookies. Donatella Cinelli Colombini: una quasi-trasfigurazione, oppure ero io duro di comprendonio? Fornacella e Fornacina assai meglio di fornaci assai più note. La Magia Ciliegio nomen omen. Castiglion del Bosco Riserva Millecento ridà dignità alla categoria del vino a concetto: un vinone con tutti i crismi (barrique inclusa) ma molto ben fatto.

I rimorsi
Non ho ancora provato i 2011 di due dei miei produttori preferiti (che agio, che privilegio poter scrivere liberamente di preferenze). È in programma un pellegrinaggio.

Immagine: Stereolab, Transient Random-Noise Bursts with Announcements (1993, Elektra Rec.)

Emanuele Giannone

(alias Eleutherius Grootjans). Romano con due quarti di marchigianità, uno siculo e uno toscano. Non laureato in Bacco, baccalaureato aziendalista. Bevo per dimenticare le matrici di portafoglio, i business plan, i cantieri navali, Susanna Tamaro, il gol di Turone, la ruota di Ann Noble e la legge morale dentro di me.

5 Commenti

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Stefano Cinelli Colombini

circa 8 anni fa - Link

Vedi che non é indispensabile parlate di vino coi numerini, grappoli o bicchieri? Bene, bravo, bis.

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Emanuele

circa 8 anni fa - Link

Grazie Stefano. Sono d'accordo: non è affatto indispensabile. Però dicono che aiuti. Forse anche più delle storie e delle favole del vino. Non sono in grado di giudicare perché non ho la capacità di applicare l'approccio diagnostico. Semplicemente, tra il racconto e il riscontro sintetico preferisco quasi sempre il primo.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 8 anni fa - Link

Il numerino è semplice, e se vuoi fare sensazione basta dare 84 a una azienda stranota e 98 a uno scarafone improbabile. Se poi ti criticano, basta dire che hai voluto rompere un tabù polveroso. Descrivere il perché un vino o un'azienda valgano è molto più complesso, richiede competenza. Merce rara, di questi tempi.

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zzzzz

circa 8 anni fa - Link

Stereolab? Grande scelta!

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Emanuele

circa 8 anni fa - Link

Grazie. Grandi già due generazioni elettroniche fa e ispiratori.

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