Concorso nazionale del Pinot nero. Peter Dipoli ha parecchie cose da dire

Concorso nazionale del Pinot nero. Peter Dipoli ha parecchie cose da dire

di Jacopo Cossater

È con grande piacere che ricevo e pubblico un lungo commento di Peter Dipoli (rilevantissimo produttore altoatesino, da sempre volutamente estraneo a qualunque tipo di conversazione sul web) al mio post sul Concorso nazionale del Pinot nero di due settimane fa. Una risposta che se avessi semplicemente inserito tra i commenti sarebbe forse andata persa, sopratutto per i tanti spunti che offre. Grazie Peter.

Chi mi conosce sa che sono uomo che non frequenta il web, ma l’articolo che è stato scritto sul Concorso Nazionale del Pinot nero da Jacopo Cossater non mi lascia indifferente.

Prima di tutto sono felice che l’esperienza si sia rivelata “preziosa” e ringrazio l’autore per le parole positive, che riempiono di orgoglio noi volontari e ci confermano che la cura dei dettagli e la grande attenzione che mettiamo in ogni momento dell’evento portano la manifestazione nella giusta direzione. Tuttavia dal testo emergono due temi sui quali vorrei esprimere il mio parere, a titolo personale (non in qualità di vicepresidente del Comitato Organizzatore delle Giornate altoatesine del Pinot nero) rivolgendomi direttamente al Signor Cossater.

1) Il primo punto riguarda il panel dei degustatori. Quanto lei ha scritto non è corretto, perché la selezione effettuata nei mesi scorsi vedeva il 50% dei giurati provenire da fuori regione. Purtroppo, negli ultimi giorni prima della degustazione, la sindrome influenzale presente ovunque ha provocato numerose disdette, ben 10 (tra le quali citiamo ad esempio uno degli enologi della Casa Vinicola Zonin e quello dell’azienda Prunotto di Alba, nonché il vignaiolo Luciano Sandrone). Abbiamo potuto sostituire gli assenti all’ultimo minuto con riconosciuti esperti altoatesini, che si sono resi disponibili anche senza preavviso.
Colgo l’occasione per chiarire che la presenza degli enologi è stata inserita da qualche anno, in una certa quota all’interno del panel, per evitare che vengano premiati i migliori vini rossi piuttosto che i migliori pinot neri, obiettivo del concorso. Tutti i tecnici partecipanti hanno un rapporto stretto con questo vitigno e hanno come prototipo il pinot nero di Borgogna. La loro presenza è inoltre giustificata dal fatto che la valutazione di un vino, qualsiasi vino, non può prescindere dalla sua pulizia, caratteristica per la quale gli enologi hanno particolare sensibilità.

2) Per quanto riguarda invece quello che lei ha definito lo “specifico stile produttivo” premiato dalla maggioranza dei giurati, la mia convinzione è che non sia lo stile produttivo a determinare la qualità del pinot nero (semmai può contribuire) ma bensì la zona di provenienza delle uve (terroir), alla quale questo vitigno reagisce in maniera determinante. Con questo Concorso noi intendiamo premiare la migliore espressione (finezza e insieme eleganza) di questa nobile varietà. Se questa si realizza nel territorio altoatesino dovrebbe essere accettato; come dovrebbe essere accettato, ad esempio, che un rimitivo coltivato in Alto Adige non raggiungerebbe nemmeno la maturazione. Il fatto che il pinot nero, come il riesling, sia un vitigno climatico, è ulteriormente provato dalla classifica del Concorso Nazionale del Pinot nero degli ultimi anni, che ha visto un’azienda toscana, con i vigneti posizionati nella zona fresca del Mugello, affermarsi più volte fra i primi dieci; nonché dalla graduatoria del Concorso Nazionale del Riesling, dominata nel 2014 da un Riesling dell’Alta Langa.

Vorrei a questo punto esprimere il mio punto di vista in merito alle sue considerazioni relative all’acidità volatile e al Brettanomyces. Per quanto riguarda la prima, sono d’accordo con lei che un pizzico di volatile possa avere un effetto amplificatore dei profumi del pinot nero (fatto che spesso si può riscontrare in importanti vini borgognoni), però, se questo carattere supera il livello di guardia e diventa acescenza, non è più accettabile e nemmeno permesso dal punto di vista legale.

Sulla presenza dell’etilfenolo e altri composti prodotti dai lieviti Brettanomyces, invece, non vi possono essere discussioni, la loro presenza oltre una certa soglia (5-600 nanogrammi litro per l’etilfenolo) in un vino, è uno scempio. È una presenza che non può essere in alcun modo giustificabile perché distrugge la magnificenza dei profumi che un grande vino può esprimere: profumi affascinanti che mutano a seconda della varietà del vitigno e dell’età del vino. L’eleganza, la piacevolezza, il fascino di un vino, in presenza di questi composti vengono neutralizzati e in più coperti da uno sgradevolissimo odore di sudore di cavallo che rende identici i vini in tutto il mondo, di qualsiasi età siano e qualsiasi sia il vitigno di provenienza.

Suggerisco a tutti gli estimatori di tale sentore di non cercarlo più nel vino ma di frequentare il maneggio più vicino a casa, dove potranno trovare massima soddisfazione alle loro preferenze.

Per completezza esprimo il mio pensiero anche sulla questione brett e birra. Ammetto di non conoscere il mondo della birra, ma sono solidale con l’Editto della Purezza (Reinheitsgebot) introdotto da Guglielmo IV di Baviera nel 1516, che prevede solo l’utilizzo di luppolo, malto d’orzo e acqua. Non comprendo il senso delle numerose birre aromatizzate nelle quali il prodotto vero e proprio diventa mero veicolo di aromi quali zenzero, coriandolo, frutta… e sostanze diverse, fra le quali anche l’etilfenolo, prodotto sia direttamente dai lieviti che aggiunto sotto forma di molecola di sintesi, facendo così perdere alla birra la sua identità originale.

Peter Dipoli

[Immagine: Mauro Fermariello]

Jacopo Cossater

Docente di marketing del vino e di giornalismo enogastronomico, è specializzato nel racconto del vino e appassionato delle sue ripercussioni sociali. Tra gli altri, ha realizzato i podcast Vino sul Divano e La Retroetichetta, collabora con l'inserto Cibo del quotidiano Domani e ha cofondato il magazine cartaceo Verticale. Qui su Intravino dal 2009.

22 Commenti

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Francesco Annibali

circa 9 anni fa - Link

Quando Peter Dipoli parla leggo sempre tutto con la massima attenzione. Detto questo, per la mia esperienza come giudice nei concorsi concordo sul fatto che gli enologi siano più attenti alla pulizia dei critici. Concordo di meno con Peter quando afferma che gli enologi stiano più attenti al carattere varietale dei critici.

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Vinogodi Marco Manzoli

circa 9 anni fa - Link

... ragionando per similitudine, raramente i giudici sportivi di gare ad alto contenuto di soggettività (ginnastica artistica, tuffi, nuoto sincronizzato ... &C) hanno un trascorso di alto livello sportivo , questo per esperienza pregressa. Certo, avendolo praticato specificatamente, quello sport, aiuta nella valutazione e, soprattutto, nell'interpretazione del gesto tecnico-sportivo, ma non è condizione né necessaria né sufficiente. Molti enologi conosciuti ,soprattutto fra amici di famiglia, pur grandi tecnici, sono aridissimi nel giudizio estetico dei vini , così come tanti produttori, perchè scatta in loro più la caccia all'errore o alla correttezza esecutiva che il trasporto edonistico-sensoriale. L'approccio è semplicemente diverso, e non è una questione "quantitativa" quanto proprio qualitativa/estetica. Tenuto conto che, probabilmente, assaggia più un "critico professionista" , in termini generalisti, di quanto un tecnico o produttore in tre vite professionali ma , soprattutto, con un approccio completamente diverso...

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Homo

circa 9 anni fa - Link

Se sul grosso del discorso non ho nulla da aggiungere, trovo invece alquanto ottuso il discorso sulla birra. Per similitudine spero che anche lui non usi niente altro che uva per fare il suo vino...come facevano e "edittavano" nel 1500. Inoltre spero di non vederlo mai bere una barolo chinato o che sò...un vin brulè! Davvero un finale avvilente.....

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giacomo badiani

circa 9 anni fa - Link

pragmatismo tedesco applicato al concetto di terroir, ma un pizzico di creatività italica? In pratica non aggiunge niente alle impressioni riportate da Jacopo

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Lamberto Tosi

circa 9 anni fa - Link

Direi che è lo stesso Dipoli a dare la chiave di lettura della questione quando afferma che il riferimento stilistico per i giudici è il pinot nero della Borgogna. Stamani ero alla presentazione di Eccopinò a Lucca dei produttori toscani di Pinot nero delle valli appenniniche e non tutti erano di "stile " borgognone in questo concorso non sarebbero andati avanti direi che il vero limite è proprio in questo approccio stilistico. Per il discorso difetti essendo io enologo, concordo con Dipoli per il discorso Brett. anche se tra i migliori vini bordolesi si annoverano vini con contenuti di etilfenoli ben più alti del limite indicato da Dipoli. E' comunque importante a mio avviso in particolare su vitigni con profili aromatici così eterei non concedere spazio a deviazioni che possano snaturarne il profilo organolettico conferitogli dal territorio.

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gian paolo

circa 9 anni fa - Link

Peter Dipoli è un Mito!!! bisognerebbe farsi assaggiare i vini da lui SEMPRE;lui e Mario Pojer sono super degustatori.con un radar-GIUSTAMENTE- per il brett.sono molto onorato di conoscere questi produttori!ciao Gian Paolo

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doxor

circa 9 anni fa - Link

beh la beck's rispetta il Reinheitsgebot, e quindi? non è certo (solo) il metodo a far grandi certi prodotti ma anche il modo di applicarli e della sensibilità di ogni produttore di vino o birra che sia. Certe note ben bilanciate brett in certe birre sono, per me, splendide, fresche briose, certamente non devono sovrastare la base o essere frutto di 'errori'..e un po' di selvaggio, se così si può dire, anche in certi vini, non piacerà a lui ma ha il suo (umano) fascino.

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Stefano

circa 9 anni fa - Link

Quindi il pinot nero deve essere solo stile Borgogna? Sto trovando in Italia interpretazioni fatte bene senza invidiare quelli francesi è con prezzi stupendi. Per chiudere ho trovato tanti enologi che al di fuori dei propri vini non conoscono e assaggiano altro, per me sul banco assaggio non trovo l'enologo la persona più indicata per decifrare un vino, vive di codificamenti. La birra è come il vino mutamento stilistico di interpretazione a secondo a volte di quello che vuole il mercato, negli ultimi 20 anni il vino non è stato così?

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gian paolo

circa 9 anni fa - Link

Stefano ,mi scusi mi permetto di rivolgerle il mio pensiero;concordo con lei che in Italia ci sono P.Nero degni del confronto con i "cugini francesi"..vedi podere Civettaia-toscaqno grande vino -oppure Montelio ,O.Pavese e tantissimi altri senza parlare dei "ragazzi"altoatesini.Ci sono tanti produttori trentini vedi i fratelli Pelz che alla cieca le suonano a parecchi . Detto questo ,che enologi conosce......gli enologi lavorano e vivono di vino ,chi dovrebbe essere la persona più indicata per un banco d'assaggio? Sicuramente mancherà la poesia che ci può mettere un giornalista...ma per piacere il vino se lo si racconta solo poi all'assaggio puzza.scusi il giro di parole,ma nel vino si raccontano troppe strorie e si bevo poco con la propria bocca. Buona serata Gian Paolo-produttore di vino e sopratutto appassionato del VINO -

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Stefano

circa 9 anni fa - Link

Ho sbagliato a generalizzare e di questo me ne scuso, concordo sui nomi da lei fatti sopratutto Pelz che ho trovato interessanti anche i suoi bianchi, ha provato i suoi bag in box? Non hanno da invidiare a dei vini in bottiglia.

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alessandro

circa 9 anni fa - Link

Salve Stefano ,leggendo il suo commento ho notato che ha parlato di beg in box,mi puo' dare indicazioni piu' precise sui prodotti da lei provati? Grazie Alessandro

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stefano

circa 9 anni fa - Link

Provati quelli distribuiti da Proposta Vini sia il Muller che Schiava, vini molto interessanti per la tipologia di mercato che vanno a coprire, altri Bag non credo che li faccia, le bottiglie le trovo super.

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Rossano

circa 9 anni fa - Link

Alcune considerazioni personali. Mi sfugge il senso di far esprimere un unico voto a due assaggiatori diversi. In assoluto può essere una cosa sensata solo quando il giudice collettivo è composto spontaneamente (ad esempio le commissioni di una guida), non certo quando la composizione è imposta dall'organizzazione. In particolare mi pare una scelta incompatibile con il metodo adottato, teso ad eliminare influenze sul degustatore e a verificarne competenze e coerenza. Ad esempio vorrei capire come ci si comporta con i campioni ripetuti, nel caso in cui si verificano grosse disparità. L'idea che i degustatori che non siano tecnici non abbiano la capacità o l'abitudine di valutare i vini tenendo conto della loro tipicità varietale sembra riportare ad una cultura critica del vino ferma al modello unico del Grande Vino di Robert Parker, posizione ormai arcaica come un collo a gorgera se non proprio estinta come i dinosauri, nell'ambito della critica di settore. Così fosse sarebbe più coerente lasciarli tutti a casa, penso io. Mi sorge il dubbio che le coppie siano composte metodicamente con un tecnico ed un non-tecnico, è così? Sono d'accordo sul fatto che il pinot nero sia un vitigno poco adattabile, e che non si possa considerare ugualmente tipica del vitigno l'espressione in qualsiasi territorio. Meno sull'ovvietà di eleggere una zona specifica, quella originaria, come modello di riferimento ufficiale. Primo perché è un autogoal organizzativo, inquanto relega i produttori delle altre zone, Alto Adige compreso, nella categoria culturalmente perdente dei vini da imitazione; non certo quella in cui io pongo i migliori Pinot Noir di Germania, Oregon, Central Otago e perché no Val d'Adige. Secondo perché si equivoca la tipicità del vitigno con una sua particolare espressione, che per quanto eccellente è relativa a quel terreno, a quel clima e non ultimo a quella interpretazione tecnica. Non può quindi essere considerata la tipicità assoluta del vitigno, al più un suo modello, distinzione capitale per la quale si deve citare "L'invenzione della gioia" di Sangiorgi. Si aprirebbe qui il mare magno del tema delle mode tecniche combinate con le mode critiche, che è il vero centro gravitazionale del discorso, impattato ortogonalmente da Dipoli quando dice che la differenza non la fa lo stile bensì il territorio, ma il post già enormemente lungo diverrebbe un trattato. Mi chiedo infine se non sarebbe opportuno evitare di avere giurati che siano anche esponenti a vario titolo dei produttori di vini in assaggio.

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Il chiaro

circa 9 anni fa - Link

Mi chiedo perchè lo stile "borgogna" debba essere quello di riferimento. In questo modo si accetta, anzi si assevera che si è inferiore. Accontentiamoci di essere diversi. E tra diversi non vedo perchè il modello alto adige debba spiccare sui modelli sparsi in Italia. Io, senza far nomi, mi sto divertendo tantissimo a rivalutare (in chiave personale, che il pinot nero per mio gusto non sale sul podio dei vitigni rossi) il pinot nero bevendo cose toscane, nello specifico del casentino. Sono vini che mi danno una soddisfazione al sorso che in borgogna non ho ancora trovato (e adesso lapidatemi pure)

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Nic Marsél

circa 9 anni fa - Link

Staderini for president ;-)

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Il chiaro

circa 9 anni fa - Link

Ma secondo Dipoli & C. Il modello giusto è quasi esclusivamente alto atesino. Baaaahh

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SR

circa 9 anni fa - Link

da misero birrofilo ospite nella casa dei vinicoli penso sia una battaglia persa addentrarmi in quel poco in più che si sa oggi del mondo brett per dire che la questione è un pochino più complicata di come è stata descritta qua c'è qualcosa ad esempio: http://www.milkthefunk.com/wiki/Brettanomyces nel frattempo il mondo va avanti. in giro si fanno cose tipo questa: http://www.theyeastbay.com/wild-yeast-and-bacteria-products/melange ne ho aperta una fiala domenica. vi assicuro che non sapeva di sella di cavallo

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rampavia

circa 9 anni fa - Link

Confesso che tutte queste disquisizioni tecniche mi interessano poco. Quello che posso dire è che, da appassionato, ho partecipato alle prime edizioni delle Giornate Altoatesine del Pinot Nero, in verità un poco artigianali, ma che mi hanno insegnato molto. Nel merito mi spiace rilevare in alcuni commenti che precedono una esagerata ricerca di confronto che non vorrei nascondesse una pregiudiziale supponenza o addirittura ostilità riguardo alla viticultura Sudtirolese o all' Alto Adige in generale. Mi limito ad osservare che è solamente un luogo comune sbagliato quello di assimilare la mentalità della gente di quelle belle valli e montagne alla mentalità tedesca. In ogni caso non sono sicuro che Peter Dipoli sia del tutto contento di aver incominciato a frequentare il web.

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Hakluyt

circa 9 anni fa - Link

Se non si è d'accordo si è "supponenti o addirittura ostili". Ovviamente...

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Rossano

circa 9 anni fa - Link

Gian Paolo, mi scusi l'ardire, per quanto ho visto io in quindici anni di passione per il vino e di oltre una dozzina di lavoro nel vino, quanto a cultura e capacità di assaggio, buoni giornalisti battono buoni enologi quattro a uno. Poi se vogliamo parlare di cattivi giornalisti, è un pozzo senza fondo, ma anche i cattivi enologi non scherzano. In ogni caso gli uni e gli altri non sono certo il caso del panel in questione.

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Vinogodi

circa 9 anni fa - Link

...figuriamoci se un nazionalista come me contesta il fatto che il Pinort Nero italiano sia migliore di quello di Borgogna ... così come lo Chardonnay con la già succitata Borgogna ... così come le bolle in generale vs quelle di Reims... così come il Sirah rtispetto a quelli del Rodano ..oppure il Sauvignon italico rispetto a quello della Loira ... e perchè mai attirarmi il disprezzo dei bravi produttori italiani arrancando argomentazioni così poco condivisibili? PS: ma competere con le nostre armi senza sperare di barattare la dignità nazionale con qualche spicciolo di autoreferenziamento senza senso e poco spendibile, no? ...

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