Come scrivere eccellenti note di degustazione? Analisi alternativa con risvolti anarchici
di Fiorenzo SartoreAbbiamo parlato di parole del vino che sono possibili, e parole del vino che sono meno accettabili. Questione di gusti, certo, ma le parole sono lo strumento unico per raccontare, quando scriviamo. Hanno contribuito Emanuele nella prima parte, e Alice nella seconda parte. Quanto a me, visto che è il mio turno, vi segnalo questo post di Wine Folly, dal titolo fulminante: “How to Write Excellent Wine Tasting Notes“. Il busillis in fondo è tutto qui: come si fa a scrivere di vino decentemente?
Si parte dagli appunti di assaggio e si finisce con la recensione. Wine Folly dice che gli appunti non devono essere immaginifici e poetici – che poi, cosa sia poetico e cosa no è sempre divertente da definire. Secondo WF le note di degustazione devono essere chiare e comprensibili. Un’immagine vale mille parole, quindi ecco cosa intende il nostro per note utili (contrapposto a bullshit):
Sono partito nella lettura col mood favorevole, ma sono arrivato alla fine totalmente dubitabondo. Wine Folly nell’esempio riportato per la verità afferma che si può essere poetici e utili allo stesso tempo, nella modalità cerchiobottista che j’adore. Ma se è vero che la redazione formale delle note di degustazione (colore, profumi, gusto, in termini riconoscibili e tecnici, e licenza poetica finale) serve a definire l’essenza del vino che assaggiamo, è anche vero un altro fatto.
Il popolo vinoso del web ha reso il racconto del vino un fatto sontuosamente personale. E anche anarchico, e spesso connotato da descrittori totalmente distaccati dall’accademia. Quanto è bene e quanto è male tutto ciò? Dipende dalle intenzioni del narratore. Non è un caso che Wine Folly affermi in apertura che gli appunti d’assaggio dovrebbero costituire i suggerimenti più utili prima di comprare un vino. Se l’intento è staccato dalla premessa commerciale, pare inevitabile che ci si abbandoni alla narrazione libera e bella. Io considero quello stile, ormai, uno dei buoni motivi per leggere le recensioni online.
Quanto all’accademia, ricordo ancora con nostalgia la mia prima volta del descrittore irrituale. Io ero un allievo e lui era un maestro di quelli superbravi, inutile fare nomi ma insomma, lo abbiamo amato un po’ tutti. Prima del corso stavo snasando per i fatti miei un vino, il Maestro si avvicina e fa altrettanto. Mi guarda, lo guardo, aspetto il suo responso immaginando una gran ricchezza di riconoscimenti. Scuote la testa e dice: “vino del cazzo”. Eravamo blogger e ancora non lo sapevamo.
4 Commenti
Faro I.
circa 10 anni fa - LinkBellissimo l'aneddoto conclusivo.
RispondiGillo
circa 10 anni fa - LinkLa cosa più importante per descrivere un vino è l'onestà. Tutto il resto è secondario.
Rispondidiego
circa 10 anni fa - LinkChe vino era? Quello del c@zzo dico...
RispondiFiorenzo Sartore
circa 10 anni fa - Linkun chianti modernista. accontentati della vaghezza dai.
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