Come sconvolgere le vostre certezze su distillati e superalcolici

Come sconvolgere le vostre certezze su distillati e superalcolici

di Thomas Pennazzi

Arrivato l’anno nuovo, c’è chi trae bilanci e chi annusa l’aria che tirerà nel futuro prossimo. Andiamo a curiosare, sconvolgendo però le vostre abituali certezze: Intravino è anche un altro distillato è possibile, non dimentichiamocelo.

Da molti anni il futuro (leggi vendite) non abita più in Europa, e nemmeno negli USA; escludendo i Paesi arabi per ragioni coraniche (dove si sbicchiera ma non si dice, pena 50 frustate) il futuro si trova nell’Estremo Oriente. Non perché questi popoli bevano particolarmente più degli occidentali, ma semplicemente per questione di bocche, assai più numerose.

Quando pensate a quali saranno i liquori più venduti nel mondo, penserete alla vodka, al whisky, al bourbon forse; i più acuti magari perfino al rum, se lavorano tra le bottiglie o comunque hanno una qualche idea in quel campo. Vi verranno in mente marche come Johnnie Walker, J&B, Absolut, Smirnoff, Jack Daniel’s, Bacardi, ed altre notissime. Ma il mercato degli spiriti è più ricco e frammentario di quanto sembri e, osservandolo dal nostro parzialissimo e locale punto di vista, ci sfugge qualcosa. Affacciamoci fuori casa, per una volta.

L’Asia Orientale, includendovi la Russia più per abitudini di consumo che per geografia, è la vera terra promessa dei distillatori: India, Cina, Corea, Filippine, sono i Paesi che più contano per volume nel consumo degli spiriti, e dove si beve maggiormente per dimostrare status.

Ma cosa si beve in quelle terre? Non tutto quello che immaginereste.

Innanzitutto la Cina: è un mercato enorme per gli esportatori di alcolici, ma nel quale la quasi totalità del consumo da molti secoli a questa parte è costituito dal Baijiu (白酒; pr. Bài-tiò). Non sapete cos’è, vero? Tecnicamente potrebbe avvicinarsi ad una vodka: è difatti un’acquavite di cereali, sorgo di solito, a volte mischiato con riso ed altre granaglie, ma si differenzia da questa per il tipo di distillazione a secco ed altri dettagli fermentativi, e possiede un’alta gradazione (40°~60°). Ci interessa relativamente poco, perché il suo gusto (che ha quattro tipologie) è lontanissimo dai nostri standard organolettici. Ma siccome è un prodotto esclusivo del Regno di Mezzo, benché sia l’alcolico più bevuto sulla Terra (più di dieci miliardi di litri/anno, avete letto bene!) non ha peso nelle statistiche mondiali. E ufficialmente lo si ignora.

Stabilito quindi che non è la vodka lo spirito più consumato al mondo, cos’altro ci sarà?

Ancora una sorpresa, tenetevi forte: l’alcolico più bevuto (con l’eccezione del Baijiu) è un prodotto sudcoreano, dal nome di Soju (소주  pr. Sù-dgiù) una sorta di distillato di riso, insieme a frumento o altri amidacei, dal tenore alcolico medio di 25°, e variabile da 15° a 35°. La sua marca più nota si chiama Jinro, nelle classifiche al primo posto in volume tra i brand venduti nel mondo. Ma se ne consumano tante altre etichette, in quantità pazzesche.

Solo dopo viene la vodka, e domina l’universalmente nota Smirnoff, con tutto il reggimento delle sorelle fabbricate in giro per il mondo. Come memento mori sappiate che il consumo di alcolici pro-capite in Russia e nei suoi ex-satelliti, dalla Lituania alla Moldavia, è superiore a qualunque altro Paese escludendo dal computo vino e birra. Per loro questo è un enorme problema sanitario, dato che là una maschio su cinque trapassa per patologie riconducibili all’alcol; quindi bevete meno e meglio di loro, ne va della pelle.

Altre sorprese curiose da un Paese che non ci si immagina e che invece consuma quantità enormi di spiriti: sono le Filippine, in cui l’alcolico più bevuto è un brandy locale, chiamato Emperador, e dove si consuma più gin che in ogni altro posto al mondo, complice un marchio presente dal 1834, Ginebra San Miguel. Anche il rum è venduto in varie versioni, qui più che in tutti i Caraibi, col nome di Tanduay.

L’India ha altre particolarità: immenso territorio dove però il consumo di alcolici si concentra nel Sud e risente dell’eredità coloniale del British Raj. Whisky e brandy sono i favoriti, infatti, non però quelli provenienti dall’ex madrepatria, ma prodotti regionali. E il mercato è vastissimo: per il whisky è il più grande del mondo in volume, in cui circa 20 milioni di giovani ogni anno raggiungono l’età legale per bere (e lo fanno), la ricchezza generale aumenta e, con questa, la voglia di passare dall’ancora diffusissimo e velenoso alcool distillato clandestinamente a prodotti commerciali o premium, secondo il borsellino più o meno pieno. L’alcolismo è la piaga della popolazione povera, ed è causa del 6% dei decessi annui indiani (fonte OMS). Tra le bottiglie più popolari: nel whisky Officer’s Choice, Bagpiper, McDowell’s, Original Choice, Old Tavern, Imperial Blue; tra i brandy Manslon House, Honey Bee, McDowell No.1. E stiamo tacendo del rum.

Sempre tra i consumatori giganti di alcool troviamo il Brasile, con la locale cachaça: Pirassununga 51, Pitù, e Velho Barreiro le bottiglie più vuotate, ma il mercato è fatto anche di numerose ditte locali. Anche il brandy ha un discreto successo, con la marca Dreher, che ai più vecchi degli italiani ricorda ben altro.

Tutti questi Paesi messi insieme consumano milioni e milioni di casse di alcolici di cui probabilmente non avete mai bevuto né sentito parlare e la cui qualità generale è quasi sempre modesta ma, a livello mondiale, ormai si contano tra i più diffusi, ben oltre i marchi internazionali noti a tutti, grazie all’elevatissimo numero di clienti non solo potenziali. Tuttavia si tratta di consumi di massa alquanto immaturi: non ci sono ancora segni di produzioni di pregio, né si osserva nei consumatori il salto di qualità che fa superare il bere “famoso” in direzione del bere “bene”, oramai tendenza consolidata nei mercati avanzati. E l’alcolismo rimane una piaga difficile da sanare nelle classi asiatiche meno abbienti, e ad ogni livello nell’ex impero sovietico.

Questo stato di cose ci fa riflettere sul nostro privilegio di degustatori: mentre noi analizziamo al microscopio finezze e meriti di questo o quel distillato nobile, là fuori attaccata al collo di bottiglie mediocri se non addirittura preparate nel capanno dietro casa, c’è gente che si avvelena la vita, mentre l’industria benedice. Sarà questione di cultura, ma a pensarci viene la pelle d’oca.

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Thomas Pennazzi

Nato tra i granoturchi della Padania, gli scorre un po’ di birra nelle vene; pertanto non può ragionare di vino, che divide nelle due elementari categorie di potabile e non. In compenso si è dedicato fin da giovane al suo spirito, e da qualche anno ne scrive in rete sotto pseudonimo.

6 Commenti

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Montosoli

circa 8 anni fa - Link

Sono stato in un super-mercato nella profonda Russia......lo scafale piu lungo e grande e quello della Vodka....80% dei prodotti sono tutti falsificati...poi fuori si vedono ragazzi ventenni gia con la cirrosi epatica... Se non si vede....non si crede

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luis

circa 8 anni fa - Link

L'alcol resta, d'altronde, quello che è: una droga (nel senso di una sostanza che crea dipendenza e che, prima o poi, incide pesantemente sulla salute fisica e psichica di chi la assume). Facciamocene una ragione.

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Thomas Pennazzi

circa 8 anni fa - Link

Mi consenta ;) Luis: l'alcool NON è una droga, ma un alimento, tossico come molti altri (zucchero?). NON crea più dipendenza del cioccolato, e la sua nocività dipende dalla dose, come l'acqua. Certo, se uno beve roba distillata in garage, forse...

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sergio

circa 8 anni fa - Link

Prendo spunto dal commento di Louis e dalla replica di T. Pennazzi per dire, forse, qualcosa di contorto e poco piacevole. La componente alcolica dei superalcolici ma anche degli alcolici(vino e birra) è, come recita wikipedia, : "una sostanza chimica farmacologicamente attiva, dotata di azione psicotropa, ovvero capace di alterare l'attività mentale, in grado di indurre, in diverso grado, fenomeni di dipendenza, tolleranza e assuefazione."(estratto dalla voce Sostanza Stupefacente di Wikipedia) https://it.wikipedia.org/wiki/Sostanza_stupefacente Nel link si dice anche : "Una sostanza stupefacente, psicoattiva, psicotropa (nel linguaggio comune, droga[1]" : l'alcol è una droga. . Detto questo, aggiungo: In questo capacità psicotropa sta anche, secondo me, il fascino, l'attrazione che le bevande che contengono alcol hanno esercitato sull'uomo di tutti i tempi. Quello che non mi convince nel racconto intorno ai superalcolici ed alcolici è lo scarso rilievo dato all'alcol, ed in particolare alla sua azione psicotropa. (Perché l'alcol, poi, ha anche un ruolo importante nell'analisi sensoriale) Il fatto che bisogna essere dei bevitori moderati è fuori discussione. Ma non si può nascondere, come dice Louis, il fatto che può provocare "dipendenza" ed essere pericoloso per il fisico. L'altro equivoco da chiarire è che non è che se si bevono alcolici di alta o altissima qualità i rischi dipendenza o danni per il fisico vengono scongiurati. . Insomma, senza esagerare, l'alcol può agire ed agisce in modo positivo sull'umore, modificandolo quel tanto per una leggera euforia o per superare una tristezza. La magia del vino o dei distillati è anche nella loro componente alcolica. Spesso lo dimentichiamo. PS Il mio commento, come ho premesso, è un po' contorto e può essere interpretato in vari modi.Potete farlo. Il rischio di essere frainteso, a volte, bisogna correrlo.

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luis

circa 8 anni fa - Link

Grazie sergio, hai reso più esplicito il concetto che io avevo precedentemente enunciato. Detto questo, lungi da me voler demonizzare gli alcolici: anche un astemio può rovinarsi la salute alimentandosi in modo errato. L'alcol è sicuramente anch'esso un alimento - o meglio le bevande che lo contengono - e bisogna educarsi ad non abusarne (anche se io ci provo inutilmente da 25 anni!). P.S. per la precisione sono luis e non Louis.

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Thomas Pennazzi

circa 8 anni fa - Link

Il più autorevole Maestro italiano della tossicologia, il professor Franco Lodi, afferma che "le bevande alcoliche sono in genere considerate un alimento". Intendiamoci bene: che l'alcool sia psicoattivo ed intossicante lo si sa dai tempi di Noè, ma nessuno si è mai sognato di parlare di droga per il vino, così come non lo fareste per il caffè ed ogni altro alimento psicotropo. Lo stesso si dovrebbe fare per gli alcolici, che hanno il solo difetto di contenere più alcool in pari volume. Perciò sta soltanto a noi la scelta di liberare il demone contenuto nella bottiglia: prima che questo ci corroda l'anima e il fegato, il nostro corpo lancia inequivoci avvertimenti, che tutti abbiamo sperimentato qualche volta. Ma il punto è un altro: chi cerca il buono nel bicchiere, considera l'alcool solo come un mezzo, il veicolo degli aromi; chi cerca il male vede invece il fine, il veleno che rende ebbri. E non si curerà del piacere delle sostanze discioltevi. Infine, la qualità conta, caro Sergio: provi a cercare una persona che si ubriaca di un'acquavite fine (e costosa): non la troverà, e sa perché? Semplicemente per il motivo che questa persona sarà appagata dal suo bicchiere, ricco e complesso da bastargli per una serata intera. L'educazione al bere bene è anche prevenzione dell'ubriachezza. Il male sta in noi, non certo nelle sostanze, semplici strumenti. Ma questo è campo per filosofi, non per bevitori. Salute!

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