Collisioni 2014 a Barolo e 19 vini naturali in nemmeno 90 minuti. Tempo per le polemiche incluso

di Andrea Gori

Far collidere decine di migliaia di persone in un borgo che in genere ne ospita neanche mille può sembrare un bel modo di festeggiare le Langhe come Patrimonio dell’umanità UNESCO. In effetti, al netto di alcune assurdità organizzative e della pochezza di alcuni addetti agli accessi, la formula funziona, perlomeno per noi chi pensa, come noi, che il vino possa essere “altro” dalle solite degustazioni.

Tanti giovani e meno giovani in puro spirito rock’n’roll si sono accampati in mezzo a cantine e vigneti prendendo d’assalto ogni angolo di Barolo, dalla terrazza panoramica di Borgogno al fazzoletto di terra sotto casa di Beppe Rinaldi, passando per i pochi angoli di prato senza vigna ai Cannubi. Quintali di coscia trita, focacce, vini e birra e qualche curiosità inculcata “subdolamente” in persone abituate a bere altro rispetto ai grandi vini piemontesi.

Ma nemmeno qui nel mezzo mi sarei aspettato di dover presentare, insieme a Giovanni Bietti e Michele Longo (Ian D’Agata Wine Academy), 19 vini “veri” a 80 persone persone in meno di 90 minuti. Ne è venuto fuori un “binge drinking” piuttosto serrato e, non potendo presentare ciascun vino in maniera separata, si è scelto di affrontare i temi classici dei “vini veri” o “vini naturali” per come sono sorti negli ultimi anni. E quindi questioni come digeribilità, uso di chimica in vigna e in cantina, rispetto del vitigno, tecniche e teorie, percezione da parte dei consumatori, marketing, esagerazioni propagandistiche e fideistiche e la consueta immancabile polemica nei confronti dei sommelier, sempre proni ai vini convenzionali, ai loro profumi da manuale e alla chimica imperante.

Non ci siamo fatti mancare niente, nemmeno Giampiero Bea, presidente di Vini Veri, che tuona “Se tiri via le bucce, i vinaccioli, se usi lieviti che arrivano da altrove e non presenti sull’uva, più nutrienti e per evitare problemi batterici metti solforosa, cosa rimane del territorio?” per indicare il modo di lavorare di molti colleghi anche in zone molto blasonate (Bolgheri, Barolo).

Tra una polemica e l’altra, persino tra i relatori, a sottolineare la necessità di confronti sulla materia, ecco gli assaggi che abbiamo effettuato:

Casa Coste Piane Prosecco Valdobbiadene 2013: fiori e menta, bocca che spinge e scalcia, aggressivo ma tridimensionale, dissetante e completo, fresco e pulitissimo senza essere mai banale. 87

Skerlj Vitovska 2011: macerazione e sapidità, note passite di albicocca e arancio candito, thè inglese e iodio, bocca agitata ma appagante. 87

Skerk Vitovska 2011: serio, elegante e saporito, grande intensità e glicine, bocca acidula e profonda con finale nervoso. 82

Zidarich Vitovska 2011: inizialmente caseico, poi cresce sempre più fino a rivelarsi arioso e floreale con aggiunta di miele e resine, albicocca e susina rossa, bocca in evoluzione, inquieta. 84

Vodopivec Vitovska 2010: affinato in anfora, un vino grandissimo, equilibrato e mentolato, frutta gialla fresca e passita, finale onirico e marino. 91

Dario Princic Bianco Jakot 2011: il solito piccolo miracolo di concentrazione e tecnica, note inusuali di floreale, acqua piovana, ginestra al sole, intenso e corposo, quasi tannico al sorso e pieno di succo con un finale solare. 88

Ronco Severo Ribolla 2011: frutta candita, miele di acacia, bergamotto e campo al sole, bocca arcigna ma saporita. 84

Valter Mlečnik Ana Cuvèe 2007: resine e legno, lacca e smalto, freschezza, bocca stanca ma sale e iodio interessanti. 79

Castellada Vrh 2006: sauvignon, chardonnay e altre uve, macerazione molto estrema a dare un secco e acido, bocca piatta. 78

Podere Luisa Castelperso 2011 Montevarchi: lamponi e fragole ma soprattutto spezia originale, note ferrose, bocca con tannini vitali e saporiti, tabacco, da tavola e dà soddisfazione. 88

Carminia Arvalia 2011 Carla Simonetti: taglio bordolese a Bolgheri ma IGT, molto boscoso e umorale, mirtilli e more sotto spirito, lavanda e mirto, struttura e tannino, bocca aspra e arcigna ma con la sua personalità netta. 84

Massavecchia Querciola Igt 2010: sangiovese e alicante, intenso e carnoso, lampone e balsamico, intenso e fitto, interessante finale anche se la riduzione si fa sentire e sporca la chiusura. 85

Cannonau Pane Vino Su chi non nau 2013 (quello che non dico): squillante e saporito, lamponi freschissimi, vino emozionante sincero e profondo, giovanissimo, da capire dove andrà a parare. 88+

Ezio Trinchero Vigna del Noce 2008: barbera, ribes rosso e nero, incalzante e saporito, bocca in preda ad acidità con frutta però ancora vivacissima e dal finale incalzante: 86

Valter Mattoni Arshura 2012: da uve montepulciano con acidità insospettata e grande equilibrio, pulizia e nitore ma senza perdere sostanza e calore del vitigno, bello. 88

Serafino Rivella Barbaresco 2010: rosa e gesso, grande tannino e mineralità, finale rosa e fiori squillante anche se note dure coprono un po’ troppo tutto il sorso. 87

Kupra Oasi degli Angeli 2012: da un vigneto di oltre 100 anni di uva bordò ovvero grenache, naso incantevole e struggente, frutta da ogni dove ma floreale che esalta e spicca, bocca di radici, zenzero, cannella, lunghissima entusiasmante soffusa ma piccante, impalpabile all’inizio ma poi infinita stuzzicante e balsamica. 95

Paolo Bea Sagrantino Montefalco Pagliaro 2005: frutta di bosco, alloro, resina e carattere, armonico e dissetante, sapido e frutto che si fondono in bocca, finale impetuoso ma che cattura e piace, fresco e incalzante. 87

Ezio Cerutti Sol Passito 2008: sole passione e speranza, un vino fatto di pochi tratti decisi e coinvolgenti e una miriade di sfaccettature che si rivelano sorso dopo sorso in rivoli di frutta gialla, rossa e note speziate che accendono il palato. 92

Tra i vini assaggiati c’erano tanti mostri sacri del movimento vinoverista: alcuni hanno mostrato le potenzialità dell’approccio naturale al vino, altri (nei casi più estremi) hanno dipinto espressioni di perplessità sul volto dei molti giornalisti stranieri presenti.

A più riprese si è affacciata la necessità di parlare in modo nuovo e di raccontare questi vini in maniera diversa, andando oltre le logiche che hanno guidato il vino italiano degli ultimi trent’anni. Soprattutto la necessità di non dare per scontato quello che definiamo terroir in tante denominazioni italiane, perché la materia del vino è in continuo fermento ed evoluzione.

[Foto cover: Valentina Barone per Collisioni. Altre foto: Andrea Gori]

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

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