Chi vincerà la guerra per la birra più alcolica del mondo? Cronistoria fino alla follia dei 70% vol.

Chi vincerà la guerra per la birra più alcolica del mondo? Cronistoria fino alla follia dei 70% vol.

di Thomas Pennazzi

Ogni tanto è salutare portare i nostri lettori enofili in territori meno frequentati, e fargli rivolgere lo sguardo verso quel che succede in altri calici.

Torno ancora a raccontarvi di bionde e di brune, stavolta di un’epica guerra durata anni e che forse vede finalmente il suo termine. Il motivo del contendere è la birra più forte mai prodotta e, manco a dirlo, ha visto contrapporsi la Franconia vs. il Resto del Mondo. Già vi ho descritto in un altro post come questa meno conosciuta provincia settentrionale della Baviera sia, assieme al belga Pajottenland, terra dei celebrati lambic, il centro della più intensa cultura brassicola europea.

Ma cominciamo dall’inizio: le birre ordinariamente titolano alcuni gradi alcolici e, con qualche artificio come l’aggiunta di malto o di zuccheri com’è uso nelle birre belghe ma vietato dalle antiche leggi bavaresi, si riesce ad arrivare ad alcolicità vinose. Oltre 11°/12° circa, l’inconveniente è che l’alcool ammazza i lieviti di birra e solo impiegando ceppi resistenti si può brassare qualcosa di più simile ad un vino liquoroso che alla bevanda a cui siamo abituati a pensare di solito.

Un altro metodo per ottenere birre molto alcoliche, tipico della Franconia e scoperto per caso a Kulmbach un po’ più di cento anni fa, è di congelare la birra Bock, scura e forte, per ricavarne la Eisbock, con una tecnica in cui si elimina acqua sotto forma di ghiaccio. È un processo fisico, diremmo l’opposto della distillazione, che raggiunge con il freddo lo stesso risultato di quest’ultima: la concentrazione della materia originaria. Più si spinge il processo però, più diventa complesso separare il ghiaccio dalla birra residua.

La battaglia per l’ambìto primato è nata impiegando questa tecnica, ed è stata avviata dall’emittente televisiva tedesca Vox nel 2006: la birra più forte in commercio era al tempo (ovviamente) una bavarese, prodotta dal Mühlfelder Brauhaus, birrificio di Herrsching, nei dintorni di Monaco, con 25,4° alcolici ottenuti dopo 12 settimane di normale fermentazione. Il primato gli venne strappato dal birrificio bostoniano Samuel Adams con la Utopias a 27° e, poco dopo, dal microbirrificio berlinese Südstern, impiegando un mosto estremamente maltato e pochissima acqua. Il ricavato, tecnicamente una birra Trippelbock, rilavorato col metodo Eisbock, e denominato XXL, raggiunse un pazzesco titolo di 27,6°, il record assoluto per una birra.

La televisione, felice di aver iniziato questa guerra a colpi di malto tra tedeschi, non si accontentò e cercò immediatamente un altro sfidante: il temerario fu trovato in un birrificio della Media Franconia (Mittelfranken), già noto per la produzione di robustissime birre Bock. Georg Tscheuschner, ostico nome per gli italiani, titolare dell’altrettanto impronunciabile Schorschbräu di Gunzenhausen, non lontano da Norimberga che, per nulla impressionato, accettò di competere con Thorsten Schoppe, il birraio berlinese. Tenete a mente quest’uomo tenace.

Partendo dalla Bockbier della casa, concentrata per congelamento, dopo numerose prove e studi egli arrivò ad una birra ancora più alcolica: Tscheuschner ricavò una Eisbock a 31° battezzata Schorschbock, ormai in territorio totalmente liquoroso, strappando nel dicembre 2008 il record del mondo alla Südstern.

Ma Schorsch (Giorgio nel dialetto della Franconia) non aveva fatto i conti con dei guastafeste: da una terra che di malti se ne intende quanto la Baviera spuntarono i tostissimi scozzesi del birrificio ad azionariato diffuso Brewdog, che si trova dalle parti di Aberdeen; questi ragazzotti aprirono un nuovo capitolo dell’avvincente saga brassicola, che vedremo d’ora in poi combattere anche a colpi di etichetta.

Martin Dickie e James Watt volevano portarsi il titolo in patria, e ci riuscirono nel novembre 2009 con la loro Tactical Nuclear Penguin, una Imperial Stout maturata in fusti di whisky, per tre volte concentrata a freddo, a ben 32°: roba da stendere anche un ubriacone scozzese.

Perfida Albione, dicevano un tempo da noi! Ma avete pensato davvero che il selvaggio Schorsch come si fa chiamare il mastro birraio francone, si facesse derubare del primato da due pivelli anglosassoni ventiseienni, con la loro aziendina nata solo due anni prima? La reazione fu immediata: nel dicembre del 2009 la Schorschbräu zittiva gli scozzesi con un’altra Schorschbock, assestando loro un autorevole ceffone: eravamo arrivati a 40°! Un nuovo incredibile record, fino ad allora raggiunto solo distillando la birra.

La Brewdog, intanto cresciuta in produttività e in famigerata notorietà, non si diede per vinta; la battaglia entrava nel vivo. Scozia contro Baviera: qualche risentimento doveva ancora covare sotto la cenere tra queste genti, altro che Europa unita. La risposta fu data a metaforici colpi di cannone: a febbraio del 2010 nacque la Sink the Bismarck!, richiamo al colpaccio della Marina britannica che affondò la superba corazzata nazista. Altro che pivelli, i ragazzi scozzesi; lavorando sodo sfoderarono una IPA quadrupla, quattro volte surgelata, per il nuovo record mondiale: quarantuno luppolatissimi gradi alcolici. Roba da far girare la testa, e strizzare le papille dall’amaro. The end?

Nient’affatto! Tscheuschner, per nulla intimidito, ribatté al colpo: a maggio il birraio francone tirò fuori dal suo pentolone una nuova versione della Schorschbock, stavolta a 43°, divertendosi come un matto a riacciuffare il suo record.

Gli scozzesi, gente abituata a tenere duro, provarono allora a troncare la partita per sempre: con la loro The End of History, ancora una volta un’etichetta programmatica, piazzarono una atout micidiale destinata a chiudere in loro favore la guerra con il birrificio della Franconia. La birra aveva 55 gradi alcolici, più di un whisky cask strenght, ed un costo proibitivo, 500 sterline, anche perché era stata imbottigliata in dodici esemplari con un rivestimento di scoiattoli imbalsamati, una scelta decisamente di cattivo gusto! La Brewdog aveva vinto, per il momento, e con questa etichetta dichiarava la fine delle ostilità: avrebbe smesso di produrre birre più forti.

Qui il Giorgio bavarese ci pensò parecchio: doveva capire fin dove poteva spingersi, tenuto conto dei vincoli del Reinheitsgebot, la legge di purezza della birra. Ci volle un anno buono di esperimenti per rispondere al Rule Britannia con Deutschland über alles. Ma alla fine del 2011 la Schorschbock estrema era pronta: 59,8°, tagliata poi con un’altra sua Eisbock a 45° per ottenere la birra chiamata Finis Coronat Opus, alla gradazione di 57,7°, la stessa con cui a Cognac si prepara il brûlot charentais, sorta di caffè flambé. Per arrivarci Tscheuschner ha dovuto concentrare ben 17 litri di birra a 16° in una bottiglia da 33cl, lavorando a -60°C. Stupefacente!

Ovviamente queste sono produzioni uniche, e costose: la sua è stata venduta a € 200 al pezzo. Un successo globale, se le 36 bottiglie prodotte la prima volta si sono esaurite in un baleno. Il mastro birraio francone produce ora la Finis Coronat Opus una volta l’anno per gli appassionati di mezzo mondo; ma ritiene tuttavia che non andrà oltre il suo record, perché si è spinto all’estremo delle possibilità tecniche delle Eisbock, nel rispetto della legge di purezza della birra, di cui è orgogliosissimo, come ogni bavarese che si rispetti.

Ma la guerra non era ancora terminata. Dopo che i maestri dei due birrifici ebbero dichiarato l’armistizio, due altre aziende, una olandese ed un’altra scozzese, si sono messe in gioco; la ‘t Koelschip di Almere ha lanciato la Start the Future, a ben 60°, seguita nel 2012 dal birrificio Brewmeister di Moray, prima con Armageddon, a 65°, e poi nel 2013 con la Snake Venom, a 67,5°. La ‘t Koelschip, non contenta, ha replicato con la Mistery of Beer, al caustico titolo di 70°, praticamente quello di una brutale śliwowica polacca, e parrebbe detenere oggi il titolo mondiale. Tuttavia alcune fonti sembrano aver confermato l’aggiunta di alcool puro a queste ultime quattro birre folli: tutto potrebbe essere ancora in questione quindi, non trattandosi di gradazione proveniente dalla sola fermentazione del malto.

Quanto queste birre alcolizzate siano bevibili, non lo sappiamo. Si tratta di piccoli lotti sperimentali di pochi litri, estremi tentativi di birrai abilissimi, fatti più per orgoglio professionale e fame di notorietà che per un vero scopo di consumo. Ai temerari amanti di questi malti antigelo posso garantire maggiori soddisfazioni da una Eisbock tradizionale, ben al di sotto dei 30° alcolici, non impossibile da trovare anche in Italia, e degustabile fino in fondo senza temere (forse) l’ubriacatura. Ma fatelo solo nei dopocena d’inverno, al posto di un buon brandy. Prosit!

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Thomas Pennazzi

Nato tra i granoturchi della Padania, gli scorre un po’ di birra nelle vene; pertanto non può ragionare di vino, che divide nelle due elementari categorie di potabile e non. In compenso si è dedicato fin da giovane al suo spirito, e da qualche anno ne scrive in rete sotto pseudonimo.

1 Commento

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Giorgio

circa 8 anni fa - Link

Bel post. Rincorrersi per aumentare la gradazione della birra mi pare fuori luogo, ma per ottenere il primato si fanno , credo,anche cose peggiori. Un prosit con una Eisbock tradizionale che non conosco può considerarsi accettabile.

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