Cantillon e la quintessenza della birra

Cantillon e la quintessenza della birra

di Jacopo Cossater

Non nascondo un certo timore, forse addirittura imbarazzo, nello scrivere di un argomento che conosco così marginalmente: la birra. Certo, negli ultimi anni ho imparato ad apprezzare uno stile piuttosto che un altro; comincio, pur a tentoni, a scegliere le etichette considerate come “giuste” da una buona lista; ne parlo e cerco con sempre maggior frequenza occasioni di confronto. Al tempo stesso però fatico ad allontanarmi dal mio primo amore e da quelle birre a fermentazione spontanea che praticamente da subito ho trovato così magnetiche. Nomi quali Tilquin, 3 Fonteinen, Boon, De Oude Cam e Girardin sono prepotentemente entrati nel mio dizionario con l’intenzione di rimanerci a lungo. Birre dalla personalità unica che sanno essere tanto profonde (ed originali, almeno per i palati meno allenati) quanto aggraziate, sempre caratterizzate da un’acidità veemente, vero leitmotiv di una tipologia che nasce e si diffonde solo nel Pajottenland, zona che da Bruxelles si estende a sud-ovest della capitale belga.

E poi naturalmente Cantillon, birrificio considerato come di culto da praticamente tutti gli appassionati del mondo. Riferimento assoluto, le cui birre spesso si librano sopra tutte le altre grazie ad una classe sopraffina, ad una personalità forse impareggiabile ed uno slancio gustativo che spiazza. A margine vorrei sottolineare quanto il mondo delle birre prodotte senza lieviti aggiunti, grazie anche all’ampio uso di legni simili a quelli utilizzati per la maturazione del vino, sia davvero così vicino a quest’ultimo. Non si tratta di una sola diceria: basta mettere il naso dentro al portone di Rue Gheude 56 (attuale sede di Cantillon) per ritrovare, sorprendendosi, quei profumi che fanno parte del dna di ogni appassionato. Aromi di buono, davvero vicini a quelli in cui si può imbattere in una grande cantina.

Questa volta la scusa per salire su un aereo e tornare in Belgio si chiamava Quintessence. Qualcosa che si potrebbe paragonare più ad una grande festa che ad un banco d’assaggio organizzato all’interno della stessa Cantillon. Un’occasione, organizzata ogni due anni, per degustare in poche ore tutta (tutta) la produzione e per scoprire due birrifici invitati ad Anderlecht per l’occasione, quest’anno erano Allagash e Russian River, entrambi statunitensi. Un evento accessibile solamente previa prenotazione online (andato esaurito in poche settimane) che per la modica cifra di 30 euro comprendeva un percorso fatto di 25 birre, senza limiti di tempo. Tanta, tantissima roba.

Grazie alle preziose dritte di Natale Acri, tenutario del pub dietro casa e locale dispensatore di acidità, la mia giornata è iniziata con due delle birre più interessanti della giornata. Allagash, da Portland, Maine, aveva infatti portato una White particolarmente centrata, caratterizzata da quel tipo di delicatezza che ti fa tornare continuamente sul bicchiere. Una tipologia forse poco in tema con la giornata ma che già sogno per i tanti aperitivi dell’imminente estate. Tra l’altro entrambi gli ospiti presentavano alcune delle loro birre a fermentazione spontanea, e se su quelle di Russian River mi sento di soprassedere, la “Resurgam” di Allagash mi è sembrata davvero in tema. Una birra quadrata, che non lascia spazio all’imprevedibilità ma che al tempo stesso si caratterizza per tutto quello che la tipologia richiede. Equilibrio ed allungo. A Santa Rosa, California, Vinnie Cilurzo produce birre celebratissime e purtroppo praticamente impossibili da trovare in Italia. Su tutte la “Pliny the Elder”, da tutti considerata come una delle più grandi Double IPA del mondo. Un bicchiere che forse valeva il viaggio, e ho detto tutto.

E poi naturalmente Cantillon, con la sua solita gamma di impressionante varietà. Tante conferme, poche sorprese: la “Grand Cru Bruocsella”, in degustazione quella del 2010, rimane uno dei miei Lambic della vita. Finissimo e gustoso, ha una complessità pazzesca ed una chiusura di impeccabile pulizia. Rimango invece sempre un po’ perplesso di fronte a quelle birre studiate per avere un maggiore peso specifico. La Kriek “Lou Pepe” 2011, la cui fermentazione in bottiglia viene messa in moto grazie all’aggiunta di un liquore dolce (e non, come tutte le altre, di una birra più giovane) si impone per intensità ma paga qualche cosa in termini di beva, almeno sulla lunga distanza. Identico discorso per la “Saint-Lamvinus”, birra prodotta con uve di merlot e di cabernet-franc che in bocca fatica a trovare quella distensione che caratterizza, per esempio, le meravigliose “Vigneronne” e “Fou’foune”, birre prodotte rispettivamente con uve di moscato ed albicocche. Per non parlare della sempre stupenda “Iris“, birra proveniente dall’utilizzo “di solo malto “pale”, senza nemmeno un grammo di frumento, con l’aggiunta di 50% di luppolo fresco e di 50% di luppolo vecchio di tre anni“.

Insomma, una goduria. E non ho nominato neanche una delle birre targate Cantillon più conosciute, dalla Gueuze alla Framboise. O il Lambic, magari servito direttamente dalla caraffa al Moeder, pub che meriterebbe un post a parte.

[foto: Allagash Brewing]

Jacopo Cossater

Docente di marketing del vino e di giornalismo enogastronomico, è specializzato nel racconto del vino e appassionato delle sue ripercussioni sociali. Tra gli altri, ha realizzato i podcast Vino sul Divano e La Retroetichetta, collabora con l'inserto Cibo del quotidiano Domani e ha cofondato il magazine cartaceo Verticale. Qui su Intravino dal 2009.

7 Commenti

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SR

circa 10 anni fa - Link

insomma, alla fine le acide di RR non ti sono piaciute?

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Jacopo Cossater

circa 10 anni fa - Link

Sì ma non mi hanno travolto. Spiego meglio: ho avuto l'impressione di bere birre molto "pensate", molto "ragionate", se fossero stati vini avrei pensato ad una certa costruzione enologica, figli di un'idea precisa e che pagano qualcosa in termini di imprevedibilità. Che ne pensi?

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SR

circa 10 anni fa - Link

io ho avuto questa impressione bevendo Allagash premesso che, parlando di acide, la Supplication l'ho bevuta distrattamente conoscendola un po', mi è piaciuta molto la Beatification, mi è parsa più complessa della pur ottima Resurgam. ho trovato intelligente invece la costruzione della Sanctification 100% brett dove è inserito un taglio del 10% di spontanea acida senza la quale secondo me sarebbe stata una birra molto meno interessante (ho parecchie riserve sulle 100% brett, e non solo io) poi considera che una manifestazione affollata con 25 assaggio non è il massimo della vita per trarre conclusioni definitive

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INDASTRIA

circa 10 anni fa - Link

Stai davvero dicendo che le Russian RIver, birre tra le più apprezzate al mondo, non meritino un commento?

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Jacopo Cossater

circa 10 anni fa - Link

Ehm, a dire la verità ho scritto che la “Pliny the Elder” valeva il viaggio, da sola. ;)

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INDASTRIA

circa 10 anni fa - Link

Ok, ma intendevole le loro acide. apprezzate come, se non di più, la pliny e la blind pig. Non ti sono piaciute? Non le hai trovate interessanti? insomma, spiegaci...

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