Birra, se in Italia c’è un festival da non mancare quello è Eurhop

Birra, se in Italia c’è un festival da non mancare quello è Eurhop

di Jacopo Cossater

A Eurhop il passaparola ha un ruolo speciale, forse più che altrove. Ogni incontro e conseguente breve chiacchierata porta con sé anche la più classica delle domande: cos’hai assaggiato di molto buono, cosa mi consigli di provare. Se in questa speciale categoria ci fosse un vincitore, una birra che più di altre ho sentito nominare ai banchi come fantastica, assolutamente da non mancare, non avrei alcun dubbio: per tutta la serata di venerdì la più citata è stata la Bière de Coupage di Jester King.

Un birrificio relativamente giovane, nato nel 2010 in una zona agricola nelle campagne di Austin, Texas, la cui produzione è tanto di difficile reperibilità quanto di culto, in larga parte giocata sul tema delle fermentazioni spontanee (con molte variazioni sul tema, per avere un’idea della vastità e della varietà della loro gamma date un’occhiata al sito). La Bière de Coupage è una delle ultime creazioni di Jeffrey Stuffings: presentata ufficialmente alla fine di agosto si tratta di un blend tra una farmhouse ale molto giovane e un altro mix di birre prodotte interamente a fermentazione spontanea lasciate maturare per qualche anno, in particolare birre del 2014, del 2015 e del 2016. Un omaggio ai belgi di Brasserie de la Senne, già usi al termine “coupage” per indicare proprio questa pratica. Una birra nei confronti della quale è davvero difficile non usare termini meno che entusiastici, i cui profumi spaziano dalla frutta gialla al succo d’uva non senza un elegante tocco di lattico e di profumi di cantina, splendidamente calibrata tra corpo e acidità, fresca e al tempo stesso impreziosita da leggeri richiami di luppolo maturo. L’ho presa tre volte, mio personalissimo record a Eurhop.

Una birra che tra l’altro ha dimostrato ai miei occhi tutta la complessità che è possibile raggiungere lavorando con sour di età diverse, pratica difficile da padroneggiare ma che rappresenta una possibile strada di riferimento in un mondo fatto di birre dalle acidità spesso troppo sferzanti, eccessivamente asciutte, giocate più in verticalità più che in tridimensionalità.

A proposito di acidità, come non sottolineare quella che da anni mi sembra una crescita costante e inarrestabile: a Roma Pierre Tilquin ha presentato una linea di impressionante integrità e solidità. La sua Gueuze è ormai stabile tra le mie preferitissime, blend tra un lambic a basso volume alcolico di Boon e lambic lasciati maturare in botte 1 o 2 anni di Lindemans, Girardin, Cantillon. Appagante nella sua irrequieta freschezza sembra aver trovato una bella sintesi tra imprevedibilità ed equilibrio, che buona. Lo stesso vale per un’altra delle sue produzioni più famose, la Rullquin, birra prodotta in collaborazione con Brasserie de Rulles il cui blend prevede 7/8 di La Rulles Brune – Stout de Gaume, una Belgian Dark Ale abbastanza conosciuta, e 1/8 di lambic lasciato maturare in botte per circa un anno. Ciliegia, burro di arachidi e cacao si affiancano ad affascinanti note di rovere affumicato e soprattutto a un’acidità che la rende straordinariamente fresca e, perché no, particolarmente gastronomica. Postilla: sono sicuro che se servita alla cieca a un pubblico di appassionati di vino la Sureau Tilquin prodotta con il sambuco, la Experimental Fruit Series #1, verrebbe scambiata per un vino rosso a fermentazione in bottiglia. Peccato non venga imbottigliata.

Su Cantillon poco da aggiungere a quanto scritto due anni fa qui su Intravino. In questo periodo di tempo il suo mito, se possibile, è aumentato ancora e oggi il grande clamore che accompagna ogni sua uscita si traduce in file magari giustificate ma al tempo stesso davvero poco invitanti. Non a Eurhop almeno, non con così tante birre altrettanto memorabili a portata di mano.

Eurhop_2

Avete mai sentito parlare delle cosiddette New England IPA, conosciute anche come Juicy IPA? Si tratta di un segmento numericamente poco rilevante che nel corso dell’ultimo paio d’anni ha però attirato su di sé un crescente numero di attenzioni. Un sottogenere delle IPA di stampo americano non solo caratterizzato da una velatura più o meno accentuata che le porta a essere tutt’altro che trasparenti, non di rado addirittura torbide (da cui il riferimento ai succhi di frutta), ma anche da luppolature molto marcate in pieno stile West Coast. Birre dal peso specifico assai rilevante, addirittura pastose al palato. Delle vere e proprie bombe aromatiche, spesso accompagnate da un tenore alcolico altrettanto elevato in grado di sostenerne la struttura. A Eurhop grazie al sempre ottimo consigliere Stefano Ricci ho avuto modo di assaggiarne una tra quelle di riferimento. Si tratta della Double Dry Hopped Mosaic Dream di Other Half, birrificio di Brooklyn, New York, che si è sempre distinto per un utilizzo del luppolo particolarmente generoso, a dire poco. Frutto della passione, mango, pompelmo, mandarino, aghi di pino sono alcuni dei profumi che ricordo con più chiarezza per una birra avvolgente e pomposa, oltremodo ricca, che nonostante questo suo essere eccessiva in ogni sua componente riesce comunque a risultare per certi versi equilibrata. Rimane tuttavia per me un mistero il successo di una tipologia che fa della continua ricerca di una certa muscolatura il suo tratto più distintivo: birre intense come non mai che però risultano fatalmente assai difficili da bere, amare fino a sfiorare l’astringenza, con il senno di poi forse birre più belle da guardare che di cui godere.

C’è infine la consapevolezza che per riuscire ad assaporare appieno Eurhop il tempo a disposizione è sempre troppo, troppo poco. Quello organizzato da Publigiovane e da Manuele Colonna del Ma Che Siete Venuti A Fa’ rimane infatti un punto di riferimento irrinunciabile nel panorama delle manifestazioni (non solo?) italiane, con una selezione che è difficile riuscire a immaginare migliore di così nel giusto contrappeso tra alcuni dei migliori birrifici del Belpaese, novità e certezze europee, ospiti che arrivano da Oltreoceano. Sicuro ci si rivede nel 2018.

[immagini: Eurhop]

Jacopo Cossater

Docente di marketing del vino e di giornalismo enogastronomico, è specializzato nel racconto del vino e appassionato delle sue ripercussioni sociali. Tra gli altri, ha realizzato i podcast Vino sul Divano e La Retroetichetta, collabora con l'inserto Cibo del quotidiano Domani e ha cofondato il magazine cartaceo Verticale. Qui su Intravino dal 2009.

3 Commenti

avatar

Francesco Bucci

circa 7 anni fa - Link

Ciao Jacopo, vorrei sapere se per caso hai avuto modo di assaggiare le birre del microbirrificio "Rebel's Microbrewery" e cosa ne pensi. Io sono un po' di parte perché sono il cognato di uno dei 4 ragazzi soci. Sono nati da un paio di anni ma piano piano si stanno conquistando i loro spazi ed hanno partecipato per la seconda volta ad eurhop. So che è praticamente impossibile assaggiare e ricordare tutti le birre degustate, ma ci provo uguale a chiedertelo... ciao a presto!

Rispondi
avatar

Jacopo Cossater

circa 7 anni fa - Link

Purtroppo no Francesco, è birrificio che non conoscevo ma alla prossima occasione non mancherò. Tra l'altro a Eurhop quest'anno mi sono concentrato tranne un due o tre casi solo su produzioni estere e in particolare su cose che alla spina è più difficile trovare da queste parti. A presto!

Rispondi
avatar

DanielPC

circa 7 anni fa - Link

Ma perché parlate sempre dopo gli eventi? Avvisateci prima così possiamo andare. Grazie

Rispondi

Commenta

Rispondi a Jacopo Cossater or Cancella Risposta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.