Birra in Franconia | L’unica recensione del libro di Manuele Colonna che abbia senso leggere (più intervista)*

di Alessandro Morichetti

È il publican più famoso d’Italia e a ragione: gestisce un pub ormai famosissimo che odora di muffa, sudore e pipì. Sta a Trastevere, cioè all’incirca il centro del mondo. Se dici Ma che siete venuti a fa’ a un appassionato di vino non sa che pesci pigliare, se dici Macche peggio, però quel luogo è mitico nell’essere pub puro (niente cibo né Coca Cola) con le birre migliori del mondo: dal Belgio di Cantillon alle spine di Lurago Marinone passando per ogni angolo del pianeta.

Il Colonna è un capellone con le borchie e metallaro ma andrebbe raccontato diversamente: un grande appassionato che diventa grande imprenditore e fa business sulla bevanda più godibile del mondo: la birra. Negli anni ha imposto uno standard, settato in alto l’asticella e appeso alla parete quel quadretto con scritto Best beer bar in the world: glielo appioppò nel 2010 Ratebeer, il sito americano dei bevitori più incalliti e fanatici.

È uscito da pochissimo ma non cercatelo su IBS altrimenti impazzite (ho già dato: lo trovate qui): Birra in Franconia (BiF) è il primo libro di Manuele Colonna, ci sto incollato da ieri con l’attenzione di un orafo. Anzi, vi dico subito cosa mi piace e cosa meno.

BiF è un libro di viaggio, in tutto e per tutto ascrivibile nel solco della ricerca etnografica: qualitativo più che quantitativo, sociologico più che brassicolo. Vado in Franconia, scopro un mondo che non c’è più, conosco i franconi, mi siedo con loro nei pub da ispettore Derrick, batto il bicchiere sul tavolo e saluto come si conviene: Grüß Gott. Che poi il Colonna di mamma tedesca non sappia una parola di tedesco è una storia troppo lunga da raccontare.

Il libro è impaginato alla buona, fa simpatia più che soggezione: ci sono quasi più foto che testo e alcune sono firmate MJ (che nella birra come vezzo non è male, anche se il fotografo è Michael James). L’immersione nel viaggio si incasina in alcuni passaggi e la terminologia tedesca non aiuta granché: un mini Glossario finale sarebbe stato utile ma son dettagli. Troviamo mappe, tanti volti, birre a sfinimento e sopra, sotto, dentro a ogni parola c’è il silenzio di quella Franconia della birra che Manuele individua come una specie di Terra Promessa che stiamo perdendo e che forse non dovremmo. A dire il vero, anche Ben MacFarland nel suo “Le migliori birre del mondo” (su IBS costa meno) mette Bamberga – in Oberfranken, Franconia superiore, la “Roma francone” – al primo posto tra le mete epiche della birra mondiale.

Scorrendo i faldoni sappiamo che Colonna è stato il primo in Italia, tanti anni fa, a credere e puntare sulle birre fortemente luppolate e sulle beerfirm come Mikkeller (che ora spopolano a Roma e in Europa). Questo libro è un ritorno alle origini e forse un modo per farsi perdonare. Ho riletto tre volte la quarta di copertina prima di aprirlo perché mi è piaciuta proprio:

I villaggi della Franconia, soprattutto nei dintorni di Bamberga, sono gli ultimi baluardi di una tradizione secolare… In pochi posti al mondo la birra è così parte integrante della comunità locale e in molti casi una sola birra rappresenta la quotidianità di ogni singolo abitante. Qua non si beve largamente la birra, nel senso più ampio del termine, qua si beve più che largamente UNA birra: quella locale, e basta. Ogni villaggio, una birra, una famiglia che la produce e la serve, una storia da raccontare, clienti che per generazioni sono seduti allo stesso tavolo: non c’è altro posto al mondo simile. L’immersione in queste realtà aiuterebbe molto l’appassionato attuale che vive questo momento di totale esplosione, alle volte incontrollata, del fenomeno della birra artigianale. Il viaggio e la ricerca sono sempre occasione di confronto e di crescita e coltivare la propria passione, con una visita in questi luoghi dove la birra ha una funzione quotidiana da secoli, slegata da leggi di mercato o da birre tese semplicemente a stupire il palato e brassate senza cognizione di causa, regala certamente una consapevolezza maggiore, che si riversa nelle scelte quotidiane e nel comprendere al meglio il momento attuale della nostra bevanda preferita. Vedere sgorgare una Kellerbier dalla botte è un gesto a cui si assiste con devota ammirazione, soprattutto quando la birra viene versata negli splendidi e ruvidi boccali grigi in ceramica, lavorati con lo smalto al sale, e dalle decorazioni blu cobalto, in un connubio di perfetta artigianalità che si tramanda da secoli. Ogni volta che quel boccale arriva al tavolo ringrazio di aver avuto ancora la possibilità di poter assistere a quel gesto, sperando che si preservi anche per le future generazioni, rispettosamente.

Sono a tre quarti della lettura, ho molta sete e anche un po’ voglia di partire. Nell’attesa ho girato qualche domanda a Manuele: sul libro e non solo. Ecco cosa mi ha risposto.

Intravino: Quante volte sei stato in Franconia e perché è un posto mitico? 
Manuele Colonna: Dopo 13 anni nemmeno le conto più… è impossibile… comunque da gennaio 2014 ad oggi ci sono stato 14 volte. Il perché lo leggi tra le righe del libro: è un luogo dove la tradizione regna sovrana, con la vita lenta e riflessiva dei villaggi e delle famiglie che da generazioni si trasmettono l’arte brassicola… Un modo di vedere la birra che oggi va riscoperto per avere una visione più ampia del folle momento che stiamo vivendo sulla birra artigianale.

Onestamente, quanta birra bevete in una giornata per birrifici o come cavolo si chiamano lassù?
Generalmente facciamo un programma di viaggio, stabiliamo delle particolari zone della Franconia, partiamo dopo un’abbondante colazione e ci facciamo dai 6 ai 10 birrifici al giorno (il record è 11…ma il fegato poi va in ferie a vita). La quantità di birrifici presenti nella piccola regione aiuta molto nel preparare itinerari brevi ma intensi.
Sulle quantità: non meno di 3 litri. Si arriva facilmente a più del doppio ma dilazionati in una quindicina di ore: si parte alle 10 e si finisce a mezzanotte inoltrata. Poi dipende dai vodka lemon con Marco Pion al Pelikan (Der Pelikan, ristorante di Bamberga, ndr) prima della nanna.

Dammi 3 birre simbolo della Franconia e spiegamele così ci viene a tutti sete e partiamo.
Nel libro spiego bene quale sia il segreto delle vere birre franconi e del vero senso di una Kellerbier. Generalmente le lager tedesche più famose, le Helles bavaresi, poco hanno a che spartire con la fragranza e l’aggressività di alcune birre franconi. Il vero senso può essere rappresentato dalla Ungespundet di Knoblach, amara come la cicoria, grezza, poco carbonata… O la rusticità di una Krug del piccolo villaggio di Geisfeld, la personalità di una Witzgall Landbier. Sono birre che per la loro caratteristica fanno riscoprire l’amore per una semplice lager, soprattutto se bevuta in questi contesti e questi paeselli fuori dal tempo. Basti pensare che a Monchsambach, sede della Zehendner dove viene prodotta una delle birre più interessanti della regione: il paese conta solo 90 abitanti.

Quali altre mete della birra si avvicinano a quell’animo ancora puro ed autentico?
Con tutte le differenze del prodotto finale, sicuramente il regno del Lambic, il Payottenland, con i suoi cafè nei paesi, diverse zone dell’Inghilterra con le classiche real ale a pompa bevute negli splendidi pub delle piccole città. Ovunque ci sia tradizione a livello birrario.

Il business ben fatto può aiutare a “mantenere le tradizioni”? Fammi esempi. Perché se spopolamento e chiusure varie (ora meno che in passato) portano alla desertificazione, le tradizioni vanno a remengo.
La sopravvivenza di questi piccoli birrifici è costantemente a rischio. La birra là viene prodotta e bevuta senza stare a preoccuparsi della qualità a tutti i costi, non esiste un concetto di business ben fatto in una realtà così. Anche il creare business altrove comporta con queste birre notevoli difficoltà, visto il repentino decadimento del prodotto stesso. Siamo forse noi stranieri a godere di più del loro prodotto, poi ovviamente ci sono le eccezioni come il grande Andreas Gaenstaller che ha fatto del suo cavallo di battaglia l’esportazione in alcuni locali europei, brassando ottime birre e rivisitando in una chiave più moderna (quindi luppolature americane, passaggi in botte, collaborazioni con altri noti birrifici esteri) le sue splendide birre. 

Leggo di molte birre imprecise, spontanee ma con difetti. Come nel vino: fino a che punto l’amore per la genuinità primordiale supplisce ai difetti? Il prezzo di vendita può influire su questo discorso?
In Franconia sul costo della birra ci hanno fatto addirittura guerre civili, costa più l’acqua nettamente, e il prezzo di un mezzo litro non arriva ai 3 euro (nei paesi a volte, nemmeno ai 2). A volte ti imbatti in birre splendide, a volte no, spesso in birrifici in un primo momento bollati come negativi ci si ricrede al giro successivo e viceversa.
Andare sempre a controllare alla fonte quello che prendiamo per il nostro locale, fa parte del gioco, ed è assolutamente piacevole.

Adesso avete capito perché è un libro da leggere. Si parte?

Birra in Franconia (di Manuele Colonna)
Publigiovane Editore
Pagine: 175
Prezzo: 12,90 €

* In realtà ce n’è almeno una seconda che valga la pena leggere ed è quella di Andrea Turco su Cronache di Birra, storico blog di settore.

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Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

9 Commenti

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Paolo A.

circa 9 anni fa - Link

Il libro non l'ho letto, sul locale un paio di paroline andrebbero spese...dentro la birra è impossibile berla causa calca e gli....effluvi non esattamente profumati di cui si parla nell'articolo. E' quindi tassativo uscire all'aria aperta, dove però, causa regolamenti comunali, la birra va bevuta in un BICCHIERE DI PLASTICA. Sarei curioso di sapere quale sarebbe la reazione dei Franconi, se solo sapessero che la loro fantastica ed ancestrale viene bevuta birra in BICCHERI DI PLASTICA.

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Alessandro Morichetti

circa 9 anni fa - Link

Domanda tendenziosa, direi. Se dentro è pieno e fuori la legge vuole in quel modo, tertium non datur per quanto possa dispiacere.

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Paolo A.

circa 9 anni fa - Link

Non mi sembra...vogliamo far risaltare la qualità della bevanda o il momento di socializzazione? Dato che molti beer enthusiasts difendono a spada tratta la non inferiorità della birra rispetto al vino e ne chiedono, dI conseguenza, un maggior rispetto (anche tu nei tuoi articoli, i sembra), non si può non rimarcare che sorseggiarla ed apprezzarla in luoghi e contenitori adeguati sia una condizione necessaria. Immagino la faccia di un enostrippato se un'enotecaro gli versasse del bollinger o un cascina francia nel PET...

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SR

circa 9 anni fa - Link

e quindi, sintetizzando, visto che all'interno lo spazio è quello che è e fuori non puoi dare il vetro, dovrebbero cacciare la gente e rinunciare al 70% del fatturato? da che galassia stai commentando?

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Paolo A.

circa 9 anni fa - Link

Evidentemente non riesco a spiegarmi. Non si deve rinunciare proprio a nulla, dico solo che fa sorridere leggere a iosa di sottigliezze degustative, di grande tradizione, di arte brassicola e poi finire trovarsi costretto a bersi una birra fra la muffa e la plastica. Tutto qua, ora vado a farmi una lambic qui su Andromeda ;)

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Elisa

circa 9 anni fa - Link

Mi sembra un'analisi riduttiva. Ci sono orari e giorni della settimana in cui al Macche ti siedi tranquillamente, sia al bancone che nella saletta. Certo se pretendi di arrivare alle 9 di sabato sera e metterti al bancone senza calca, ok, ma se hai voglia di star bene sai come fare. Quanto alle puzze boh, sarà che sono abituata ma non vedo la tragedia. Il Macche sa di Macche, non è puzza.

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Paolo A.

circa 9 anni fa - Link

In effetti ho posto male i termini, il mio non è sostanzialmente un appunto al locale in questione, quanto proprio al fenomeno emergente della birra di qualità in Italia che mi sembra scisso, se non decisamente schizofrenico, fra gourmanderie e caciara, fra giovanilismo informale e gentrification. Vogliamo parlare del piacere di bersi una bella birra con gli amici a Trastevere la sera? Ecchissenefrega del bicchiere di plastica però non pretendiamo di cacciare il naso dentro al polietilene e cavarci chissà quali note di degustazione

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doxor

circa 9 anni fa - Link

Beh sicuramente uno dei posti storici nel senso di Storia e Cultura, immaginifici, che l'uomo, grazie alla birra, ha creato. Quando vai ti seguo eh.. Ma per l'ordinanza romana, se il Macche e gli altri buoni pub rispolverassero i boccali in ceramica..non mi pare siano nominati :P

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Thomas Pennazzi

circa 9 anni fa - Link

Nell'Oberfranken, il triangolo d'oro della birra bavarese [tra Bamberga, Bayreuth e Norimberga: la regione è chiamata Svizzera della Franconia] dove quasi ogni villaggio possiede una birreria, trovate anche eccellenti distillerie di schnaps (distillati di frutti) come nella Foresta Nera. Ma se non vi piace la birra, spostatevi di pochi km verso ovest: nella Unterfranken, di cui Würzburg è la capitale, lungo il corso del Meno troverete ben 6.000 ettari di vigna, regno del Müller-Thurgau e del Silvaner. I vigneti, di tradizione più che millenaria, offrono i loro prodotti migliori nella caratteristica bottiglia detta Bocksbeutel. O Franconia, mia seconda patria, tu accontenti veramente ogni bevitore ! :)

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