Barbacarlo 2010-1986. Storia di un amore confuso
di Fiorenzo SartoreRiceviamo da Marina Ciancaglini – specializzata in marketing vitivinicolo, consulente e giornalista in campo enogastronomico – un post su una verticale del mitico Barbacarlo. C’è sembrato particolarmente bello, quindi assai volentieri pubblichiamo.
Rustico, artigianale, a volte abboccato, facile e complesso al tempo stesso, mutevole, ma soprattutto capace di far discutere. Lo ami, lo odi, a volte entrambe le cose contemporaneamente. Cerco ora di dare un senso a queste parole in libertà. Sto parlando del Barbacarlo (il marchio è registrato), nome che si riferisce a un vino e alla vigna da cui proviene, un “garage wine”- sì, definiamolo così – prodotto sulle colline di Broni, nell’Oltrepò Pavese, da Lino Maga. La vigna, di proprietà della famiglia Maga dal ‘700, è aggrappata a una collina con una forte pendenza, il terreno è duro, fatto di tufo e ghiaia, baciato dal sole di un’esposizione sud-ovest. Anche i vitigni seguono il dislivello: la croatina alla base della collina fino a metà altezza, a salire la vespolina e l’uva rara e anche un po’ di barbera.
Questo almeno si racconta, visto che in pochi hanno avuto il privilegio di vederla: Lino Maga non elargisce tour guidati. Niente chimica, solo un po’ di zolfo per l’oidio, niente lieviti aggiunti e niente certificazioni. La schiuma naturale che lo contraddistingue, più o meno presente in base alle annate, è dovuta a una rifermentazione in bottiglia, nella quale il vino arriva ad aprile/maggio, quando gli zuccheri non sono ancora del tutto esauriti. La produzione è limitata, cambia di anno in anno, così come ogni annata è diversa ed è Lino Maga che ve la racconta con un collarino intorno alla bottiglia. Un vino fatto per durare anche trent’anni e più. Questo è il Barbacarlo.
Il Barbacarlo in nove declinazioni
Premessa. Quando si dice la fortuna dei principianti: io il Barbacarlo non l’avevo mai bevuto, fino a questa verticale (occasione che capita raramente) condotta dal “poeta del vino” Giampiero Pulcini. Almeno un dubbio si è dissipato: il Barbacarlo esiste veramente.
2010. Annata asciutta, il palato è solleticato dall’anidride carbonica, lascia in bocca una frutta rossa e succosa, un po’ acidula, il finale leggermente amaro. Come un giovane cavallo di razza che galoppa ancora scomposto, ancora poco codificabile. Un vino dalle grandi potenzialità – dicono – e io ci credo vedendo il mio bicchiere vuoto.
2006. Lasci ogni speranza chi da una verticale si aspetta un’evoluzione coerente e logica del vino nel tempo. Con questa annata si cambia totalmente assetto: un vino polposo, zuccherino, tannico, generoso, forse anche troppo.
2005. Annata decisamente più fresca, il vino torna ad essere più lieve. Oltre al frutto si sente la pietra, il Barbacarlo si concede ma non troppo, si ha la necessità di berlo e riberlo per capirne le sfaccettature. Lo stupore di fronte a un qualcosa di inaspettatamente bello che solo una vendemmia considerata minore sa dare.
2002. Si inizia a fare sul serio. Compare un’altra caratteristica del Barbacarlo dopo qualche anno in più in bottiglia: la terra. Complesso, minerale, con note di sottobosco e funghi. L’acidità e l’astringenza fanno capire che la bottiglia è ancora la sua dimensione per più di qualche anno.
2000. Le similitudini alla precedente annata confortano chi cerca di capirci qualcosa. Terroso, con note di macchia mediterranea, fino a sentori di tabacco e cacao, si arrotonda in bocca.
1996. Un applauso silenzioso emerge già al primo sorso. Porcino, muschio, pietra bagnata, la complessità ombrosa che lo contraddistingue trae un’ulteriore linfa dalla salinità con cui persiste per lunghi secondi.
1994. Entra diretto in bocca, orizzontale, con una carbonica che sorprende. Speziato, croccante, con un tannino che non si può definire gentile, magari non elegantissimo ma rimane impresso nella testa per giorni.
1989. La sensazione netta è di essere di fronte a qualcosa di unico. Se l’universo tende all’equilibrio, qui se ne ha una rappresentazione. Tutto ciò che nelle precedenti annate ha generato smarrimento, dato dal trovarsi su un terreno mai battuto prima, ora prende forma in una summa perfetta. Se fosse un uomo, penserei “voglio invecchiare con lui”.
1986. Quando ci si inizia ad avvicinare ai trenta, si acquista una maturità e compiutezza di chi niente deve dimostrare. Questo, quando non vale per l’essere umano, è vero per il Barbacarlo. Colore tendente al granato, si avverte una leggera ossidazione, forse appare un po’ stanco ma al primo sorso tutto il suo nerbo dichiara che la strada è ancora lunga.
Se la bellezza è negli occhi di chi guarda, per il Barbacarlo vale questa massima. Ci si può vedere quello che si vuole, un vino che ammalia per la facilità con cui si fa bere, tanto è complesso, disorientante nella sua mutevolezza se ci si sofferma a comprenderlo o si ha la fortuna di confrontarlo in più annate. Nel dubbio, la bottiglia finisce.
Prezzo in enoteca: 25-30 euro, dipende dalle annate.
Marina Ciancaglini
20 Commenti
Giampiero Pulcini
circa 10 anni fa - LinkRacconto puntuale e lucidissimo. Mi ritrovo in ogni riga. Grazie davvero.
RispondiDavide G.
circa 10 anni fa - Linknel dubbio un vino con 0,73 g di volatile lo faccio finire a te
RispondiMalticidio
circa 10 anni fa - LinkBravò , bravò !
RispondiRiccardo Campinoti
circa 10 anni fa - Link0.73 di volatile, che ovvove. Ne stia alla lavga!
RispondiGiampiero Pulcini
circa 10 anni fa - LinkPassa pure.
RispondiRiccardo I.
circa 10 anni fa - LinkE dove si sarebbe svolta questa degustazione? Grazie.
RispondiGiampiero Pulcini
circa 10 anni fa - LinkDivinarte di Mentana (Roma). E grazie a Novella Sammarco e Marco Liberati per il prezioso spazio di generosità e libertà che mi (e ci) concedono ogni volta. Ciao Ricca'.
RispondiRiccardo I.
circa 10 anni fa - Link:-)
RispondiAndrea
circa 10 anni fa - Linka parte il certificato di analisi appeso al collo della bottiglia che sembra scritto per confondere più che per spiegare...0.73 g di volatile non compromettono sicuramente in toto la qualità di un vino; sì, non sarà un valore basso ma senza dubbio ancora bevibile!
RispondiMarina Ciancaglini
circa 10 anni fa - LinkQuesti valori si riferiscono all'annata 2006, che è stata quella che ha fatto discutere di più. Il vino era certamente bevibile, particolarmente piacevole almeno per me no :-)
RispondiGiampiero Pulcini
circa 10 anni fa - LinkFrancamente, non capisco come possa confondere un certificato così. Lo trovo inutile, tutt'al più. Sul 2006 il problema non è la volatile, ma una non nitida definizione dei profumi dovuti alla riduzione e una dinamica di bocca piuttosto impacciata, raffrontata a quella di altre annate. Resta un buon bicchiere di vino, rusticone volendo, ma onesto. Per il guizzo rivolgersi ad altri millesimi.
RispondiAndrea
circa 10 anni fa - Linkil mio "confondere" era riferito al fatto che se chi legge non sa bene di cosa si sta parlando può prendere degli abbagli dovuti alle inesattezze riportate. Mi spiego meglio: - zuccheri riduttori 1.68 gr % (di per sè già errato come unità di misura che sono g) Sono grammi o percentuale? C'è una bella differenza... - acidità totale 5.69 gr per mille : 1 grammo per litro è già l'1 per mille! - Solfiti 49.2 mg/l...quando mai si è visto un decimale del mg nell'anidride solforosa? io sono felice e lo sarei ancora di più se venissero sempre indicati ingredienti e parametri analitici dei vini, a patto che ciò sia fatto nel modo adeguato! Altrimenti a mio parere si rischia di confondere chi non ha le competenze per leggere ciò che veramente si indica.
RispondiJeremy Parzen
circa 10 anni fa - LinkMarina e Fiorenzo, riuscireste a mettere da parte qualche bottiglia da stappare con un collega americano quando verrà in Italia? bellissimo post :)
RispondiFiorenzo Sartore
circa 10 anni fa - LinkGrazie Jeremy, ma io ho solo il merito di aver ricevuto e pubblicato. Alla tua gentile richiesta potranno rispondere Marina e Giampiero, più validamente di me.
RispondiMarina Ciancaglini
circa 10 anni fa - LinkGrazie Jeremy :-) Per le bottiglie temo di non poterti essere d'aiuto, ho provato ad acquistare qualcosa di questa batteria ma c'è chi è stato più rapido di me!
Rispondinico speranza
circa 10 anni fa - Linkcon questo post, ricordo con nostalgia quello scritto di Brera che con il mio amico Gigi abbiamo condiviso per molte serate: il vino che sorride <>
RispondiMarina Ciancaglini
circa 10 anni fa - Linkbellissimo...
Rispondinico speranza
circa 10 anni fa - Linktratta da: "il vino che sorride" <> di Gianni Brera
Rispondinico speranza
circa 10 anni fa - Linkscusate! non sapevo che non si potesse citare, opera veramente emozionante!
Rispondiroberto
circa 10 anni fa - Linkper me, semplicemente, è uno dei vini più straordinariamente "veri" che si possano trovare oggi in Italia... nessuna deriva "internazionalista"... non deve piacere agli stranieri... non glie ne frega nulla...avrà anche tanti difetti, certo, ma per carità... evviva i difetti, se questa è l'imperfezione... fa pensare in un certo senso all'"umano"
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