Anìs del Mono, il filo d’anice che unisce Darwin, Picasso e Donnie Brasco

Anìs del Mono, il filo d’anice che unisce Darwin, Picasso e Donnie Brasco

di Alice in Wonderland

Se Gianni Rodari aveva ragione e la favola è in ogni cosa, è vero anche che il tempo delle favole in fondo non finisce mai. Me ne hanno appena raccontata una, una favola con tutti i crismi: c’è l’animale, c’è il viaggio, c’è la leggenda, c’è la pozione magica, c’è l’arte, c’è la principessa e c’è il cattivo. Me l’ha raccontata una cara amica madrilena, che nel derby dell’Osborne tifa apertamente per la scimmia, a dispetto del toro.

La storia dell’Anis del Mono comincia alla fine del XIX secolo in quella che oggi è la terza città della Catalogna: Badalona. E comincia per opera dei fratelli Bosch y Grau che, come molti altri loro contemporanei e corregionali, nel 1868 danno vita ad un commercio di distillati a base di anice, fondando la distilleria che tutt’ora è in funzione e che è rimasta pressoché identica ad allora.

Durante un viaggio di lavoro negli Stati Uniti, il signor Bosch ricevette in regalo (ah, gli esotismi, ora come allora?) un mono, una scimmietta, che viaggiò con lui verso casa e alla quale fu trovato posto nell’azienda di famiglia. Divenne così la mascotte della fabbrica, al punto da ritrovarsi ad esserne il simbolo e approdare in etichetta, dove tutt’ora campeggia. (Evidentemente il significato popolare di scimmia come metafora dell’alcolismo non era ancora in voga, o non lo era in Spagna, o forse al signor Bosch non era nota, e Burroghs avrebbe scritto Junkie solo qualche decennio dopo. L’immagine della scimmia non necessitava dunque di sdoganamenti).

Scelto l’anice migliore, il miglior sciroppo di zucchero, trovata la mascotte, mancava la bottiglia adatta, che permettesse al mono di distinguersi dagli innumerevoli anìs prodotti dalle aziende concorrenti di zona. Qui si inserisce la parte romantica. Il signor Bosch si trovava a Parigi e desiderava comprare un regalo per sua moglie, la principessa della storia. Avendola già omaggiata della scimmia, la scelta che gli si imponeva di qualcosa di più chic lo portò a far shopping a Place Vendôme. Il signor Bosch, forse un po’ scontatamente, ma certo di andare sul sicuro, scelse un profumo francese. Se vogliamo guardare al lato più prosaico del gesto, in realtà fu la bottiglia ad intrigarlo, una bellissima bottiglia di vetro intagliato a rombi. Quella sarebbe stata la bottiglia per il suo anìs de mono! (Volendo invece passare gratuitamente a un luogo comune ma verificato  e noto, si può sottolineare il fatto che anche in questa bella storia dietro un grande uomo ci sia stata, seppure inconsapevolmente, una grande donna, ispiratrice della scelta della bottiglia vincente!) Mentre si fa impacchettare il profumo, il signor Bosch indaga e s’informa, e al momento dell’imbustamento ha già concluso gli accordi per l’acquisto dei diritti d’utilizzo della bottiglia.

(C’è un’altra versione della storia, secondo la quale il signor Bosch fu altrettanto poco fantasioso ma ben più generoso e invece della bottiglia di profumo acquistò un diamante per la sua signora. I rombi della bottiglia dovrebbero dunque essere stati ispirati dal taglio della pietra.)

L’anice della scimmietta cominciò ad essere imbottigliato e venduto. Se la dovette vedere con molti altri anici, (se ne contano una trentina almeno) per esempio quello de Tigre, e quello de Taup. quello del Toro.   Particolarmente antipatico è proprio l’Anis de Tigre, sulla cui etichetta furoreggia una feroce tigre che sbrana una scimmia (guadagnandosi così il titolo di cattiva della storia).

Ma poiché una cosa è l’aspettativa, una cosa è la speranza e un’altra cosa la realtà, commercialmente parlando, la scimmia ingoiò senza sforzo tigri, topi, tori e tutta l’Arca di Noé.

Veniamo alla scimmia raffigurata sull’etichetta. Anche in questo caso le versioni della storia sono varie. Qualcuno dice che l’immagine si ispiri al volto del proprietario della fabbrica, il signor Bosch. E’ la versione più facile, che induce a poche riflessioni e che è politicamente accettabile, anche se poco verosimile. Sembra invece che, in realtà, il volto raffigurato si ispiri a quello di Darwin in persona. Era il tempo, quello, della diatriba tra creazionisti ed evoluzionisti, tra i seguaci delle teorie di Darwin e del suo “L’’origine della specie” (1859) e i fondamentalisti cristiani fedeli ai precetti e ai dogmi religiosi.

Il signor Bosch e la sua signora, accompagnati dal di lei chihuaha, solevano frequentare la messa delle dodici ed erano conosciuti per il loro fervore cattolico. Difficilmente avrebbero posto in etichetta l’immagine di Darwin a scopo celebrativo. Molto più probabilmente il raffigurarlo con la faccia di scimmia doveva avere un fine di scherno. Ma il signor Bosch era un abilissimo marketing manager e lo dimostrò in più occasioni. Anche nel caso dell’etichetta, perfetto esempio del calcio al cerchio e del calcio alla botte: schernisce Darwin perché  contrario alle sue idee ma tra le zampe della scimmia che rappresenta la sua azienda fa aggiungere questa scritta: “Es el mejor. La ciencia lo dijo y yo no miento”. (E’ l’anis migliore, l ‘ha detto la scienza e io non mento.) Il furbo patròn si serve, dunque, di Darwin come di un testimonial titolato, cosa che senz’altro    all’epoca poteva impressionare molto più di un Banderas all’impasto o di un Kevin Costner unto di tonno.

Il signor Bosch si conferma grande brand ambassador anche in un’altra occasione. Appurato che “la pubblicità è l’anima del commercio”, nel 1897 indisse il primo Concurso de Carteles (concorso di manifesti pubblicitari) che fu vinto da Ramón Casas e nel 1913 l’immagine della scimmia alcolica conquistò la Puerta del Sol di Madrid sotto forma di pannello luminoso.

Il marchio della scimmia era diventato così conosciuto e così famoso da trovare spazio anche nella produzione di grandissimi artisti dell’epoca. Juan Gris dipinse la sua versione della bottiglia nel 1914 ed è conservata a Madrid al Museo Reìna Sofia e Pablo Picasso dipinse la sua nel 1916. (E’ possibile ammirare quest’opera al Palazzo Ducale di Genova, fino ad aprile 2016, direttamente da Detroit!).

Dall’etichetta ai cartelloni pubblicitari al cinema. La carriera della scimmia non ha conosciuto crisi (di Anìs del Mono, a marchio Osborne, che ne detiene la proprietà dal 1975, oggi si  producono 3.500.000 bottiglie all’anno) e appare in scene di film come “Il Padrino”  e “Donnie Brasco”. Oltre alla sua vita sotto le luci della ribalta, la scimmia non ha mai smesso di far parte della quotidianità e delle abitudini delle famiglie spagnole (catalane e andaluse soprattutto) tanto da dar vita alla tradizione natalizia del  Rascar la boteilla de Anis, ovvero utilizzare la bottiglia e i suoi intagli come strumento musicale. E, da grande stella, nel 2012 alla scimmia è stato dedicato un monumento di bronzo del peso di 200 kg sul lungomare di Badalona.

Anìs del Mono esiste in due versioni, seco (etichetta verde, maggiore grado alcolico e minore quantità di zucchero) e dulce, distinti dalle etichette verde e rossa. Si consuma normalmente come aperitivo o a fine pasto come digestivo, ma è anche molto comune assumerlo come Carajillo, ovvero come correzione per il caffè, anche a colazione, per darsi coraggio e affrontare la giornata ( da coraje, come facevano gli spagnoli durante la conquista di  Cuba, ma loro usavano il rum).

Chissà se Rodari ha ragione. La favola è in ogni cosa? Questa in particolare non è in ogni cosa ma, a riprova dell’esistenza del lieto fine, di sicuro è in ogni supermercato.

E la scimmia visse (e continua a vivere) felice e contenta.

A Beatriz  Picatoste Terròn, che mi fece conoscere La Rioja.

avatar

Alice in Wonderland

Nascere a Jesi è nascere a un bivio: fioretto o verdicchio? Sport è salute, per questo, con sacrifici e fatica, coltiva da anni le discipline dello stappo carpiato e del sollevamento magnum. Indecisa fra Borgogna e Champagne, dovesse portare una sola bottiglia sull’isola deserta azzarderebbe un blend. Nel tempo libero colleziona multe, legge sudamericani e fa volontariato in una comunità di recupero per astemi-vegani. Infrange quotidianamente l’articolo del codice penale sulla modica quantità: di carbonara.

8 Commenti

avatar

Giorgio

circa 8 anni fa - Link

post molto interessante e scritto, come sempre, in modo leggero e piacevole. Spero che qualcuno sia invogliato a raccontare la storia dei liquori a base di anice italiani, in particolare della premiatissima Anisetta Meletti di Ascoli Piceno.

Rispondi
avatar

il farmacista goloso

circa 8 anni fa - Link

Già fatto... già fatto..! Non per fare réclame, che non è il caso, ma forse Giorgio potrebbe trovare qualcosa di interessante q. https://cognacecotognata.wordpress.com/2014/12/12/lanesone-triduo-bresciano-f-lli-mancabelli/

Rispondi
avatar

Nelle Nuvole

circa 8 anni fa - Link

Brava Alice, è proprio un bello scritto, calibratissimo e delizioso.

Rispondi
avatar

Sir. P

circa 8 anni fa - Link

è ancora valido dire quoto? Brava!

Rispondi
avatar

Paolo62

circa 8 anni fa - Link

Un articolo veramente interessante e scritto bene, grazie.

Rispondi
avatar

Alice

circa 8 anni fa - Link

Grazie!!

Rispondi
avatar

Beatriz

circa 8 anni fa - Link

Grazie, Alice… solo una come te poteva fare un omaggio cosi brillante alla storia, al distillato, all'arte, alla Spagna. Beatriz

Rispondi
avatar

Maria Cristina

circa 5 anni fa - Link

Grazie per questa ricerca, interessante per chi sta leggendo il libro Sotto il Vulcano di M. Lowry che proprio nelle prime pagine cita l'Anís de Mono.

Rispondi

Commenta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.