Anche le formiche della FIVI, nel loro piccolo, s’incazzano (con Gianni Zonin)

di Antonio Tomacelli

Non riceviamo ma volentieri pubblichiamo e, alla fine del post, commentiamo.

“Dopo aver preso visione della Lectio Magistralis letta da Gianni Zonin a Palermo il 22 maggio scorso, in occasione del conferimento della laurea ad honorem in “Imprenditorialità e qualità del sistema agro-alimentare”, siamo rimasti colpiti da un passaggio in particolare che molto sta facendo discutere.

Zonin afferma infatti che Il “piccolo” (che era bello negli anni Sessanta, in tutti i settori dell’economia italiana) oggi è diventato un handicap che impedisce al nostro Paese di crescere e competere.

Non siamo per nulla d’accordo con queste affermazioni. Nel nostro settore, quando il legame con la terra è indissolubile, esistono dei limiti alle dimensioni aziendali che sono impliciti, dipendenti alla natura stessa del territorio che si coltiva.

I vignaioli, da sempre, presidiano il territorio, lo creano, lo coltivano e lo vivono. Un territorio con cui si confrontano raggiungendo vette di qualità impareggiabili, impossibili da garantire per un’industria, svolgendo contemporaneamente un lavoro di custodia che aiuta a tutelare un patrimonio che è di tutti. L’artigianalità e l’identità dei vini italiani sono valori aggiunti che stanno indirizzando i mercati e rappresentano una risorsa preziosa da salvaguardare. Auspichiamo che il legislatore non perda di vista questi valori aggiunti in favore di mere logiche industriali; il rischio che corriamo non solo noi, ma tutti gli amanti del buon vino, è altissimo. Per questo è nata la FIVI, per far sentire la voce di tutti quei “custodi del territorio” (non un “handicap”, ma un’irrinunciabile risorsa) che chiedono di poter lavorare onestamente e secondo regole di buon senso.

Matilde Poggi, Presidente FIVI – Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti”.

Cos’altro aggiungere a una dichiarazione tanto chiara quanto sensata? Nient’altro che un link con la storia recente della viticoltura australiana, quella presa a modello da Zonin. Gli australiani sono ancora lì che si leccano le ferite inferte da una una crisi strutturale e noi dovremmo prenderli a modello? Wine is love, dott. Zonin, non le ha detto niente il su’ figliolo?

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Antonio Tomacelli

Designer, gaudente, editore, ma solo una di queste attività gli riesce davvero bene. Fonda nel 2009 con Massimo Bernardi e Stefano Caffarri il blog Dissapore e, un anno dopo, Intravino e Spigoloso. Lascia il gruppo editoriale portandosi dietro Intravino e un manipolo di eroici bevitori. Classico esempio di migrante che, nato a Torino, va a cercar fortuna al sud, in Puglia. E il bello è che la trova.

21 Commenti

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LuigiG

circa 9 anni fa - Link

Vendere un paio di palette in Svezia e altre 7-8 palette negli USA. Questo il mondo FIVI. Ma il mondo del consumo del vino è un altro. Chi viaggia lo sa. La differenza sta nel voler essere una potenza organizzata del vino o i soliti provincialotti. FIVI può esistere, deve esistere e può anche essere utile, ma appunto riguarda i vignaioli INDIPENDENTI, quindi individuali, individualisti e piccoli. Pretendere che il mondo si adegui a loro è un'illusione, perchè il mondo è grande e loro sono piccoli. Tanto blablabla e poco altro, Zonin ha ragione.

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Beniamino D'Agostino

circa 9 anni fa - Link

Luigi io con le mie due palette in Svizzera, 7/8 negli USA una decina in Giappone ed una ventina in Inghilterra più i ristoranti della costa pugliese faccio campare dignitosamente la mia famiglia, 5 dipendenti fissi ed una decina di stagionali. Zonin ha ragione una cippa!

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LuigiG

circa 9 anni fa - Link

Per quel che mi riguarda, ti sei risposto da solo!

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il chiaro

circa 9 anni fa - Link

LuigiG certo il mondo del consumo del vino è un altro, ma se il piccolo vende la totalità del vino che fa e di solito lo vende con margini che forse Zonin si sogna, che correlazione c'è con l'essere un handicap per l'Italia? Io credo che Zonin l'abbia fatta fuori dal vaso, succede. Chieda scusa e magari prenda esempio proprio dai piccoli perché vendere milioni di bottiglie a poco prezzo non è poi così difficile, molto più impegnativo spuntare certe cifre senza retrocedere con i listini

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Filippo Ronco

circa 9 anni fa - Link

Domenica 21 Giugno oltre a Francesco Zonin, alla tavola rotonda di quest'anno sulle grandi aziende, partecipernno anche Alberto Ugolini per Santa Margherita, Claudia Donegaglia per Cantine Intesa, Fausto Peratoner di Maso Grener con la sua esperienza di ex direttore di LaVis, Marco Massarotto, esperto di comunicazione, marketing e social media già fondatore di Hagakure ora confluita nella più grande Doing, l'intravinico Fiorenzo Sartore in veste di enotecario, il sultano del pesto Roberto Panizza, in veste di ristoratore e Sara Rocutto, in veste di appassionata. Il tutto moderato da Stefano Caffarri. Penso valga la pena esserci. Qui è anche possibile votare gli speech autocandidati che ascolteremo dopo la tavola rotonda: https://www.vinix.com/myDocDetail.php?ID=7900&lang=ita Un caro saluto a tutti. Filippo

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Andrea

circa 9 anni fa - Link

Per chi lavora seriamente con il vino la diversità è opportunità. La cola è una bevanda, il vino è un organismo. La capacità di conferimento che hanno i piccoli vignaioli è un patrimonio indiscutibile. E a questi nobili signori della terra molto spesso l'aspetto economico passa in secondo piano (si benintenda). E' l'amore che li spinge a fare bene il proprio lavoro. Essi sono custodi di un bene prezioso, che non appartiene a nessuno ma che essi sanno di avere il dovere di tramandare come l'hanno trovato, solo con un pizzico di esperienza di tutela sempre maggiore. Ognuno ha diritto di credere ciò che pensa, ma lasciamo che siano essi (che sono i veri protagonisti) a deciderne le sorti. Le grandi case hanno obbiettivi speculativi perchè ragionano su mercati di scala mondiale, e molto spesso sono controllate da sistemi industriali, quindi finanziario/economici. La vite non si presta a questo sistema di logica punto e basta. Essa stessa contiene in sè un significato primordiale, rappresenta un valore assoluto, è un organismo sensibile, ha una sensibilità innata, vive in simbiosi con l'uomo ed è un frutto che va rispettato e onorato. E' salutare, è vocativo, è emozionale, è molto più di una bevanda da scaffale. E deve costare il giusto prezzo. Il giudizio va fatto con estrema cautela, perchè qui in palio c'è molto più di una frase. L'Italia ha un patrimonio di varietà autoctone (solo quelle censite fino ad ora) che è incredibile. Ed ognuno con una sua tipicità e riconducibilità. Se tutti noi pensiamo che il tutto si debba ridurre alla coltivazione di specie più redditizie estesa sul territorio nazionale, allora così sia. Ma qui non si sta parlando di cibo, si sta parlando di gioia, di armonia, di umanità. Io personalmente voglio credere che a volte ad alcune persone sfuggono frasi che forse non volevano dire proprio in quel modo. Capita a tutti di fraintendersi, l'italiano è una lingua molto articolata. Sono d'accordo che molto spesso a causa di mancanza di tempo e forze (bisogna farsi il culo) i piccoli produttori non riescono a curare gli aspetti di marketing. Tuttavia, ne ho conosciuti diversi (la maggiorparte) che facendo un ottimo prodotto riescono a vendere tutto, a volte ancor prima di produrlo. Inoltre, c'è una schiera di nuovi professionisti che sta catalogando e promuovendo queste piccole realtà, distrubuendole per la gioia del consumatore finale, che ha la possibiltà di affinare continuamente il proprio palato. Un sistema che si sta strutturando, ma essendo novello necessita di essere perfezionato. Se poi vogliamo guardare ai nostri cugini francesi, scopriamo che molti vignerons independent si stanno muovendo sulla stessa direzione, con prodotti fantastici. Perchè dovremmo preoccuparci dell'Australia? Concludo dicendo che per mia esperienza non ho assolutamente più le forze per smaltire i malesseri vari creati da sottospecie di bevande che si dichiarano vino offendendo un sistema (in crescita,e che forse spaventa qualcuno).

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Az.Ag. Morella

circa 9 anni fa - Link

Gentile Sig. LuigiG, la libertà è una strada a doppio senso......se noi piccoli vignaioli non ci siamo mai permessi di definire il Sig. Zonin un handicap (e magari ne avremmo anche motivo!), altrettanto rivendichiamo la nostra dignità di esistere nononstante gli Zonin di turno!!! E la ringrazio per la sua generosità quando dice: "FIVI può esistere, deve esistere e può anche essere utile"

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SimoneF

circa 9 anni fa - Link

Gentile Sig. LuigiG, per me l'unica cosa che conta in questo dibattito è che mediamente i produttori FIVI fanno vini molto più buoni di Zonin.....

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Sergio

circa 9 anni fa - Link

Mi pare che Zonin non abbia assolutamente parlato di qualità, e visto il tipo di laurea si è concentrato sull'aspetto commerciale ed economico. Un piano tutto diverso da quello evocato dalla FIVI dunque. Poi si possono trarre le dovute conseguenze da un'impostazione del genere quando si parla di vino...

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Nelle Nuvole

circa 9 anni fa - Link

Va bene, adesso che abbiamo finito di impermalirci per lo scivolone comunicativo del Signor Zonin Sr., adesso che abbiamo giustissimamente rivendicato il nostro ruolo di piccoli, belli e con i bilanci in attivo, adesso che abbiamo rievocato la bellezza poetica della vite e del vino che non ha nulla a che vedere con qualsiasi altro prodotto o commodities, cominciamo a riflettere su altro che non sia IO. Ossia, è vero, verissimo, persino verosimile, che quello che fa la differenza è la nostra diversità, i nostri vitigni e vini, variegati come da nessun altra parte del mondo. Ancora più vero è che spesso un piccolo produttore accede direttamente a nicchie di mercato pingui ed interessanti, mentre un produttore medio/grande si deve basare su reti commerciali complicate e mai completamente affidabili. Vero è anche che la comunicazione sta dedicando da tempo più attenzione alle piccole realtà produttive, ecologicamente corrette, e disdegna la convenzionalità dei nomi più noti. Ma, secondo me, il nocciolo duro e sgradito della questione, trattato forse da Gianni Zonin con una leggera arroganza è: L'ITALIA, COME PAESE PRODUTTORE DI VINO DOVE STA ANDANDO? A noi, fieri delle nostre differenze, dei nostri pochi ettari, delle nostre volonterose associazioni di minuscola eccellenza, sembra che tutto sommato stia andando nella direzione giusta. A chi ci vede da fuori... insomma. In questo momento sono in Scozia, poi andrò in Inghilterra. Sempre per il mio lavoro, che è da tanti anni quello di export manager. Sono abbastanza soddisfatta nell'immediato. Ma per il futuro, sono sempre scontenta. Perché comunque, io, noi, voi, pensiamo solo ad affermare il "nostro" e gli altri si fottano pure. Ognun per sé e Dio per tutti, l'ho già scritto da queste parti. Sempre bello è leggere voli pindarici sulla nostra unicità, ma tanti canti isolati rimangono parole morte. Il vino italiano continua a soffrire, come gruppo in generale. Non c'è abbastanza coesione e capacità di fare "lobby", parola sospettosissima che in realtà ci aiuterebbe molto. Non per corrompere, ma per spingere questa grancassa che fa tanto rumore, ma non ottiene niente. Per convincere che NOI VALIAMO. Un piccolo esempio prima di recarmi al prossimo wine-maker dinner. Il Brunello della mia azienda da anni è posizionato nel Monopolio norvegese. I Monopoli sono mercati importanti, in Scandinavia ed in Canada, troppo lungo ora dilungarsi sulla complessità di codesti organismi. Bene, la settimana scorsa mi giunge comunicazione che adesso il nostro Brunello è stato estromesso dalla loro selezione. Perché? Le vendite stanno andando bene e sono in crescita. Sì, ma c'era da fare posto ad un Cabernet californiano. Capito? Non un altro Brunello, o un altro vino toscano, o un altro rosso italiano. Un Cabernet californiano. Che vuol dire tutto questo? Vuol dire che da tante parti del mondo del vino italiano se ne impippano. Gli interessa per un po' e poi passano con noncuranza ad altri. Esempi come questo sono dietro tutti i portoni. Continuiamo pure ad offenderci se qualcuno ci dice, goffamente, che non siamo bravi a fare sistema, che siamo troppo piccoli per avere una voce ascoltabile. Questa però è per ora la cruda verità. Siamo piccoli, bravi, bravissimi, unici ed irripetibili. Ricordabili e desiderabili, certo nella nostra categoria. Ma come "Gruppo" non contiamo.

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Sergio

circa 9 anni fa - Link

per curiosità, chi fa le selezioni dei monopoli? dei dipendenti degli stessi o si affidano a buyers esterni? in ogni caso il tuo intervento è di una lucidità esemplare

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Hamlet

circa 9 anni fa - Link

questo esempio del monopolio norvegese è molto interessante ma non può essere preso a paradigma di un fallimento del mondo del vino italiano perché non ci sono abbastanza informazioni per sapere la causa. Chi è che sceglie chi entra e chi esce nella selezione del monopolio norvegese? Se i consumatori norvegesi sono scontenti del cambio, cosa possono fare per fare pressione e far tornare il vino X nella selezione? Se il produttore californiano ha pagato una mazzetta, che possiamo fare? Se chi lavora nel monopolio norvegese e ha scelto il cabernet californiano, tra 3 anni lavorerà per l'azienda californiana, che possiamo fare?

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Alberto Tricolore''

circa 9 anni fa - Link

Nelle Nuvole (come sempre), dice cose vere. La sensazione e' sempre la stessa, avere delle potenzialita' enormi, e non sfruttarle. Il problema' oltre che dovuto alle limitazioni ed egoismi dei singoli, e' legato naturalmente al nostro modo( sconclusionato, casinistico a volte originale, tante altre ottusissimo) di programmare ed organizzare a caxxo ogni cosa o qquasi. Ma come si fa a dire che i piccoli sono una zavorra. Quelli sono degli artist' sono loro una delle eccellenze ,di cui si va fieri, sono quelli che con le loro storie, le loro passioni e pure un bel mazzo a tarallo, danno possibilita' anche a questi industriali di farsi belli. Certo loro pianificano'fanno i numeri, hanno la motozappa spaziale e danno lavoro a tanti (almeno cosi' dicono) ma con tutta la loro abilita' e capacita manageriali'' pure se a capo di qualcosa, non risolvono mai un caxxo.

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claudia

circa 9 anni fa - Link

Il Chiaro, Una domanda. Da dove viene la certezza che vendere a poco prezzo non è poi così difficile. Lo chiedo per capire .

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Il chiaro

circa 9 anni fa - Link

Il successo del prosecco a cosa credi sia dovuto? Alla qualità? Suvvia, a calare le braghe il vino lo si piazza. Sarebbe bello vedere che scotistiche pratica l'imprenditore Zonin, vedere con che margini piazza i suoi pregiatissimi vini.

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Az.Ag. Morella

circa 9 anni fa - Link

Gentile Nelle Nuvole, messa come dice lei, la questione sembra parecchio diversa da quello che io chiamo oramai il Zonin pensiero. Fare sistema mi sembra sia un'altra cosa rispetto a definire il piccolo un handicap! Ma mi preme soprattutto fare una considerazione: dove sono tutti gli industriali del vino quando si tratta di fare sistema? dove sono tutti gli industriali del vino quando si tratta di difendere la qualità e l'integrità del vino? A me sembra che più che cercare una propria strada (cosa che nel bene o nel male i piccoli perlomeno provano a fare), i big cercano di scimmiottare i cugini d'oltralpe, perdendo anche quel plus di originalità, fantasia ed individualità che il Zonin pensiero prova ad appiattire. Ed infine, non vedo perchè la frase fare sistema o meglio lobby non possa andare d'accordo con piccolo (a fatica la Fivi ci sta provando e col tempo riuscendo!). Chiedo scusa se mi sonon dilungata.

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Nelle Nuvole

circa 9 anni fa - Link

Gentile A. Agr. Morella, quello che ho scritto sopra era una mia riflessione nata dopo aver letto l'intervento di Zonin e i tanti commenti a riguardo, per la maggior parte molto critici, se non sfottenti (non è il caso di quello della FIVI, posato e motivato). Non difendo la mentalità industriale e nemmeno la baggianata di elevare ad esempio positivo l'Australia con la sua manciata di società che controllano la maggioranza della produzione. Quello che ci tenevo a scrivere e forse l'ho fatto imperfettamente è che ci siamo focalizzati e risentiti riguardo alle frasi di Giani Zonin un po' impapocchiate quando invece secondo me lo stimolo è cercare di trovare delle soluzioni che partendo dalla nostra "piccolezza" la facciano diventare una "grandezza" speciale percepita ed apprezzata all'estero come ancora non è. In che modo? Questa è la domanda a cui personalmente non sono in grado di rispondere. Se lo fossi, non sarei qui ma da qualche parte a fare una LECTIO MAGISTRALIS. PS Certo che la FIVI sta svolgendo un'azione apprezzabilissima di mini-lobbysmo, ma non basta, ci vuole anche il midi, il maxi ed il macro.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 9 anni fa - Link

Mah, a me sembra che tutta questa polemica sia senza senso. Chiunque va in giro per il mondo o per l'Italia a vendere vino vi potrà confermare che la diversità fa ricchezza, e più siamo diversi e più vino italiano si vende. La FIVI che litiga con Zonin è come un elefante che litiga con una balena; entrambi hanno successo nel loro ambiente, ma non si incontreranno mai e non hanno nessun piano su cui competere. Per cui, perché non la chiudono?

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Vinogodi Marco Manzoli

circa 9 anni fa - Link

...purtroppo mi ci scontro tutti i giorni: l'educazione al mangiare e al bere bene (perchè l"alto" sarà sempre prerogativa culturalmente e socialmente troppo inaccessibile per far numeri interessanti) è un fatto culturale ed oggi parlare di cultura o estetica del gusto sembra un pò da "fumati" oppure visionari o, nel migliore dei casi, ciarlatani senza costrutto . Pur essendo in accordo con Stefano Cinelli Colombini, che l'artigiano e industriale del vino sono mondi che mai si incontreranno, un'alleanza per un fine comune la si potrebbe abbozzare , senza l'arroganza di chi vede il piccolo un pezzente o , peggio, un pericolo o per lo meno una zavorra ... e per il piccolo , "l'industriale" visto come l'avvelenatore principe del pianeta...

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Andrea

circa 9 anni fa - Link

E se l'elefante entrasse nel mondo della balena? E se esso rendesse il mondo della balena invivibile? Nulla di equivoco, solo considerazioni.

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LuigiG

circa 9 anni fa - Link

Che essere piccoli in un mondo di grandi sia un handicap credo non ci piova. Ciò che mi sorprende è che siano proprio i piccoli a non rendersene conto, visto che la considerazione è tautologica! E poi, che la qualità sia impossibile per l'industria è un altro preconcetto, e porsi da un punto di vista di superiorità da parte di chi scrive per FIVI denota poca conoscenza del mondo del vino e un certo complesso di inferiorità. Antinori e Gaja sono piccoli?

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