Alcune domande per fare chiarezza sull’intreccio tra Stato Italiano, Vinitaly e Padiglione Vino all’Expo

di Antonio Tomacelli

Col passare degli anni ho sviluppato una strana allergia. Non so come spiegarlo ma appena leggo un comunicato stampa che strombazza successi e numeri a gogo, mi tornano su domande come bocconi mal digeriti. L’ultimo episodio in ordine di tempo lo devo al comunicato stampa del Vinitaly, che magnifica le sorti della sua ultima creatura: A Taste of Italy. Sto parlando del padiglione vino all’interno dell’Expo di Milano, quello che gli addetti ai “livori” hanno battezzato senza mezzi termini “l’obitorio” (vedi foto di copertina). Leggiamo insieme qualche riga del comunicato:

450.000 visitatori, dei quali il 20% esteri, provenienti in particolare dalla Cina, che hanno potuto assaggiare 1.360 etichette nella “Biblioteca del Vino”, proposte da oltre 750 cantine: ecco i numeri dei primi 2 mesi di attività di “Vino – A Taste of Italy”, il “padiglione vino” di Expo, i cui primi risultati parlano “di un grande successo per nulla scontato, che premia il lavoro del Ministero delle Politiche Agricole, di Veronafiere-Vinitaly e del Comitato scientifico”.

Ok, pare sia un grande successo, ma qualcosa in questa storia suona stonata: forse converrà fare un piccolo riassunto delle puntate precedenti.

Ricapitoliamo: il Ministero delle Politiche Agricole (lo Stato Italiano) ha realizzato e pagato con soldi pubblici il Padiglione del Vino e ne ha poi affidato la gestione a un ente semi-privato come l’Ente fiere di Verona (il Vinitaly).

Il Vinitaly ha creato un comitato scientifico che ha diviso in due gli spazi disponibili: al primo piano ci si immerge nella storia e nelle sensazioni che il vino regala, mentre il secondo piano (l’obitorio) è dedicato alle degustazioni. Quasi tutto il piano è occupato da una serie interminabile di dispenser attivabile con una carta che dà diritto a tre assaggi di vino al costo di 10 euro. La carta è ricaricabile una sola volta. Le cantine possono acquistare uno o più dispenser oppure occupare interamente una delle stanze in cui è diviso il piano (Area Top).

I primi listini pubblicati l’anno scorso parlavano di una spesa per l’acquisto di una di queste aree (Top, Diamante e Platino) che poteva arrivare fino a 600.000 euro, prezzo che ha scoraggiato anche le più grosse cantine.

A quel punto, forse per evitare un flop, il listino ha subito un drastico ridimensionamento: sparite le aree Diamante e Platino, è rimasta solo l’area Top al “modico” prezzo di 250.000 euro. Un bel risparmio, ammettiamolo, ma si tratta comunque di una cifra insostenibile per una cantina anche dal grande fatturato. Niente panico però perché a salvare la costosa baracca ci hanno pensato le Regioni ed alcuni consorzi che, a rotazione, ospitano nei loculi le bottiglie di vino.

L’unica eccezione è rappresentata da un’area top occupata da un imbottigliatore tedesco di vini italiani: l’azienda Canti.

È il momento di tirare le somme e sputare la domanda chiave: perché lo Stato Italiano ha affidato senza appalto a un ente semi-privato (Vinitaly) la gestione del Padiglione Vino e adesso gli paga, tramite le regioni, fior di soldi per esporre nel Padiglione di sua proprietà? Non era più ragionevole offrire al Vinitaly un semplice contratto di consulenza e gestire il tutto senza questa colossale partita di giro che arricchisce solo l’Ente Fiere di Verona?

Potrei anche sbagliarmi ma, nel caso, ho un alibi bello e pronto: dell’accordo intercorso tra il Ministero e il Vinitaly si sa poco o nulla: non c’è su internet alcuna evidenza dei contratti d’appalto o di gestione che regolano i rapporti economici tra l’Ente Fiere di Verona e il MiPAAF riguardo il Padiglione A Taste of Italy.

Strano davvero perché in un caso simile, il controverso appalto del ristorante Eataly di Oscar Farinetti, abbiamo saputo dai diretti interessati quote, divisione degli utili e modalità di gestione.

Insomma, un po’ di trasparenza non farebbe male.

 

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Antonio Tomacelli

Designer, gaudente, editore, ma solo una di queste attività gli riesce davvero bene. Fonda nel 2009 con Massimo Bernardi e Stefano Caffarri il blog Dissapore e, un anno dopo, Intravino e Spigoloso. Lascia il gruppo editoriale portandosi dietro Intravino e un manipolo di eroici bevitori. Classico esempio di migrante che, nato a Torino, va a cercar fortuna al sud, in Puglia. E il bello è che la trova.

4 Commenti

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Carlo

circa 9 anni fa - Link

In pratica 7500 persone al giorno...io devo esserci andato proprio nel giorno più sfigato. Nonostante una posizione pazzesca (tra cardo e decumano, a 2 passi dal pad Italia) eravamo in 3 gatti e nessuno di questi aveva acquistato una tessera per assaggiare. Gori, lei che a EXPO ci è stato qualche giorno ha potuto verificare il traffico di questo padiglione? Al di là di quanto lei mette in evidenza (sacrosanto) crede che quei numeri siano reali? È chiaro che si pompa sempre un po' in questi casi ma qui forse hanno esagerato?

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Andrea Gori

circa 9 anni fa - Link

A parte i primissimi giorni, ogni volta che sono tornato c'era sempre tanta gente, anche al piano superiore. Sembrano numeri alti anche a me ma ci sta che siano realistici

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Gianni Usai

circa 9 anni fa - Link

Dioniso tombstone blues...

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Rondinella

circa 9 anni fa - Link

Eppoi danno spazio a tanti giornalistoni démodé che fanno degustare ai convenuti sempre gli stessi vini....che noia mortale. Meglio andare a DisneyWorld a godersi storielline più allegre e mangiare lo zucchero filato che pagare 10 euro per tre goccetti di vino bevuti in piedi in una sala operatoria :-)

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