Alberto Piras, il miglior sommelier dell’anno per la guida ai ristoranti 2016 de L’Espresso

di Alessandro Morichetti

Ho conosciuto Alberto Piras nella notte del febbraio 2013 – durante Identità Golose – in cui poi avrebbe avuto un terribile incidente che poteva costargli la pelle. Dopo otto giorni di coma, per tre mesi e mezzo ha parlato poco e male, esplorato reparti d’ospedale che ti squarciano l’anima e fatto terapie su terapie per riconquistare in pieno un posto tra i vivi. Credo sia uno che più di altri, oggi, riesce a godere del sole che sorge.

Miglior sommelier italiano ASPI nel 2011, ha lavorato in ristoranti importanti a Parigi e in Italia: è stato appena nominato miglior sommelier dell’anno per la Guida ai ristoranti 2016 de L’Espresso. Purtroppo non l’ho mai visto all’opera (vedere come lavorano i bravi sommelier è sempre molto istruttivo) ma gli abbiamo fatto qualche domanda per conoscerlo meglio. Attualmente lavora presso Il luogo di Aimo e Nadia, storico e solidissimo bistellato milanese in cui mi sono ripromesso di andare quanto prima.

Qual è la tua giornata di lavoro tipo? Orari e operazioni, più o meno nel dettaglio.
La mia giornata di lavoro inizia verso le 17 perché lavoro solamente la sera. Le prime operazioni sono dedicate alla mise en place della sala e alla gestione computerizzata di acquisti e vendite. Spesso dedico tempo a fornitori e rappresentanti con i quali assaggio le novità sul mercato. In cantina c’è sempre da fare, quindi sistemazione e pulizia sono all’ordine del giorno.

Come imposti il lavoro sul vino da Aimo e Nadia? Lasci scegliere alla carta o ci sono molti percorsi di degustazione? Il vino al calice funziona? Nel caso, quali privilegi?
Dopo aver preso visione della comanda mi faccio già un’idea di cosa poter consigliare, poi mi confronto con il cliente e con le sue esigenze e cerco sempre di suggerire qualcosa che possa accompagnarsi meglio al menù scelto. Certo non è facile capire in pochi minuti che persona si ha di fronte e quale vino consigliargli, ma nel nostro lavoro credo ci sia molta psicologia e osservando il cliente nei primi minuti dall’arrivo al ristorante ci si può fare un’idea su che persona sia.

In abbinamento ai nostri 2 menù degustazione c’è la possibilità di essere accompagnati con 2 percorsi di vino differenti abbinando la quantità di un calice da degustazione a ogni portata.

Inoltre c’è un menù che si chiama “Menù del vino”. Funziona al contrario: scegli prima cosa bere e poi cosa mangiare. In funzione dei vini proposti all’interno del menù vengono abbinati dei piatti dalla carta.

Credo molto nel vino al calice, viene sempre più richiesto. È una risposta alle nuove esigenze del cliente. In Italia si beve sempre meno, ma sicuramente con maggiore attenzione alle scelte. Cerco quindi di dare al cliente la possibilità di scegliere il vino preferito, spaziando tra differenti tipologie e produttori.

Dimmi 3 (o 4, o 5, o 2) persone che ritieni sinceramente importanti nel tuo percorso da sommelier tra i tavoli del ristorante.
La persona che sicuramente mi ha aperto gli occhi sulla sommellerie è stato Giuseppe Vaccarini, mio professore al Carlo Porta di Milano, fondatore e presidente dell’ASPI.

Mi piace citare e ringraziare tutte le persone che ho incontrato nel mio cammino professionale perché ognuna di loro mi ha insegnato qualcosa di importante da Francesco Palumbo maître del ristorante Sadler a Fabio Masi, chef sommelier del Four Seasons di Ginevra, da Enrico Bernardo, miglior sommelier del mondo 2004 e proprietario del ristorante Il Vino di Parigi, Carlo Cracco – grande chef dal palato enologicamente molto preparato – a Nicola Dell’Agnolo, instancabile maître del Luogo.

Vengo a cena e ti chiedo di servirmi i tuoi 5 vini del cuore: ovviamente se sono banali o scontati mi incazzo, quindi occhio.
Cuvee S 1971 Salon
Cote Rotie 1995, Jamet
Vosne Romanée Cros Parantoux 2010, Emmanuel Rouget
Barolo Vigneto Rocchette 2004, Lorenzo Accomasso
Ambradolce 1989, Montevertine

Ok, non mi sono incazzato, anzi. Ora dimmi 5/10 vini monumentali, epici, indimenticabili che hai bevuto o servito.
Brunello di Montalcino Riserva 1988, Soldera
La tache 1982, DRC
Clos Du Mesnil 1996, Krug
Barolo 1947 Borgogno
Latour 1982
Riesling Spatlese Scharzofberger 1975, Egon Müller
Ermitage Vin de Paille 1995, Chave
Corton Charlemagne 1996, Coche-Dury
Vosne Romanée Aux Beaux Monts 1992, Jayer

Tutti quelli che lavorano in sala al ristorante predicano la modestia: poi, nei fatti, è realmente modesto e attento al cliente al massimo un 50% degli operatori. Sei d’accordo?
Credo che la modestia vada di pari passo con la professionalità: ho avuto maestri che mi hanno insegnato prima l’umiltà e il rispetto, poi le denominazioni.

Oltre il vino c’è di più: come te la cavi con birra, distillati, tè e altre diavolerie?Il sommelier contemporaneo non vive di solo vino, deve essere preparato su diversi fronti. Mi piacciono anche birre e distillati e recentemente ho abbinato alcuni sakè dei migliori produttori giapponesi ai nostri piatti. È stata una sfida molto stimolante, per noi e per loro, ed ha riscosso successo. Ho applicato lo stesso metodo di quando abbino il vino ai nostri piatti. Nei sakè ho ricercato la freschezza, l’acidità, la nota leggermente aromatica da poter accompagnare agli ingredienti dei piatti.
L’ultimo abbinamento creativo è stato quello di accompagnare il piatto “Quasi un raviolo (di seppia)” al Vermouth.

[Foto: Brambilla-Serrani]

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Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

2 Commenti

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max cochetti

circa 9 anni fa - Link

Confermo su tutta la linea. Alberto non è solo bravissimo, ma voglioso di imparare continuamente e di un umiltà unica. Peccato che riesce a prenderci quasi tutti i vini alla cieca :D

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Thomas Pennazzi

circa 9 anni fa - Link

Che bello, un Sommelier che parla finalmente anche di distillati (ma il saké NON lo è) oltre che di vino. Sarà la volta che troveremo una carta dei distillati da non far vergognare il locale per cui lavora? E' ora di imparare a giocare senza paura con i brandy & C.: tra selvaggine di pelo, formaggi importanti e dessert di ogni sorta si possono tirare fuori arpeggi musicalissimi dagli abbinamenti. Ma l'uomo del bicchiere deve farsi le ossa per bene anche in questo campo. Mi piacerebbe vedere un menù arcobaleno: dove ai piatti si abbina un ventaglio di proposte (calibrate) senza paura tra bevande varie: chi ha detto che dev'essere per forza solo vino o solo qualcos'altro? Distillati, passiti e vini dolci/ossidati, liquori, té, possono ben giocare da protagonisti accanto al vino, e con altrettanta autorevolezza e dignità. Forza ragazzi, datevi da fare, c'è molto da sperimentare.

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