Al di qua o al di là del Paglia? Una storia appassionante dei vini di Acquapendente

di Massimo Andreucci

Ad Acquapendente non ci sono i bianchi e i rossi, ma i vini di al di qua o al di là del Paglia, il fiume che solca la valle in senso obliquo, da nord ovest a sud est, ai piedi di due versanti prospicienti. I vigneti al di qua del Paglia giacciono sul declivio con minore irradiazione solare e producono vini aciduli, adatti al consumo quotidiano. A volte accade persino che la nebbia abbia la meglio sul sole. Colpa del fiume e dei due grandi laghi nelle vicinanze, Bolsena e Corbara, e ci sta che qualche filare ammuffisca poco prima della vendemmia. Così, tanto per ricordarti che la Natura è matrigna.

Nell’altra sponda l’esposizione è invece ottimale e si ottengono vini più maturi e strutturati, buoni per quando si hanno ospiti e si vuol fare bella figura. Se hai ben chiara questa distinzione tra qua e là, allora puoi rivolgerti al barista e domandargli un bicchiere del Grechetto locale, che poi è un rosso (sono strani qui). Si tratta di un tipo di Sangiovese piacevole e beverino, più o meno com’era il Morellino di Scansano quando lo conoscevano in pochi e gli enologi non avevano ancora scoperto la barrique.

In effetti il comprensorio della DOCG maremmana finisce proprio lì a due passi, tanto che, a dirla tutta, si ha quasi l’impressione che qui la gente si senta più toscana che laziale. Nemmeno il suolo ha deciso da che parte stare tra Tuscia e Val d’Orcia, tra vulcanico e cretoso. Non è poi questo gran male, direi anzi che l’ambivalenza sia un po’ il suo carattere, la sua impronta.

La storia remota narra di botti di vino buono che lasciano il paese lungo la via castrense a bordo di un carro per poi prendere il mare a Civitavecchia. Poi arriva l’industrializzazione del settore e le cose prendono a girare male. Il vino lo si fa nei cantinoni fuori regione e le uve vi giungono dopo esser passate in mano agli intermediari che, consapevoli del proprio ruolo dominante, pagano un prezzo da fame agli agricoltori.

Stare in vigna a queste condizioni non è proprio il massimo, tanto che in paese si chiedono se non sia il caso di tornare ad imbottigliare per conto proprio, sebbene tirar su una cantina di moderna concezione non sia una passeggiata. Le risorse occorrenti ce le ha il Consorzio di Bonifica della Val di Paglia Superiore che il 29 gennaio 1960 dà il via ai lavori per la realizzazione della Cantina Sociale Consorziale di Acquapendente. All’inizio non tutto fila liscio: voci maligne dicono che ci sia più di un furbo che conferisce al Consorzio solo il peggio del raccolto, dopo essersi tenute per sé le uve buone e rivendute sul mercato le seconde scelte. Ma i momenti di gloria non tardano ad arrivare: la svolta si ha con l’acquisto di un terreno assai vocato di dieci ettari in località Sasso e la consulenza del Dott. Italo Mazziotti, uno degli enologi più in voga.

Sono gli anni Settanta, i cru aziendali sono il Quintaluna, un bianco da procanico, greco e malvasia, recensito positivamente da Gino Veronelli, ed il Centeno, un rosso da uve in prevalenza sangiovese che piace molto a Giulio Andreotti. Ma sul più bello piomba quella brutta faccenda del Barbera al metanolo e la grave crisi del settore che ne consegue. Lo stabilimento chiude, il terreno di località Sasso va in mano agli Antinori e molti dei 193 soci conferitori precipitano nel tunnel dei contributi comunitari. Il risultato è che nel giro di poco tempo una cultura di lungo corso scompare.

I più dimenticano in fretta, presi come sono a correr dietro all’incentivo agricolo di turno, che li premia se accettano di sostituire le viti coi kiwi, poi i kiwi con il mango, ed il mango con l’uvaspina, ma c’è qualcuno che al vino ci pensa ancora. Ad esempio c’è un tizio che ha una vigna in zona Monte Rufeno che dà un prodotto niente male, non fosse per i cinghiali che gli mangiucchiano metà del raccolto. Un giorno ci piazza un recinto elettrificato a bassa tensione per dissuaderli e prende ad imbottigliare un rosso bello dritto e guizzante, che si chiama appunto Recintato. Subito dopo si accorge che i cinghiali hanno scoperto il modo di forzare il filo e si danna l’anima, ma ormai il dado è tratto e in paese si è sparsa la voce che Luca Caioli ha ripreso a fare il vino.

Lo seguono a ruota i Cordeschi che, per fare le cose per bene, passano tutto il raccolto sopra un tavolo di legno ove scrutano e rovistano quattro paia di occhi e mani femminili. C’è ancora un altro tale, Giulio Geronzi, che a più di venti anni da quel funesto 1984 pianta un vigneto in Val d’Orcia con il proposito di rifare il Centeno. E da ultimi arrivano pure Giuliano Salesi, uno che ha il pallino della biodinamica ed un magnifico podere su a Trevinano, ed il Dott. Testa che il podere ce l’ha più ad ovest lungo il confine con Siena, oltre che un’autentica passione per il Grechetto Rosso. Ricominciare da zero non è certo una passeggiata. Per dirne una venti anni senza imbottigliare significa aver perso il treno delle denominazioni di origine. Ma l’entusiasmo è alto e rischia persino di contagiarne ancora altri.

Così la pensa il Professor Sarti che la questione ce l’ha davvero a cuore. Non ci crede che le famiglie siano state tutto questo tempo senza farsi il loro vino a casa. Allora bisogna stanarli e convincere i più bravi a rischiare l’impresa. Anche per questo, insieme a Carlo Zucchetti, ha organizzato i Vini del Barbarossa, una grande rassegna di cui vi parlerò molto bene. Quest’anno, tra le altre cose, c’era appunto una competizione riservata ai vini casalinghi e guarda caso il livello era alto. La cosa mi incuriosisce e chiedo al Professore se glie ne è rimasto uno da farmi assaggiare. Ci pensa un po’ su, poi mi fissa: “Come lo vuoi, di qua o di là del Paglia?”.

Azienda Agricola Leonello di Luca Caioli, Via Verdi1/B – Acquapendente, Loc. Lionello, VT
Cantina Cordeschi, Via Cassia Km 137,440 – Acquapendente, VT
Azienda Agricola Villa Sant’Ermanno di Giulio Geronzi, Localita’ Podere Villa S.Ermanno – San Casciano dei Bagni, SI
Podere Orto di Giuliano Salesi, Predio l’Orto, 35, Trevinano – Acquapendente, VT
Podere Elvella, Predio Elvella, 6, Trevinano – Acquapendente,VT

(foto: Podere Orto)

avatar

Massimo Andreucci

Bianchista. Compulsivo. Uno che per indole starebbe sempre a mangiare e bere ma non potendolo fare ci scrive sopra qualche riga nel vano tentativo di prolungare una gioia sempre troppo breve.

5 Commenti

avatar

AG

circa 10 anni fa - Link

Un saluto a Carlo, a presto per una bella lezione sui vini di Acquapendente

Rispondi
avatar

Nelle Nuvole

circa 10 anni fa - Link

Un pezzo veramente eccellente. Sono d'accordo sul sentirsi più toscani che laziali da quelle parti. Venendo da Roma, arrivati ad Acquapendente si passa quel confine invisibile fra una regione e l'altra senza bisogno di alcun cartello stradale che lo specifichi. Basta guardare il paesaggio.

Rispondi
avatar

Massimo

circa 10 anni fa - Link

Grazie Nelle Nuvole :)

Rispondi
avatar

Giovanni Solaroli

circa 10 anni fa - Link

Bravo. Testimonianze così aneddotiche aiutano a rimettere insieme quei frammenti di passato che andrebbero per sempre perduti.

Rispondi
avatar

alberto sbriccoli

circa 9 anni fa - Link

Ogni tanto capita di leggere un pezzo costruito ancora come si deve; informazioni essenziali, considerazione per il "pregresso", apprezzamento delle reali virtù e non delle aleatorie potenzialità, conoscenza dei luoghi. Verrebbe da dire "e ce voleva tanto?"

Rispondi

Commenta

Rispondi a alberto sbriccoli or Cancella Risposta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.