Addentrarsi nel caos nel Chianti Storico è praticamente un secondo mestiere

di Paolo Cianferoni

Qualche settimana fa una prestigiosa azienda del Chianti Classico ha proposto provocatoriamente l’abolizione del nome Chianti sulle bottiglie prodotte con l’attuale denominazione. Motivo: c’è troppa confusione tra vino Chianti e Chianti Classico; tale constatazione è condivisa da tutti i soci del consorzio, al punto che alcuni propongono la ridefinizione dei confini del Chianti Classico Storico restringendo quelli allargati e indicando Radda come capitale di un nuovo consorzio per la sua bellezza e per la posizione centrale. Si sono scatenate molte risposte, considerazioni e controproposte; ne cito solo alcune.

Azioni legali contro l’abuso o l’uso improprio della parola Chianti, confusa con i Monti del Chianti (il Chianti Storico dove si produce il vino Chianti Classico). Segnalazione di carte dei vini nelle quali un Chianti viene presentato come Chianti Classico (accade in un ristorante a Roma, ma pare anche altrove). Contrarietà alla rinuncia del nome Chianti per le gravi conseguenze a carico dei valori del patrimonio immobiliare e attività agricola. Riaffermazione della propria identità che parte dal nome e possibilità di declassare il Vino Chianti Classico in vino Chianti, come un tempo. Suggerimento di ritorno al passato con la divisione tra Consorzio vino Chianti Classico (che si occupa solo del vino) e Consorzio Gallo Nero (che si occupa del marketing).

C’è chi ha affermato che il nome Chianti puzzi di fregatura nel mondo: un vino talvolta svenduto e talvolta venduto a caro prezzo. Si sottolinea pure come la crisi, ma anche molta trascuratezza dei soci, abbiano portato a una situazione insostenibile, mentre chi è a capo del consorzio non svolge il ruolo assegnato – per cui tutti i soci si stanno agitando.
C’è chi denuncia la notizia di un articolo giornalistico “Chianti, il Consorzio va, l’export raddoppia e dà fondo alle riserve”: nell’articolo si evince che il vino Chianti è arrivato su scaffali dove non era presente, grazie alle vendite a 70/80 centesimi il litro, ma senza far capire ancora una volta le differenze tra Chianti e Chianti Classico.

C’è chi propone il Chianti (territorio) come Patrimonio mondiale dell’umanità dell’UNESCO, e chi propone una distinzione visiva nell’aspetto delle bottiglie tra produttori e imbottigliatori. C’è la proposta dell’obbligo di applicazione del galletto sulle bottiglie. C’è chi suggerisce l’apposizione in etichetta del QR Code, come passaporto. Qualcuno afferma, sconsolato, che il vino Chianti Classico, nelle intenzioni ambasciatore nel mondo della toscanità e dell’italianità, è miseramente svilito al ruolo di comprimario.
In molti sostengono l’urgenza di una campagna pubblicitaria utile a far riconoscere il territorio Chianti come unico, vero, originale Chianti.

C’è inoltre chi sottolinea come i produttori abbiano lasciato fare agli imbottigliatori, in tempi di vacche grasse, e che esiste anche un problema nello spiegare la differenza che passa tra rosso toscano e Chianti Classico prodotto dalla stessa azienda con le stesse uve di sangiovese dallo stesso appezzamento di terreno. C’è chi parla di disastro commerciale e riporta pubblicità ingannevoli del tipo: “Podere Le Rondini è un perfetto esempio di casa di campagna toscana, a metà strada tra Firenze e Siena, nel cuore del Chianti Classico, circondato da oltre 20 ettari di vigneti e uliveti. Se vuoi godere… cogli al volo l’offerta che oggi ti propone… a Montespertoli (Firenze)!”

C’è chi poi chiede “Meno blasone, più vera viticoltura”, segnalando troppa attenzione al marketing contrapposta a una scarsa attenzione alla sostanza espressiva dei nostri prodotti. C’è chi propone una liberalizzazione completa, senza un modello unico, dove il CC dovrebbe sviluppare un suo modello autonomo, di una zona di molteplicità nella quale convivono nei vini l’eleganza e la potenza, la modernità e la classicità. E inoltre recuperare la possibilità di uso di uve bianche per dare acidità, abbassare il grado e mantenere la finezza dei nostri vini. Il CC potrebbe anche promuovere la conversione di tutto il territorio ad una viticultura sana, e porsi come modello. Non per ideologia ma perché sempre più si vede che la gestione organica permette migliore qualità e minori costi di produzione – e con rese maggiori.

C’è, infine, chi segnala l’uso improprio del logo nel libro “Milioni di Milioni” in vendita alla Coop (storia di fantasia ambientata nel pisano, scritta da un autore toscano della costa). Una possibile via d’uscita in questo stato di cose potrebbe essere il prossimo 11 dicembre: è stata indetta una pre-assemblea dei soci del vino Chianti Classico. Speriamo che la partecipazione, simbolo di libertà, superi il caos fin qui descritto, e si avvii a generare finalmente un po’ di ordine.

67 Commenti

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Armando Castagno

circa 11 anni fa - Link

Paolo, abbiamo - diciamo così - scritto i nostri disciplinari negli anni del "volemose bene", anche comprensibilmente vista l'economia italiana di allora. Abbiamo fatto scrivere "Chianti" a chi produce vino nella Rùfina, ad Arezzo, a Pisa, nelle crete senesi, nel Montalbano, eccetera. I regali non si chiedono indietro. Anche se sarebbe giusto e se fosse chiamato a decidere un organismo super partes, questo deciderebbe. Esproprio del nome, e risarcimento dei danni. E il Chianti, che si faccia SOLO nel Chianti, perdiana, no in riva al mare.

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jovica todorovic (teo)

circa 11 anni fa - Link

Il Chianti è un Troiaio. La più grande occasione persa che sia capitata all'Italia enoica. Ci si capisce poco e tutti cercano di confondere, di confondersi...è per questo che io adoro alcuni Chianti Classico. La cicoria migliore non è mai quella capata....

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Stefano Cinelli Colombini

circa 11 anni fa - Link

Ragazzacci, il Chianti é come la mamma; qualunque cosa faccia non se ne può mai parlare male! E poi caro Armando, quando scrivi di franciosi mi inchino davanti a cotanta scienza, ma come fai a dire che i confini del Chianti li hanno fatti politici del volemose bene? Vuoi che ti mandi i carteggi di mio bisnonno? I confini erano già più o meno quelli ai tempi della bella gigugin e sono stati definiti con legge salvo errore nel '21, mica é roba dorotea! Da allora hanno avuto parecchi momenti di gloria, e sempre con quei confini; se la matematica non è un'opinione, il baco non sta lì.

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Edoardo Fioravanti

circa 11 anni fa - Link

Lasciate stare, che siamo in Italia, e si potrebbe anche trovare il modo di peggiorare ultriormente disciplinare e areale di produzione ! Per donare lustro al nome Chianti Classico lasciate fuori i consorzi, e date voce ai piccoli "grandi" produttori, che sono l'orgoglio della Toscana enologica

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Roberto Stucchi

circa 11 anni fa - Link

Bravo Paolo, un discreto riassunto di una discussione caotica.Adoperiamoci perchè da questo caos nasca qualcsa di buono.Unità nella diversità, non vedo molte altre strade. Arrivederci alla Sambuca e grazie della citazione.

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Paolo Cianferoni

circa 11 anni fa - Link

Edoardo ha centrato il problema: sono i produttori migliori che trascinano verso l'alto la denominazione oppure è la denominazione che trascina verso il basso i migliori produttori?

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jovica todorovic (teo)

circa 11 anni fa - Link

Paolo sono i produttori migliori che trascinano verso l'alto sempre. I produttori migliori, danno coraggio, danno speranza...fanno capire che si può fare. Io credo che saremmo finalmente pronti ad alzare finalmente l'asticella...tutto sta nel capire di quanto e come. Indientro non si torna di certo.

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Andrea Gori

circa 11 anni fa - Link

La suddivisione pare pericolosa anche a me ma di certo qualcosa bisogna fare. Personalmente non ne posso più di sentir parlare di Chianti Classico e sentirlo chiamare "Chianti" indistintamente. Per alcune zone come Rufina COlli Fiorentini e Colli Aretini secondo me Chianti può anche essere rimosso ma mi par dura togliere "Chianti" da tutto il Chianti DOCG che c'è a giro che è spesso anche di buona qualità. Piuttosto il problema è proprio nel Chianti Classico dove gli imbottigliatori grandi e grandissimi portano troppo in basso il prezzo di tanti grandi vini. In ogni caso non seguirei la strada del Chianti Classico Storico (radda, gaiole, castellina) quanto quella della qualità e dei numeri, peccato sia inapplicabile in Italia (ma forse nemmeno in Francia si riuscirebbe nell'impresa).

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Andrea Pagliantini

circa 11 anni fa - Link

E i numeri, specie quelli di qualche imbottigliatore, sono numeri che si contano sempre volentieri..... :-) Il Chianti non è altro che la somma dei tre comuni (Radda, Gaiole, Castellina) facevano parte dell'antica Lega del Chianti, possa piacere o meno ma è così..... e compromessi non ve ne sono con quello dentro o fuori a seconda delle convenienze o delle amicizie o dei gusti personali. Chianti è l'identificazione di un territorio ben preciso, come lo dovrebbe essere Rufina, Montalbano, Lamole, Montespertoli, Panzano...... senza la dizione Chianti davanti o dietro. Sull'uso e sull'abuso dei nomi, con me si sfonda una porta aperta da sempre anche se pare sia uno sport nazionale senza rimedio. E segnalo la vivace proposta lanciata dal sindaco di Gaiole in tempi di bilanci comunali e apparentamenti. http://andreapagliantini.simplicissimus.it/2012/11/06/chianti/

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gp

circa 11 anni fa - Link

Dove sarà mai tutta questa qualità diffusa mi sfugge, tantopiù se parliamo di Chianti generico, senza indicazione di una delle sette sottozone previste dal disciplinare. Ma anche se la qualità ci fosse, dovrebbe semplicemente rientrare in un’altra denominazione, come ho argomentato sotto, invece di avvalersi di un toponimo ben definito come “Chianti”, che spesso non ha neanche una vaga relazione di prossimità con l’effettiva zona di produzione. Ora come ora, questa situazione crea un danno sia ai produttori che hanno giustificato diritto ad avvalersi del toponimo (quelli del Chianti Classico e tuttalpiù di parte delle sottozone del Chianti immediatamente limitrofe), sia ai consumatori che vengono obiettivamente ingannati e indotti in confusione. Se si sollevasse la questione a livello nazionale e se necessario europeo, credo che non potrebbe essere accolta. Sarebbe solo questione di tempo, e quindi prima si comincia, meglio è.

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gp

circa 11 anni fa - Link

("non potrebbe non essere accolta", ovviamente)

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Cristiano Castagno

circa 11 anni fa - Link

Se il Chianti dovesse collimare solo con il Chianti storico, allora si dovrebbe fare a meno di zone eccezionali come Lamole e Panzano, tanto per fare qualche esempio, visto che non ne fanno parte, storicamente s'intende. Allora si dovrebbe allargare la zona, un po' almeno, a quelle che danno vini di qualità indiscutibile. Già, ma allora si capirebbe che forse la zona del "Classico" attuale non è poi così sbagliata,a parte forse certi terreni, anche all'interno della zona storica: terreni fondovalle, esposizioni balorde non certo vocate alla produzione di vino di qualità...salvo poi scoprire che il cambiamento climatico ha scombinato le carte in tavola. Dimenticate tutto. Siete degli Americani. Ora per voi che cos'è Chianti per voi ? Che cosa capiresti di quanto sopra ? Io, mi accontenterei intanto poter distinguere il vino integralmente prodotto e imbottigliato all'origine dai viticoltori da quello invece estorto e imbottigliato/assemblato (con quello che non sempre ben si sa) dagli industriali. Attualmente bene che vada è concorrenza sleale. Il male del Chianti Classico di qualità è non riuscire ad emanciparsi dal mondo del vino mercantile. E' tutto indistinguibile fin dalla confezione delle bottiglie, per scelta del Consorzio: deve essere così anche secondo illustri consulenti professori universitari di grido, non si deve vedere la differenza.Si vede che hanno ragione loro...nutro invece dei seri dubbi, se permettete.

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AG

circa 11 anni fa - Link

Estorto?

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Cristiano Castagno

circa 11 anni fa - Link

estorcere:carpire, derubare, portare via, rubare, sottrarre. Se uno è costretto a vendere sottocosto per necessità agli speculatori, in qualche modo credo che la merce gli venga carpita, cioè in qualche modo venga derubato, non secondo il codice penale sia chiaro, ma moralmente certamente.

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AG

circa 11 anni fa - Link

MI sembrano sinonimi un po' forti, considerando che nel 2001 quegli stessi "speculatori" garantivano agli stessi fornitori di oggi vacche molto molto più grasse. Verrebbe magari da chiedersi perchè in 11 anni sia successa una tale rivoluzione, no?

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Cristiano Castagno

circa 11 anni fa - Link

Gli eccessi sia al rialzo, come quelli al ribasso, delle quotazioni dello sfuso, entrambi dannosissime, ci sono sempre state, tuttavia in qualche modo hanno garantito la regolazione del mercato e la sopravvivenza sia degli industriali, sia dei viticoltori grazie a dei cicli relativamente brevi. Ora la situazione grazie ad un livello di giacenza che non accenna a diminuire nonostante le quotazioni basse si è in qualche modo incancrenita creando una situazione in cui i viticoltori produttori di Chianti Classico sfuso ormai sono costretti a vendere sottocosto da troppo tempo, anno dopo anno, e la cosa non è più sostenibile.

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AG

circa 11 anni fa - Link

Sono d'accordo: questa è l'analisi del momento che, ripeto, sembra lei faccia prescindere da un'analisi storica. Cosa è successo in questi 11 anni? E, più complicato, c'è una soluzione?

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Cristiano Castagno

circa 11 anni fa - Link

Si tratta di rendere il Chianti Classico più attraente per il mercato, individualmente lavorando sulla forza del proprio marchio e sulla qualità del prodotto. Il problema di fondo credo sia proprio l'impossibilità da parte del consumatore medio poter distinguere un Chianti Classico di un viticoltore produttore da quello degli industriali, visto che sono abbigliati in modo identico, con questo non voglio dire che certi vini preparati dagli industriali siano necessariamente di bassa qualità, ma certamente il vino prodotto e imbottigliato da piccoli produttori artigianali in "filiera corta" dovrebbero essere distinguibile. La fascia di mercato più bassa da "hard discount"a prezzi tipo €2.45/bott. poi veramente deprime l'immagine del Chianti Classico senza possibilità di appello, dove si trova bisogna notare, anche Brunello, ma sempre a prezzi superiore a €10,00 e che quindi rimane sempre percepito come prodotto di "alta"qualità, relativamente agli occhi del consumatore medio e che quindi non ne esce danneggiato (troppo) come immagine.

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AG

circa 11 anni fa - Link

Cristiano, giusto per tornare sull'argomento prezzi: come mai in CC le cantine sociali sono state spazzate via (commercialmente) dagli "speculatori"? e come mai gli stessi "speculatori" in 5 anni sono diventati un fattore a Montalcino (dove 7 anni fa non erano neanche contemplati)?

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Cristiano Castagno

circa 11 anni fa - Link

Azzardo a dire che le cantine sociali si sono trovate nella condizione di dover remunerare i soci e competere con gli industriali sui prezzi con la GDO estera, cosa piuttosto difficile visto che gli industriali possono anche acquistare ampiamente sottocosto: non gliene potrebbe fregare di meno se i loro fornitori vanno sul lastrico. Per il Brunello invece, diciamo che la presenza di sfuso resta per ora, abbastanza marginale perchè riesce ad essere commercializzato in massima parte dagli stessi produttori all'origine. La speculazione si insinua ovunque ci siano margini di guadagno ma non credo sia di per se un fattore negativo, ma un'elemento necessario di regolazione del mercato, purchè non diventi selvaggia...

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ag

circa 11 anni fa - Link

Torniamo al 2001? Lei che faceva nel 2001? Si ricorda quanto veniva pagato un q.le di uva CC di qualsiasi qualità proprio da quelle cantine sociali che avrebbero dovuto essere il calmiere? Oggi le 4 più grandi cantine sociali del CC sono o fallite o commissariate.

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ag

circa 11 anni fa - Link

Sempre nel 2001 gli "speculatori" erano costretti a pagare ben più delle cantine sociali ai loro fornitori spot uva e vino atto a divenire. Oggi dominano il mercato. Cristiano non pensi che voglio far polemica a tutti i costi, ma lei sa bene come me la ragione, solo che per la sua posizione non vuole dirla.

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Cristiano Castagno

circa 11 anni fa - Link

Caro Ag, mi sembra di voler capire che Lei vorrebbe che le dicessi che la ragione dello squilibrio esistente tra gli industriali ed i viticoltori fornitori di sfuso sia dovuto essenzialmente all'avidità, ora di una parte, poi da quell'altra. Se la speculazione la si vuole intendere esclusivamente come sinonimo di "avidità" allora potrebbe anche essere vero questo, ma credo che alla base ci siano delle motivazioni più profonde che vanno ricercate nella mancanza di equilibrio tra i costi di produzione ed il prezzo ritenuto remunerativo per gli industriali per gli acquisti. Il costo, calcolato da fonti autorevoli quale il Consorzio del Chianti Classico, per la produzione di vino atto a divenire Chianti Classico è mediamente il 40% più elevato rispetto al prezzo minimo che gli industriali possono praticare per poter onorare i loro contratti di vendita e conseguire un modesto (ma lecitissimo, per carità) profitto. Questo significa che un punto d'equilibrio non c'è mai, ma è solo solo grazie alla volatilità che il sistema si regge(va): momenti di vacche grasse sostenevano. quelle di vacche magre per le parti in gioco. Credo che per crescere la denominazione dovrebbe in qualche modo riuscire a sottrarsi a questa modalità di commercio mercantile che non funziona più perchè anche a prezzi bassissimi le giacenze non si smaltiscono e trascinano sempre l'immagine del Chianti Classico base più in basso.

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Cristiano Castagno

circa 11 anni fa - Link

Sostituire "minimo" con "massimo", riferito ai prezzi che che gli industriali possono pagare.Scusate.

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AG

circa 11 anni fa - Link

Cristiano se nel 2001 un q.le di CC costava 1.000.000 di vecchie lire e oggi 120 € non dipende dai contratti della GDO, dipende dal vino. Mi permetta, lei confonde la causa con l'effetto.

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Cristiano Castagno

circa 11 anni fa - Link

Caro Ag, é Lei che confonde "costo" con "prezzo".

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AG

circa 11 anni fa - Link

Può darsi, per me il prezzo è il costo più il margine (per dirla semplice semplice).

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AG

circa 11 anni fa - Link

Io comunque continuo a pensare che da margine di 950.000 lire alla perdita odierna di 20 € la causa sia una, principalmente.

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Cristiano Castagno

circa 11 anni fa - Link

Quale ?

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AG

circa 11 anni fa - Link

La straordinaria eccedenza di produzione originatasi da quel capolavoro politico economico di Agenda 2000.

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Roberto Stucchi

circa 11 anni fa - Link

Il problema secondo me è nel fatto che il CC è un tutto indifferenziato, e quindi poco qualificato. sotto lo stesso cappello ci stanno vini a 3€ scaffale e vini a 30€. servirebbe una "piramide" con livelli intermedi (sottozona comunale per esempio) e livelli ancora superiori (sottozona di frazione, tipo panzano, monti, lamole et al.). nel tempo si differenzierebbero i valori in base anche alla qualità. Il CC dovrebbe sviluppare un suo modello autonomo, di una zona di molteplicità, dove convivono nei vini l’eleganza e la potenza, la modernità e la classicità, la grande piacevolezza e la sinergia con il cibo. Nei suoi territori abbiamo fianco a fianco la dolcezza e l’asprezza, il pettinato e il selvaggio… pensare ad un modello unico è quello che non va. Non un CC, molti CC. La complessità è quello che ci caratterizza e va valorizzata. Resa leggibile, resa interessante. La grande incapacità del CC è stata quella di far valere la propria unicità che è fatta di diversità. Torno lì, l’inganno che ci penalizza è che il CC è uno, e uno il vino che vi si produce. La realtà è che ci sono molti CC, e molte diverse espressioni del suo vino. Sogno un futuro in cui su uno scaffale non ci siano solo qualche CC e qualche riserva, e accanto alcuni IGT top, ma che ci siano alcuni CC di Radda, alcuni di Gaiole e degli altri comuni. E che i vini top siano CC con la sottozona, e magari alcuni con un varietale diverso in etichetta. E possibilmente alcuni vini bianchi sempre CC.

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Paolo Cianferoni

circa 11 anni fa - Link

Fino a poco tempo fa il CC era per la maggior parte un vino mercantile, come dice Cristiano, ma oggi molti produttori capaci hanno innalzato notevolmente la qualità. Anche la qualità media del vino CC di massa si è davvero alzata grazie a generali ed enormi investimenti nel rinnovo dei vigneti. La concorrenza rispetto al passato si è elevata alla seconda, ma credo che se i produttori e gli imbottigliatori ritrovino trasparenza, unità, solidarietà e correttezza, potremo ritrovare presto un prestigio offuscato da perdite di identità e appunto correttezza. Pare che le cose si stiano muovendo. Proprio pochi minuti fa una circolare ai Soci del Direttore del Consorzio CC minaccia chi non fosse congruo nelle dichiarazioni di giacenza di essere sottoposto a severi controlli da Valoritalia. Inoltre pare che siano state sequestrate una quindicina di cisterne in questi giorni...

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Paolo Cianferoni

circa 11 anni fa - Link

Errata corrige: No dichiarazione di giacenza ma Dichiarazione di Produzione 2012.

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angela f.

circa 11 anni fa - Link

Quando parlo con la gente che pronuncia solo la parola CHIANTI riferendosi aCHIANTI CLASSICO, scherzando seriamente lo faccio notare terminando con CLASSICO!...la risposta o la reazione è sempre piuttosto del tipo "si vabbè più o meno!". Ci vorrà tempo, ma se ci rendiamo il giusto valore... arriverà. Vorrei invitare tutti i produttori che producono sfuso e che lo vendono alle altre cantine, a cercare per questa vendemmia di vendere ad un prezzo ben più alto delle ultime vendemmie. Se non ce la facciamo quest'anno mi viene da pensare che non ce la faremo più. Il mio sogno è che chi vende vino sfuso non stia piegato alle leve di prezzo dei grandi o degli imbottigliatori, ma che prenda coscienza del valore del proprio vino, che non è solo il suo, ma quello del nostro territorio e che lo venda a un prezzo più alto non solo per se stesso, ma anche per gli altri. Troppo romantica?

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AG

circa 11 anni fa - Link

Pensa te, Angela, io quando mi riferisco al Chianti intendo solo Castellina, Gaiole e Radda..... Sono buono, anche la parte nord ovest di Castelnuovo....

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Cristiano Castagno

circa 11 anni fa - Link

Caro Ag, esprimere simili pensieri, sì che contribuisce alla causa del Chianti Classico ! Cosa dovrebbero fare coloro che si trovano a gestire proprietà nelle altre zone secondo lei ?

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AG

circa 11 anni fa - Link

Diversi contributori di questo post (mi scuso di non averli salutati finora) mi conoscono e sanno quanto ami questa zona. Se lei si riferisce chessò a Lamole, ecco, per me, non è CC, è semplicemente Lamole, bellissima, unica ma non CC. Panzano? E' lì accanto ma è a sua maniera alterettanto diversa. Greve?....

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angela f.

circa 11 anni fa - Link

Andrea! Quando si parla con te si sa che conosci questa zona come le tue tasche!!! Forse anche singoli filari! Sono fiduciosa che in futuro ci sarà meno confusione anche grazie a gente come te che conosce e che trasmette... Riusciremo ad arrivare a chi ancora fa confusione, per superficialità, per distrazione o per fatica o per male comunicazione da parte nostra.. a ridare il giusto valore alle cose. Altrimenti le crisi a che servono???

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ag

circa 11 anni fa - Link

Angela perdonami ma i casi sono due: o sbagli persona o sopravvaluti la mia conoscenza del CC.....

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angela f.

circa 11 anni fa - Link

A proposito, stamattina per caso mi è capitato di parlare con un mediatore e per curiosità gli ho chiesto se conoscesse i prezzi dello sfuso CC 2012. E' stato secondo me ancora molto basso e la mia faccia dava segni di delusione. Quando gli ho detto che spero che quest'anno i produttori non calino sotto €240/hl mi ha riso in faccia per 10 minuti. Io penso che a un mediatore interessi solo l'affare e vendere grandi quantità... gli interessa zero alzare il valore del CC. Mi chiedo... ma da che parte stanno?

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gp

circa 11 anni fa - Link

Mi permetto di riportare qui quello che ho scritto da un'altra parte 3 mesi fa. Se ci si sta cominciando a porre seriamente il problema, sono davvero contento, perché temporeggiare non serve a nulla. Per risolvere alla radice il problema della confusione tra Chianti e Classico, a mio avviso bisognerebbe porre con forza la restrizione del territorio che può rivendicare la dicitura Chianti, che fino a prova contraria è un toponimo e non un nome di fantasia. Tutto quello che ricade addirittura fuori dalle due province a cavallo delle quali si colloca il Chianti vero e proprio (cioè Firenze e Siena) andrebbe pari pari rinominato "Rosso di" combinato con il nome della sottozona: per esempio, Colli Aretini Rosso (oppure Sangiovese, alzando il minimo all'85%) e Colline Pisane Rosso (idem). Su quello che ricade nelle province di Firenze e Siena andrebbe fatto un lavoro più di fino, ma alla fine ci si dovrebbe in linea di massima restringere alle aree limitrofe all'attuale Chianti Classico (Colli Senesi e Colli Fiorentini). La Rufina finalmente riceverebbe l'impulso decisivo per rivendicare l'antica denominazione omonima, senza indebite confusioni col Chianti. Parlo da esterno, ma questo processo andrebbe forzato, fino a ricorrere se necessario a Bruxelles per dirimere la controversia, come è successo nel caso Tokaj vs Tocai Friulano. Tanto prima o poi questa cosa andrà fatta: la confusione tra il cosidetto Chianti e il Chianti Classico è figlia della prima metà del secolo scorso, un'epoca in cui era già grasso che cola impedire che il Chianti fosse prodotto direttamente in Puglia o in Veneto e limitarlo alla sola Toscana. Inoltre, se è vero che in prospettiva la sopravvivenza commerciale di entrambe le zone non è garantita come appare in questa fase di crisi (non sono in grado di valutarlo), è bene pensare a salvare i gioielli di famiglia prima che sia troppo tardi. Aggiungo infine che vedo che qualcuno si preoccupa di restringere l'area dell'attuale Docg Chianti Classico escludendo il comune di Greve (con le note grazioni di Lamole e Panzano) e gli altri comuni inclusi solo in parte nella Docg. Questo davvero mi sembra l'ultimo dei problemi, e un modo poco intelligente per paralizzare qualsiasi iniziativa creando un conflitto di tutti contro tutti.

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gp

circa 11 anni fa - Link

Dove sarà mai tutta questa qualità diffusa mi sfugge, tantopiù se parliamo di Chianti generico, senza indicazione di una delle sette sottozone previste dal disciplinare. Ma anche se la qualità ci fosse, dovrebbe semplicemente rientrare in un'altra denominazione, come ho argomentato sotto, invece di avvalersi di un toponimo ben definito come "Chianti", che spesso non ha neanche una vaga relazione di prossimità con l'effettiva zona di produzione. Ora come ora, questa situazione crea un danno sia ai produttori che hanno giustificato diritto ad avvalersi del toponimo (quelli del Chianti Classico e tuttalpiù di parte delle sottozone del Chianti immediatamente limitrofe), sia ai consumatori che vengono obiettivamente ingannati e indotti in confusione. Se si sollevasse la questione a livello nazionale e se necessario europeo, credo che non potrebbe essere accolta. Sarebbe solo questione di tempo, e quindi prima si comincia, meglio è.

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gp

circa 11 anni fa - Link

(questo post di 11 righe è un commento a un post di Gori, l'ho inserito anche sopra al posto giusto. Se l'inserimento funziona, questo doppione può essere eliminato)

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Cristiano Castagno

circa 11 anni fa - Link

Per eliminare il Chianti generico ossia per restituire il Chianti ai chiantigiani, intendendo per acquisito il concetto che coloro che "abitano" il Chianti Classico sono chiantigiani, concetto peraltro meno scontato di quanto si potrebbe pensare..., ci vorrebbe un'appiglio legale. E questo ci sarebbe pure, perché non è concesso utilizzare il nome di una denominazione topografica per una denominazione di origine protetta senza che questa perlomeno figuri come utilizzatrice della stessa. In altre parole visto che Chianti e Chianti Classico sono due denominazione separate da qualche anno e NON è possibile produrre il Chianti nel territorio del Chianti Classico (cioè in Chianti) la denominazione Chianti sarebbe da ritenersi abusiva... Ho paura però che sarebbe una strada "leggermente" in salita da percorrere visti gli interessi in gioco anche se sicuramente inappuntabile dal punto di vista concettuale, sarebbe un po' come cercare di restituire l'America agli indiani, pardon nativi americani, giustissimo ma francamente improponibile. O no ?

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gp

circa 11 anni fa - Link

Chiaro che sarebbe una strada in salita, ma perché far passare il messaggio che le strade percorribili sono solo quelle in piano o in discesa? Mentre condividono pienamente il primo paragrafo, il paragone finale (che oltretutto lo contraddice) mi sembra del tutto fuori luogo.

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Andrea Pagliantini

circa 11 anni fa - Link

Della Chianty Valley che va dall'Abetone all'Amiata e da Palazzo al Pero a Terricciola non dico niente. Chi abita nel toponimo è chiantigiano, altri sono valpesani, valdelsani, grevigiani e via dicendo. A San Gusmè, per i fatti accadono oltre il ponte di Lavarnino dicono (indicando con il dito) "là nel Chianti" perchè San Gusmè è Berardenga. Altra cosa il territorio di produzione vino Chianti Classico, ampliato all'epoca, dal potere di qualche federale di buona famiglia. Cosè il Chianti Classico? La denominazione di un vino commerciale il cui territorio di produzione parte da Ponte a Bozzone e finisce quasi alle Cascine al cui interno si trovano perle rare e autentici troiai. Passata la sbornia dei supertuscan (in cui si destinavano le uve migliori di ogni genere) e dei diritti di reimpianto presi da ogni dove, si è tornati a vendere quell'IGT a damigiane o con le scatole di cartone provviste di manico e cannella. Il Chianti Classico in generale è tornato ad essere il vino da fiaschi per il prezzo dello sfuso o delle uve pagano i grossisti. Spiegare cosa sia una bottiglia di Chianti Classico ad un probabile acquirente è cosa fa venire il latte ai ginocchi di chi ascolta. Invece di parlare del territorio in cui il vino nasce ci vuole mezz'ora a dire di che uva è composto, le percentuali, i legni......... se poi il vino è prodotto da uve biologiche, il sovescio di antanismi si riversa sull'assordito ipotetico cliente, raddoppia il tempo di frittura. A Montalcino non si chiede di quale uva dovrebbe essere il Brunello, Borgogna già sottintende il Pinò Nero.... il Chianti del barone è una miscela di uve per i vini di pronta beva, Sangiovese in purezza per la lunga gittata. Il Chianti, non da ora, è un vino privo di una chiara identità anagrafica che non è la diversità del Sangiovese prodotto in terreni e altezze diverse,ma di vini assemblati con le uve dei vitigni più svariati. Lo scorso giugno chi ha avuto la fortuna di partecipare (a Radda nel bicchiere) alla verticale fra vini della Borgogna e vini raddesi (usciti con le ossa rotte per aver schierato in massima parte la squadra giovanile) ha avuto l'opportunità di trovarsi davanti dei produttori leali, seri, orgogliosi del proprio lavoro, che hanno risposto alle domande dell'interessato pubblico presente con la semplicità schietta di chi sa di che cosa si sta parlando. La Borgogna, il loro orgoglio e serietà, la loro conscenza dei luoghi e dello stare fra le viti sono un esempio da seguire da chi produce Sangiovese. Basta mezzucci, meno burocrazia, identificazione totale con il luogo in cui si è (ma senza appropiarsene che è sempre la porta del mezzuccio più facile) Sangiovese, Canaiolo, Malvasia per il Vinsanto, meno antani, antanismi e più serietà. Diversità è una ricchezza. Chianti in etichetta (per chi lo è) sottozona Monti, Vertine, Radda, Castellina est, Castellina Ovest, Lecchi e via dicendo. In ogni caso Chianti è la terza parola italiana conosciuta al mondo dopo pizza e ciao, ovvio che ognuno ci vorrà stare attaccato, quindi tutto il polpettone che ho scritto qua sopra non serve a niente e si continuerà per la gran parte a fare il vino per i fiaschi della grande distribuzione, venderlo a damigiane, venderlo nelle scatole con il rubinetto se vino ha da essere monetizzato. Qualità e serietà, un si scappa.

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Daniele Tincati

circa 11 anni fa - Link

Attenzione che tutto il mondo è paese. Anche in Borgogna la storia dei doppi nomi dei paesi sa tanto di appropriazione. Per fare un esempio, per chi non ne fosse a conoscienza, all' insignificante denominazione di Gevrey ha giovato non poco che il comune abbia aggiunto la dicitura Chambertin perfino sui catrelli stradali. E ce ne sono tanti altri. Detto questo, la Borgogna resterebbe comunque un'esempio da seguire per la classificazione dei climat, dei cru, ecc. ecc. Saluti.

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Roberto Stucchi

circa 11 anni fa - Link

Parole giuste, e ben documentate. grazie Andrea.

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AG

circa 11 anni fa - Link

Un grande come sempre.

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Filippo Cintolesi

circa 11 anni fa - Link

Mi permetto di intervenire su questo argomento del quale mi sta molto a cuore una parte, quella territoriale, mentre lascerei a voi esperti e professionisti del vino la parte riguardante la denominazione vinicola. Su quest'ultimo punto, che appunto vi lascio, mi limito a osservare che se pur forse in un remoto ieri era esistito un senso per l'espressione "vino Chianti", intendendo un TIPO di vino piu' o meno preciso, ormai (da almeno una quindicina d'anni) ogni senso residuo per tale espressione e' venuto meno: mai stato un vitigno, ormai non piu' un uvaggio (sotto lo stesso nome si trova dal sangiovese in purezza alla vecchia formula ai nuovi uvaggi con percentuali sostanziose di vitigni che ormai nessuno osa chiamare piu' "migliorativi"), chissa' da quando non piu' neppure una parvenza di stile (chi fa piu' il governo?), il nome "chianti" affibbiato a una bottiglia di vino assomiglia sempre piu' a quel coltello cui si era cambiato prima la lama, poi il manico, poi ancora la lama, poi ancora il manico....e tuttavia "rimaneva" sempre lo stesso coltello. Cercatela voi la "chiantitude" e tanti auguri. Territorio dunque, visto che quel famoso coltello era innanzitutto e prima di tutto proprio questo (il vino DEL Chianti). E territorio sia, allora. E quando si dice territorio si dice innanzitutto storia piu' che geografia. Giusto: Chianti e' stato a lungo prima che un coronimo (toponimo di regione) un oronimo, ossia un toponimo di rilievi montuosi. A questo proposito giova ricordare che i Monti del Chianti erano i monti fra Monte Luco e il San Michele. Estremi esclusi. Era cioe' quella tasca rincagnata fra il passo di Cancelli e il Monte Muro. Ma fu prima ancora (ormai e' confermato dagli archeologi, mi risulta) un idronimo, ossia un toponimo di corso d'acqua. Il Clante. Ossia il Massellone. E venendo da Siena lo si percepisce immediatamente che la musica cambia appena si passa il ponte delle Granchiaie. Il paesaggio si infossa, si rincagna, si chiude. Lo scoglio affiora sempre piu' dalla terra. La terra s'incattivisce, si capisce bene che si sta entrando proprio nel Chianti, quello vero. Si parla qui di un Chianti arcaico, di un Ur-Chianti, di un Chianti con la K. Ma questa e' ancora geografia. Parliamo di storia, allora. E la storia e' che il Chianti e' cerniera di confine. Terra di attriti, da sempre. Rimanendo a tempi relativamente recenti (diciamo successivi al crollo dell'impero romano) attrito fra diocesi diverse (quindi, sembrerebbe di imparare, risalente a una cerniera fra lucumonie etrusche diverse), quella aretina e quella fiesolana. Ed eccoci alla vera dicotomia chiantigiana: un chianti aretino e un chianti fiesolano (ma in questo senso!). Da Vertine (Fiesole) e' possibile lanciare un bel fischio ed essere uditi in quel di Barbistio (Arezzo). Lo stesso e' possibile fare da San Polo (l'unico San Polo che il Chianti conosca, che pero' guarda un po' si chiama "in Rosso") fiesolano e farsi udire a Lecchi aretina. Poi in tempi decisamente piu' bassomedievali frizione e confine fra Firenze e Siena. Ed eccoci all'altra dicotomia, contraddittoria, esistente nel Chianti: un Chianti senese e fiorentino. Non un Chianti senese e uno fiorentino, si badi. Ma un unico Chianti insieme senese (perche' sostanzialmente, idrograficamente senese; e anche perche' per la prossimita' a Siena i fiorentini se lo sono dovuti conquistare col ferro e col fuoco) e fiorentino (perche' storicamente fu appunto conquistato da Firenze e inserito nell'ordinamento in leghe del contado fiorentino, nel quale ordinamento a lungo rimase. E basti sentire l'accento dei chiantigiani per capire che in queste terre il cuore e' viola) e poi senese ancora (perche' dopo la riforma leopoldina che aboli' le leghe fu annesso al compartimento senese, e tutt'oggi e' interamente, ripeto INTERAMENTE in provincia di Siena) e poi forse nel vicino futuro ridinuovo fiorentino (perche' la provincia di Siena non la vedo messa molto durevole in termini amministrativi, e perche' c'e' aria di accorpamenti di comuni, e perche' figurati se in quel di Firenze si potra' mai tollerare che si crei un'entita' chiamata "Chianti" a sud del confine provinciale, ossia che tenga fuori i comuni che da decenni si sono clonati un Chianti a misura di vinattiere a nord del San Michele.....). Ecco: il Chianti questo e' sempre stato, una terra di confine e di frizioni. E tutto questo carattere proverbiale di cerniera, di confine, dove andrebbe a finire, come lo si potrebbe anche soltanto percepire (e far percepire ai perplessi turisti che volessero chiedere spiegazione alle ancor piu' perplesse guide turistiche) se si volesse ammettere un territorio con questo nome ma straportato verso Cerbaia e Impruneta come i disciplinari di produzione di prodotti dell'enogastronomia vorrebbero? Grazie dello spazio concesso e scusate se mi sono permesso di dirottare la vostra discussione forse un po' fuori dall'ambito a voi piu' caro.

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Cristiano Castagno

circa 11 anni fa - Link

Ciao Filippo. Un resoconto storico davvero avvincente. Chapeau !

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Rizzo Fabiari

circa 11 anni fa - Link

Originale nel taglio critico e ammirevole nell'espressione. Un commento che ha dignità di trattato.

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gp

circa 11 anni fa - Link

Mi associo ai complimenti a Cintolesi. L'unica cosa che mi sfugge è quel "interamente, ripeto INTERAMENTE in provincia di Siena". Per esempio, Greve in Chianti (provincia di Firenze, almeno a oggi) sarebbe fuori?

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Roberto Stucchi

circa 11 anni fa - Link

Greve ha aggiunto "in chianti" solo negli anni 70. Storicamente in chianti non lo era per davvero. L'allargamento dei confini all'attuale Chianti Classico negli anni 30 ha incluso Greve, San Casciano, Castelnuovo Berardenga, tutte zone che col chianti storico non c'entravano.

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Cristiano Castagno

circa 11 anni fa - Link

Roberto, mi sembrerebbe un po' ingeneroso ridurre la questione così :-) Basterebbe ricordare il celeberrimo Bando di Cosimo III, Granduca di Toscana del 1716 e osservare quanto riportato a proposito ; ..." sui confini dell'accennate quattro REGIONI cioè, Chianti, Pomino, Carmignano ecc....." Per il Chianti....Dallo Spedaluzzo fino a Greve, di lì a Panzano, con tutta la Podesteria di Radda ecc... , per capire che la questione è molto più sfumata di quanto in realtà qui potrebbe apparire. Se poi oggi Chianti ha finito per essere una regione corrispondente all'attuale Chianti Classico con in più anche certi (non tutti) territori dove oggi viene prodotto il Chianti diciamo generico (per intendersi), non possiamo che prenderne atto. D'altra parte se la parola Chianti, come dice Andrea Pagliantini, è una delle parole italiane più conosciute al mondo bisogna riconoscere alla semantica il suo giusto peso: Montespertoli è Chianti, come lo è L'Impruneta al pari di Greve e cercare di affermare il contrario è perfettamente inutile., che poi "Chianti" sia in realtà, un territorio storico molto più ristretto è dettaglio che può interessare solo una ristretta cerchia di persone. E' un dettaglio, tutto sommato, fine a se stesso. O quasi.

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Filippo Cintolesi

circa 11 anni fa - Link

Non sono d'accordo, Cristiano. Il famigerato bando dell'ancor piu' famigerato Cosimo III innanzitutto si occupava solamente di definire zone di produzione vinicola, anche se nell'intestazione reca "Bando sopra la dichiarazione de' confini delle quattro regioni Chianti, Pomino, Carmignano e Val d'Arno di Sopra". Impossibile non notare infatti che si tratta di "regioni" a forte vocazione vinicola. Inoltre si citano proprio nel preambolo "gl'Illustrissimi SIgnori deputati della Nuova Congregazione sopra il Commercio del vino", e si rammenta il Motu Proprio dello stesso anno avente come argomento esattamente norme sul settore vinicolo. Ma c'e' di piu'. Merita infatti leggere nel dettaglio proprio la' dove nel tuo commento riporti "eccetera", perche' non puo' non saltare all'occhio il segno evidente di una notevole disonesta' intellettuale, segno che gia' allora le ragioni di bottega facevano aggio sulla verita': "Per il Chianti e' restato determinato sia: Dallo Spedaluzzo fino a Greve; di li' a Panzano, con tutta la Potesteria di Radda, che contiene tre Terzi, cioe' Radda, Gajole e Castellina, arrivando fino al Confine dello Stato di Siena, &c." Notevole giro di parole: si cita "tutta la Potesteria di Radda che contiene tre terzi", ma senza nominarla. Che altro sarebbe stata la "potesteria di Radda" suddivisa in tre terzieri? Null'altro che la storica (allora ancora esistente!) Lega di Chianti. Certo sarebbe stato oltremodo imbarazzante dover affermare che "Per il Chianti e' restato determinato sia "..coincidente con.. "la lega del Chianti" piu' qualche altra cosina...! A me, Cristiano, sembra che tutto questo non sia per nulla un dettaglio. E soprattutto non e' "fine a se stesso". Se tutto cio' non fosse finalizzato ad appropriarsi di un nome che vende bene in tutto il mondo, io credo che di discussioni ce ne sarebbero state pochissime. Cosi' come credo che affermare il contrario di cio' che viene millantato, ossia continuare a riaffermare la verita' storica (storia anche recentissima in cui l'unico argomento ad opporsi a secoli di storia civile e sociale, e' il banale interesse di bottega) contro le menzogne, sia al contrario utilissimo. Doveroso, direi.

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Cristiano Castagno

circa 11 anni fa - Link

Come osi tu uomo del XXI secolo ipotizzare l'abrogazione di ciò che un sovrano assoluto ha stabilito :-) ....e mai contraddetto in epoca successiva da legge contraria. Scherzi a parte, in data successiva al 1716, si sarà costretti a coniare il termine di Chianti storico, o meglio Chianti alto e basso, per distinguere le due zone, soprattutto nei testi di economia agraria ma il Chianti, come territorio è l'insieme dei due. E' chiaro che per certi versi il Chianti sarebbe solo quello coincidente con i terzieri storici tuttavia, se me lo concedi, a rigor di legge, anche no ! Qual'è il fine però di una simile discussione ? Cosa veramente vorreste ricavarne, seppur moralmente. Vorreste farmi credere,(si fa per parlare, eh! ) che solo il Chianti Storico ha pienamente diritto a potersi definire Chianti ? E gli altri sarebbero tutti una banda di millantatori ?

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Paolo Cianferoni

circa 11 anni fa - Link

Ringrazio tutti per questi interventi che davvero elevano un semplice post. Come un blog puó essere una vera fonte culturale....

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Stefania Pianigiani

circa 11 anni fa - Link

Bravo Paolo, hai centrato in pieno l'argomento, per il quale da anni, noi chiantigiani storici ci battiamo. Del resto si può parlare benissimo di un territorio e di un vino che non è ufficialmente "Chianti"...senza mai citarne la parola http://www.lafinestradistefania.it/2012/12/anteprima-gustarufina-un-vino-e-un-territorio-tutto-da-scoprire/

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filippocintolesi

circa 11 anni fa - Link

Direi che ti sei risposto da solo, Cristiano. Basti ricordare che Perche' Greve si vedesse concedere la possibilita' di apporre "in Chianti" (dopo i penosi conati "al Chianti" ecc) al proprio nome, e' dovuto passare quasi un secolo di battaglie legali. Se veramente quel che sta a nord del poggio delle Stinche fosse Chianti, ci sarebbe da spiegare la fiera opposizione che tutti i chiantigiani hanno mostrato, anche in sedi legali, per scongiurare questi allargamenti. Ci volle veramente la compagine dei primi Settanta per poter forzare il blocco: trasferimento della competenza in materia alle Regioni, delicato momento storico in cui i comuni dovevano vedersi approvato non so quale piano in sede regionale. Ed ecco che Gaiole e compagnia ricevettero la classica proposta che non poterono rifiutare. Fate pure quello che vi pare, non saremo noi untorelli a spiantar Milano. Ma io e come me gli altri untorelli, non ci zitteremo mai. Mai.

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Cristiano Castagno

circa 11 anni fa - Link

In realtà fu solo dal 1911 che il predicato ""in Chianti", che tradizionalmente era riservato a Castellina, fu esteso a Radda e Gaiole. Si deve evincere che la concessione del predicato non è connesso con il fatto di trovarsi o meno in Chianti, ma per ragioni essenzialmente burocratiche legislative. Come è noto, il nome regionale Chianti originariamente (nei secoli XI-XII) almeno contrassegnava solo solo le alti valli dei fiumi Pesa e Arbia (e la vallecola del torrente Massellone, affluente di quest'ultimo corso d'acqua).Solo tra il Duecento ed il Trecento, il toponimo si estese ai tre "terzi" di Radda , Gaiole e Castellina riuniti dal Comune di Firenze che aveva fatta sua l'area nella seconda metà del XIII secolo nella Lega del Chianti. (Leonardo Rombai da "Il Chianti tra Geografia e Storia") Quindi affermare che il Chianti sono i terzieri della Lega è già un voler interpretare la situazione arbitrariamente alle proprie convenienze. Della serie "a fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro... che ti epura !" Occhio ;-) Ciao.

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Cristiano Castagno

circa 11 anni fa - Link

In realtà fu solo dal 1911 che il predicato ""in Chianti", che tradizionalmente era riservato a Castellina, fu esteso a Radda e Gaiole. Si deve evincere che la concessione del predicato non è connesso con il fatto di trovarsi o meno in Chianti, ma per ragioni essenzialmente burocratiche legislative. Come è noto,il nome regionale Chianti originariamente (nei secoli XI-XII) almeno contrassegnava solo solo le alti valli dei fiumi Pesa e Arbia (e la vallecola del torrente Massellone, affluente di quest'ultimo corso d'acqua).Solo tra il Duecento ed il Trecento, il toponimo si estese ai tre "terzi" di Radda , Gaiole e Castellina riuniti dal Comune di Firenze che aveva fatta sua l'area nella seconda metà del XIII secolo nella Lega del Chianti. (Leonardo Rombai da "Il Chianti tra Geografia e Storia") Quindi affermare che il Chianti sono solo i terzieri della Lega è già un voler interpretare la situazione arbitrariamente alle proprie convenienze, della serie "a fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro... che ti epura !" ;-) Ciao

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filippocintolesi

circa 11 anni fa - Link

A me starebbe benissimo in questo caso il piu' puro che epura, caro Cristiano, visto che me ne sto a duecento metri da Vertine, bene incastonato in quello che e' l'Ur-Chianti: la vallecola, appunto, che e' il luogo dove scorreva il Klante-Massellone. Hic manebimus optime. Premesso questo, il punto sta proprio in quella storia che hai ricordato: mettiamo sullo stesso piano l'estensione Due-trecentesca del nome Chianti a includere i popoli successivamente divisi nei terzieri di Radda, Castellina e Gaiole, inclusione sociale, politica, economica, con tanto di statuto rimasto in vigore per secoli, da un lato; e l'estensione fatta a colpi di mere carte bollate, richiesta a mo' di capriccetto da quelli di Greve all'inizio del ventesimo secolo sull'onda delle apposizioni "in Chianti" che in quel periodo venivano formalizzate, dall'altro? Vogliamo relativizzare tutto al punto da affermare questo? Che cinque secoli abbondanti di storia sociale e politica comune, nel periodo che va dalla fine del tredicesimo secolo alla fine del diciottesimo, sono commisurabili... a cosa? A pochi decenni all'insegna di una pretesa unilaterale rifiutata e combattuta dai legittimi (fino a quel momento) titolari del nome? A un contenzioso legale per dire "vengo anch'io", "no, tu no"? E voler distinguere queste due cose sarebbe una "interpretazione arbitraria"? Abbiamo a tal punto smarrito il senso comune da dover dibattere attorno a una cosa assolutamente banale, al punto che il Consiglio di Stato nel 1963 nel rigettare la pretesa grevigiana scrisse fra le motivazioni che nessuno, singolo o collettivita' puo essere privato del nome che gli appartiene o costretto a tollerare che altri se ne appropri. Il bello poi e' che sembra di capire ch lee convenienze che muoverebbero l'interpretazione "arbitraria" sarebbero mie? Quali convenienze? Vogliamo scommettere che se del vino del Chianti non fregasse nulla a nessuno, Greve continuerebbe a chiamarsi Greve punto e basta? Oltretutto nessuno ha mai sostenuto o voluto sostenere che nel Chianti si produce il vino migliore. Puo' benissimo essere che il vino della Rufina o di Panzano o di chissa' dove sia migliore di quello fatto da quei villani dei chiantigiani. Rilassatevi. Si sostiene solo che non puo' decentemente chiamarsi Chianti un vino che non e' prodotto nel Chianti, buono o cattivo che sia, sangiovese o merlot in purezza, non e' quello il punto. Se io producessi vino (o anche acqua minerale, se per questo) anche soltanto un chilometro fuori dal Chianti, ne farei un punto di amor proprio personale di non chiamarlo con un nome non mio. A costo di inventarmi la mia zona vinicola personale.

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Cristiano Castagno

circa 11 anni fa - Link

Caro Filippo, ho letto con attenzione quanto hai scritto, sei battagliero e sanguigno, le tue argomentazioni apparentemente logiche e lineari, compreso quando ammetti che anche la soluzione dei terzieri chiantigiani possa anche essere superabile, in nome di una soluzione ancora più pura, tuttavia qualche sospetto di ordine di onestà intellettuale poi sorge, quando si scopre che vivi praticamente sulle rive del Massellone ! Se vivevi a diciamo Castellina, avresti mantenuto la stessa posizione ? Impossibile a dirsi. Sorvoliamo. Affermare però che tutti coloro che vivono fuori dal Chianti storico (o addirittura dalla vallecola del Massellone) dovrebbero astenersi da riferimento della parola Chianti è una proposta semplicemente ridicola e risibile anche perchè significherebbe ignorare, questo sì, quanto è accaduto nei secoli nostro malgrado. Il Chianti, inteso nel senso più ampio possibile, cioè corrispondente alla zona di produzione del Chianti Classico+Chianti ossia Toscana Centrale e oltre, è qualcosa che esiste fin dal 1930 con la promulgazione della legge1164 sui vini tipici: un periodo per noi comuni mortali lontano, ben consolidata nella memoria, abbiamo in altre parole ereditato questo Chianti pasticciato e non ne abbiamo certo responsabilità. Il Chianti è come una matrioska, anche i gusci più esterni esistono ormai da ottant'anni, e man man che ci addentriamo troviamo strati sempre più antichi. Se arriviamo alla "bambolina" più interna si rischia di trovare qualcosa di obbiettivamente troppo insostenibilmente limitato rispetto alla realtà odierna anche se indubbiamente autentica. E' chiaro poi che, a seconda di dove viviamo, e a quello che ci viene chiesto da amministrare, tenderemo per la nostra stessa natura umana, a considerare coloro situati a noi esternamente territorialmente, come rappresentanti di posizioni meno legittime della nostra, addirittura in buona fede. E' stato proprio il Chianti inteso come vino che ha creato questo equivoco difficilmente sanabile proprio per le interazioni di due elementi scatenanti: il fatto appunto di essere un "vino d'origine" e l'interpretazione mutevole della parola "Chianti". Il meccanismo che ne scaturisce è ascrivibile a nozioni di logica induttiva e deduttiva del tipo: il Chianti è un vino, il territorio dove viene prodotto deve essere quindi Chianti anche perchè è un vino d'origine e così via, salvo poi dover smentire tutto a voler approfondire le conoscenze, soprattutto storiche, ma solo relativamente, perchè è la Realpolitik a determinare qual'è la risultante finale. Forse però quello che maggiormente sfugge ai più è che la situazione Chianti in realtà si regge su equilibrismi delicatissimi in cui l'eventuale delegittimazione definitiva anche fosse solo della periferia più esterna potrebbe portare ad un "big bang"implosivo, cosa assai improbabile. Anche se la cosa, sono certo, ti farebbe piacere. Saluti e Auguri

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Lorenzo

circa 8 anni fa - Link

E un bel marchio "CHIANTI STORICO" per identificare chi sta nel Chianti Storico e chi è fuori. Perchè no ?!

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Lorenzo Aitiani

circa 7 anni fa - Link

Da sempre sono noti i molteplici soprusi culturali e l’indebito sfruttamento commerciale del toponimo Chianti, al di fuori della propria area di origine geografica e storica. Al fine di attuare una energica azione a garanzia, per restituire chiarezza ed autenticità alla nostra terra, è stato ideato il progetto per la creazione della marca territoriale. L’artista senese Alessandro Grazi ha disegnato per noi il logo caratterizzante ed abbiamo cosi iniziato il lungo processo per la registrazione del marchio in Italia e in tutta Europa. Il 23 Giugno 2016 ci viene rilasciato da parte dell’ufficio EUIPO il Certificato di Registrazione N° 015195571 inerente la marca “Chianti Storico” trascritto nel Registro dei Marchi dell’Unione Europea valido per tutti i 28 paesi aderenti. Un’azione che risulta importante anche e soprattutto alla luce del nuovo assetto istituzionale previsto per i nostri Comuni. Avere una marca che mantenga viva ed intatta la nostra identità a prescindere dai formali confini è assolutamente necessario per continuare a distinguerci nella competizione tra territori. Il 12 Ottobre 2016 nasce l’Associazione “Fondazione Chianti Storico” alla quale viene conferita la marca “Chianti Storico” per poterne dare visibilità e farne una proposta che non sia solo pubblicitaria ma un efficace strumento per veicolare i valori e le eccellenze del nostro territorio, che potrà raggiungere il proprio obbiettivo tanto più saranno gli Enti e le Aziende che lo utilizzeranno. L’Associazione, conformemente alle leggi vigenti e senza alcun scopo di lucro, si pone diverse finalità, a cominciare dalla divulgazione e promozione nell’opinione pubblica italiana e straniera, del valore della nostra area storico geografica di riferimento comprendente i tre comuni di Gaiole, Radda e Castellina in Chianti. Per rispettare gli obbiettivi preposti è stato redatto un Piano Programmatico Progettuale il quale si impone come il Manifesto dell’Associazione in cui sono espresse le nostre analisi, proposte ed iniziative. Il documento è a disposizione di tutti gli Enti, Associazioni, Aziende e Cittadini. Vogliamo coinvolgere tutti, animati da nuove energie, nell’organizzare eventi insieme alle pro-loco locali, alcuni dei quali già indicati nel suddetto Piano Programmatico. Il territorio del Chianti Storico, con la bellezza del paesaggio, l’ambiente ancora naturale, la bio-diversità, cosi come la qualità e l’unicità dei suoi prodotti (eccezionali risorse che devono essere tutelate e garantite) rappresenta nel mondo intero il cuore della Toscana. Fondamentale l’armonia tra la natura, l’uomo e la sua storia, una corretta gestione di un sistema millenario che oggi è tra le mete più ricercate da un turismo d’elite in continua crescita. A tale scopo, nell’ambito di un progetto di ri-qualificazione territoriale degli itinerari e dei percorsi naturali, abbiamo ideato dei cammini tematici di grande fascino ed interesse per i potenziali fruitori turistici. Nell’ottica di un turismo rurale, inteso come ri-scoperta dell’ambiente paesaggistico storicamente insediato, il territorio del Chianti Storico si presta ad essere vissuto attraverso quattro tipologie di percorsi, legati ad altrettanto temi : Terra, Storia, Spirito ed Acqua. Quattro elementi, quattro peculiarità, quattro presenze costanti che lo rendono unico ed inconfondibile. In questa strategia emergerà l’evento “La Storica”, un cammino che porterà i molti partecipanti ad attraversare i nostri tre comuni in simbiosi con il paesaggio, vissuto sia con i piedi che con il cuore. Sono già stati creati qualificati strumenti di promozione e comunicazione, presto realizzeremo il web-site dove gli elementi focali saranno i percorsi interconnessi con la rete degli itinerari escursionistici affiancati alla presentazione delle aziende locali che operano nei settori della ricettività turistica, dei servizi e delle produzioni agro-alimentari ed artigianali tipiche di qualità. In questa direzione va il brand “Made in Chianti Storico” ideato proprio per riassumere e comunicare garanzia ed autenticità. Indirizzato a tutte le aziende, che vogliano cooperare e condividere attraverso la promozione della marca territoriale, perché essa si confermi la migliore risposta alle nuove dinamiche di mercato, dove la vera competizione non avviene più fra singoli operatori, ma fra diversi sistemi di territorio. Tutte le attività produttive, mediante una licenza d’uso con la nostra Associazione, potranno avvalersi del nuovo brand sul loro materiale di comunicazione aziendale (carta, lettere, buste, etichette ed altro) oltre che sugli stessi propri prodotti. Sentiamo fortemente il bisogno di difendere e preservare il nostro patrimonio. Ogni singola pietra, conserva una cultura fatta di tradizioni centenarie, alimentate dal contribuito di generazioni che affondano le radici in una storia antichissima. Al fine di ampliare il consenso, vogliamo intavolare un dialogo con le amministrazioni degli enti locali - i nostri comuni. Durante questo primo anno, vorremmo dar forza a quanto ci siamo attivati nel poter unire le energie produttive e crediamo possa esserci un coinvolgimento sempre maggiore. Le regole che presiedono l’Associazione sono contenute nello Statuto, nell’Atto Costitutivo e nei suoi Regolamenti, ovviamente a disposizione di tutti coloro che vogliano prenderne visione. Insieme a questa lettera, troverete il modulo di adesione per le aziende o per i privati cittadini. Contiamo nella volontà e speranza di raccogliere molti sostenitori. Siamo convinti che valga la pena crederci, basta poco, ci auspichiamo il contributo di tutti coloro che hanno a cuore il nostro Chianti. Il Comitato Fondatore.

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