Accademia dei Georgofili: “Il vino veramente biologico passa per la genetica”. Segue scazzottata

di Alessandro Morichetti

Che poi a un titolo così i più attenti risponderebbero chiedendo: “Perché, esiste un vino falsamente biologico?” con, a seguire, 18 ore di sofismi lessicali vari e di nessun interesse rispetto all’assunto scritto a chiare lettere su Georgofili Info, Notiziario di informazione su agricoltura, ambiente, alimentazione a cura dell’Accademia dei Georgofili.

Che in quel contesto non se lo sarebbe cagato nessuno lo aggiungo io e riporto qui gli stralci importanti. Anzi riporto tutto perché una sintesi a muzzo del tipo “Le viti transgeniche saranno il vero bio” farebbe storcere parecchi nasi, gonfiare fegati e incupire animi puri.

Recita il comunicato stampa – eh sì, il blogging 4.0 prevede che si arrivi anche a copincollare c.s. – dell’IGA (Istituto Genomica Applicata).

Nel corso della terza puntata del nuovo ciclo di Superquark, popolare magazine televisivo di scienza, natura e tecnologia, ideato e condotto da Piero Angela, andata in onda giovedì 17/07/2014,  uno dei servizi presentati è stato girato nei campi sperimentali dell’Azienda Agraria Universitaria “A. Servadei” dell’Università di Udine e presso il laboratori dell’Istituto di Genomica Applicata dove, più di 10 anni fa, gli scienziati e gli agronomi hanno iniziato a sviluppare un nuovo studio sul DNA della vite, per creare oggi 10 varietà naturalmente resistenti ai funghi e alle malattie e che possono produrre vini che proteggono meglio la salute e l’ambiente.  L’Istituto partecipa al progetto con l’identificazione dei geni che controllano la resistenza a peronospora in vite e con la selezione assistita da marcatori delle nuove varietà, mentre i ricercatori dell’Ateneo Udinese programmano ed eseguono gli incroci, fanno la selezione per la qualità dei vini e si occupano della produzione delle nuove piante presso l’Azienda Agraria dell’Università di Udine, la quale ospita attualmente circa 8.000 incroci di vite in vari stadi di selezione.

“Grazie alla genetica molecolare, il processo di selezione sul quale si è sempre basata l’agricoltura viene accelerato in laboratorio – spiega invece il prof. Michele Morgante, docente universitario, Socio dell’Accademia Nazionale dei Lincei dal 2007, cofondatore e direttore scientifico dell’IGA – Nel DNA la vite non solo conserva la resistenza o meno ai funghi, ma anche le basi genetiche della qualità del vino, che è controllata da altri geni. Conoscendole meglio, si potrebbero scoprire subito, fra centinaia di incroci, quali sono destinati a produrre un gran vino”.

Mi fucilino gli uomini di scienza per eccesso di sintesi ma vediamo se ho capito bene: i geni responsabili del gusto vengono salvati mentre si lavora sui geni reponsabili delle malattie. Quindi viti che danno buona frutta, preservano il terroir e non si ammalano?

E quanti secondi passeranno prima che qualcuno parli di viti Frankenstein? E poi se l’ambiente è salvo e le viti non si ammalano e i vignaioli non si devono più vestire come palombari, che cavolo ce ne facciamo di 3.475 fiere del vino naturale?

E’ ufficiale: sono confuso.

[Foto: Il Sole 24 Ore]

 

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Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

15 Commenti

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Suslov

circa 10 anni fa - Link

Il ragionamento non fa una piega ....

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Enrico Pacciani

circa 10 anni fa - Link

Sei così confuso che non ricordi i tuoi post di 4 anni fa? ;) http://www.intravino.com/vino/penso-alle-viti-ogm-e-ho-tanti-perche/

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Alessandro Morichetti

circa 10 anni fa - Link

Grazie del link, giuro su mia madre che non me lo ricordavo MINIMAMENTE. Bellissimo riscoprirsi coerente nella confusione :-). In fondo poi solo 105 commenti con tasso di stupidità assai basso. Quando ripenso al tanto di cui si va discutendo in questi anni, scritto online e fruibile, sono felice.

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Patricija

circa 10 anni fa - Link

Gentilissimo Alesandro, sotto il link all'intero servizio andato in onda il 17/07/2014 su Superquark che ci è sembrato abbastanza chiaro.Giovanni Carrada, con il quale abbiamo lavorato per il servizio, è un biologo e si occupa di comunicazione della scienza e della tecnologia dal 1989. L'Accademia dei Georgofili, alla quale è stato spedito il nostro comunicato, ha purtroppo riproposto solo dei ritagli del comunicato (forse anche collegati male) che era lungo ben 2 pagine proprio perché si voleva evitare fraintendimenti e confusioni. In quella occasione sono usciti tanti commenti e tante notizie in rete. Ringrazio tutti quelli che hanno commentato la sua notizia. Qui il nostro sito con i contatti per chiarimenti o chiacchierate in merito: http://appliedgenomics.org/news/pressroom/article/2014/jul/14/il-dna-della-vite/ .Qui il servizio andato in onda: http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-9e28766a-46d1-462c-9769-54daf5277835.html#p=0

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Alessandra

circa 10 anni fa - Link

Confuso xche' questo articolo dei Georgofili così come la puntata di Quark, parla solo di tecniche (meno invasive di altre sul genoma e dell'agricoltura biologica sull'ambiente) e di obiettivi (fare vino di qualità in modo più sostenibile) e non di ideologie. Confuso xche questo non concorda con quanto i media e i soliti noti hanno finora detto di falso sugli OGM. Cosa fare delle fiere di vini naturali ? X quanto mi riguarda continuino pure, basta che la smettano di puntare il dito e fare la voce grossa dei "giusti" moralisti. C'è posto per tutti, soprattutto una volta che si è capito che anche per la scienza l'obiettivo e' lo stesso: produrre vini con tecniche più sostenibili per l'ambiente e la salute del consumatore. La scienza gli strumenti c'è li ha ma le è impedito di metterli a disposizione dei produttori che sarebbero interessati. I produttori di vini naturali e biologici lo devono ancora dimostrare.

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Federico

circa 10 anni fa - Link

A me sembra di capire che si vogliano individuare le caratteristiche che rendono un vitigno di qualità nel DNA. Da questa individuazione si potrà valutare più velocemente le caratteristiche degli incroci che vengono (da sempre) fatti sulle piante, senza dover aspettare i tempi di crescita delle viti, di maturazione dell'uva e della sperimantazione tramite microvinificazioni. Questa valutazione, unita a quella sulla resistenza alle malattie, porterebbe a una maggior efficacia nell'individuare gli incroci su cui vale la pena investire nei successivi passaggi di sperimentazione. Non mi sembra niente di male. Solo un processo più veloce su quello che da sempre l'uomo ha fatto, prima inconsapevolmente, da Mendel in poi un po' più consapevolmente. Alcuni vitigni resistenti sono già una realtà e ci sono produzioni di vini derivati da essi in commercio (es.: Bronner e Regent). Anche in Italia, in Alto Adige/Sudtirolo. Chissà, fra 50 anni i nostri figli ne parleranno come vitigno tradizionalmente presente in quei posti. Sul discorso biologico.....effettivamente cosa può essere più biologico di una coltivazione dove non si ha la necessità di usare prodotti....fino all'arrivo di una nuova malattia! ;-)

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Lorenzo Santorelli

circa 10 anni fa - Link

Buongiorno e grazie per ospitare il mio commento. Dopo una attenta rilettura dell'articolo vorrei farvi notare che le analisi genetiche di cui si parla non hanno come scopo di creare mutazioni nuove e quidi di alterare il DNA della pianta, ma solo di dare indicazioni su quali geni si debbano eliminare tranite gli incroci e quali invece portare avanti, rendendo tutto il processo piu' rapido. Parlare di piante Frankestein o OMG sarebbe dunque errato. Nessuna manipolazione genetica e' in atto, solamente un allarmismo dovuto forse a carenza di informazione che puo' essere facilmente risolto.

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gianpaolo

circa 10 anni fa - Link

dico la mia, nel modo piu' sintetico possibile, partendo da un disclaimer: con le persone che sono state intervistate da quark ci ho lavorato quando facevo il ricercatore, le conosco e le stimo. Il trasferimento di geni tramite biotecnologie, da una specie di vitis all'altra, potrebbe consentire di creare varietà reistenti mantenendo inalterata la quasi totalità del genoma della vite di partenza. Per capirsi, partendo dal clone di Sangiovese vattelappesca1, si introduce la resistenza (già presente nel genere vitis), ottenendo esattamente lo stesso clone vattelappesca1. Questo non è possibile ottenerlo da incrocio e selezione, perchè non si otterrebbe mai lo stesso clone. Anzi, per le norme attuali, non si potrebbe neanche chiamare Sangiovese. Il genere vitis ha già la resistenza al suo interno, la coltivazione della vite è responsabile dell'immissione nell'ambiente di quantità rilevantissime di prodotti chimici (di sintesi o no, ma sempre pesticidi sono), si tratta di fare due + due. Operazione logica, ma fortemente opposta per motivi ideologici. Si noti che in questo caso si tratta di trasferimento di materiale genetico all'interno della stessa variabilità del genere, e non da generi o famiglie diverse.

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gianpaolo

circa 10 anni fa - Link

@federico @lorenzo. Non è proprio cosi', perchè non sarebbe una novità. La MAS (marker assisted selection) è una pratica di routine. Qui si parla di OGM ma con geni dello stesso genere, quindi senza fare ricorso a variabilità genetica di altri organismi piu' distanti evolutivamente. Non si introduce quindi qualcosa che già non c'e', ma si facilita il processo mediante un inserimento molto mirato tramite tecnologie di biologia molecolare. Per un addetto ai lavori nulla di rivoluzionario o stupefacente, per il pubblico, bombardato da una propaganda anti-OGM, un ostacolo finora insormontabile.

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Federico

circa 10 anni fa - Link

Grazie. Giusto per capire meglio (appunto per noi non addetti), facendo esempi a caso terra terra: sarebbe identificare il gene ABC123 resistente all'oidio e già presente nel vitigno Tizio clone Tizio3 che però non ha buone caratteristiche per produrre buon vino. E inserirlo nel vitigno Caio creando un nuovo clone (credo a questo punto di aver inteso che però sarebbe un vitigno nuovo) TizioCaio1. Se è così, questo adesso mi è chiaro. Però rileggendo la citazione (non ho visto la puntata, casomai provvederò), non mi si spiega molto la frase finale: "Nel DNA la vite non solo conserva la resistenza o meno ai funghi, ma anche le basi genetiche della qualità del vino, che è controllata da altri geni. Conoscendole meglio, si potrebbero scoprire subito, fra centinaia di incroci, quali sono destinati a produrre un gran vino”.

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gianpaolo

circa 10 anni fa - Link

non è esattamente cosi', perché la resistenza all'oidio e alla peronospora sta al di fuori della specie vitis vinifera, che non si è evoluta alla presenza di questi patogeni che sono stati trasportati dalle americhe a fine ottocento (e cosi' sono, per cosi' dire, un frutto della "globalizzazione" e quindi non causa naturale). La resistenza va quindi cercata nelle vitis berlandieri, aestivalis, rupestris, riparia, etc., che già oggi sono usate per fare incroci con la vinifera allo scopo di trasferire le caratteristiche di resistenza. Con gli incroci classici ci sono diversi ordini di problemi: il fatto che si generano "ibridi" (non ammessi per la produzione di vini di qualità), il fatto che sono lunghissimi come tempi, il fatto che si producono individui che non hanno le caratteristiche del vitigno "nobile" di partenza, e che non ne possono per legge portare il nome, neanche in assonanza. Quindi, gli incroci si possono fare e possono essere migliorati dall'uso di tecnologie di biologia molecolare, ma il vero punto, il vero breakthrough è l'uso del "trasferimento" di geni di resistenza dentro il genoma della varietà nobile, che così conserva il 99,9999999% della suo genoma originario, e quindi è la stessa varietà di prima, solo che è resistente. Questo con gli incroci non si può fare, neanche con l'assistenza di marcatori molecolari.

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Alessandra

circa 10 anni fa - Link

Infatti non è così chiaro, ci provo io ok? Quello a cui fa riferimento il professor Morgante è in effetti probabilmente un processo di selezione o di ibridazione assistita. Quella di cui parlava Testolin nella puntata di giovedì scorso di Quark tra le altre cose invece è una tecnica di ingegneria genetica che prevede il trasferimento di un gene da una vite resistente (non necessariamente vitis vinifera) ad un'altra, senza modificare altri caratteri che ne caratterizzino la varietà e la qualità. Eccola qui http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-bd306e94-3e56-4e28-97b2-a5b42ec66f5b.html#p=0

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armin kobler

circa 10 anni fa - Link

solaris, bronner, cabernet cortis e regent sono le varietà interspecifiche permesse in sudtirolo. purtroppo il regent, il primmo ad essere introdotto, non è più resistente alla peronospora. bisogna trattarlo, ancora meno delle varietà tradizionali, ma la peronospora ha generato ceppi che riescono a superare le barriere della resistenza. tutti temono che questi incroci ottenuti con tanto lavoro e dopo tanto tempo prima o poi diventino preda dell'odio e della peronospora. c'è da sperare che la resistenza introdotta con il trasferimento di parti del genoma sia più stabile. del resto sono dell'opinione che già oggigiorno le varietà resistenti avrebbero meritato più diffusione. se si pensa che l'80 % o di più dei vini del mondo devono essere solo corretti e non devono trasmettere tipicità varietali o di territorio ecc. questi potrebbero essere fatti con queste varietà e si risparmierebbe già adesso la stessa percentuale di pesticidi e di lavoro.

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gianpaolo

circa 10 anni fa - Link

come sai Armin la lotta tra antigene/anticorpo, parassita/ospite, patogeno/organismo e' una che non finisce mai, scritta nel codice della vita. Pensare che una volta trovata un arma questa funzioni per sempre e' un utopia, ma il miglioramento genetico a questo serve, ed e' un processo continuo. Quelli che dicono "a che serve migliorare una pianta quando poi dopo un po' si creano delle resistenze" dovrebbero capire questo fatto della biologia.

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armin kobler

circa 10 anni fa - Link

certo. pensandoci bene le prospettive almeno teoriche dovrebbero anche essere buone. infatti la resistenza delle viti americane è tuttora presente ed anche gli incroci interspecifici di prima generazione come l'uva fraga, ecc. dopo tutto questo tempo sono ancora resistenti. soprattutto in annate come queste in viticoltura non desideri altro che essere liberato da questo flagello.

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