Abbiamo chiesto all’onorevole Massimo Fiorio (PD) il perché dell’ultima trovata: un’interrogazione parlamentare sul vino naturale

di Giovanni Corazzol

“Occorre fare chiarezza su cosa significa ‘vino naturale’: molte bottiglie con questa etichetta stanno invadendo il mercato italiano. Si tratta di una definizione ad oggi autodisciplinata che rischia di disorientare i consumatori e penalizzare i produttori”. Con queste parole Massimo Fiorio, deputato Pd e vicepresidente della Commissione Agricoltura di Montecitorio, annuncia un’interrogazione parlamentare sul tema. A differenza del vino biologico, legato a determinate caratteristiche di produzione definite a livello comunitario, il vino naturale è appunto autodisciplinato: non risponde ad una normativa inequivocabile, chiara ed esclusiva.

”Se da un lato la produzione e la commercializzazione di vino naturale sta continuamente aumentando (sono nate associazioni di viticoltori, consorzi di aziende e fiere specifiche), gli uffici competenti del dicastero dell’Agricoltura stanno, al tempo stesso, intensificando le indagini e le ispezioni nei punti vendita intimando il ritiro delle bottiglie con tale denominazione. Per questo motivo abbiamo chiesto al ministro Nunzia De Girolamo di assumere una posizione chiara e coerente, per tutelare in primo luogo i cittadini e le aziende del settore: o si definisce una norma specifica per la dicitura ‘ vino naturale’ o va vietato, per legge e senza eccezioni, il commercio in Italia di vino che presenti aggettivi, nelle confezioni, negli imballaggio o nelle etichette, riferiti a disciplinari di produzione non ufficialmente regolamentati”. (ANSA). Lette le notizie, abbiamo rivolto alcune domande a Massimo Fiorio.

Giovanni Corazzol: dal suo comunicato si intuisce il tentativo di tutelare il consumatore ed anche i produttori da un uso distorto del termine “naturale”. Ci si chiede perché tanta sensibilità sull’uso del termine “naturale” riferito al vino, quando molti altri prodotti dell’agroalimentare come yogurt o succhi di frutta, da tempo ne fanno ampiamente uso sottostando a normative o leggi non sempre così restrittive. Al mondo dei cosiddetti vini naturali questo intervento sembra piuttosto un modo per boicottare piccoli vignaioli a favore dei grandi industriali. Perché non è una chiave di lettura legittima secondo lei?

Massimo Fiorio: allora c’è un problema: quello che dice è assolutamente vero, però io mi pongo proprio dalla parte di questi piccoli produttori di vino: la loro scelta produttiva non rischia di essere vanificata o compromessa se qualcun altro che fa vino chiamiamolo convenzionale, dichiara di fare vino naturale? Un mese fa mi è stata regalata una bottiglia di vino e sulla confezione, sulla scatola, c’era scritto “vino naturale”. Allora quello è un vino normalissimo, assolutamente convenzionale, io so che la scelta di quel produttore è una scelta convenzionale. Cosa li differenzia l’uno dall’altro dal punto di vista comunicativo? Allora io spero che questa interrogazione stimoli una riflessione in alcuni produttori che hanno fatto certe scelte, poi ce ne sono altri che secondo me stanno usando quel termine non dico in modo fraudolento, eh? Però certo in modo un po’ parassitario. Allora siccome io ritengo che tutti i vini in fondo siano naturali, qui è il caso di distinguere tra scelte produttive. Il meccanismo del “Biologico” è troppo tollerante? Non è detto che non ci si possa inventare qualcosa, un disciplinare che ponga alcune questioni; è assolutamente possibile. Poi ci sono dei temi legati alle frodi. Qua a Roma hanno sequestrato…

GC: all’Enoteca Bulzoni.

MF: esatto, esatto. Allora lì non c’entra la legge, si tratta di una frode, però capisce se questi qui l’avessero semplicemente messa nell’imballaggio, nella presentazione, sul sito che è un vino naturale era normalissimo, ma così non è penalizzante rispetto a chi sta compiendo una scelta produttiva diversa? Nell’interrogazione parlamentare io non cerco una soluzione definitiva, mi interessa soltanto sollecitare alcuni a prendere atto che qui si rischia di mettere a repentaglio il lavoro dei produttori, ma anche la comunicazione verso il consumatore.

GC: però facciamo proprio il caso dell’Enoteca Bulzoni: a quanto mi risulta quello che è stato contestato dalla Repressione Frodi è il fatto che nel locale ci fosse uno scaffale con dei vini presentati al pubblico come “vini naturali”, un modo ormai entrato nella consuetudine per definire una certa pratica di produzione del vino.

MF: eh! Però io temo che la consuetudine rischi di essere una foglia di fico. Insomma cos’è il vino naturale? Un vino senza solfiti? E’ questo?

GC: ehm no. È tutto un insieme di pratiche che escludono l’uso di trattamenti in vigna, in cantina.

MF: è biodinamico?

GC: no, non per forza.

MF: ecco no, non per forza! Un biodinamico interviene sulle scelte culturali eccetera, no? Però se uno fa un vino convenzionale e lo descrive come un vino naturale, che elementi ho per contestare quella scelta che ha fatto un enotecario che ha vini naturali? Qual è l’elemento di discrimine? Io pongo una questione che so ora non avere una soluzione, però se non stimolo a fare una riflessione ho paura che vada a repentaglio una scelta che io stimo molto, che conosco e stimo molto.

GC: è vero però che l’industria alimentare quella stessa terminologia in altri contesti la applica, ma allora forse la questione non è da spostare piuttosto su cosa deve essere riportato sull’etichetta? Che cosa c’è nel vino?

MF: quello sì, quello sì. Io mi auguro che l’interrogazione stimoli anche questa discussione, però io pongo un’altra domanda: se una grande azienda produttrice decidesse di fare una linea sul vino naturale chi glielo impedirebbe?

GC: ma guardi l’hanno già fatto. Un enologo noto che si chiama Cotarella ha presentato un vino senza solfiti.

MF: infatti Cotarella ha visto l’interrogazione, so che l’ha vista ed è rimasto colpito, adesso non so se positivamente o meno, certo che però qualcosa vorrei stimolarlo con questa interrogazione. Poi c’è la questione dell’uso del termine “naturale” per gli aromi. Quando si dice prodotto aromatizzato significa che è un prodotto di sintesi, quando c’è scritto invece aromi naturali significa che quegli aromi non derivano da prodotti di sintesi; questo dice la normativa comunitaria. Allora questo nell’uso traslato sul vino, significa che se il vino non riporta la dicitura “naturale” contiene prodotti di sintesi? Insomma è bene fare chiarezza su questo punto.

GC: mi scusi se insisto, ma un vino così detto naturale prevede non solo che la vinificazione escluda prodotti di sintesi, ma anche che in vigna non ne vengano usati. Lei richiama una normativa che consente ad esempio l’utilizzo del termine “naturale” ad un’azienda produttrice di yogurt fatto sì con aromi naturali ma, per dire, anche con latte proveniente da animali nutriti a mangimi OGM; se la questione è squisitamente terminologica non si può non riconoscere che la scelta di questi vignaioli è probabilmente più vicina al significato del termine rispetto a chi oggi, anche nell’ agroalimentare, già definisce “naturali” i propri prodotti. Scelta che può portare al declassamento di questi vini, con quello che ne può conseguire anche in termini di capacità di vendita. Insomma, non è una battaglia di retroguardia questa?

MF: ma sì certo, capisco. Ma torno a dirle che con questa interrogazione io intendo porre all’attenzione questa questione sia per tutelare il consumatore sia per salvaguardare proprio quei produttori che rischiano di vedersi sottratta quella scelta produttiva dalla grande industria, se non la si regolamenta. Ad ogni modo sono apertissimo a discuterne con chiunque sia chiaro, la mia porta è sempre aperta.

GC: bene, è ora di cena oramai, che vino si berrà Onorevole?

MF: guardi, anche se vengo dal Monferrato e amo la Barbera, oggi mi berrò volentieri un bel Verdicchio dei Castelli di Jesi, grande vino.

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Giovanni Corazzol

Membro del Partito del progresso moderato nei limiti della legge sostiene da tempo che il radicalismo è dannoso e che il sano progresso si può raggiungere solo nell'obbedienza.

46 Commenti

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Giovanni Puglisi

circa 11 anni fa - Link

Mettano qualcuno che fa e conosce il vino (buono) a capo dell'interrogazione e sarà un'ottima cosa.

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Andrea D.

circa 11 anni fa - Link

Nella migliore delle ipotesi aumenterà la burocrazia...

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Sir Panzy

circa 11 anni fa - Link

La legge già oggi vieta* ogni aggettivo che non sia nel disciplinare. Problema risolto in partenza. Nessuna interrogazione e nessuna perdita di tempo. *da etichette, brochure, volantini, pannelli, siti internet, schede etc etc.

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Giovanni Corazzol

circa 11 anni fa - Link

Sai che non sono così certo sia giusto liquidarla solo così? L'interrogazione nasce dalla constatazione che il termine naturale non solo viene illegalmente utilizzato da alcuni produttori, ma anche dal fatto che il fenomeno sta assumendo (giudichiamo il trend non solo i numeri attuali) una rilevanza commerciale e se vuoi sociale, degna di essere meglio inquadrata. È un bene o un male? È un riconoscimento o un tentativo di controllo? Il fatto che ci possa essere un interlocutore politico pone poi un'altra questione: chi è l'altro interlocutore?

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Sir Panzy

circa 11 anni fa - Link

Giovanni poni delle domande più che lecite, ovviamente molto interessanti visto il trend generale. La cosa che contesto in tutto ciò è che stiamo parlando di una parola, un aggettivo, che per legge NON può essere utilizzato. In più quella parola (come dice bene Gily sotto) crea una spaccatura senza senso ne logico ne materiale tra il "naturale" e tutto il resto. Che si parli di vino "organico" oppure di vino "mammamiacomesonoeticoinvigna" ma smettiamola di usare una parola che discrimina e categorizza sommariamente "naturali" e "il resto del mondo"

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Nic Marsél

circa 11 anni fa - Link

Non sono d'accordo. Com'è che un giorno, tanto tempo fa, è stata sdoganata la parola "biologico"? Ha davvero senso questo vocabolo applicato al vino e al cibo? E' pertinente o lo è diventato solo con gli anni e ci siamo semplicemente abituati all'utilizzo di questo termine che a rigor di dizionario non è certo perfetto? Per il "naturale" è lo stesso.

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Sir Panzy

circa 11 anni fa - Link

Non sono d'accordo nemmeno io Nic, :) tra "naturale" e "biologico" la differenza è enorme. Soprattutto quella percepita tout court. Naturale evoca una contrapposizione molto forte "naturale-artificiale" senza bisogno di consultare nessun dizionario, "biologico" proprio no.

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Fabrizio pagliardi

circa 11 anni fa - Link

Vabbe si è capito gli è stato richiesto di sollevare il problema da chi sa di avere gli appoggi necessari in parlamento per indirizzare la futura legge sull'argomento. È evidente che rispondere alla domanda su yogurt naturale e altri utilizzi del termine da parte dell'industria agroalimentare è chiedere troppo, qualsiasi risposta sarebbe incoerente. A questo punto l'unica strada per i produttori sono le associazioni

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Armando Castagno

circa 11 anni fa - Link

Quoto alla virgola.

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Carmelo Corona

circa 11 anni fa - Link

La cosa che più mi incazzare è che dopo almeno 10 anni di dibattito sul web su questa tipologia di vini, ancora si generano confusioni indicibili, specialmente quando ancora si afferma che vino naturale=vino senza solfiti. Una stronzata colossale. Eppoi c'è da dire anche un'altra cosa. I veri produttori di vino naturale, spesso i più intelligenti, non lo scrivono sull'etichetta. Sarebbe come scrivere: "Salve, io sono una persona onesta". Ancora una cosa: sarebbe meglio che gli enologi restassero fuori da questa area culturale. Il vino naturale non ha nulla a che vedere con l'enologia.

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alessandro bocchetti

circa 11 anni fa - Link

È l'inizio di quel processo già visto con l'ortofrutta e altri generi alimentari, il vino naturale verrà legalizzato e incasellato in un disciplinare, come accaduto con il vino biologico, a quel punto la strada sarà libera per i grandi gruppi industriali che già sono pronti. Si è sbagliato a puntare tutto ancora una volta sul metodo. La sola via è quella di raccontare e tutelare lo stile del vino artigiano, che è la base e la storia della viti cultura italiana... Ciao A

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maurizio gily

circa 11 anni fa - Link

Alessandro, non succederà. Il vino cosiddetto naturale è meno dell'1% del vino. E secondo te il 99% accetterà una legge che farebbe supporre il loro vino "non naturale"? E un parlamento ignorerà la posizione del 99% della filiera? Impensabile. Giovanni ha fatto bene a sfruculiare Fiorio sul paragone con lo yougurt, ma in quello e in altri casi analoghi la questione non si pone, perché in quelle categorie merceologiche naturale possono scriverlo praticamente tutti, non solo alcuni. Più che una questione linguistica è questione di maggioranze. Concordo con te sul fatto che la cosa migliore da fare è lasciare le cose come sono, il marchio del bio con tutti i suoi limiti e per il resto basarsi sul rapporto fiduciario tra le persone.

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alessandro bocchetti

circa 11 anni fa - Link

Maurizio, secondo me (modestamente) ti sbagli... Vedi il problema non è l'attuale peso, ma il peso potenziale che il comparto potrà avere sui mercati internazionali... Il peso di un naturale, natural, organic ecc su alcuni mercati è potenzialmente esiziale, voglio vedere quando Cevico uscirà con un vino, anche buono, a 6 € con la dicitura natural certificata ;) Ciao A

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Fabrizio Dionisio

circa 11 anni fa - Link

Ciao Alessandro, mi inserisco molto al volo solo per chiederti e chiedere agli altri amici...e credo di avere già avuto questo scambio di opinioni con te...se considerino accettabile che alcuni produttori si siano appropriati di una definizione (naturale) che dovrebbe spettare a tutti coloro che fanno vino in maniera onesta (gli altri sono criminali, punto), cosicché tutti quelli che non aderiscono -per qualsiasi ragione- alle associazioni "naturaliste" ed ai relativi "manifesti" (diversi tra di loro, fra l'altro) rischiano di venire considerati biechi sofisticatori ed artefici di vini avvelenati dalla chimica! Se qualcuno si azzardasse a definire pubblicamente non naturale un mio vino...io lo querelerei. Credo sia questo il punto dirimente e da cui partire, per arrivare da qualche parte. Vino industriale ed artigianale (o, forse meglio, "fatto a mano"?), okay...magari fissando degli spartiacque basati sulle modalità produttive e sulla quantità...perché anche qui si altrimenti rischia di cadere nell'arbitrio, ok vini biologici e/o biodinamici, anche se il regolamento europeo mi sembra abbia maglie molto larghe...ma NATURALI e NON...proprio no, io la trovo una cosa orrenda ed inaccettabile. E mi meraviglio che ancora si organizzino tavole rotonde e degustazioni basate su questa assurda, arbitraria e manichea distinzione (fra l'altro ce ne è una, l'ennesima, tra poco qui a Roma: 21.30 ALESSANDRO BULZONI BUONI DENTRO - GUIDA AI VINI NATURALI. Conosco e stimo Alessandro ma sono davvero sconcertato dal fatto che uno come lui, che di vino ne capisce...possa avere preso questa deriva talebana, tanto da non trattare più, a quanto mi dicono, i vini che non si fregiano di questa definizione. Insomma...credo che ci sia da meditare sul punto e che, tutto sommato (aldilà di eventuali secondi fini che ovviamente ignoro e sarebbero sbagliati) l'interrogativo sollevato da Fiorio abbia un senso. Un cordiale saluto a tutti

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Giovanni Corazzol

circa 11 anni fa - Link

Gentile Fabrizio, la sostanza del suo intervento è tale da imbarazzare il mio presuntuoso attaccamento alla forma. Mi conceda solo un richiamo di ordine lessicale figlio di lontane reminiscenze liceali, il cui valore rischia di essere di qualche rilevanza probabilmente più in un salotto letterario che in una vigna, ma tant'è. Quando non normato e quindi neutro, un termine come "naturale" è una cosiddetta vox media, vale a dire senza connotazione, o almeno senza una connotazione che conceda di far derivare il suo opposto a chi non ne facesse uso. Pensi ad esempio al "vino critico" chi si raccoglie sotto una categoria di questo tipo, non può far presumere che gli altri siano "acritici" o conformisti. Se nella consuetudine (non solo italiana) un "vino naturale" è da considerarsi un vino prodotto secondo una certa prassi, e se l'etichetta o la comunicazione non violano la normativa vigente, non capisco fino in fondo l'argomento secondo il quale l'uso del termine "naturale" implichi il concetto di artificio in chi non lo usa o in chi non si riconosce in quella prassi produttiva. E con questo, mi creda, non intendo negare assolutamente il fondamento del suo ragionamento.

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alessandro bocchetti

circa 11 anni fa - Link

Mah Giovanni, bacchettare semplicemente non è utile (a mio modestissimo parere), Fabrizio pone un problema centrale e il fatto che lo ponga lui (scaldandosi) artigiano del vino, avvocato e uomo di rara educazione, rende il polso di come sia avvertita questa divisione manichea e secondo me alla fine semplicistica, alla fine allontana più che unire un settore che andrebbe tutelato. I vignaioli hanno bisogno di lottare fianco a fianco per il proprio linguaggio, che è poi lo specifico del vino italiano, non di dividersi in mille rivoli, divisi sul metodo. Anche perchè il rischio reale è che scompaiano semplicemente in un mercato che è sempre più fatto per i vini mercantili. Bisogna capire e dare certezza alla figura del vignaiolo artigiano e appoggio di comunicazione adeguato. il turismo enogastronomico lo scorso anno è valso 6 miliardi di €, pensiamo che vengano per visitare la Caviro? :D bisognerebbe rimboccarsi le maniche e ricucire, invece di continuare a tagliare fette di torta. Poi ci sarebbe il discorso se "naturale" non significhi anche tutelare il paesaggio, tornare ai vecchi metodi di allevamento e morfologici, temi di educazione e tutela dei diritti... O se si risolva tutto semplicemente nell'inoculare si o no ;) ma poi il discorso si complicherebbe ulteriormente... Ciao A

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Giovanni Corazzol

circa 11 anni fa - Link

@Alessandro, ho assai spesso il timore di esprimermi in modo bitorzoluto rischiando come in questo caso, un'interpretazione che non riconosco legittima. Concedi di rigettare con energia quella per cui avrei "bacchettato" Dionisio. Nel massimo rispetto del tuo e del suo curriculum di artigiano del vino, avvocato e uomo di rara educazione, concedimi comunque di ribadire che nella mia interpretazione, infinitamente meno autorevole, accapigliarsi sul termine "naturale" per le ragioni che ha esposto, mi sembra una forzatura; il che non mi porta comunque a ritenere prive di legittimità le sue e le tue argomentazioni, no affatto. Resta però per me un argomento debole quello per il quale ciò che non può fregiarsi della reputazione di vino naturale è per converso vino da connotarsi quale sofisticato, criminale, tossico. Se la derivata diventa: è legittimo che associazioni più organizzate in termini di comunicazione o capacità di penetrazione nell'immaginario collettivo, si approprino di quella definizione estendendolo ai propri associati e di fatto escludendo altri? la risposta, la mia personalissima risposta è: "no, ma è la forza del gruppo bellezza!". Se le associazioni si sono mosse diventando nel tempo riferimento di quei movimenti, se hanno una certa forza politica e capacità di persuasione, raccolta di consenso o ratto di termini universali forzandone l'interpretazione, è solo perché si sono attivate, nel tempo e con costanza. E se il punto fosse invece lasciar perdere disquisizioni sul significato delle parole e attivarsi piuttosto perché le Associazioni, unici riferimenti certi fino a questo punto, si ponessero quali interlocutore presso "le istituzioni" facendo sintesi di posizioni anche diverse? Rinunciare all'uso di una definizione o ragionare su termini alternativi che risultino meno irritanti, a me sembra una battaglia di retroguardia. Ma Alessandro intendiamoci, mi rileggo e mi sembro un disquisitore del nulla, mentre là fuori c'è gente pronta a muover mani callose sui tralci. PS: ho imposto all'editore di inserire "manicheo" tra i termini da mettere in coda di moderazione. ;)

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alessandro bocchetti

circa 11 anni fa - Link

Giovanni, vedi alle volte sono io che temo di vivere sulla luna, qui non si tratta di curricula o di chi ha torto o ragione, ma di capire il fatto che buona parte della comunicazione del vino "naturale" è stata fatta in questi anni tutta sul registro manicheo e dualista (puoi mettere in moderazione anche questo ;)), tutta sul piano morale ed etico, in contrapposizione: da una parte i "buoni" naturali ed etici, dall'altra i "cattivi" avvelenatori e commercianti, è un fatto! Potrei citarti mille articoli, discussioni e querelle. Ora proprio perchè mi stanno a cuore la "gente pronta a muover mani callose sui tralci" che oggi di sabato in spiaggia con i bambini che giocano sto qui a cercare di raccapezzarci, perché penso che riconnettere e riannodare il filo del racconto artigiano sia la priorità per non rischiare la fine del vino italiano come lo intendiamo noi... Ciao A

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alessandro bocchetti

circa 11 anni fa - Link

ps. ultima cosa "Gentile Fabrizio, la sostanza del suo intervento è tale da imbarazzare il mio presuntuoso attaccamento alla forma", se non è bacchettare questo... abbiamo una contezza differente del termine :D ciao A

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Giovanni Corazzol

circa 11 anni fa - Link

Puntualizzo per Fabrizio Dionisio: “Gentile Fabrizio, la sostanza del suo intervento è tale da imbarazzare il mio presuntuoso attaccamento alla forma” significa che di seguito avrei disquisito di cose di forma, quindi di poco conto, e farlo, rispetto alla sostanza degli argomenti espressi, mi avrebbe generato imbarazzo. Mi scuso se mi sono mal espresso. grazie

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Giovanni Corazzol

circa 11 anni fa - Link

Infine Alessandro tu hai argomentato non sul termine, ma sull'atteggiamento. Non devi troppo faticare per convincermi che esistono gli atteggiamenti che descrivi, lo so/sappiamo benissimo che ci sono posizioni molto politiche e radicali sul tema e che queste possono generare situazioni controproducenti, ma questo che c'entra con la scelta di usare un aggettivo rispetto ad un altro? Non posso credere che sia questo davvero il tema. Quella richiamata da Gily, Panzy e altri è la stessa norma che vieterebbe in etichetta il termine "artigiano" che a te sembra più efficace. Insomma insisto sul principio che contestare l'utilizzo di un termine affermatosi nell'uso sia del tutto fuorviante rispetto alle stesse importanti tematiche che tu stesso sollevi da tempo. Credo che sgombrare intanto il campo da questa che mi sembra un'azzuffatina di nessun valore sarebbe già un passo avanti. No? Il rischio non è che mentre ci si accapiglia all'Accademia della Crusca, le interrogazioni dei Fiorio innestino ben altre dinamiche?

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alessandro bocchetti

circa 11 anni fa - Link

Giovanni, diamine! no non è una azzuffatina, ma il punto... non si tratta di norme ma di linguaggio. vedi è proprio questo dualismo nel ragionare che impedisce ai vignaioli di fare sistema (chiedilo alla Fivi le difficoltà ;)), in un momento in cui ce ne sarebbe dannatamente bisogno, creando all'interno di un mondo unico e simile, sterile contrapposizioni, ancora una volta centrate sul metodo, esattamenet come si criticava. Insomma da una parte i vignaioli perdono tempo a battibbeccare tra loro (guarda l'intervento di Dioniso), dall'altra comunicatori, fans e groupies varie giocano a fare gli integralisti e a guardarsi di sottocchio. No Giovanni, le parole non sono mai solo parole e non sono neutre, in questo caso ancora meno... Intanto si è comunicato il naturale, che i grandi gruppi sono pronti a agguantare con una normativa, mi sbaglierò, simile a quella sul biologico, quindi molto lasca. No decisamente non è una azzuffatina, almeno per me, ma il tentativo di entrare nel discorso principale. Ma ho riletto tutto e temo che non ci convinceremo a vicenda... Purtroppo ;)

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antonio f.

circa 11 anni fa - Link

infatti [ne cito/non cito due a caso] proprio il produttore di un grande vino bianco italiano [abruzzese] se ne guarda bene dal definire il proprio vino "naturale" glissando sul più efficace "artigianale"[mai in etichetta]. a pochi km altri storici produttori di vino naturale hanno recentemente deciso di rimuovere tale dicitura dal retroetichetta. questa è la scelta dei produttori che il "naturale" l'han sempre fatto, al di la di slogan e di mode. che poi i loro vini piacciano o meno, altro paio di maniche. il consumatore si approccia a tali vini non grazie all'ennesima dicitura riportata in etichetta che garantisce non si sa cosa, ma per scelta personale e gradimento nei confronti di un certo imprinting del produttore. sta smania dell'etichettatura non si sa dove ci porterà...

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silvana biasutti

circa 11 anni fa - Link

Molto d'accordo!

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Nic Marsél

circa 11 anni fa - Link

Aiuto! La vedo malissimo.

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Vignadelmar

circa 11 anni fa - Link

Secondo me è bravissimo. Concludere un'intervista dicendo che si berrà un Verdicchio (di Jesi) denota un' intelligenza sopra alla media !!!!

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ale

circa 11 anni fa - Link

ahhahhahhahhah "allora c’è un problema: quello che dice è assolutamente vero", bell'inizio

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Malticidio

circa 11 anni fa - Link

A mio avviso la prima parte de "il vino naturale " edito da Servabo potrebbe essere un buon punto di partenza

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gianpaolo di gangi

circa 11 anni fa - Link

ci abbiamo provato e ci stiamo provando: noi siamo a disposizione per ogni confronto. grazie per la fiducia.

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Malticidio

circa 11 anni fa - Link

Spoiler alert ! Si sta parlando al 2011 di 771 produttori ,10852 Ha e 317.408 hL giusto per buttare giù due riferimenti . Prima del cosa il quanto e poi il resto non può altro che sovvenire

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maurizio gily

circa 11 anni fa - Link

Carmelo Corona, questa me la segno: "il vino naturale non ha nulla a che vedere con l'enologia". Piacerà a molti enologi.

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antonio f.

circa 11 anni fa - Link

infatti spesso, ma non per forza sempre, è pertinenza di mastri acetai piuttosto che enologi.....

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maurizio gily

circa 11 anni fa - Link

Servabo, il vino naturale. Se non l'avete letto correte a comprarlo. Questa è una pubblicità gratuita.

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gianpaolo di gangi

circa 11 anni fa - Link

troppa grazia, maurizio... :-)

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Nic Marsél

circa 11 anni fa - Link

Più che altro dovrebbe comprarlo il ministro. Giusto per sapere di cosa si parla.

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francesco

circa 11 anni fa - Link

"...molte bottiglie stanno invadendo il mercato" dopo l'invasione degli ultracorpi ecco le bottiglie. secondo menonsa di cosa parla

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silvana biasutti

circa 11 anni fa - Link

Lui non sa di cosa parla, ma si vede che ha ricevuto un briefing, pur non essendo molto dentro i fatti ("va' avanti tu che a me scappa da ridere"). Il tentativo di incasellare i vini artigianali (mai in etichetta), da un lato è inquietante (c'è sempre più bisogno di greppie burocratiche e di complicare la vita a chi lavora), dall'altro è patetico. Questi "signori" se leggessero un po' di più e si informassero meglio, saprebbero che sta crescendo la sensibilità per l'ambiente, sta cambiando la considerazione per gli animali, la chimica fa paura, l'omeopatia ha sempre più adesioni, eccetera. In questo scenario i vini artigianali (mai in etichetta) sono sempre più visti con favore da consumatori critici. Non è necessario (anzi!) che sia scritto in etichetta, o che qualche ente o similari si ponga il problema di dargli un imprimatur: sono vini che si vendono in altro modo, in un mondo in cui conta come si lavora e non le parole che si dicono. Perché le parole hanno fatto il loro tempo. ps. sarebbe (stata) bella un'interrogazione così puntuale e puntuta a proposito del grisbì MPS: chissà dov'è finito e se tornerà. Queste sono le interrogazioni che in tanti vorremmo ascoltare.

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gian piero staffa

circa 11 anni fa - Link

c'e una normativa europea a proposito. Ti piace o non ti piace, a me non piace perché i limiti di solforosa sono pazzescamente alti. Comunque, in parlamento visto che di politica dimostrano di sapere poco dovrebbero pensare a come evitare la guerra civile. lascino stare il vino naturale e non e pensino piuttosto a semplificare il livello di burocrazia che ammazza i Produttori ammazzati da un mercato nazionale che muore e dal 'Made in Italy' che vale sempre meno grazie all'immagine che i nostri politici danno del paese.

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Fabrizio Dionisio

circa 11 anni fa - Link

Aggiungo al post di poco fa che, certamente, l'etichettare solo alcuni (pochissimi, rispetto al totale) vini come "naturali" ha un devastante effetto confusorio sui consumatori e vorrei dire anche denigratorio rispetto agli "altri" vini. Molti dei quali saranno anche robaccia industriale da snobbare e non comprare (ma fino a prova contraria anche loro hanno il diritto di non venire sputtanati senza motivo...) mentre altri sono vini fatti a mano, artigianali quanto, e magari più, di quelli etichettati come "naturali". E questo non mi sembra affatto giusto. Cosa dovrebbe fare, allora, il virtuoso produttore di vino buono, giusto, artigianale e di alta qualità...per non sentirselo screditare? Aderire per forza...ad una associazione vinoverista...? Messo così appare come un odioso ed inaccettabile ricatto. Ed è uno dei motivi per cui io, che devo avere preso, in vecchiaia, una deriva anarcoide...mi rifiuto di firmare manifesti. Buona giornata

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paolo rusconi

circa 11 anni fa - Link

Il vino è l'unico alimento o bevanda che non riporta gli ingredienti in etichetta. Basterebbe adeguare la normativa togliendo questo anacronistico privilegio, o, perlomeno, permettere la scrittura di questi sull'etichetta. Oggi si obbliga a scrivere ogni operazione di cantina sul'apposito registro, aggiunte di solforosa esclusa, perchè mai dovrebbe esser proibito pubblicare sulla bottiglia questi dati? Perchè non è possibile scrivere in etichetta contiene tot mg/litro di solforosa? Osservate il collage di sotto, naturale il the in bottiglia e certi vini no? [img]http://www.sorgentedelvino.it/wp-content/uploads/2013/09/the.jpg[/img]

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giulia angela fontana

circa 11 anni fa - Link

Completamento d'accordo con Paolo Rusconi, prima di considerare il vino come prodotto edonistico dovremmo comprendere che è un alimento che introduciamo nel nostro corpo. Grazie Paolo. Per il ministro due citazioni tipiche della mia zona: 1) me s'è '[bi] a dritto e rovesciu 2) [bip]. signora, sia gentile, regoli i suoi irrisolti con "il ministro" (chi??) usando la sua corrispondenza privata. F.

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gp

circa 11 anni fa - Link

Il riferimento allo yogurt naturale come analogia e precedente per il "vino naturale" è del tutto fuorviante. Per definizione, "lo Yogurt naturale è fatto soltanto con gli ingredienti fondamentali, cioè il latte e i microrganismi prescritti", quindi non è addizionato di zucchero, né di frutta, né di cereali (altrimenti la denominazione corretta è "yogurt alla frutta" ecc.). Nel caso del vino, l'aggiunta di frutta porta a una denominazione diversa ("bevanda aromatizzata a base di vino"), quindi non c'è paragone. Mi associo a quanto detto sopra da Pagliardi e condiviso da Castagno: un disciplinare apposito dovrebbero darselo (e sorvegliarne il rispetto) le associazioni dei produttori naturali/artigianali. Aggiungo anche che a mio avviso sarebbe importante che questa certificazione informale si aggiungesse a quella formale e riconosciuta (biologica o biodinamica), per evitare opportunismi e vere e proprie frodi.

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Giovanni Corazzol

circa 11 anni fa - Link

@GP il paragone come l'ha posto lei non esisterebbe, vero. ma non è stato posto in quei termini. il riferimento a yogurt o altri prodotti è stato fatto per dimostrare che il significato intrinseco del termine naturale, normato o no, già oggi è ampiamente falsato. e questo è innegabile. l'argomento usato da chi contesta la definizione "vino naturale" è che chi non ne viene considerato produttore, per opposizione si sente accusato di essere produttore di vino artificiale. a parer mio questo non è un argomento. consolidato che è semplicemente vietato riportar in etichetta termini che non siano autorizzati, il fatto che si sia diffuso questo modo di definire una certa prassi produttiva, dovrebbe essere neutro.

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Ernesto

circa 11 anni fa - Link

Ma di che parlate? Indignato da una così leggera interpretazione e considerazione di uno dei pochi settori dove ancora si legge il segno + in fatto di conti, e dove ancora nel resto del mondo riusciamo a farci valere! Credo che sia il caso di aprire nel' immediato una interrogazione parlamentare per farsi sentire in Europa!

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Ernesto

circa 11 anni fa - Link

Mi occupo di comunicazione nel' ambito del vino, principalmente per passione, e credo che salvaguardare i produttori ed i consumatori non basti, abbiamo bisogno che difronte a tali inaudite e solite promiscue situazioni, trovare inequivocabili soluzioni !!!!

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