Una cassa-omaggio, grazie | Grands-Echezeaux 1990 Joseph Drouhin

di Alessandro Morichetti

Certi comportamenti, certe parole, provocano vergogna. O almeno dovrebbero. Ad esempio, se un giorno dirò “Mafia famosa grazie a Gomorra“, per favore picchiatemi forte, ma forte. Ohibò, certi casi sono irrecuperabili. Qui nella parrocchietta degli enoappassionati siamo intransigenti per molto meno. Fosse per me, chi scrive “archetipo” andrebbe folgorato all’istante. Va detto che la vita di ogni amante del vino è segnata da bottiglie che poi diventano quasi un modello di riferimento. Alcune per carattere, altre per la sorpresa suscitata, si spera poche per la delusione o il prezzo eccessivo. Il mio taccuino di assaggi si è recentemente arricchito al capitolo – perlopiù vuoto – “vini rossi e maturi di Borgogna”. Tutto merito del Grands-Echezeaux 1990 di Joseph Drouhin, autentica testa di serie tra i négociants di Borgogna.

Grands-Echezeaux 1990, Joseph Drouhin

Giuro, il contesto non c’entra. Bere un vino a Clos Vougeot – alla cena organizzata per la stampa internazionale durante Les Grands Jours de Bourgogne – non lo rende più buono o cattivo. Diciamo che per qualche minuto ho trascurato la discussione al mio tavolo multietnico-multilingua per concentrarmi su un naso da paura. Incenso, rosmarino, tabacco, cuoio, pepe e olive nere in successione ad inseguirsi – una roba tanto noiosa da leggere quanto goduriosa da mettere sotto al naso. Toni balsamici, maturi, qualcosa di straordinario. Per il godimento completo basta ripensare al gusto. Sviluppo articolato e profondo, tannini sottili e delicati, un vino saporito, perfettamente godibile ed esemplare. A un passo dalla perfezione (95).

Ripensandoci a mente fredda, la seconda volta in Borgogna è stata più istruttiva della prima. Tornare a “quei” vini con due anni di assaggi in più aiuta ad approcciarli meglio, a decifrarli con una consapevolezza minimamente maggiore. Assaggiare e sputare chardonnay e pinot nero è effettivamente un lavoraccio, nulla da invidiare alla manovia o alla defogliazione sotto il sole cocente di un vigneto con pendenza al 50%. Confidenza per confidenza, se proprio debbo, ammetto di aver peccato. Non tutto è davvero finito nelle sputacchiere. Di più, sono recidivo e ricordo di essermi avventato più volte sulla vittima, azzannandola senza pietà solo dopo averne carpito l’essenza profumifera. Qualcosa di simile all’archetipo, insomma. Ma non contravverrò al mio imperativo morale. È scorretto parlare nel dettaglio degli assaggi in fiera. Che puoi ci vuole anche coraggio a parlare di degustazione tecnica quando ti scoli due “dosi” piene, fregandotene delle conseguenze. Tutta colpa della vittima, di cui posso solo consegnare l’ultima immagine.

Clos de Lambrays 2008, Domaine Des Lambrays

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Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

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