Syre 2003 C.O.S. | Il club dei “chi non muore si ribeve”

di Mauro Mattei

Il club dei necrofili è vivo e lotta insieme a noi. Ma sì dai, sono quelli che tengono le bottiglia aperte un tot per vedere l’effetto che fa, consci ed eccitati dal rischio. Si fanno esperienze che voi umani… Beh, ok, passiamo ai fatti che è meglio. Stavolta il campione di giornata è stato un nero d’Avola in purezza, il Syre 2003 dell’Agricola C.O.S.. – il nome è un acronimo e raccoglie le iniziali dei suoi fondatori. L’azienda è attiva sul territorio di Vittoria, Sicilia sud-orientale in provincia di Ragusa, dal 1980 e ha un portfolio produttivo di tutto rispetto con etichette dall’ottimo rapporto qualità-prezzo. Vini quindi non introvabili, a buon prezzo e “sobri”: niente chimica, poche forzature tecniche e produzione marcata da suggestioni biodinamiche. Addirittura si vinifica qualcosa in anfora da queste parti, roba da matti.

Syre non è un vino estremo, niente legno e vinificazione in cemento vetrificato. Nasce in contrada Sciri a Mazzarrone – a cavallo fra la provincia di Ragusa e quella di Catania – da viti ad alberello, 8.000 ceppi per ettaro dall’età media di 35 anni. Rese basse e terreni connotati da un melange di calcare, tufo, argille e sabbie silicee caratterizzano un nero d’Avola fuori dagli schemi. Il vino è sfumatamente granato non impenetrabile e al naso offre un ventaglio ampio di spezie, erbe officinali e frutta rossa matura. In bocca è fresco e non c’è traccia di tannino scorbutico o “polveroso”. Complessivamente, un prodotto che nonostante gli svariati anni in bottiglia e le sfighe climatiche di un 2003 siccitoso e torrido appare vitale e reattivo. E visto che non amiamo le cose semplici, ora iniziamo la prova di forza.

Dopo 3 giorni: il colore è immutato. Il naso è sensibilmente migliorato, i profumi sembrano più nitidi. Emerge la nota speziata. In bocca pare ancora più levigato e non cede. Sempre ricca e fresca la chiusura.

Dopo 1 settimana: cromaticamente è un filo più opaco, sembra abbia perso luminosità. Il naso è ancora tonico, diverso ma affascinante. Emergono note olfattive che ricordano il tamarindo, la cola, il chinotto. Sparisce il frutto ma il vino mostra ancora una sua integrità. In bocca ha meno grinta, però è morbido e piacevole da bere.

Dopo 12 giorni: due settimane dall’apertura e conservazione approssimativa – tappo in sughero e frigorifero per attenuare il processo ossidativo – suonano le campane a morto. Il nostro eroe non ce l’ha fatta a superare degnamente la settimana di vita. Seconda prova buona, terza prova fatale.

Considerazioni finali: il colore è  stabile ma il naso è compromesso dalle note di ossidazione, la bocca è svuotata e s’accorcia sul finale. Pace all’anima sua, onori e gloria a Syre. L’unica certezza è che il club dei necrofili riserva sempre sorprese, e come diceva quel tale “nel lungo periodo saremo tutti morti”. C’è solo da capire quant’è lungo ‘sto frangente.

Mauro Mattei

Sommelier multitasking (quasi ciociaro, piemontese d'adozione, siculo acquisito), si muove in rete con lo stesso tasso alcolico della vita reale.

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