Sommelier, stramazza al suolo. Oggi offro io

di Mauro Mattei

Servizio del vino e assaggio preventivo del sommelier accendono sempre la discussione. Assaggiare o meno è un bel dilemma e oggi sono in vena di aneddoti da vera talpa del settore. Certo, un sommelier competente arricchisce la bevuta a prescindere ma voglio iniziare dalla nota dolente, facendo outing su uno degli episodi più imbarazzanti della mia carriera. Fine anni ’90, un riccone americano sceglie dalla carta dei  vini una bottiglia di Sorì Tildin ’89 di Angelo Gaja. Il momento è topico. Gasato, avvino i bicchieri e mi appresto ad avvicinare il frutto del “risciacquo” alle labbra. Insomma, tutto sembra perfetto finché il panzone non tuona all’improvviso: “Cosa intende fare? Non l’ho certo invitata a bere con me”. Basito, mi fermo. Cerco di argomentare ma riesco solo a mordermi la lingua, sorridere amaramente e scappare con la coda fra le gambe. Oltre all’aspetto godereccio che si prospettava, in un attimo: svanita l’occasione di valutare la qualità del vino, vaporizzata la possibilità di monitorarne lo stato di maturazione, sbriciolata l’eventualità di pescare nel bicchiere spunti per creare un dialogo vinoso con l’avventore.

Imparata la lezione, ora mi muovo con più cautela, leggendo negli occhi la disponibilità dei personaggi schierati dall’altra parte della barricata. Tutto questo finché non arriva lui, l’ospite amante della condivisione, quello che ogni sommelier vorrebbe accogliere in sala. Io, ad esempio, sono rimasto a bocca aperta un paio di giorni fa, quando è arrivata la telefonata di un facoltoso cliente abituale. Questi anticipava che da lì ad una manciata di ore avrebbe portato qualche bottiglia dalla sua riserva privata. Aggiungeva che sarebbe stato bello per lui se io avessi partecipato alla cena-degustazione in qualità di ospite aggiunto oltre che di stappa-bottiglie. Alleluia! Arrivano le bocce, le sistemo in cantina e dopo 48 ore di assestamento sono pronte all’uso. Durante tutte le operazioni avvertivo un certo prurito alla mano sinistra, quella con cui un mancino come me maneggia il cavatappi.

Taglio corto, queste le bottiglie aperte durante la serata e se sono stato bravo a raccontarvi la cornice potete immaginare il godimento. Pace fatta tra sommelier e ospite, finalmente.

Krug “Collection”1981
Da svenimento. Vent’anni di affinamento in casa Krug e una decina in casa del filantropo che l’ha messo a disposizione. Oro scuro nel bicchiere e perlage microscopico: più vino che Champagne. Un pregio su tutti gli altri? La persistenza aromatica. Il giorno dopo lo senti ancora in bocca.
Se evito di pensare al prezzo lo schiaffo direttamente in vetta alla mia classifica personale.

Haut-Brion Blanc 1985
Anche se le aspettative erano alte – visti i punteggi macinati all’epoca della sua uscita- è stata la vera sorpresa della serata.
Semillon più 25% di sauvignon blanc per un naso esplosivo ed elegante, incentrato su note che richiamano confettura di pesca, agrumi canditi, miele e burro d’arachidi. In bocca è vitale, marcato da un’acidità entusiasmante. Da lasciare ancora in cantina.

Clos de la Coulée de Serrant 1990 Nicolas Joly
Il vino meno espressivo della serata.
Inizialmente ridotto e con l’alcol in evidenza, viene fuori dopo un paio d’ore dall’apertura con sentori di melone giallo maturo e note salmastro/rocciose. In bocca è ben fresco e alterna sensazioni morbide e ruvide, per un risultato vagamente schizofrenico. Si fa apprezzare comunque in relazione al cibo, rimanendo però disarmonico e col naso appesantito da note stranamente legnose.

Meursault 1er Cru “Le Gouttes d’or” 2000 D’Auvenay
Un vero fuoriclasse, nato dalle manine d’oro di quel mito-fatto-donna chiamato Lalou Bize Leroy.
Naso pienissimo ed elegante, purtroppo ancora irrisolto e punteggiato inequivocabilmente dai legni di affinamento. In bocca ha una progressione spaventosa e un’acidità vibrante. Un vino da leggere in progress. Peccato essersi macchiati dall’orrendo delitto di averlo aperto prima del tempo.

Cote Rotie “La Turque” 1985 Guigal
Piccolo gioiello della Cote Brune, il 1985 di questo minuscolo cru (un ettaro) è un vero e proprio numero zero. Si tratta infatti della prima annata messa in commercio di un appezzamento re-impiantato da Guigal nel 1981. Capperi, un vino di questo spessore (con 25 primavere alle spalle) da una vigna di soli 4 anni! E’ un blend di syrah e viognier. Nel bicchiere si mostra ancora tonico, con un bel colore granato scuro. Il naso è coinvolgente: menta piperita, cardamomo, radice di liquirizia, lievi sensazioni ematiche e accenni di tapenade. In bocca è lungo e succoso, arricchito da una bella nota affumicata.

Ora da Re 1932
Una vera e propria scoperta per me. Un vino da meditazione che nasce dall’assemblaggio di
frappato, calabrese e grossonero per raccontare una storia intensa. Una volta versato nel bicchiere fa trasalire: un concentrato di Sicilia, un liquido ancestrale. Difficile da raccontare. Prima della messa in bottiglia (avvenuta dopo infinite peripezie) ha sostato per 50 anni in grosse botti di rovere. Veronelli, a suo tempo, lo definì “mostruoso”. Più calzante e sintetico di così.

Mauro Mattei

Sommelier multitasking (quasi ciociaro, piemontese d'adozione, siculo acquisito), si muove in rete con lo stesso tasso alcolico della vita reale.

4 Commenti

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Fabio Cagnetti

circa 14 anni fa - Link

Complimentissimi, La Turque 1985 è fuoriclasse vero e sul 1981 a casa Krug sono di parte. Un solo appunto: la Coulée de Serrant di Joly andrebbe aperta con ben più di un paio d'ore di anticipo, a mio parere circa una dozzina.

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Mauro Mattei

circa 14 anni fa - Link

Hai ragione, la Coulée da il meglio di se anche 24 ore dopo l'apertura. Per stavolta è andata così. Coumunque il 90, rispetto all'88 e all'89, è meno coinvolgente e integra.

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Angelo Di Costanzo

circa 14 anni fa - Link

Voglia sperare che gli hai dato una lauta mancia... :-)

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Anselmo

circa 14 anni fa - Link

Bella seratina!!!! A proposito dell'Oro di Re, Veronelli aveva scovato altri tesori antichi come questo vino che personalmente non ho mai assaggiato ma che non mi lascerò sfuggire. Invece ho assaggiato da un'amico di Veronelli il Solaria Jonica, qui trovate un link a questo vino che ha una storia simile di botti abbandonate e poi riscoperte anni dopo con tesori nascosti.... http://www.viniferrari.it/stsolaria.htm

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