Rocky, Rambo e gli ultimi scampoli di fiera. Tre assaggi di cui poco si parla

di Emanuele Giannone

Rocky, Rambo
E all’inizio del nuovo millennio la terza forma della Trimurti vendittiana – quella più ambientalista, nota all’anagrafe come Gordon Matthew Thomas Sumner – realizzò che la georgica Toscana poteva offrire spunti di riflessione e ispirazione artistica, oltre a un ambiente più salubre del Cessna e a cibi più sani di quelli serviti a bordo. Così, tra un incursione nella musica inglese del Rinascimento e un cofanetto giubilare, acquistò un poco di terra in Valdarno, appena trecentocinquanta ettari, comprendenti appena sei piccoli laghi e la dotazione d’ordinanza: villa, boschi, oliveto e vigna. Questa è Tenuta Il Palagio, che presentava al Vinitaly i suoi tre nazionali esportazione (con filtro): l’every day Chianti, cioè il Chianti Colli Fiorentini When We Dance ‘10 (sangiovese con 5% di canaiolo e colorino), semplicemente buono, il più verace dei tre. Ciliegia, buccia di pesca e fiori blu al naso, beva assai agevole, credibile corredo di frutto rosso, un’eco ferrigna, sorso asciutto e pieno fino al finale piacevolmente terroso. Con il Toscana IGT Casino delle Vie ’09 il taglio toscano accoglie un saldo di merlot e cabernet sauvignon che raffrena il mordente del sangiovese. Sensazioni di frutto maturo, terrine de canard, jalapeño e bosco, bocca che apre in polpa e morbidezza, disbriga i preliminari e si svolge asciutta e lesta, chiudendo su tannini alquanto ruvidi. Per finire, l’omaggio alla supertuscanitas, vero vino urbi et orbi: Sister Moon ’08, cioè sangiovese, merlot e cabernet sauvignon giustapposti ad arte. Morbido e di struttura importante, foncé, sciorina subito liquirizia e mora, lo strumentario di terpeni e pirazine dei due forestieri, la vaniglia e le tostature del rovere nuovo. Accattivante e impersonale, lo dico al responsabile commerciale che non si scompone. Tanto il vino si vende, specialmente in quelle outlandos d’amour dove si compra in valuta diversa da quella comune europea.

Carnuntum
È un peccato che i vini di Jörg Bretz siano irreperibili in Italia. Sono buoni, offrono ora rondeur e grassezza ben calibrate, insieme a infuse eleganze fruttate e minerali; ora un incedere leggiadro, scandito da eminenti freschezze soprattutto agrumate. Le degustazioni di Riserve in occasione delle fiere dimostrano attitudine all’invecchiamento. Non bastasse, sono persino economici. A Cerea si poteva degustare almeno una dozzina di vini delle tre aziende curate e rappresentate da questo viticoltore ed enologo: Bretz, Andert e Zwickelstorfer. Posso riferire di un grande Pinot Bianco ’08, sintesi di sale, cedro ed erbe aromatiche (salvia, menta, melissa), preciso e graduale al sorso, prima fresco e ficcante, nel secondo tempo maturo e rotondo nelle gradazioni di agrumi e spezie (zenzero, pepe bianco), articolato e di gran persistenza; del Grüner Veltliner ’08, cui le ghiaie chiare e le sabbie hanno reso finezza e complessità, ricordi di fiori bianchi, lime, vetiver, magnesia e mandarino, ben composti e persistenti; del Vinum Naturalis, chardonnay in purezza dai prevalenti rimandi a frutta gialla matura (regina claudia, banana), acidità “aranciata” e la consueta, spiccata salinità. A seguire il Grüner Veltliner Riserva ‘01 Buschberg, primo esempio di evoluzione virtuosa: il quadro organolettico riunisce in armonia un ricco e fine campionario di note d’evoluzione e il riverbero dei tratti giovanili. Spiccano tra le prime miele, spezie (cardamomo), sandalo, incenso, scorza di cedro candita, fiori macerati e a sorpresa il seme di senape; tra i secondi un fresco ritorno di fiori, agrumi e fave, svariato d’amaro. Il Ruländer 2009 da vigneti a conduzione biodinamica esprime unità e intensità già al naso con le lievi effusioni speziate e affumicate a impreziosire il frutto. La bocca è assai fresca e associa viola, giglio, ribes ed erbe aromatiche ai riscontri fumé. Molto sapido e lungo. Lo Zweigelt ’09 è compresso all’olfatto, cinerino, un impatto coerente con la fitta contestura dei sapori e la sensazione di volume, poi quella tattile dei tannini ben temperati. Nello ’07 la trama è già svolta e si stagliano ancora note di cenere, poi frutti scuri, rosa tea e terra, tutti persistenti. Il Blauer Portugieser ’09 è, per usare una definizione scolastica, il più tannico e richiama frutto nero, conifere, ginepro e pepe nero. In chiusura, il Blaufränkisch ’07: confetture di mirtillo e prugna, genepy, resina di pino e terra, freschezza già al primo impatto e progressione sinuosa, di crescente morbidezza. Persistenza leggermente inferiore rispetto alla Riserva ’07 che chiude la rassegna in un Magnificat, con i molteplici argomenti della sua eleganza: la superstite freschezza dei frutti rossi e scuri alternata alle loro confetture; erbe alpine, acqua di fiori (iris) e pino, curry rosso e incenso. Definizione, freschezza e persistenza.

Il tempo ci sfugge, ma il segno del tempo rimane [1]
Enologo vinificatore artigiano, si legge sul suo biglietto, ma Luigi Veronelli lo definiva l’Archimede Pitagorico del vino. Probabilmente erano in pochi a conoscere Gaspare Buscemi tra quelli che il 3 marzo hanno sborsato 450 euro per rendere più seducenti la cultura e l’immagine del vino. Il suo Collio Pinot Bianco Alture Riserva Massima 1987 figurava al Bibenda Day a fianco di celebrità come Salon e Monfortino, J.L. Chave e DRC. A Roma Gaspare non è sceso, probabilmente ha preferito mettere anche quel giorno la sua bottega semovente al servizio di un vignaiolo ligure, giuliano o piemontese, come ai tempi delle condotte enotecniche. A Villa Favorita c’era, con la solita cornucopia di bottiglie. Vederlo alle diciotto sotto l’assedio di un plotone di bikers in forma da Oktoberfest, lui fumante come una vaporiera, loro liquidi d’occhio e di loquela, è stato indimenticabile. Il comico è avvertimento del contrario: di primo acchito l’incontro tra l’uomo serio e gli easy riders mi è parso esilarante, tra il suo mescer mugugnando e le loro querimonie impastate. Poi ho inteso lo sdegno del miniaturista nel vedere lo scolaretto in gita squinternare i suoi codici come un sussidiario. Buscemi è artigiano vero e i suoi vini custodiscono, simili ai migliori manufatti, qualità e durevolezza. Connotati da grande coerenza e unità nell’integrazione degli elementi, affrontano il tempo e affermano il senso nobile della tecnica: rigore nell’esecuzione e libertà nel risultato. Tracannar vini come questi è uno schiaffo a estetica e cultura: perché proporsi di dar forma a una durata è esigenza di bellezza e di memoria. Fine dei miei pensieri inutili: ché quando ero ormai a un passo dal banco si sono udite mirabilie. Ho sentito Gaspare pronunciare l’impronunciabile e gelare gli aerofagi, accalorati nelle loro pelletterie. Bimbi, in silenzio e dietro la lavagna. Lontani, soprattutto, dalla grazia e dalla classe di due gemme:  le Riserve ’88 di Alture Bianco (pinot bianco in prevalenza) e Alture Rosso (merlot in prevalenza). I fiori, la nocciola, il miele e gli agrumi del bianco, le conserve di fragola e ciliegia, la rosa e la creta del rosso sono riflessi nitidamente conservati. Tuttavia, concedetemelo, sarebbe un sopruso esaurire la descrizione dei due vini in una sequela di riconoscimenti. La loro espressione del tempo è tensione emozionale tra presente e passato. Declinano la maturità senza nulla sacrificare a pulizia e tensione, facendone un vagheggiamento delle sensazioni e dei moti più giovanili e freschi. Sono simmetrici, la loro progressione è lenta e flessuosa. Come un liquido conciliabolo d’arpa, celesta e vibrafono.


[1] Baustelle, Le Rane, dall’album I Mistici dell’Occidente.

Immagini: quotidiano.net, bretzjoerg.com, gasparebuscemi.com

Emanuele Giannone

(alias Eleutherius Grootjans). Romano con due quarti di marchigianità, uno siculo e uno toscano. Non laureato in Bacco, baccalaureato aziendalista. Bevo per dimenticare le matrici di portafoglio, i business plan, i cantieri navali, Susanna Tamaro, il gol di Turone, la ruota di Ann Noble e la legge morale dentro di me.

5 Commenti

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She-wolf speechless

circa 12 anni fa - Link

Di Sting quel che rimane è il timbro della sua voce. Questa con il tempo si è raffinata e arricchita di sfumature. Così come la tua prosa. Per molti, ma non per tutti. Le sue ultime produzioni musicali però sono noiosissime. Da quando fa il gentiluomo di campagna in Tuscany e ha perso il mordente working class è diventato come il suo Supertuscan, impersonale. Hai ben scritto, tanto si vende.

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Giuseppe C.

circa 12 anni fa - Link

Mah, mi lasciano dubbioso per principio le incursioni di tanti apparenti pentiti del rock e del pop, anche se grandi, sul terreno della classica, dalla polifonica medievale a Shostakovich. Idem per il vino.

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Emanuele

circa 12 anni fa - Link

Concordo con voi. Il timbro, già inconsueto e riconoscibile, si è raffinato. Il signore mostrava interesse sincero per la classica già quando si trattava di attingere a poemi sinfonici e sinfonie ai tempi di Nothing Like the Sun: ad esempio il tema di Russians è tratto dal Luogotenente Kijè di Prokofiev, uno dei temi in Fragile da una sinfonia di Brahms...Ma quelle erano citazioni sapienti e ben "confuse" nel testo e nella partitura. L'interpretazione di musiche di John Dowland e poi l'autocelebrazione - Symphonicities, con la Royal Symphony Orchestra - sanno invece tanto di supertuscanity.

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Eleutherius Grootjans

circa 12 anni fa - Link

Persona seria il Buscemi, peccato che la fiera non sia ambiente adatto a far apprezzare il suo lavoro. Ma veramente era al Bibenda Day?

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Eleutherius Grootjans

circa 12 anni fa - Link

errata corrige: "..NON era.." - G.B. puoi confermare?

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