Le UGA di Greve in Chianti con Alessandro Masnaghetti (il video è proprio bello)

Le UGA di Greve in Chianti con Alessandro Masnaghetti (il video è proprio bello)

di Andrea Gori

L’associazione dei viticoltori di Greve in Chianti ha aperto la stagione degli assaggi autunnali con una chiccha di approfondimento degustativo coinvolgendo Alessandro Mapman Masnaghetti. Con esempi, tavolo e foto tratte dal suo ultimo libro proprio sul Chianti Classico (ora in prevendita, disponibile da fine settembre: “Il primo libro al mondo dedicato esclusivamente al territorio del Chianti Classico, ai suoi comuni, ai suoi vigneti e alle sue Unità Geografiche Aggiuntive (UGA).”).

Map Man

Ora, il lettore ha due strade, anzi tre.

1) Mettersi comodo in poltrona e vedere l’intera presentazione su YouTube. Non serve nemmeno dire quanto ne valga la pena e quante informazioni di prima mano escano fuori.

2) Leggere il mio report sotto con video autoprodotti nel mezzo. Strada più facile e quanto più possibile fedele all’originale.
3) Leggere il report e poi vedere il video per intero, ovvero: come diventare cintura nera di Chianti Classico in appena due ore.

Bene, chi ha seguito la strada 2 o la strada 3 mi segua.

Masnaghetti – con calma e umiltà che lo caratterizzano – ci ha condotti in un percorso (da rifare subito in bici, a piedi e anche in auto) tra le tante diversità di un territorio come quello del Chianti Classico che, oltre alla suddivisione in 11 Unità Geografiche Aggiuntive (le famose UGA) presenta molte altre sfumature.

Riprendendo in parte alcuni concetti già espressi in una degustazione simile pochi mesi fa a San Casciano, apre la lezione mostrandoci come il Chianti Classico sia una DOCG molto eterogenea dal punto di vista geologico con macigni (a parte Vagliagli) quasi solo sui monti del Chianti, mentre per il resto è soprattutto marne, con formazione di Sillano, alberese e altre argilliti a fare la parte del leone. Sui bordi a nord (San Casciano) si aggiungono i depositi fluviali e nella zona sud ovest alcuni depositi lacustri, colline dolci e argillose che somigliano a quelle delle Crete Senesi come forma ma ovviamente non come geologia.

A sud (Castelnuovo Berardenga), troviamo sabbie marine plioceniche e conglomerati, come a Poggio Bonelli e lungo la strada tra Pianella San Felice e San Gusmè. Un suolo simile lo ritroviamo sul colle di Montepulciano e nell’astigiano. In zona si chiama tufo senese ma non è tufo per niente. Il tufo è vulcanico, questa invece è sabbia marina compattata.

Come linee generali sappiamo che dove c’è più sabbia ci sono meno colore ma più eleganza e intensità di profumi, dove ho più argilla il vino è più ricco e pieno, con più colore e struttura, e nel mezzo ci sono tutte le altre sfumature che però hanno meno importanza sul vino rispetto ad elementi come microclima, boschi, coltivazioni attorno, altitudine, latitudine e venti.

Greve in Chianti in particolare si stanzia su 12mila ettari, con il fiume Greve nel mezzo e i monti del Chianti che fanno da confine orientale: rispetto ad altri comuni del Chianti Classico, ha in media molti ettari dedicati a olivi e bosco, anche più di altre UGA, e nello specifico è Montefioralle ad avere più oliveti di tutti.

La mappa geologica di Greve cosa ci dice?

C’è una distinzione grossa a Greve in tre sottozone dal punto di vista geologico ben distint. Abbiamo Destragreve che ha come suolo di riferimento il macigno presente anche nella zona di Dudda e Lucolena (oltre i monti del Chianti, guardando il Valdarno) con scaglia toscana, argilliti varie,  la riva sinistra della Greve (che comprende anche Panzano e Strada in Chianti) che ha come suolo argilliti e formazione di Sillano a nord (la stessa argilla da cui si fa il famoso cotto) e infine Montefioralle, che anche se sarebbe sulla riva sinistra ha in realtà nel sottosuolo quasi solo alberese se non nella parte a sud che ha pietra forte. Panzano poi scendendo ulteriormente nel dettaglio ha un poco di tutto con zone ben mescolate e sovrapposizioni molto sfumate.

Su macigno anche qui troviamo poca vite perché c’è poco suolo e siamo quasi subito su rocciamadre. Ruffoli (dove c’è Querciabella) ha macigno e vegetazione e cambia molto rispetto a Lamole e Greve, nonostante il suolo sia simile. Ruffoli è più siccitosa e ha meno bosco.

I vini in assaggio, intrigantemente degustati a coppie, ci hanno permesso di cogliere molte delle sfumature riportate nella trattazione pur ribadendo che le micro differenze di terroir e l’interpretazione umana spesso vadano oltre le differenze che possono nascere dal suolo stesso.

Ottomani Chianti Classico UGA Greve “sottozona Strada” 2020
Ricco, denso e scuro, mirtillo e ciliegia, tannino sfumato e rotondo, calore accennato, tocco di liquirizia e qualche linea speziata. 87

Tenuta di Nozzole Chianti Classico UGA Greve “sottozona Chiocchio” 2020
La zona del Chiocchio è sempre a nord, famosa per argille e vasi di terracotta, sotto troviamo soprattutto formazione di Sillano; il vino è caldo, fine e trasparente, floreale, viola e lavanda, sorso teso e sottile di bella acidità e sostanza, finale veloce e agile, grinta e piccantezza. 88

Santo Stefano Chianti Classico UGA Greve “sottozona Greti” 2019
Zona più a nord, esposta a sud-ovest quindi più tannino e struttura, meno caldo, c’è anche alberese sotto, note di viola, menta e susine mature, mentolato e balsamico con bella sostanza e finezza, tocco amarognolo e pepe nero, liquirizia, caffè e tostature. Finale di sostanza e durezza che si fa apprezzare con tannino più incisivo e terroso (più di Panzano in genere, tipico della formazione di Sillano) rispetto a zone più calde. 89

Villa Calcinaia Chianti Classico UGA Montefioralle 2019
Guarda est, più fresco, alberese si sente in acidità o che si sente di più, frutto più chiaro alberese senza terrosità, delicato floreale, viola vivida e giaggiolo, bergamotto e arancio,  il sorso com freschezza e agilità, beva sapida e fine, scorre veloce lasciando bel segno di grinta e grazia insieme, tannino di bella fittezza. 91

Terre di Melezzano “Chiandrè” Bio UGA Greve 2020 “sottozona Destragreve”
Sponda destra della Greve, vigne sono su Sillano in alto, pietra forte e macigno, mix tipico di qui, stile più santo stefano ovvero tannino più incisivo, terroso, bicchiere trasparente e fine, ossidazione lieve, menta, amarena, viola, zenzero e curcuma, tannino e freschezza belle, pochi spigoli ma tanto carattere. 89

Castello di Querceto Chianti Classico UGA Greve 2020 “sottozona Dudda Lucolena”
Zona sempre fresca, tra monti del chianti e Valdarno in basso, guarda il Casentino. Finora era anche dura avere maturità, ora perfetto per acidità in evidenza, stile qui è molto su frutto scuro amarena, visciole, prugne e mirtilli, torna terrosità e amarognolo a Sillano e argilliti, finale progressivo e ricco, tanta sapidità e menta, ritmo e vivacità a mescolare abbondanza e tensione. 91

Ca’ di Pesa Chianti Classico 2018 UGA Panzano
Ricco pieno e decisamente tipico della sottozona, siamo su poggio di Pietraforte, macrozona si sente molto (Rignana, La Massa, Rampolla) con sue note di mora di gelso e arancio rosso, pare balzare fuori dal bicchiere per intensità e dolcezza , quasi stucchevole al naso ma che poi in bocca trova equilibrio con mentolo ed eucalipto a dare ritmo e piacevolezza facili ma mai banali.Una bella sintesi di compatezza di Panzano con in più freschezza di Alberese su lato est (all’opposto di questo vino), mentre su lato ovest dove siamo qui ho più pesantezza in genere, qui non la trovo perchè annata è più fresca, in altre annate sarebbe stato più ricco e carico. 92

uga di greve mappa

[Lo storico fotomontaggio di Mapman è di Fabio Rizzari]

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

14 Commenti

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marcow

circa 2 anni fa - Link

"I vini in assaggio, intrigantemente degustati a coppie, ci hanno permesso di cogliere molte delle sfumature riportate nella trattazione pur ribadendo che le micro differenze di terroir e l’interpretazione umana spesso vadano oltre le differenze che possono nascere dal suolo stesso"
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Per me questo è il passaggio più rilevante dell'articolo.

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Andrea Gori

circa 2 anni fa - Link

infatti Masna lo ripete quasi come un mantra prima di ogni suo intervento...speriamo che i nerd del vino lo capiscano!

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marcow

circa 2 anni fa - Link

Le "SFUMATURE" ci sono anche in un TESTO(in questo caso mi riferisco al passaggio dell'articolo) che, come il vino, può essere "interpretato" in diversi modi.

Voi lettori come lo interpretate?

Andando a visitare il sito web di Vinous, oggetto di un altro dibattito, ho scoperto che tra i collaboratori della famosa rivista enologica c'è anche Masnaghetti.

Ora, poiché Vinous applica nelle sue recensioni il blind tasting, mi chiedo se è stato adottato in queste degustazioni del Chianti.
Anche per dare forza e credibilità al discorso delle differenze di territorio.

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Andrea Gori

circa 2 anni fa - Link

non si tratta di Chianti ma Chianti Classico. Un blind tasting con vini da suoli e UGA diverse è stato fatto diverse volte e le differenze a bottiglie coperte sono molto marginale e quasi mai significative. Una riprova del fatto che in ogni vino conta più la mano che il suolo che sta sotto le vigne

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Michele Rossi

circa 2 anni fa - Link

Infatti. Mi sembra che oggigiorno c’è la pulsione di dividere tutto in sottozone. Il piccolo gruppo di consumatori nerd, MW, master sommelier si farà le solite pippe mentali, viaggi con la fantasia, ecc per sottolineare le differenze (che poi alla cieca come hai indicato raramente spiccano), mentre il consumatore finale rimarrà confuso dalle sottozone in etichetta.

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Michele Rossi

circa 2 anni fa - Link

Per chi ha letto il libro: fa un’analisi neutrale e senza giudizi delle varie UGA dal punto di vista geologico, pedologico, climatico o fa un lavoro come quello del libro sul Brunello scritto da un’altra persona, dove le analisi più o meno approfondite fanno intendere le preferenze di chi scrive?

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Andrea Gori

circa 2 anni fa - Link

Il libro deve ancora uscire! Appena arriva lo recensiremo

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valentino

circa 2 anni fa - Link

Purtroppo ho partecipato a uno dei corsi di Masnaghetti, in passato, pagando pure da fesso qual sono.
Ecco questi corsi sono la morte totale del vino. Una lunga, pedissequa e noiosissima elencazione di suoli e rocce, Minuti che sembrano ore. E poi all'assaggio il colpo di grazia
"I vini in assaggio, intrigantemente degustati a coppie, ci hanno permesso di cogliere molte delle sfumature riportate nella trattazione pur ribadendo che le micro differenze di terroir e l’interpretazione umana spesso vadano oltre le differenze che possono nascere dal suolo stesso"
Ma allora a che cavolo serve questa analisi geologica del vino? E' completamente inutile, anche perché l'esposizione solare è molto più impattante di qualunque suolo sull'uva finale . Ma soprattutto questo tipo di approccio cancella la parte più importante. L'apporto umano e quindi culturale al vino, che dovrebbe essere la parte principale e invece stiamo a discutere di sabbie e argille. Chi beve Chianti e lo sceglie per quello che culturalmente rappresenta, mica perché c'è l'argilla. Ricordo esterrefatto quando il masnaghetti era al culmine dell'euforia: assaggiando due vini di terreni molto vicini ridacchiava" direste mai che questi due vini sono stati fatti a 5 km di distanza? sembrano distanti mille chilometri". Roba da chiodi

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Andrea Gori

circa 2 anni fa - Link

In realtà non è inutile semmai presa da sola è riduttiva. L’approccio di Masnaghetti è meno storyteller di altri e non è adatto a tutti ma solo appassionati hard core delle materia

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Michele

circa 2 anni fa - Link

comprendo, ma come sempre si va a parlare di inezie, di piccolezze che quasi nessuno rileva, salvo l'essere "guidati" o "indirizzati" da qualcuno nella degustazione. E la riprova è proprio il commento fatto sopra riguardo le degustazioni alla cieca.
Sulle sottozone, non trovo documentazione online. La trovo sulle UGA ma non sulle sottozone. La scelta è fatta da Masnaghetti o da geologi, pedologi, ecc? E' riconosciuta dal Consorzio (e quindi indicabile in etichetta) oppure è solo arbitraria?

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Andrea Gori

circa 2 anni fa - Link

“Destragreve” , strada, “sinistra greve” e Ruffoli sono usate da Masnaghetti ma non sono ufficiali, le Uga di Greve sono4 ovvero Montefioralle Lamole Panzano e Greve

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Mattia Grazioli

circa 2 anni fa - Link

Tutte le info aggiuntive sono belle ed importanti per un motivo che esula dalla qualità del vino; creano aspettativa e plusvalore.
A parità di qualità, un consumatore predilige essere informato e certificato.
A livello di marketing, siamo ai tempi di Napoleone, con la differenza che qui siamo molto ma molto più individualisti sulle vinificazioni.

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vinogodi

circa 2 anni fa - Link

...boh... solo io , bevendo qualche Nerello dell'Etna , percepisco sensazioni granitiche /acide o sialiche, come avessero un elevato tenore di silice in base alle microzone di crescita del cono vulcanico? ...chiaro , la discriminante , palese , è relativa a sensazioni andesitiche o neutre, come avessero un tenore medio di silice, ma su alcuni vini della contrada Calderara Sottana decise note basaltiche o basiche o femiche non le percepite distintamente?

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marcow

circa 2 anni fa - Link

Sui vini vulcanici dell'Etna ho trovato un articolo che ne parla.
Da questo articolo ho estratto questo pezzo che parla delle ceneri che cadono sulle vigne perché l'Etna è un vulcano attivo. Abbiamo discusso appassionatamente di questo tema del terroir che divide anche gli Esperti di tutto il mondo. Ho trovato anche in Francia delle opinioni diverse tra esperti.

Dal Web:
"LA CENERE CHE CADE SULLE VIGNE
In questo contesto non possiamo infine dimenticare che l’Etna è tutt’ora uno dei vulcani più attivi al mondo. Basti pensare che negli episodi parossistici (eruzioni eccezionalmente esplosive) del dicembre 2015 sono stati eruttati in soli 3 giorni quasi 14 milioni di tonnellate di nuova cenere vulcanica che chiaramente si è depositata al suolo.

Foto di repertorio con vite coperta di cenere vulcanica
Questo apporto può essere estremamente variabile di anno in anno ma rappresenta un contributo in composti inorganici che “piovono letteralmente dal cielo” che non si può trascurare. La tabella di seguito evidenzia la composizione chimica media della cenere vulcanica dell’Etna.

SiO2 TiO2 Al2O3 FeOtot MnO MgO CaO Na2O K2O P2O5
50% 2% 16,75% 11% 0.25% 4% 8,25% 4% 3% 0,75%
Si nota immediatamente che al di là della silice, componente principale di tutte le vulcaniti, sono i composti in ferro, alluminio e calcio ad essere maggiormente rappresentati.

Capiamo quindi come in questo contesto geologico e pedologico più unico che raro, per quanto sia sempre notevole l’intensa attività dell’uomo, sopratutto agricola, che sin dall’epoca romana ha interessato questa zona del’Etna, non potremo mai prescindere dalla natura vulcanica del suolo e le sue magnifiche sfumature, le sue differenze sia geografiche che temporali e quindi le sue interminabili trasformazioni. L’Etna è notoriamente il vulcano più studiato al mondo, proprio per via della sua affascinante complessità"
(Dal Web. Le ceneri dell'Etna nella degustazione dei vini vulcanici dell'Etna)

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