Il perricone finally | Arturo di Lanzeria 2006 Guccione

di Mauro Mattei

Certe varietà rischiano di passare inosservate, e il perricone, per un lungo periodo, è stato una di queste. Sentite che storia. Partner vinoso dello scuro ed irruento nero d’Avola, ha sempre giocato il ruolo del gregario, senza infamia e senza lode. Niente scatti in salita, né fughe in solitaria; al massimo potevi trovarlo lì – nel bicchiere – a tirare la volata al suo compare nerboruto. Eppure, il nostro piccolo eroe, non ha mai difettato di personalità, lasciando intravedere le sue ottime referenze: elegante, mai un muscolo fuori posto, per certi versi quasi femminile. Insomma, l’ideale per contrapporsi ed intrecciarsi allo stile espresso dal suo famigerato compagno di merende.

A dirla tutta, quella tra perricone e nero d’Avola è una joint-venture d’eccellenza, tanto che i risvolti mediatici riguardo questa presunta love story non sono mai mancati. Basti pensare a vini, pluricitati e pluripremiati, quali lo “storico” Rosso del Conte di Tasca d’Almerita (direttamente dal palermitano) o il più recente e polputo Ribeca di Firriato (pescando dal trapanese, dove il perricone è conosciuto con il nome di pignatello).
Insomma – facciamola breve – questa benedetta uva “comprimaria”, trascorsi decenni a nobilitare le rusticità altrui, si appresta a ritagliarsi con successo un proprio spazio solista.
Fra i (non) numerosi esempi a disposizione nostra e degli eno-appassionati col pallino della varietà autoctona, c’è ne è uno in particolare che ci ha colpito. Si tratta di Arturo di Lanzeria degli (ormai mitici) fratelli Guccione di Monreale: un vino che si appresta a diventare un vero e proprio cult fra gli addetti ai lavori, tant’è che se ne parlava qui (gia un po’ di tempo fa) ma se ne parla ancora oggi di qua.

Francesco e Manfredi Guccione hanno – in campo agronomico ed enologico – una mano decisa e misurata. Sfoggiano da sempre e con disinvoltura il loro asso nella manica: il territorio. Sin dall’inizio della loro avventura enoica hanno saputo giocarsi la carta di un terroir estremamente particolare e favorevole, sfruttandola alla perfezione. Il loro rapporto con la terra è intenso e viscerale e questo legame sembra amplificato dal’uso della biodinamica.

Tutta la produzione aziendale è degna di nota ma in particolare il vino che vogliamo raccontarvi oggi (100% perricone per l’appunto) – dal nome e dal carattere bizzarro – ha un impatto unico e sviluppa tutta la sua singolarità, senza perdere il contatto con i toni varietali dell’uva che lo genera.
Nel bicchiere scopriamo un colore granato cupo, che si scarica verso l’unghia. Il naso si apre su toni di petali appassiti e rimanda a sensazioni fruttate che ricordano l’amarena e la prugna. La bocca è sostenuta e resa vitale da una piacevole freschezza e da un tannino, tutto sommato, sottile e fine. La retro-olfazione è guidata da una peculiare, quanto deliziosa, nota “decadente” che marca per intero l’assetto dei ricordi aromatici.

E’ un vino cerebrale, non facile, che colpisce e piace grazie alla sua eleganza e profondità. Nel bicchiere è espressivo, personale e non sfocia in alcun eccesso. Noi non ci troveremmo in impaccio nel definirlo come tradizionale.

Insomma, i fratelli Guccione ci propongono una bella storia e lo fanno in maniera esemplare, regalandoci un racconto intimo, sussurrato appena. Un racconto fatto di uva e terra.

Mauro Mattei

Sommelier multitasking (quasi ciociaro, piemontese d'adozione, siculo acquisito), si muove in rete con lo stesso tasso alcolico della vita reale.

16 Commenti

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Francesco Fabbretti

circa 14 anni fa - Link

Mauro, l'ho bevuto di recente e mi farebbe piacere se tu gli dessi un voto di massima, tanto per capire se stiamo sulla stessa frequenza d'onda. Ad ogni modo non so che annat hai bevuto, perchè metti l'accento su note un po' scure mentre io l'ho trovato molto aperto e fresco. p.s. dì la verità: vuoi rivincere il carciofino con "La retro-olfazione è guidata da una peculiare, quanto deliziosa, nota “decadente” che marca per intero l’assetto dei ricordi aromatici"??? (scherzi a parte me la spieghi meglio?)

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Mauro Mattei

circa 14 anni fa - Link

Ciao Francesco, penso tu abbia bevuto il 2007 (attualmente in commercio). Il 2006 è leggermente diverso (anche se la timbrica rimane la stessa) ha dei toni più cupi ed una sensazione "appassita" (non surmatura , intendiamoci) molto evidente nei ricordi gusto-olfattivi (leggi decadente..)eppure questo non significa che manchi di freschezza. Se dovessi dargli un voto (nota che va integrata dalla fascia di prezzo, molto conveniente), lo collocherei una spanna sopra gli 80 centesimi. p.s. ormai quello del carciofino è uno sport aziendale.

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Francesco Fabbretti

circa 14 anni fa - Link

comunque grazie per il voto, io il 2007 lo collocavo intorno agli 83/100 ma legendo il tuo articolo mi avevi dato l'impressione che lo avessi valutato molto di più

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Riccardo

circa 14 anni fa - Link

Parlate di un vino che sembra (dalla descrizione) buonissimo e poi vi fermata ad 83/100 ?? E poi, suvvia, questi voti sono tristi... molto tristi!

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Mauro Mattei

circa 14 anni fa - Link

Non vedo perchè un vino oltre gli 80 centesimi tu debba considerarlo triste. Arturo di Lanzeria è un vino buono da bere, più che interessante per lo stile che esprime e per i caratteri della varietà, oltretutto è collocato in una fascia di prezzo abbordabilissima (sui 10 euro in azienda). Non che tutti gli assaggi si infilino nella categoria "outstanding" ;-)

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Riccardo

circa 14 anni fa - Link

Mauro triste è dare un voto ai vini, è come alzare la paletta con i numeri al passaggio di una ragazza durante lo struscio del corso il Sabato sera...

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Andrea Gori

circa 14 anni fa - Link

questa è una ideona...sabato mi piazzo in via calzaioli!

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Riccardo

circa 14 anni fa - Link

non si sa mai che si facciano conquiste...! :-D

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Mauro Mattei

circa 14 anni fa - Link

Scusa se ho modo di rispondere solo adesso, la questione del "punteggio si, punteggio no" è vecchia come il cucco. Per quanto mi riguarda (e puoi farti un giro nello storico di Intravino per farti un'idea) è un elemento assolutamente accessorio e non me ne avvalgo. Preferisco tracciare un profilo emozionale del vino, d'altronde nel bicchiere non cerchiamo numeri ma sensazioni. E' pur vero che se mi viene richiesto di collocare un determinato prodotto in una fascia qualitativa avvalendomi di un punteggio in centesimi, non ho problemi a farlo. Non mi sembra ci sia nulla di male, anche se non rientra nella mia forma mentis. In particolare Arturo di Lanzeria (collocato fra gli 80 e gli 85 centesimi) è appena sotto l'eccellenza ed è un vino che consiglierei senza problemi a chi vuole confrontarsi con un territorio e con la capacità comunicativa dei fratelli Guccione. Spero di avere chiarito la mia (triste?) posizione ;-)

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Francesco Fabbretti

circa 14 anni fa - Link

credo sia giusto, anche se antipatico, dare un punteggio. Non loritengo un vezzo accademico; semmai un utile strumento da consegnare in mano a un cliente non particolarmente avveduto. Pesonalmente ho pagato il vino in questione 15 euro in un'enoteca di un amico a Roma e debbo dire, in tutta onestà, che il famoso rapporto prezzo/qualità ci stava a fatica. A 10 euro il discorso muta, ovviamente, anche se temo non sia semplice lavorarlo su Roma a quel prezzo. Al di là della poesia bisogna considerare l'apprezzamento dei clienti finali e valutare se sia il caso di proporre un certo vino. Purtroppo all'amico riccardo devo confessare che, se paragonassimo il vino a una bella donna, il nostro compito è anche quello di trovare il cliente interessato al suo aspetto, al di là del nostro personalissimo gusto

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Simone e Zeta

circa 14 anni fa - Link

Potremo misurare il Vino il belle donne e formulare un punteggio in "capacita emozionali di conquista", ovvero quanto un vino riesce a sedurre il gentil sesso. Questo serve ai consumatori ;-)

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Mauro Mattei

circa 14 anni fa - Link

..sei genio puro macerato nella vernaccia :-D

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Riccardo

circa 14 anni fa - Link

stessa cosa Francesco vale per i vini... ci sono vini che prendono voti enormi che a me non piacciono per nulla e viceversa...! Tutto è soggettivo e poche cose sono oggettive! semplicemente...

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Niki Marsél

circa 14 anni fa - Link

Un piccolo aneddoto. Sabato pomeriggio, centro di Milano. Una sfortunatissima kermesse di prodotti biodinamici (non c’è quasi nessuno). Sono davanti al banco d’assaggio di Guccione. Mi racconta della sua terra, dei vigneti, dei vitigni, della cantina e dei suoi vini. Sfoggio tutto il mio vocabolario di enoappassionato consapevolmente sconsiderato e tutto scorre via liscio finchè non chiedo di assaggiare “il vostro nerello mEscalese”. E lui, di rimando : “il nostro nerello mAscalese?”, con un inequivocabile accento sulla “A” galeotta e con quello che interpreto come un sorriso un pochino malizioso. Al chè penso “macosaminkiadici?”, ma rispondo (senza appello) “Si, il vostro nerello mEscalese”. Ci annusiamo con sospetto, poi io annuso il vino che mi ha versato, mentre lui mi guarda ancora perplesso. Il mio sospetto svanisce come ingurgito il liquido, così ne acquisto una bottiglia e me ne torno a casa, dove esausto mi addormento. Il mattino dopo mi alzo di buon’ora per scartabellare la mia biblioteca e trovare la conferma della mia vittoria, accorgendomi tuttavia che qualche spiritello in vena di scherzi si è divertito a sostituire in tutti i miei libri e riviste, la parola mEscalese in mAscalese. Alla fine mi devo piegare all’evidenza che l’ampelografia italiana ha perduto irrimediabilmente l’unico vitigno nominalmente lisergico nella storia della vitis vinifera, ma mi abbandono anche ad altre riflessioni un pochino più seriose. Ma chi glie l’ha fatto fare a questo di sciropparsi più di 1000 km (con tutte le spese del caso) per vendere una bottiglia all’enologo del sabato pomeriggio? Che soddisfazione possono provare i produttori attraverso il contatto diretto col pubblico nel corso di certe manifestazioni? E penso ancora a quanti sforzi sono richiesti ai piccoli vigneron per promozione e pubbliche relazioni, supplementari a quello che è il loro già duro lavoro. Alla fine spero che il signor Guccione non si arrenda (come me) a questi cattivi pensieri e continui a peregrinare per la penisola perché, per quel che vale il mio giudizio, quella bottiglia rimarrà sempre speciale per me.

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francesca ciancio

circa 14 anni fa - Link

avevo conosciuto i fratelli a vino vino vino l'anno scorso. al banchetto abbiamo parlato assai dei terreni che hanno. poi assaggio il trebbiamo e dico "sa di camomilla". uno dei guccione, purtroppo non ricordo il nome, mi tira fuori una foto e mi mostra un piccolo campo di fiori di camomilla presente nei loro terreni. il perricone l'ho riassaggiato quest'anno a villa favorita, loro al banchetto non c'erano. non so forse la bottiglia era aperta da un po', ma non era gradevole come ricordavo

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Mauro Mattei

circa 14 anni fa - Link

Ciao Frà, non a caso ho preferito valutare il 2006 piuttostochè il 2007. Quest'ultima annata è alquanto altalenante e devo ancora farmi un'idea precisa a riguardo. Per quel che riguarda i vini bianchi che propongono io penso siano i veri cavalli di battaglia dell'azienda: Veruzza (trebbiano in acciaio) e Girgis "Extra" (catarratto, sempre in inox) assolutamente sugli scudi.

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