Anteprima dell’altra Toscana | A me mi piace il Supertuscan

di Andrea Gori

Pergole Torte 2007Giusto una settimana per riprendersi dalle anteprime toscane ufficiali e siamo di nuovo in pista. L’annuale degustazione del catalogo Heres Distribuzione è un appuntamento imperdibile per assaggiare, tra le altre cose, una serie di cantine toscane (e non solo) di qualità spesso entusiasmante. Fuori dalla dilagante retorica autoctona, stavolta ci siamo fatti una bella scorpacciata di Merlot, Syrah e Cabernet toscani, quasi una razza in via d’estinzione. Ebbene, qualcosa di buono da bere c’è eccome. Basta togliersi di dosso il vestitino da enosnob ed assaggiare senza troppi pregiudizi.

Partiamo dai Supertuscan zona Chianti, blend di sangiovese e altri vitigni internascional oppure 100% sangiovese dei tempi in cui non si poteva fare un Chianti Docg con sangue di Giove in purezza. Uno de nostri beniamini è da sempre il Camartina di Querciabella, che presenta un 2006 arcigno e ancora introverso ma dalla muscolatura potente ed aggraziata, dedicato a chi cerca eleganza e ricchezza (85). Presentato anche il 2007 ancora in botte, più snello e accattivante e molto grevigiano (91). Che dire poi del meraviglioso Le Pergole Torte 2007, puro sangiovese, già provato 6 mesi fa e in questa fase incredibilmente più definito del 2006? L’etichetta viola con il consueto quadro inedito da scoprire è bellissima, l’eleganza e il fascino ineguagliabile del grande terroir sono immutati(93). Presente anche il Montevertine 2007 (sangiovese e canaiolo), succoso e bevibile, ancora giovane ma da mettere in cantina a casse (85). In mezzo a questi campioncini di eleganza, Percarlo 2006 faceva un pò il gradasso della situazione, presentandosi avvolto in un manto legnoso a dir la verità meno fitto del solito. Buona prova (86), ma visti i notevoli risultati della Riserva di Chianti Le Baroncole 2007, aspettiamo molto più fiduciosi la prossima annata.

Versante aretino per il Torrione di Petriolo, 90% sangiovese, umorale e boscoso, meno preciso rispetto al passato e forse più interessante in quanto tale (83). Ad un’incollatura il Podere Carnasciale, come sempre moumentale il cangiante Caberlot 2006 (solo in magnum, a noi è toccata la bottiglia numero 51), ricco di note balsamiche e speziate, senza eccesso di alcol (92) e piacevole il “base” Carnasciale (83).

Da Carmignano ecco il Ghiaie della Furba 2005, con il syrah che ruba sempre più la scena cabernet e merlot nell’assemblaggio, regalando una bella prova di polposità, con sensazioni fruttate leggere e pepate (86).

PalafrenoQuestione Merlot | Ormai il vitigno è lontano dai fasti di pochi anni fa ed è quasi caduto in disuso, per fortuna c’è chi lo sa padroneggiare bene e i risultati si sentono. Quello che ci ha più colpito è il Palafreno 2006 di Querciabella, biodinamico, ricco ma non troppo, elegante e diverso ad ogni sorso, vino di terroir più che di vitigno (90). Bella anche La Ricolma di San Giusto a Rentennano, sorso maschile come sempre ma con un sottobosco umorale da brividi. La struttura è imponente come al solito ma una rinnovata freschezza gli dona slancio (86). Passando sulla costa, ecco quello che è stato uno dei classici costosissimi ed introvabili del recente passato: il Messorio 2006, concentratissimo e ombroso, si concede poco al giudizio veloce per cui non ci sbilanciamo in voti, anche se non ci ha propriamente entusiasmato. Sua maestà Galatrona dalla Fattoria di Petrolo gioca un pò in difesa quest’anno ma è sempre un unicum di resina, cassis e toni balsamici, da attendere con fiducia in virtù di una snellezza più accentuata che in passato (88).
Nota a margine: con i prezzi non ci siamo assolutamente, praticamente la totalità di questi vini esce sullo scaffale a meno di 60 euro e oggi non son bruscolini.

Syrah quel che Syrah | Bella sorpresa da Tenimenti d’Alessandro che presenta Il Bosco molto macho ma bevibile, senza la consueta pesantezza da bodybuilder (87). Il lato femminile della tenuta viene fuori con il “nuovo” cru Migliara dalla grafica stupenda e dalla leggiadra beva francese  in divenire: non fosse così caro lo metteremmo subito in cantina (94). Sulla costa, lo Scrio non ci gasa più di tanto, va un pò sul vegetale ed esagera di estratto, ma tra i tanti è davvero quello meno pronto ad essere bevuto (82).

Bolgheri non Bolgheri | Ottima la prova del “base” di Le Macchiole, fresco fruttato e fragrante come mai, di una piacevolezza disarmante addirittura (85). Ottimo e sempre particolare il Paleo 2006, forse la migliore annata di sempre per questo vino, che ci sembra ogni anno incarnare sempre di più Le Macchiole stesse (93). Caiarossa da Pisa presenta il grand vin omonimo sontuoso e sfaccettato, con un blend inedito dove il sangiovese mette in riga 6 vitigni internazionali e li fa marciare dritti alla meta, costoso per un esordiente ma sono soldi ben spesi (90). Più semplice il Pergolaia 2006 ma capace di regalare una beva già pronta e coinvolgente (85).
Ora passiamo ad Oliviero Toscani, o meglio a sua figlia Lola che con piacere registra l’ennesimo commento fotocopia “non è così pesante come sembra“. Il blend di petit verdot, merlot e syrah, è un pò sospeso e poco legato al terroir ma fa ben sperate per il futuro (e qui siam d’accordo con Francesca, 82). Il prezzo sembra ancora poco centrato.

Finale da incorniciare con due classici di “vero” e sano terroir. A suggellare il tutto due assaggi tra i più entusiasmanti di sempre anche se agli antipodi. Il Brunello di Montalcino Riserva 2004 Poggio di Sotto (96) e il Clos des Lambrays 2008, un pinot nero di quelli che ti fanno capire d’un tratto cosa significhi emozionarsi per davvero per un bicchiere di vino (97).

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

4 Commenti

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Simone e Zeta

circa 14 anni fa - Link

Non v'è dubbio Pergole Torte 2007, gran vino. Sorpresone il Merlot di Querciabella ed il Cabernet di Isole e Olena....se ne trovassero a Bolgheri di Internazionali di questo calibro...

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Bernardo

circa 14 anni fa - Link

Del piano terreno (con i toscani) è stato detto tutto. Segnalo invece dal piano primo piano un paio di chicche straniere: sicuramente i riesling della Mosella di Willi Schaefer e lo Champagne Fleury: è stato il primo produttore a produrre in biodinamico nella regione, convertendo il vigneto già alla fine degli anni '80. Allo stand c'era la simpaticissima Morgane Fleury che oltre ad occuparsi dell'azienda di famiglia, ha aperto un anno fa a Parigi "Ma cave Fleury" ovvero una tenera "cave éco-logique", come la chiama lei. Un piccolo wine bar in piena Parigi con attenta selezione di sole aziende biodinamiche.Per gli appassionati del genere e non solo, un posto che consiglio vivamente. Qui link del suo sito http://macavefleury.wordpress.com/

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Luca Cravanzola

circa 14 anni fa - Link

@gori, mi permetto di darti del tu, per comodità, non per mancanza di rispetto. Vorrei porti una domanda: Questi prezzi sempre molto alti, come sono giustificati dai diversi produttori? Perchè per un ottimo Barolo (vedi Ratti o Cavallotto o Rinaldi o Cappellano) mi bastano 30-40 euri in enoteca (idem con patate per il Brunello vedi Mastrojanni o il Poggione o Capanna ) e ancor meno per un Barbaresco??? (vedi Produttori del Barbaresco, Cascina delle Rose, Montaribaldi, Cantina del Pino, Vigin) P.s: mancano all'appello ancora moltissime docg e produttori sopraelencati. Quello sopra è e vuole essere solo un banale esempio dei primi nomi\denominazioni storiche e radicate da decenni nel terroir che mi venivano in mente. Nulla di più. Grazie per la tua eventuale risposta. P.S 2: oltre a quello dei produttori stessi, interessa anche il tuo pensiero. Saluti.

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Andrea Gori

circa 14 anni fa - Link

i Merlot sono sempre stati vini prezzati in maniera assurda in Toscana, quasi sempre cercando di bissare il successo del Masseto di Ornellaia che è riuscito per qualità e marketing molto studiato, a divenire un vino di culto e dai prezzi stratosferici (l'ultima annata va sullo scaffale a non meno di 350 euro). In genere sono piccole produzioni, di non più di 2-3 mila bottiglie spesso e per l'azienda rappresentano una chicca usata per dar lustro alla cantina e avere un "extra premium" da far vedere. Spesso sono anche dei grandi vini, ma assolutamente sproporzionati nel prezzo se si guarda cosa si compra per quelle cifre in denominazioni più storiche

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