Alepa, il Pallagrello e la questione meridionale

di Andrea Gori

Il Pallagrello oggi è un fenomeno di mercato – 350mila bottiglie sempre esaurite tra bianco e rosso, e prezzo delle uve in crescita ogni anno – ma nel casertano questo vitigno un tempo si doveva coltivare per legge: Ferdinando IV lo inserì tra le varietà da salvaguardare. Poi, con Garibaldi e la filossera, dell’uva si persero quasi le tracce, fino a pochi anni fa quando due avvocati (Mancini e Barletta) decidono di provare a tirarne fuori un grande vino. A Caiazzo nascono Vestini Campagnano, Terre del Principe ed altre realtà produttive, come Alepa, che inizia la sua storia negli anni ’80, da Aglianico e Cabernet per poi riconvertirsi alla vocazione storica del luogo.

Oggi Alepa è una azienda in crescita che comincia a capire le potenzialità del vitigno in maniera sottile e ripettosa, senza scorciatoie enologiche ed eccessi in cantina, ascoltando il più possibile il genius loci. Enologo è Maurizio de Simone. Ecco i nostri assaggi con Paola Riccio, titolare e direttrice dell’azienda di famiglia.

Santojanni 2008 Terre del Volturno IGT
Falanghina 70%, greco 30%
Dolce e floreale di ginestra, tropicale papaya e albicocca, iodato, pesca gialla noce, bocca appena sapida succosa, corpo deciso e bel colore dorato, finale interessante, 14,5% ma si avvertono appena.

Riccio Bianco 2008
Pallagrello bianco 85%, falanghina 15%
Muschiato e floreale bianco, sambuco e biancospino, gesso. Sapido, salvia e carciofo, bocca elegante con acidità non eccessiva, bel finale di mimosa con ritorni citrini, persistente e ricco nel palato. Coccola con spezie, zenzero e curcuma. Bello il filo conduttore sapido/minerale tra i due vini, diversi vitigni ma sensazioni molto vicine.

Maria Carolina 2009 (anteprima)
Pallagrello bianco in botte da 500 litri, 6 mesi
Molto poco simile al cugino pallagrello senza passaggio in legno, pare quasi un viogner con più iodio e sale. Più che singoli riconoscimenti, un tutt’uno tra fiore frutta e territorio che colpisce e si fa ricordare, ora, più per la suadente persistenza che per l’intensità al naso. Vino quasi poderoso ma anche sottile come espressione. Ne attendiamo l’uscita definitiva con molta curiosità.

Palenio Terre del Volturno Igt 2007
Aglianico e Cabernet
Mirtillo e cuoio e sandalo, minerale in sottofondo, ciliegia, bocca ispida classica da aglianico giovane, tannica e intensa ma aspettando esce bene la frutta di bosco e la marasca. Dalle uve dei vigneti impiantati nel 1982 attorno alla casa padronale.

Riccio Nero Terre del Volturno 2007
Pallagrello rosso
Particolare mix di note balsamiche e rabarbaro, humus e orzo, frutta sotto spirito, ribes nero e pepe nero, vetiver, bocca piú semplice, beva interessante, tannino mordace ma non esagera, non molto persistente, finale di frutta croccante. Da uve non di proprietà, vigneto a tendone.

Assaggiando i vini di Alepa, capiamo che il pallagrello bianco (ma per certi versi anche il rosso) ha potenziali olfattivi grandi, ma non evidenti, e che possono indurre in tentazione, esagerarando con legno e intensità. Specie il bianco, che ha una dimensione molto intima e personale, non così accattivante come altri bianchi della regione. Ma ha classe e personalità molto diverse che escono alla distanza e che potrebbero sfuggire ad un consumatore distratto. Il rosso ha naso di una complessità notevole e anche qui la tentazione di farne un super-qualcosa con tagli di altre uve o abuso di legno può generare mostri. Invece il pallagrello è un vino che legge il terroir esprimendone con semplicità le note iodate saline e minerali, mescolandolo a florealità e aromaticità mediterranee nel bianco, e balsamico-fruttate nel rosso. Persino l’olio (frantoio, leccino e caiatino) ha un che di lieve, gessoso e floreale, molto legato ai profumi di queste terre.

La sensazione è che siamo agli inizi della comprensione del vitigno ma già, non essendo negli anni ’90 e nel segno della barrique, ci sono spiragli di piacevolezza e schiettezza quasi commoventi, ed una bella storia ancora tutta da scrivere così come tutto da esplorare è il potenziale turistico della zona: pensare di visitare la Reggia di Caserta al mattino e la sera sorseggiare pallagrello in queste colline è un must che ogni ente pubblico avrebbe il dovere di considerare.

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

21 Commenti

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kenray

circa 14 anni fa - Link

ok ragazzi ora mi suicido. ho capito 1/5 di quanto ha scritto il sig. Gori e sono audace nella proporzione. due son le cose. o io quando assaggio il vino ho le papille gustative andate o l'enotecaro di turno mi vende dei falsi made in china. cito : "Particolare mix di note balsamiche e rabarbaro, humus e orzo, frutta sotto spirito, ribes nero e pepe nero, vetiver" rabarbaro so cos'è, sono un bevitore di Zucca humus? un anima pia me lo spieghi please orzo? tostato o fresco? frutta sotto spirito che. uva sultanina, ciliegie, pesche? cosa!!! ribes nero mai assaggiato solo quello rosso. pepe nero si, ma essendo un esperto pepaiolo vi garantisco che ne esistono decine di varietà tutte particolari e poi..vetiver...VETIVER.. scusi sig Gori mi dica cosa fuma che brevettiamo. soldi a palate:) sig Gori ora lei mi odierà lo sento. un altra cosa. capisco la filossera, ma Garibaldi, pace all'anima sua, che c'azzecca? ha forse estirpato con mano di sua sponte i vitigni citati perchè gli stavano sui maroni?

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Mario Crosta

circa 14 anni fa - Link

Il ribes nero (czarna porzeczka in polacco, blackcurrant in inglese) e' molto diffuso in Europa centrale e settentrionale, e' un cespuglio coltivato su vasta scala addirittura come da noi si fa con le fragole e ne fanno dei succhi presenti in tutti i supermercati perche' e' molto salubre (ricco di vitamina C, ma non solo). Ci sono degli aromi che non conosciamo, e' vero, ma sono degli aromi precisi e sono soltanto questi e non altri, ecco perche' chi li avverte e' meglio che metta il nome preciso, anche se qualcun altro non li conosce. Chi conosce il lici? Eppure nei Sauvignon del Nuovo Mondo c'e' anche quest'aroma. O la papaya (in genere candita, rossa, si vende a pezzi alla fiera degli O Bej O Bej a Milano). O altri, che ogni commentatore puo' facilmente qui nominare. Gori, che si firma con nome e cognome non soltanto in questo blog ed e' conosciuto da molti, secondo me ha scritto sulla base di cio' che ha riconosciuto e ha fatto bene, senza inventare chissa' quali poemi descrittivi. Comunque l'osservazione critica relativa a orzo, frutta sotto spirito e pepe ("ne esistono decine di varietà tutte particolari") e' invece molto interessante e da parte mia terro' conto certamente di questo saggio consiglio. Perche' odiare uno che ti da' un ottimo spunto di riflessione? Io lo ringrazierei...

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Andrea Gori

circa 14 anni fa - Link

non la odio, non si preoccupi! nelle mie descrizioni cerco sempre di evitare i sentori più disparati e mi concentro su sentori comuni o facilmente sperimentabili. Nello specifico, in genere mi baso sulle marmellate Ikea, sui gusti delle marmellate bio di Rigoni Asiago e su molti bagnoschiuma dove il vetiver la fa da padrone. Certo che "selvatici" hanno profumi più intensi ma basta soffermarsi nel corridorio del supermercato per sperimentare un poco. Per "humus" intendo il terriccio fresco da giardino o il profumo che ha un sottobosco d'autunno leggermente bagnato, l'orzo lo intendo tostato, la frutta sotto spirito intendo in genere quella rossa , ribes nero vedi ikea e vetiver vedi Guerlain e simili. Per Garibaldi invece si intende la questione dell'Unità d'Italia e una sorta di imperialismo del nord contro il sud che dopo l'Unità italiana (o conquista e saccheggio dei Savoia al Regno delle Due Sicilie a seconda dei punti di vista) ha visto anche in campo enoico sparire alcuni tradizionali vitigni tipici del meridione, non più incoraggiati come lo erano alcune varietà dai Borboni "illuminati".

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Angelo Di Costanzo

circa 14 anni fa - Link

Bella rece Andrea, non fosse altro che per campanilismo :-) Pur apprezzando il lavoro di Paola, che senz'altro tra qualche tempo esprimerà meglio il lavoro di recupero e valorizzazione che sta portando avanti nelle sue vigne, rimango dell'idea che "l'autenticità" del Pallagrello Nero in terra del Volturno (di cui però, per inciso, si ha pochissima memoria liquida a testimonianza, dnr) è ancora cosa appannaggio di Vestini Campagnano e di quel fenomeno chiamato Ambruco di Manuela Piancastelli e Peppe Mancini. Chi è errivato dopo ha senz'altro tanta voglia di fare e sperimentare, ed in qualche caso la consapevolezza di quali errori siano stati commessi prima, leggi per esempio il tentativo di speculazione che ha visto per almeno un quinquennio fior di nomi della viticoltura campana cercare vigne ed uve in terra casertana per "completare" la gamma aziendale, non riuscendovi: forse il Pallagrello come il Casavecchia, sono vini che più degli altri hanno bisogna di una storia e di una azienda radicata fortemente in loco per esprimere al meglio tutto il loro potenziale qualitativo ed evocativo. Saluti.

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oivatto

circa 13 anni fa - Link

grazie sig gori con le sue spiegazioni semplici alla piero angela fa si che chi come me si stia avvicinando al mondo del vino capisce in modo semplice e concreto i vari sentori. grazie ancora sig. gori (il piero angela del vino, se me lo permette)

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Andrea Gori

circa 13 anni fa - Link

si fa il possibile oivatto! grazie dei paragoni, ma sto molto più in bacco di piero angela... a presto e continui a seguirci!!!

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kenray

circa 14 anni fa - Link

sig Crosta lungi da me dal dileggiare il sig. Gori volevo solo sottolineare quanto difficile sia per noi "umani" comprendere siffatta descrizione di un vino buttandola sull'ironia. io, ma credo come il 99,99 % dei consumatori, usa un sistema di giudizio abbastanza semplice. è buono mi fa schifo cosi cosi discreto a volte comprendiamo le macro sfumature. oltre non si va. sto frequentando intravino per imparare sia chiaro. non credo che arriverò mai a tanta completezza papillo-olfattiva. conosco i miei limiti. ma se voi riuscite a farlo chapeau. mi inchino e rosico.

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Mario Crosta

circa 14 anni fa - Link

Non ho mica detto che lei ha dileggiasto Gori, anzi se fossi Gori la ringrazierei appunto per il suo spunto di riflessione su quei tre gruppi di aromi (orzo, frutta sotto spirito, pepe). Non sono molti che hanno, come invece dimostra invce di avere bene lei, sensibilita' per una maggior precisione nelle descrizioni olfattive, anche per rendere un servizio maggiormente utile ai lettori. Che una volta si limitavano appunto a quel semplice schemino che ha ricordato bene lei, ma che oggi preferirebbero non avere sorprese in caso di acquisto di qualcosa che non si conosce, come potrebbe essere per il 99,9% il pallagrello, ed e' meglio farsi un'idea piu' precisa degli aromi e dei sapori cui vanno incontro. Non si stupisca pero' dei limiti; ce li abbiamo tutti. E non si metta in testa di non arrivare a certe ampiezze papillo-gustative. Nel 2003 a Eger trovai finalmente un aroma che avevo sì individuato anni prima in un vino ungherese, ma che non conoscendolo non ero riuscito a descriverlo: l'uva spina dalla buccia viola. Conoscevo solo quella dalla buccia verde, che ha altre caratteristiche organolettiche. E sì che bevo vino fin dal 1969. L'importante per lei, come per tutti, compreso chi scrive, e' la curiosita'. C'e' sempre da imparare.

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antonio tomacelli

circa 14 anni fa - Link

Ken, mi dispiace per te, ma il Gori ha un naso al plutonio ed esperienza a chili. Più volte anch'io resto perplesso, ma se mai ti dovesse capitare di degustare insieme a un simile mostro capirai. Oh se capirai! :-) P.s.: non può esserci paragone possibile tra chi beve una bottiglia ogni due-tre giorni e chi assaggia "giornalmente" sette-otto vini

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antonio tomacelli

circa 14 anni fa - Link

Oh, sia chiaro: nella categoria "due-tre-giorni" ci sono anch'io!

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Andrea Gori

circa 14 anni fa - Link

l'idea è che su intravino i post e quello di cui scriviamo possano essere apprezzati dal pubblico più ampio possibile quindi cerchiamo di restare meno criptici possibili e di far capire che un vino vale la pena di essere assaggiato oppure no. A volte possiamo apparire un pò esagerati con i riconoscimenti ma appunto quelli sono per Mario (che ringrazio per l'intervento) e quanto si dilettano a discernere i sentori più disparati. Per tutti gli altri ci basta sollevare un po' di curiosità e ci scusiamo se (a volte) finiamo con lo spaventarvi. E in conclusione, tranquillizzo i lettori dicendo che per apprezzare il pallagrello non c'è assolutamente bisogno di riconoscerci questi sentori, anzi...;-)

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Francesco Fabbretti

circa 14 anni fa - Link

Andrè... da come hai descritto quel Pallagrello nero mi sa che non mi piace mica tanto... cmq, anche quello di vestini campagnano non mi ha colpito particolarmente: anche lì naso troppo incentrato su trame scure con una leggera scissione alcoolica che per me è sempre fastidiosa (se poi vogliamo chiamarla "marasca sotto spirito" per indorare la pillola va pure bene). Bocca fredda, più che fresca, in cui la polpa (molto meno di quanto prefigurato al naso) digerisce a fatica dei tannini corticali talbvolte fastidiosi.

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Andrea Gori

circa 14 anni fa - Link

sicuramente il pallagrello bianco è al 70% del suo potenziale, quello nero al 30%, diciamo che per ora si è investito di più in quello bianco, per il futuro vedremo...

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Mauro Erro

circa 14 anni fa - Link

Nanni Copè, Sabbie di sopra il Bosco 2008. Qua il pallagrello nero arriva al 70% di espressione. Volendo dare i numeri. Volendo darne altri credo che Armando Castagno gli abbia messo 91+. Io come si sa non metto punteggi. (92). :-) Provalo. Un saluto e un complimento a Paola.

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Francesco Fabbretti

circa 14 anni fa - Link

@ Mauro L'ho bevuto con Giovanni Ascione e ne abbiamo parlato ampiamente. La materia è sicuramente presente ma come ho detto anche a lui, il vino mi è apparso percorso da due "tensioni" estremamente nobili (freschezze e acidità da un lato, importanti presenze di tinte più cuope e tannini mordenti dall'altra) che, all'epoca della mia bevuta (4 mesi fa) sembravano marciare senza una integrazione piena. Per citare un paragone letterario direi che sono vivamente presenti l'anima di "Eusebio" e quella di "Florestano", non riesco a intravedere la sintesi del "Maestro Raro" (non allludop al vino, of cuorse). Stimo e ammiro Armando in maniera assoluta, per cui, se lui ha dato un giudizio del genere, mi inchino al suo giudizio e faccio esame di coscienza. Per quanto mi riguarda il mio personale punteggio oscilla tra 87 e 88 punti.

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Nelle Nuvole

circa 14 anni fa - Link

Kenray, premetto che per me ormai sei un mito per come non temi di fare le domande che tanti altri non osano fare, con uno stile ruvido dai sentori a volte di caserma, ma sempre centrato. Detto questo, c'é una via di mezzo fra una percezione del vino semplificata nel "mi piace o no" e quella codificata dagli "addetti ai lavori" come scrive Fabbretti. Se un vino ci piace, così come un libro, un film o persino un altro essere umano, abbiamo anche voglia di capire il perché di questo piacere. E una volta che lo abbiamo capito noi ci viene anche voglia di raccontarlo a qualcun altro, da qui un linguaggio comune, che a forza di bere con intelligenza si assimila senza accorgersene.

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Francesco Fabbretti

circa 14 anni fa - Link

A scanso di equivoci, Andrea ha scritto una "recinzione" da manuale sui vini degustati. Credo che la confusione del signor Kenray nasca da un problema reale che non è certo nelle parole dell'articolo prese in sè. Quello che mi è stato insegnato "scolasticamente" è che la scala dei marcatori olfattivi, assieme a quella dei parametri gustativi, sono un terreno comune per gli "addetti ai lavori". In sostanza, attraverso un linguaggio molto più codificato di quanto si possa immaginare, è possibile che due sommelier (o similia) si raccontino la struttura di un vino comprendendosi immediatamente, pur senza la necessità di un bicchiere sottomano. Quando ci si rivolge ad una persona priva di quel bagaglio, di solito, non si usa quel linguaggio codificato, proprio per evitare di incorrere nelle problematiche che si sono evidenziate. Tutte le rofessioni hanno un "doppio" vocabolario; non capisco come mai si sia sempre molto puntiglisi su quello della nostra. Forse perchè, dopo esserci scoperti una nazione di santi, navigatori, poeti e ct, adesso abbiamo capito di essere anche una nazione di sommelier?

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Diodato Buonora

circa 14 anni fa - Link

Per il signor Gori. Mi sono permesso di copiare ed incollare questo pezzo sul mio blog, naturalmente citando la fonte e l'autore. Buona giornata.

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giorgio

circa 13 anni fa - Link

oggi l'ho bevuto al wein festival di Merano e mi è molto piaciuto

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