Aglianico contro | Basilicata batte Campania 1 a 0

di Antonio Tomacelli

aglianico

Aglianico contro | Basilicata 1 – Campania 0. Fosse stata una partita di calcio sarebbe questo il risultato ottenuto l’altra sera sul campo neutro del ristorante Perbacco di Bari dagli aggressivi lucani. La partita – amichevole solo a parole – era organizzata dalla colonna pugliese dei forumisti del Gambero Rosso, capitanata da Luciano “Vignadelmar” Lombardi, oste in quel di Monopoli. Affollata la tribuna V.I.P., con i posti migliori assegnati alle cantine del Vulture. In prima fila, la frangetta di Elena Fucci, grande tifosa della compagine vulturina e del suo Aglianico Titolo, oltre a Rino Botte di Macarico. Outsider di lusso, Gianfranco e Simona Fino, produttori dell’anno per la guida del Gambero. Unico campano presente, un tifoso scalmanato di nome Luciano Pignataro, controllato a vista dal sottoscritto. In campo, tredici giocatori di età ed esperienza diverse, ma tutti belli tannici e con una preparazione atletica invidiabile, compreso l’unico “straniero” presente, un Aglianico della Daunia che ha ben figurato.

Ma veniamo alla partita: perchè ho dato vincenti gli Aglianico del Vulture? La squadra lucana mi è sembrata davvero compatta e convincente, meno sfilacciata, capace di risolvere al meglio la difficile equazione vitigno-terroir. I vini risultano magari un po’ ruvidi nelle annate più giovani ma alla distanza escono eccome! Naso in generale semplice ma sempre molto pulito, con una bella viola in primo piano. Unico neo, forse, una barrique talvolta ingombrante al gusto: con vini così longevi, meglio le botti grandi degli avi.

Migliore in campo il Don Anselmo delle Cantine Paternoster, giocatore massiccio nel fisico ma dalla pedata elegante, capace di risolvere qualsiasi cena col tocco vincente. Più che un vino, un manuale dell’Aglianico cui fare riferimento. Solo un passo più indietro il Titolo di Elena Fucci, giovanissima promessa della denominazione lucana. Nervoso e scattante, ha un fisico più asciutto di Paternoster ma anche tanta eleganza in più. Più discontinua invece la squadra campana, capitanata da alcuni fuoriclasse della denominazione Taurasi quali Mastroberardino e Villa Matilde, in evidente calo di forma dovuta forse alle annate non felicissime. Da segnalare la grande delusione (per me, ovvio) della serata, il Vigna Cinque Querce di Molettieri, praticamente l’ombra di se stesso. Poco il territorio “Taurasi” nel bicchiere, confuso forse da stili ed interpretazioni troppo distanti tra loro, indecise tra giocare a zona o a uomo.

Tempo piovoso e ottima la cucina di Peppe Schino, autore di piatti in linea con la serata (tra cui i migliori peperoni cruschi mai assaggiati). Per finire, le pagelle, suddivise per squadre anziché per annate. Sennò che partita è?

Basilicata
Don Anselmo 1999 Paternoster – odori di viola e filo d’erba appena accennato, molto presente il naso di grande finezza. In bocca è un diluvio di tannini finissimi e di grande carattere. Marasca e frutta matura il giusto per il miglior bicchiere della serata. Monumentale. 89
Vigna Corona 2000 Tenuta Le Querce – subito il legno e poco altro al naso. È sempre la grande promessa non mantenuta del Vulture ma la bocca è ferma, poco nervosa e senza acidità. Quel poco di frutto che c’è, non è tipico del Vulture. Toscaneggiante. 82
Macarico 2003 – Nero profondo come note cioccolatose e fruttate che colpiscono dritte al cervello. Tannini levigati e morbidi che lasciano spazio alla marasca, piacevolissima in bocca. L’unico difetto è un calore alcolico eccessivo, ma la bevuta non ne risente più di tanto. Piacevolissimo. 84
La Firma 2003 Cantine del Notaio –  Annata calda e si sente. Subito l’alcol a farla da padrone, poi le ciliegie, more e la viola per ricordarci che l’aglianico c’è. Tannino ringhioso ma motivato, bella acidità nonostate tutto e un grande estratto, giocato sul limite dell’esagerazione. Una certezza. 84
Titolo 2006 Elena Fucci – Bella esecuzione in scioltezza, che apre la strada a uno stile più elegante e bevibile. Oltre alla solita viola si nota un leggero profumo di fichi secchi e note di legno giovane. Bocca diretta, franca, fruttata il giusto, acida al millimetro. Patisce solo al confronto con il 2007, annata eccezionale sul Vulture. Preciso. 83
Titolo 2007 Elena Fucci – L’Aglianico che vorremmo: fine, elegante e di grande carattere. C’è tutto il terroir con in più il bonus di una beva a livelli “umani”. Naso molto presente, vivo e balsamico. Vaniglia, viola e ciliegia e poi in bocca un frutto acidulo e vivo, molto tipico. Brava Elena. 87

Campania
Campoceraso 1997 Struzziero – nonostante l’ètà, ha una piacevolezza che non ti aspetti. Profumi un filo ossidati ma ancora sul limite. L’alcol riscalda la lingua, ma il frutto c’è ancora ed è vivo. Si sente un grande passato dietro le spalle. 85 (sulla fiducia)
Radici Riserva 1998 Mastroberardino – Naso dolce di pasticceria e vaniglia. Palato pulito, preciso in equilibrio perfetto tra frutto e acidità. Il tannino è ancora vivo e setoso dopo 12 anni e qualcosa vorrà pur dire. Mastroberardino è il miglior bicchiere di Taurasi della serata. Assoluto. 86
Taurasi 2000 De Prisco – Ancora fresco e tannico con note di prugna e un palato croccante. L’ossigeno però gioca brutti scherzi e dopo qualche minuto esce fuori uno sgradevole odore di salamoia che rovina tutto. 78
Falerno del Massico Camarato 2003 Villa Matilde – Qualcosa non va fin da subito. Cuoio, pelle che sconfina nel lucido da scarpe e una bocca monotona e povera di frutto. 76
Vigna Cinque Querce 2003 Molettieri – Prima bottiglia che sa di tappo e seconda che sa di delusione. Intendiamoci, i profumi sono precisi e l’Aglianico c’è. Quello che manca è lo scatto alla risposta che un vino così famoso dovrebbe avere. 84
Taurasi 2005 Pietracupa – Piacione, cioccolatoso e facile. Anche troppo per un Aglianico. 80-

Puglia
Aglianico IGT  2007 Antica Enotria
– Aglianico di pianura, morbido e senza asperità, ma un bicchiere di ottima beva. Naso tipico del vitigno, palato rotondo senza quasi acidità. Frutto pieno, maturo di marasche e frutti rossi. 82

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Antonio Tomacelli

Designer, gaudente, editore, ma solo una di queste attività gli riesce davvero bene. Fonda nel 2009 con Massimo Bernardi e Stefano Caffarri il blog Dissapore e, un anno dopo, Intravino e Spigoloso. Lascia il gruppo editoriale portandosi dietro Intravino e un manipolo di eroici bevitori. Classico esempio di migrante che, nato a Torino, va a cercar fortuna al sud, in Puglia. E il bello è che la trova.

7 Commenti

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Vignadelmar

circa 14 anni fa - Link

Caro Antonio, se proprio dobbiamo dare un voto alla disfida fra le due zone quello da te indicato è il punteggio corretto. Però la tenzone è stata più articolata di quello che potrebbe apparire. Si sono confrontati diversi stili, diverse sensibilità e, perchè no, diverse mode. Questo perchè anche di mode vive il vino. Mode che cambiano più o meno rapidamente, mode condivisibili, mode assurde, ma sempre mode. Quello che non cambia invece è il desiderio da parte dell'utilizzatore finale (cit.Avv.Ghedini) è di avere un vino con una spiccata bevibilità ed in questo forse i Taurasi hanno avuto un punteggio medio maggiore, specialmente con i vecchi leoni. Alla prossima !!! . Ciao

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lepergoletorte

circa 14 anni fa - Link

Presente anche io alla serata, ho avuto sensazioni diverse. Vittoria netta dei campani. Radici, Campoceraso e Molettieri secondo me i più buoni della serata in assoluto. Troppo giovani e con un legno ancora prevaricante i due Titolo. Vigna Corona, siamo d'accordo, troppo poco aglianico. La Firma e Don Anselmo poco emozionanti, addirittura un filino sotto il Macarico 2003, miglior aglianico della serata, secondo me... Ciao

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Antonio Tomacelli

circa 14 anni fa - Link

È chiaro che una serata non esaurisce il discorso sull'Aglianico, ma una serata basta per accorgersi che qualcosa non va e quel qualcosa si chiama stile e mode. Il vino, lo sai meglio di me, ne ha passate troppe in questi anni. Guarda caso i miei punteggi più alti sono andati proprio a chi è stato più coerente e refrattario a mode e piacionerie varie. Ecco, quello di Paternoster è un vino che non ha mai seguito i trend, che non fa sconti e che non cerca il facile applauso eppure a distanza di anni è ancora lì a far da esempio a tutti. Anche questo vuol dire essere Aglianico, credo.

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Alberto G.

circa 14 anni fa - Link

Certo che questi produttori con gli altri,tutti insieme devono migliorare la tenuta e l'evoluzione,lo stile. Con Mollettieri siamo d'accordo al 100% ci si aspetterebbe molto molto di piu' da uno dei piu' osannati e cari della Campania.Idem per Struzziero mitico, meno conosciuto meno pubblicizzato ma quasi sempre piu' che dignitoso e con il suo stile.Con l'aglianico si dve fare di piu'.Perche' non pubblicizzate serate come queste?

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Angelo

circa 14 anni fa - Link

Diffile sintetizzare l'Aglianico campano nelle sole etichette degustate, per altro profondamente diverse tra loro per stile oltre che per estrazione ed origine. Buona la scelta di inserire Di Prisco (non De Prisco), strano una performace così sottotono del Cinque Querce, seppur l'annata calda abbia lasciato ad oggi quel poco che rimane del frutto sovramaturo di allora. Come in ogni sfida ai quarti di Champions, c'è sempre il ritorno... o no?

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rossal (rossella+salvatore)

circa 14 anni fa - Link

Ci permettiamo di dire che, forse, un po' di peso per il risultato finale, l'hanno sicuramente avuto le annate scelte. Facciamo un esempio: se aveste scelto il 2000 di Don Anselmo e il '97 Riserva di Mastroberardino, bottiglie entrambe bevute da poco a casa nostra, avrebbe vinto la Campania, a nostro parere.

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Adriano Anglani

circa 14 anni fa - Link

Presente anche io alla serata, non commento Paternoster perchè l'avevo portato io e sarei di parte. Facendo la somma delle mie pagelle anche per me avrebbe vinto questa ideale partita il Vulture, ma nel complesso, e con un giudizio limitato ai vini presenti nella serata, mi è sembrato che il Vulture voglia seguire mode un po' superate di vini sovrabbondanti, giocati troppo sul legno, su morbidezze amaroneggianti, dimenticando talvolta la tipicità, mentre nei vini campani si avvertono in misura minore certe morbidezze eccessive ed in misura maggiore la tipicità che, tirando le somme, significa eleganza.

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