Svetozar Raspopovic, ex-doganiere: “Malvasia è buona per mia anima. Vino condito da natura”

di Emanuele Giannone

NOTA INTRODUTTIVA. Svetozar Raspopovic è una figura chiave dell’enogastronomia in Slovenia. Le risposte a questa intervista di ampio respiro sono pubblicate senza rettifiche per mantenere la forza espressiva del personaggio e del suo italiano, appena sghembo ma più godibile senza filtri.

Il cuore di Lubiana offre ai visitatori suggestioni d’Austria, l’Austria Minor ma parimenti Felix di Salisburgo o Klagenfurt, più che quella monumentale e austera di Vienna. La capitale slovena è Mitteleuropa per eccellenza: oltre cinque secoli sotto al casato asburgico, crocevia delle culture tedesca, slava e latina, equidistante dai centri culturali e commerciali della Duplice Monarchia. Eredità culturale e identità storica sono riemerse intatte dalla pausa federalista e collettivista, incidente geopolitico da archiviare rapidamente.

Gli eventi bellici sono abomini istruiti da personaggi incolti. È suprema rozzezza, insieme a crudeltà e calcolo, quella del vincitore che cassa i segni – lingua, storia, cultura – del vinto e impone i suoi, specialmente quando i due vivevano in simbiosi e reciproca condivisione. Grazie al cielo, molti epuratori si rivelano deficienti. Dutovlje, in italiano Duttogliano, è una frazione del comune di Sezana. Il Carso, terra rossa e sacrario militare della prima guerra mondiale è terra di tutti e di nessuno, ciascuno parla e capisce la lingua dell’altro. Identità e appartenenza sono trasversali e trascendenti, troppo per essere costrette in un passaporto o un inno.

Gli sciovinismi, per paradosso, sembrano attecchire meglio presso quanti ne pagano il prezzo più elevato: i piccoli, i sudditi. Uno di loro, a Dutovlje, lavorava come doganiere e ha compreso per tempo che la storia lo avrebbe nuovamente diseredato. Chi legge sa che trame simili sono già state svolte da molti e certamente meglio. Hašek, Magris, Rigoni Stern, Gradnik, che se ne fanno degli emuli? Insomma, quando si beve? Quando si arriva al ristorante?

Quando si arriva al ristorante, la Gostilna AS di Lubiana, si viene annunciati a Svetozar Raspopovic. Lui giunge al tavolo di lì a poco, senza cerimonie e in abbigliamento di servizio, lo stesso del personale di sala. Il rango può essere desunto dall’auricolare in stile Blade Runner. Montenegrino, uomo evidentemente forte, di grana e stazza balcaniche raffinate dagli anni, dall’abilità nel portarli e, immagino, dalla raggiunta agiatezza. Come Svetozar Raspopovic probabilmente lo conoscono solo familiari e amici stretti. “Raspopovic è il mio cognome perché mio nonno, ottant’anni fa, era un prete. Poi è venuto il comunismo e lui lasciato chiesa, da qui Ras- e -popovic (lett. “un tempo prete”). Sotto lo pseudonimo di Pope è invece noto a molti, sloveni e forestieri, residenti e visitatori, per aver contribuito a rifondare la ristorazione nella rinata repubblica del Monte Tricorno. La gostilna, in sloveno “trattoria”, è al contempo rifugio consueto dalla notorietà per personaggi in vista ed escursione oltre la consuetudine gastronomica per comuni rifugiati. Questo implica che i prezzi siano alti ma non astronomici. Con Pope si parla di tutto quel che importa, cibo e vino, vita e miracoli, rimandando sine die il fatale medio termine.

La vita: Pope lavora in dogana sul Carso, da lì vede Trieste ma attraverso un confine. Il lavoro gli rende facile incontrare persone d’ogni origine e mestiere, tra queste anche chef affermati e – altrettanto importanti per il suo disegno eversivo – piccoli appassionati disposti a raccontare la loro domestica ars coquinaria. Così raccoglie nozioni e coltiva la passione per i prodotti locali, semplici e genuini, per la scelta e la giusta composizione, per la preparazione rispettosa delle tradizioni.

E’ il febbraio del 1988 quando lascia il lavoro alla dogana. “Tutti in quella zona, Dutovlje o Duttogliano in italiano, anche le nonne di ottant’anni hanno consigli da dare e grande cultura della cucina tradizionale”. A Dutovlje Pope apre la sua osteria, denominata AS dalle iniziali dei due figli, con annessi l’orto e una piccola vigna. “All’inizio pochi soldi e tanto cuore”. Si dedica ai piatti della cucina locale, in particolare a quelli a base di pesce, che ottiene sempre di prima scelta grazie a una brigata internazionale di piccoli pescatori, operante nell’ampia fascia costiera tra Grado e Pola e anche oltre, fino alle isole dalmate. Bontà e semplicità dell’offerta, con il volano del passaparola, fanno sì che presto l’osteria sul Carso diventi mèta di pellegrinaggio per triestini e friulani in genere, pendolari della tavola da pranzo. A Dutovlje Svetozar lavora dieci anni, quindi decide di trasferirsi a Lubiana.  “A Lubiana ho lavoro, a Dutovlje è mia casa, anzi la mia e quella per ospiti. Anche mia moglie è di là, carsolina dura, lei non capisce mia filosofia balcanica. Io vivo sempre con ospiti”.

Dal Carso alla Ljubljanica, la nuova Gostilna AS è un ritrovo elegante, senza ostentazione. Pietra grezza e mattoni fanno pensare al riadattamento di un magazzino o d’una taverna, l’arredamento è basato in buona parte su mobilio tardo-ottocentesco o dei primi del Novecento, piattaie e credenze da buon salotto borghese d’epoca. Gli ornamenti – quadri, statue, fioriere – sono sobri, gli spazi ben suddivisi e la giusta distanza tra i tavoli favorisce la discrezione. Chi voglia negarsi anche agli sguardi discreti ha a disposizione dei separé. Il sottofondo è jazz orchestrale e cool, nel tempo della visita si inizia con Count Basie e si finisce con Coleman Hawkins.

L’ora del pranzo è molto avanzata per il costume locale: mi adeguo, chiedendo di limitare portate, porzioni e condimenti. Il cestino del pane è ricco, molto italiano: sei varietà di pane da un forno artigiano, incluse le schiacciatine alle erbe e i grissini integrali con semi di sesamo. Tre tipi di pane bianco, da farine e di formati diversi, un pane giallo da farina di grano e granturco. Mentre inizia l’intervista arriva l’amuse-bouche, una tartara di manzo condita con olio, aceto di Terrano e un battuto di erbe. Succosa, freschissima, di colore rosato intenso e sapore delicato. “Scelta da me, piccoli allevamenti sul Carso, gli animali vivono fuori, mangiano solo erba e sono in stalla solo per dormire, o quando è troppo freddo”.

EG: Da quanti anni fai questo lavoro?
SR: Da 25 anni ma non sono cuoco. Sono ex-doganiere.

La cucina è un interesse di sempre. La ristorazione è stata una scelta di passione?
Io dovevo guardare continuamente a Italia per mio lavoro. Da gente del Carso e da Italia viene la passione per la cucina. La vostra è una grandissima cultura, non solo per il mangiare. Qui da noi c’è tradizione, quindi c’è preparazione tecnica. Ma anche molta curiosità, quindi voglia di rubare tecnica e idee nuove: se non guardo nel piatto degli altri sono finito! Qui siamo fortunati, abbiamo un grande vicino come Italia. Non è lo stesso con Austria, c’è meno fantasia. Anche cucina francese ha una storia importantissima ma è un po’ troppo complicata, voglio dire che ha molte cose che qui non si capiscono.

Ti ispiri ancora alla cucina del confine? Hai incorporato esperienze diverse?
Io rubo tutte vostre idee, tutte idee dal Friuli e da Italia. Anche per i salumi: facciamo salumi come in Friuli, non come negli altri paesi di ex-Jugoslavia, dove usano di più l’affumicatura. Tengo il buono di tutto.

(Intanto presenta il suo olio. Viene dalla porzione slovena dell’Istria, a sud di Trieste, stretta tra due confini. Qui l’ulivo è coltivato da secoli e fornisce un olio leggero. Questo è fragrante di erba tagliata e frutta acerba, al gusto poco piccante e con una nota peculiare di argilla e terra bianca. E’ un blend di bianchera e varietà alloctone, tra queste il leccino. Segue il vino, una Malvasia Istriana vinificata in anfora, 1000 bottiglie prodotte da Pope per sé e per i ristoranti. Fa stappare, prova il tappo e mesce).

Anche il vino è di tua produzione?
Sì, faccio quasi tutto io.

Ti occupi personalmente anche delle lavorazioni in vigna?
Sì, senza di me non va, ho due operai per aiuto ma comando io. E’ solo un ettaro, prendo io tutte le decisioni importanti: io faccio tagli perché so cosa vuole la pianta e cosa voglio io.

Hai solo Malvasia?
Anche un po’ di merlot, ma il merlot è uno sbaglio. Oggi però non avrei forza di togliere e cambiare, non l’energia di aspettare le nuove piante. Il merlot è buon vino per ristorante, malvasia è buona per mia anima.

E’ buona anche per il ristorante.
(Una riuscita vinificazione in anfora. Sale, sabbia di fiume, mandorla, acqua termale, ferro bagnato e argilla. Frutta matura sullo sfondo. L’alcol non prorompe al naso, al gusto è imbastito senza strappi con la trama acida e gli estratti. L’insieme è equilibrato, supporta bene lo sviluppo dei sapori: tornano ferro e note salmastre, i ricordi di frutta mai ingombranti. Bocca fresca e pulita in tutta la progressione, finale su delicati timbri amari – scorza d’agrume, mandorla. Dinamica gustativa continua, vino sempre partecipe e di pulizia esemplare. Servito a temperatura troppo bassa, si è fatto desiderare almeno venti minuti prima di concedersi).
La Malvasia mi dà anche sale per il ristorante. Uso poco sale in cucina, e quando posso prendo dal suo. E’ il sale della terra sul Carso.

Questo vino ricorda la pulizia di certi grandi interpreti…
Senti, io visto anfora in Sizilia, Spagna, anche qui in Slovenia…

…immagino anche in Friuli…
Sì, ma…Josko è Josko! Tanti in Slovenia vuole fare vini come Josko e rubato idea. Pochi sanno fare bene.

Già, Josko. Intorno a lui tanti grandi vignaioli, ma il rischio è di restare semplici imitatori, interpreti necessariamente secondari. Questa Malvasia è buona, ha una sua identità espressiva. Ti aiuta, quindi, Josko Gravner…
Josko è mio amico. A tanti piace idea dell’anfora per fare film, questo vino invece è un’idea di Josko. Lui mi ha detto “fai un po’ di Malvasia da tue parti”, la terra là è nata per Terrano, rossa rossa, dà problemi per coltivare. Se piove diventa dura, si blocca come cemento. C’è tanto lavoro.

Qui manca il vizio “secessionista” che affligge certi vini di questo genere quando si rivelano disuniti, esitanti e scissi nelle componenti acida, alcolica ed estrattiva, indipendentemente dal reale contenuto in alcol. A volte sono molto leggeri, ciononostante pungono e bruciano…
Qui resta solo succo e sale. E’ vino condito da natura. Josko mi dice bravo, io gli dico che non deve. Questo è vino piccolo, io devo fare anche altro. A volte lui mi chiama per dire quando raccogliere o pressare, forse io non posso perché sono impegnato con marmellata di mele o con prugne per fare aceto…però cerco di fare come dice lui e il vino viene bene, si vede che terra e materia sono buone. Josko dà sempre consigli. Sono belle giornate quando io vado da lui, porto un branzino da tanti chili, mangiamo quello e pane e olio, beviamo suo vino. E poi, come sempre tra amici, ci sono le giornate terribili. Quando Miha è andato (il figlio di Josko Gravner è scomparso a 27 anni nel 2009, ndr) io sono andato da Josko, la mia famiglia con la sua, tutta la notte. Senza una parola. Suo figlio era la promessa. Una tragedia per famiglia, per noi e per futuro del vino. Miha era uomo del vino: quando chiedevo consiglio a lui, scherzava perché il suo “secondo papà” chiedeva consiglio. L’ultima volta fu così, poi, una settimana dopo…Era come me, una persona piena di energia, solo più buono.

(Si resta in silenzio, riparando nella Malvasia dall’unico accordo in tono minore suonato durante la conversazione. A Miha, in silenzio).

(Sempre grande pulizia al naso, si susseguono tracce terrose e ferrose, note di foglie appassite, spezie gialle, erbe aromatiche – timo, kümmel, cardamomo – quindi frutta secca, fiori macerati, infusi di camomilla e tiglio. A ragion veduta, abito e postura sono abbastanza gravneriane;  mancano – e non potrebbe essere altrimenti – il movimento lento, il tempo larghissimo…Viene intanto servito il primo piatto, una pasta simile alle sagne, condita con ragù bianco di cappone, erbe e scaglie di grana. Riuscito il connubio tra sapidità e pulizia del vino e i tratti di grassezza e dolcezza del piatto. Le note aromatiche degli ingredienti, ben incorporate, sono sintoniche con quelle tenui e a loro volta bilanciate del liquido).

Fate voi la pasta?
No, la fanno certe signore in casa, sul Carso, oppure il forno del pane.

Quando decidesti di trasferire la gostilna a Lubiana?
Tredici anni fa, tenendo il nome: prime lettere dei miei figli Anna e Sebastian. Loro hanno studiato alla scuola alberghiera di Lubiana, non lavorano con me. Tre anni fa ho fatto un credito e li ho pagati per loro parti. (Una pausa, sorride e scuote leggermente il capo). Io sono un pochino pesante, mio figlio vuole comandare ma io voglio lavorare e vivere senza comanda. Noi siamo come amici, ma non possiamo lavorare nello stesso posto. Ora Sebastian mi sta aiutando a fare nuovo locale (sono in corso lavori di ristrutturazione, n.d.r.). Mia figlia invece ha già una famiglia, non è interessata a questo lavoro.

Perché ti sei trasferito? Si vive meglio qui, o si lavora meglio?
Da tempi di Dutovlje conosco molte persone qui a Lubiana. Ora migliaia, tutta la Slovenia che conta. Primo Ministro mangia qui, avvocati, businessmen più importanti…conosco tutti, tutti conosce me, ho fatto amicizia con molti. Ma ora solo con persone più grandi di me, le persone più in basso non danno a me energia.

Non è proprio un principio democratico…
Grandi per tanti motivi, non solo ricchezza, successo. Io sono geloso di persone che capiscono più di me. Sono molto geloso di te, che capisci di vino più di me, perché capisci più di vita!

Questo in ricordo di Rabelais e del suo Trattato. E’ la tua filosofia?
Nessuna filosofia, io ho 60 anni e ho già visto mia strada. Senza filosofia. Cavalli a mattina e a sera, cavalco 3 ore al giorno. Un paio d’ore in vigna, bagno, pranzo e arrivo qui il pomeriggio.

Capisco. Per riassumere: Lubiana è il tuo lavoro, Dutovlje la tua vita, sei molto contento di entrambe.
E’ così.

Mi fai dare un’occhiata alla lista dei vini?
Cambiamo?

No, resto volentieri alla tua Malvasia, vorrei solo vedere.
Ancora tre anni fa avevamo una carta molto grande, tanti vini pregiati. Ora è più piccola, anche per venire incontro ai clienti. La gente non vuole più spendere per vino come prima.
(La lista è curata soprattutto nelle scelte nazionali, ci sono tutti i nomi noti e un novero encomiabile di artigiani autentici, leggasi Klinec, il suo vicino Brandulin, Čotar, Mlečnik, Tavčar e Renčel, vicino di casa di Pope a Dutovlje. Radikon, Vodopivec e Damijan Podversic sono sotto il titolo curioso di “vignaioli sloveni all’estero”. Poca Francia, poca Italia ma con sorprese, tra le altre un personale oggetto di passione…)

…Comarì del Salem?
Sì. Signora Uberti, che donna severa, che classe! Lei è dura! Non voleva mandare vino, io chiesto tante volte, lei sempre no, poi un giorno telefona, ringrazia per mio interesse e manda. Mi piace molto Franciacorta.

Conosci tutti i produttori sloveni della lista?
Tutti. Movia, Aleš Kristančič, un filosofo. Bravo, vini molto corètti, il preferito di inglesi e americani. Marjan Simcic è mio grande amico, per me numero uno di Slovenia. Marko Fon: matto, matto per vigne! Un matto buono artigiano. Non artigiano come Tripla A, che è showbiz. Gargano è filosofo, grande energia, simpatico, ma anche molto teatro.

Bravo a scegliere per un mercato di nicchia. Per quanto di nicchia è pur sempre mercato, il profitto è primo motore. Nessuna sorpresa, nessuno scandalo.
E poi Josko Renčel, mio vicino, lui parla poco ma vino parla di lui! Aleks Klinec è giovane e già grande interprete di Collio. Conosco bene anche altri, mi piacciono vini perché mi piacciono le persone, per esempio Čotar, Mlečnik…

E questi sloveni in Italia?
Kante e Radikon, grande energia e la senti nei vini. Dario Prinčič, dipende da annata. Certe volte è buono, anche meglio di Radikon, altre volte non capisco.
(Siamo intanto al secondo. Vitello, animali di tre quintali dai noti, piccoli allevamenti sul Carso: è la fracosta, scottata due minuti per lato. Cottura perfetta, esalta la succulenza e rispetta la fibra, tenera ma sensibile, di questo taglio).
Anche questa è nostra selezione. Senti il grasso, è dolce, succoso…Una roba proprio per questo vino.

A Lubiana hai due locali, oltre a questo c’è la Gostilna Na Gradu (trad. Trattoria al Castello, è infatti all’interno del Ljubljanski Grad, il castello medievale che domina la città).
Ho aperto otto mesi fa (a dicembre 2010, n.d.r.) e faccio cucina tipica slovena con formula diversa. A venti-venticinque euro si mangia e beve tutto, dall’antipasto al dolce. Tre euro un antipasto o un dolce, dieci un piatto di carne, otto euro un litro di vino. La lista dei vini è più ordinaria. E’ altra filosofia, per altro tipo di clientela. Molti turisti, soprattutto sloveni, molte imprese: con duemila euro mangiano bene cento persone. In questi tempi, con crisi, è filosofia giusta: venti euro è la spesa giusta per mangiare, magari cinque o dieci in più se cliente vuole. Cucina meno di ricerca, più tradizionale: molta carne, stufati o arrosti di vitello, agnello, maiale, anche pasta, žlikrofi…

L’offerta in Italia scoraggia spesso chi vuole mangiare a prezzi ragionevoli. Vi sono eccezioni, ma si è persa la cultura di una cucina popolare di buona esecuzione e a prezzi popolari…
…ma cultura gastronomica è proprio questo! Ricerca è giusta, ma è per élite…

…appunto. Quale aria tira a Lubiana?
Io ti ho detto: da noi c’è preparazione tecnica, tradizione e anche curiosità. Forse siamo più aperti perché tradizione non è abitudine. Noi abbiamo proposte continuamente rinnovate, sempre con idee che vengono da fuori. La variazione attira molte persone, da tutto il paese. Però cultura gastronomica fake c’è anche qui, come c’è vino fake. Certi basano tutto su ambiente elegante, formalità, bravi camerieri…ma non è qui il punto! Ricerca, curiosità, preparazione tecnica. Devi far mangiare tutti, ricco, meno ricco e poaréto. In tempi di crisi devi adattarti. I ristoranti importanti hanno prezzi troppo elevati e offerta sempre uguale.

Vieni spesso in Italia? Hai chef italiani di riferimento, hai mangiato di recente in ristoranti famosi?
Heinz Beck alla Pergola. Molto buono ma, come dire, un po’ rigido. Razionale, si sente ispirazione tedesca.

In che senso?
E’ come uno studio, o programma. C’è poco di spontaneo, poco animo.

Altri posti a Roma? Altre località?
Agata e Romeo, buona cucina, simpatici ma per me poco avanti, una proposta che non sorprende. In altri posti mi piace Le Calandre e moltissimo Don Alfonso. Lui è forse il top, là mando anche miei collaboratori a fare scuola di cucina.

La Malvasia è alla fine. Ti riesce sempre così pulita?
Secondo Josko, e io sono d’accordo, certe annate ha odori un po’ duri, forse per lungo contatto con le fecce. Restano a fondo dell’anfora e il vino è senza contatto con l’aria. Josko mi ha consigliato travasi, ora ne faccio ogni anno. Tre volte. Dopo tre travasi il vino è completamente pulito.

Produci anche distillati?
Solo poco distillato di mie prugne, un barile o poco più. L’ultima volta 230 litri da 4 tonnellate di frutto, solo cuore. In Montenegro beviamo molto i distillati, però qualità non è alta. Ho goduto veramente dei distillati conoscendo distillatori italiani. Prima Nonino, Poli, Nardini…poi ho capito che distillati migliori vengono da chi fa solo distillazione e non industria. Sviluppando il gusto ho capito che ai grandi distillatori manca qualcosa. Ma non ho ancora capito cosa.

Hai conosciuto Gianni Capovilla?
No, tanti hanno parlato di lui ma non lo conosco.

Pope, ti ringrazio molto per l’accoglienza e la disponibilità. Ci rivediamo prossimamente, in occasione del Festival del Vino di Lubiana.
Grazie a te, sei benvenuto.

POSTILLA. La sera si visita il secondo locale, Na Gradu. Ottanta euro in quattro per assaggiare gli žlikrofi, gnocchi di farina e patate ripieni di carne di maiale con ragù di funghi e profumo di dragoncello; gli gnocchi conditi con salsa di pomodoro e cacio ricotta; ancora gli žlikrofi, stavolta con ripieno di carni miste e condito con ragù di agnello profumato al timo. I secondi: arrosto di vitello con patate al forno e zucchine grigliate, e uno stufato di fesa o culatta di manzo. Buoni. Per chiudere Kobariški štruklji, gli strucoli alla maniera di Caporetto, cioè ripieni di noci, miele e uva sultanina. Da bere Ribolla di Slavček, succhi fatti in casa di sambuco e di menta. Locale per convivi informali, piatti tradizionali curati e dal rapporto qualità-prezzo molto conveniente.

Tu non ricordi la casa dei doganieri
sul rialzo a strapiombo sulla scogliera:
desolata t’attende dalla sera
in cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri
e vi sostò irrequieto.

Libeccio sferza da anni le vecchie mura
e il suono del tuo riso non è più lieto:
la bussola va impazzita all’avventura
e il calcolo dei dadi più non torna.

Tu non ricordi; altro tempo frastorna
la tua memoria; un filo s’addipana.

(Da “La casa dei doganieri”, nella raccolta “Le Occasioni” di Eugenio Montale)

[Foto: Gostilna na gradu]

Emanuele Giannone

(alias Eleutherius Grootjans). Romano con due quarti di marchigianità, uno siculo e uno toscano. Non laureato in Bacco, baccalaureato aziendalista. Bevo per dimenticare le matrici di portafoglio, i business plan, i cantieri navali, Susanna Tamaro, il gol di Turone, la ruota di Ann Noble e la legge morale dentro di me.

26 Commenti

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gilgamesh

circa 13 anni fa - Link

Ma questa Malvasia non si trova da nessuna parte in Italia, neanche Friuli o Veneto?

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Marossi

circa 13 anni fa - Link

E ora da dove sbuca fuori questo Giannone? Bravo, bellissima questa fluviale intervista. Se poi chiudi con Montale, con me prendi il massimo dei voti.

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Eleutherius Grootjans

circa 13 anni fa - Link

Grazie Marossi, anche perché in effetti l'intervista è quasi esondante. In effetti speravo che non valicasse i limiti della gonadogalattosi. Giannone è un prodotto del cilindro-Morichetti, frequenta Intravino da un po', Montale più o meno dal tempo delle mele.

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Marossi

circa 13 anni fa - Link

Morichetti? "Da poco sul corso è passato a volo un messo infernale". Diciamo che avrei preferito che il pezzo iniziasse in medias res, cioè praticamente con l'intervista, dopo un breve cappello. Ma ciò non toglie che mi è piaciuto. Bella storia.

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Eleutherius Grootjans

circa 13 anni fa - Link

Hai ragione. E' un'osservazione opportuna e utile, ti ringrazio molto

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Massimiliano Montes

circa 13 anni fa - Link

Mi piace mi piace sei bravissimo, colto, scrivi benissimo

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Giulia Angela

circa 13 anni fa - Link

Emanuele, bellissimo articolo, superbo. Le parole diventano immagini a colori, con odori e rumori. Grande Emanuele. Io sto cercando di realizzare il mio piccolo sogno, spero in un futuro molto prossimo di essere intervistata da te, (!) e, ti prego, la foto come quella scattata al tuo amico Pope, mi piace troppo. Ciao. Giulia

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Eleutherius Grootjans

circa 13 anni fa - Link

Pope è stato un interlocutore perfetto: per l'interesse dei contenuti e per la forza espressiva. Reddite quae sunt Moricis MoriciI Perché in verità, cara Giulia, anche la foto viene dal cilindro-Morichetti! A lui il merito. In effetti la foto è molto bella. Per l'intervista (quelle honneur!) son qua.

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Nelle Nuvole

circa 13 anni fa - Link

Commovente. Se posso fare un appunto, da vecchia preistorica, é che avrei preferito sfogliare le pagine di questo racconto, piuttosto che scorrerlo col dito sulla tastiera. L'introduzione l'ho letta una sola volta, mentre la storia dell'uomo, raccontata da lui stesso, molte di più.E ad ogni rilettura ho imparato qualcosa. Sei stato bravo a dare spazio con domande garbate e non prevaricatrici.

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Emanuele Giannone

circa 13 anni fa - Link

Grazie. L'appunto è condivisibile, il taglio non era forse quello più adatto per il blog, sono comunque contento che abbia prevalso l'argomento principe - la persona, il suo racconto - su quello delle linee-guida editoriali.

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Emanuele Giannone

circa 13 anni fa - Link

PS - Gilgamesh: no, non penso. La quantità prodotta è minima e destinata al consumo familiare e ai due ristoranti.

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Gilgamesh

circa 13 anni fa - Link

...magari si potrebbe provare a chiederla a Gravner!

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Emanuele Giannone

circa 13 anni fa - Link

Mi sembrerebbe appena incongruo. Oppure apprezzerebbe lo spirito.

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filippo polidori

circa 13 anni fa - Link

Finalmente!!!!!! è uno dei migliori ristoranti del Nord Italia compresa... grandissima materia prima, e lui è davvero un "grande uomo" con Josko le poche volte che si esce è per andare da lui...

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Giovanni Corazzol

circa 13 anni fa - Link

il richiamo ad Hasek è improprio. Hasek è mio. Sc'veik è mio. Io sono l'unico iscritto italiano al Partito per il progresso moderato nei limiti consentiti dalla legge. non tollero intrusioni. stai alla larga Giannone. ti ho avvisato.

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Emanuele Giannone

circa 13 anni fa - Link

Miii! Chi è là, Piscator?

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Giovanni Corazzol

circa 13 anni fa - Link

"Non me ne importa una merda" direbbe il buon oste Palivec. Non faccia sfoggio di erudizione fuori luogo o le scateno contro mezza Malà Strana signor Giannone. Ad ogni buon conto, Hasek a parte, il suo post è un bel leggere.

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Emanuele Giannone

circa 13 anni fa - Link

Grazie, e quanto alla minaccia dia pure corso: anzi, scateni pure tutto il piccolo quartiere con annessi povidkì malostranskè. Ripellino all'ala destra, centravanti veda lei. Mai minaccia fu più apprezzata e benvenuta. Con i migliori saluti da una trasferta sul Subappennino Dauno.

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Giovanni Corazzol

circa 13 anni fa - Link

Lei insiste a violare il mio pantheon. Vado a dar forma umanoide al fango. L'ha voluto lei. Addio.

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Marossi

circa 13 anni fa - Link

Occhio al Golem (per una volta non c'entra la famigerata 'macchina del fango', sia lodato il Cielo)

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Emanuele Giannone

circa 13 anni fa - Link

Vorrei poter dire, Rabbi Loew: "Ore ventiquattro, Stary Zidovsky Hrbitov". Ma l'attuale collocazione offrirebbe tutt'al più un mesto (non-Stare!) "Casello Candela, uscita A16". I'll rather back down.

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Giulia A.

circa 13 anni fa - Link

Quest'articolo di Emanuele Giannone e' senza dubbio uno dei "pezzi" piu' belli letti qui ed altrove; merita davvero come segnalava Nelle Nuvole di essere ricordato su carta. Cerchiamo di godere della bellezza, da qualsiasi parte essa provenga, piuttosto che cercare di offuscarla. Grazie.

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vincenzo busiello

circa 13 anni fa - Link

vorrei sapere di più su "questo" Emanuele Giannone. Come si dice in certi casi :E' un articolo che avrei voluto scrivere io. sono rimasto a bocca aperta e un poco commosso molto TOSTA l'associazione con la casa dei doganieri bellissimo articolo, bravo.

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Marossi

circa 13 anni fa - Link

Faccio il dinosauro contronatura, e dico che anziché su carta questa intervista sarebbe stata emozionante sul video, con le pause giuste, le luci giuste, la Ciancio giusta.

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Eleutherius Grootjans

circa 13 anni fa - Link

Mi è piaciuto il tono. La si può leggere anche su qualche rivista?

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Eleutherius Grootjans

circa 13 anni fa - Link

Pardon: Corazziol, era per lei.

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