Nuovi mestieri: recensire etichette

di Antonio Tomacelli

etichette_novello1La prima etichetta tra le centomila esposte nel Museo Internazionale dell’Etichetta del Vino di Cupramontana, nelle Marche, è scritta in bella calligrafia su di un pezzetto di carta bianca: “Barolo” c’è scritto, nient’altro; giusto per capire la provenienza. Ha più di cento anni, risale al tempo in cui il Barolo si vendeva in botti, ed il produttore allegava le etichette, utili all’imbottigliatore finale; comunque l’etichetta riportava solo il “terroir”, nemmeno il vitigno,  primo  esempio di marketing territoriale. Oggi l’etichetta del vino (e la vita di noi grafici, perché io quello sono) è più complicata, per colpa dello sdoppiamento tra “etichetta di fantasia”, quella frontale, ed etichetta di legge, che sta quasi sempre dietro (retro, per i NAS).  Sono state le cantine Toscane, e la loro manìa di spiegare l’abbinamento al vino  con “formaggi verminosi e cacciagione da piuma” che hanno fatto diventare la retro un romanzo a puntate ed il territorio di caccia preferito dei pubblicitari, gentaglia che gode a scrivere spiritosaggini del tipo “uve raccolte al chiaro di luna da vergini scarsamente coperte”. Vi risparmio il capitolo “caratteristiche organolettiche” per carità di casta, ma voglio svelarvi un segreto: il 99% dei copywriter odia il vino e beve solo Cocacola, certe volte neanche la Cola. Il loro incubo peggiore? Nascere nelle Langhe o in Borgogna, posti dove le etichette dei vini sono ancora quelle che stamparono Cavour e Robespierre: più che battere cassa, qui si batte la fame! Noi grafici diciamo che “l’etichetta è una soglia tra produttore e consumatore”; a volte sarebbe meglio “non aprire quella porta”.

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Antonio Tomacelli

Designer, gaudente, editore, ma solo una di queste attività gli riesce davvero bene. Fonda nel 2009 con Massimo Bernardi e Stefano Caffarri il blog Dissapore e, un anno dopo, Intravino e Spigoloso. Lascia il gruppo editoriale portandosi dietro Intravino e un manipolo di eroici bevitori. Classico esempio di migrante che, nato a Torino, va a cercar fortuna al sud, in Puglia. E il bello è che la trova.

5 Commenti

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Lizzy

circa 15 anni fa - Link

Beh, io (essere proveniente da un altro pianeta) sono anche copywriter, oltre che wine writer. Quindi il vino lo assaggio, lo degusto, lo bevo (e non lo sputo quasi mai). Ciò premesso, confermo che le retro sono un autentico incubo, specie se vivi nella terra dell'Amarone, il vino più manipolato del mondo (insieme allo Champagne), dove i produttori pretendono che tu condensi nello spazio fisico di un francobollo un'enciclopedia di nozioni: storia, progetto viticolo, terreno, uve, tecniche di appassimento e vinificazione, caratteristiche organolettiche e abbinamenti. Il tutto ovviamente in uno stile "emozionale". Io glielo dico sempre che un bel grafismo anche in retro vale più di 1000 parole (sono disposta a rinunciare al mio guadagno pur di non dover sottostare a questa tortura), ma niente, la (loro)vanità ha sempre il sopravvento... :( L.

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Francesco Annibali

circa 15 anni fa - Link

I ragazzi di Autoctono (autoctono.it) coi quali collaboro da anni hanno avuto l'idea di trasformare la retroetichetta dei vini in un racconto. A me sembra una genialata (anche perchè le ho scritte quasi tutte io...). Il progetto si chiama Vino Parlante.

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Francesco Annibali

circa 15 anni fa - Link

Ecco il link: http://www.autoctono.it/index.php?azione=t_news&id=78

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vignereimanonposso

circa 15 anni fa - Link

conosco il progetto. mi piace

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gianpaolo

circa 15 anni fa - Link

anche io conosco il progetto, ed infatti anche io vi partecipo da quest'anno. Tra l'altro per me e' un piacere collaborare con Christian Fabrizio dopo oltre 15 anni di conoscenza "universitaria".

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