La qualità è una strada in salita ma quando ti chiami Vigne Marina Coppi…

di Mauro Mattei

Anteporre i fatti alle parole, mettere nel bicchiere l’evidenza, tradurre la realtà delle cose in pochi sorsi: Francesco Bellocchio, vignaiolo in Castellania, la pensa così. Al nostro primo incontro, ha esordito orgoglioso frugando nella borsa per tirare fuori delle bottiglie. Aprendole, con l’impeto di chi ha la necessità di raccontare qualcosa, ha mostrato come – con il bicchiere di fronte – sia semplice parlare di quello che fai. Il tuo lavoro, le tue idee, diventano oggetto e s’intuisce chi sei veramente, s’intravede la meta. Francesco, rafforzato da questa certezza, viaggia con il vino in spalla, pronto ad esibirlo con convinzione ed umiltà contadina.

Il racconto parte dalla bottiglia ma lui riesce a ritagliarsi un ruolo importante; versando insieme al vino ricordi e sensazioni, andando a toccare – quasi inconsciamente – la sua sfera personale, si prende la briga di renderlo più succulento. Senza bisogno di indagare, capiamo che la sua è una storia complessa: terra magra, vigna e voglia di interpretare un territorio in maniera pulita (senza compromessi né rischi), sono gli elementi che si alternano al comando, componendo l’intreccio. E poi, quel cognome in etichetta – Marina Coppi, mamma di Francesco, è la figlia di Fausto “il campionissimo” – parla di sfide, cose non dette, sudore, grandezza e silenzio: sembra il perno su cui avvitare un percorso difficile.

L’azienda è nata nel 2003, le vigne sono giovani eppure non lo diresti. L’avventura è all’inizio e Francesco non lo nasconde. Lui, con lo zelo di chi ha progetti chiari in testa, sperimenta, trema e gioisce. L’obiettivo primario è l’integrità del frutto. Concentrazione, bevibilità, opulenza, mineralità: queste le sensazioni che emergono. Certo – fremendo alla ricerca della struttura – si potrebbe perdere di vista la finezza, bruciando la sfumatura. Eppure il gioco sembra valere la candela. E’ questa la linea sottile su cui corrono i vini dei Colli Tortonesi, è questo lo spazio che si ritaglia il timorasso: la varietà più rappresentativa del territorio, al momento.

Senza cercare omologazione, senza troppe paturnie, giocando il ruolo di outsider, l’azienda di Francesco Bellocchio segue la stessa trama. “Fausto”, il timorasso in purezza di Vigne Marina Coppi, saltella sul bordo dell’eccesso, beffardo. Potente e roccioso, è il vino che rappresenta l’apice qualitativo della loro produzione. E’ motivo di vanto e cruccio per Francesco, tanto sembra distendere la sua ombra su tutto il resto, catalizzando l’attenzione su di se. Ma noi non fatichiamo a guardare oltre, riusciamo a distogliere lo sguardo rimanendo affascinati dalla bellezza meno vistosa. E’ così che siamo rimasti colpiti da “Marine”, un vino  dal tratto elegante e minerale: un centopercento favorita – raccolta tardivamente – che senza troppa esuberanza parla di terreni marnosi e frutto. Altrettanto efficace, nella sua austerità, è la Barbera “I Grop”. Un vino disegnato in maniera classica dalla botte grande: fresco, riconoscibile, materico eppure snello.

La strada della qualità è lunga, relazionarsi con il mercato è complicato. Ancora più difficile è mettere al servizio degli altri le proprie consapevolezze, in una regione – il Piemonte – che stordisce per il livello dell’offerta. E’ per questo che invidiamo la tenacia di Francesco Bellocchio, l’ostinazione. Tutt’in giro per l’azienda ci sono delle foto, parlano di muscoli tesi, sforzo e tensione. Ecco noi Francesco l’immaginiamo così, aggrappato alla sua cantina, in salita. Con il traguardo sempre più vicino.

Mauro Mattei

Sommelier multitasking (quasi ciociaro, piemontese d'adozione, siculo acquisito), si muove in rete con lo stesso tasso alcolico della vita reale.

7 Commenti

Danilo Ingannamorte

circa 13 anni fa - Link

Grande Mauro! Bellissimo modo di raccontare un produttore. Il timorasso è davvero una varietà interessante. In altri produttori ho notato che spesso si cerca di "stupire" e sicuramente uno dei motivi di questo recente successo sta anche nelle scelte coraggiose dei vignaioli. A volte però su delle annate vecchie si perde un po' di freschezza, pensi che sia un problema proprio dell'uva o una conseguenza di vendemmie un po' grasse?

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Mauro Mattei

circa 13 anni fa - Link

Io penso si tratti di un insieme di fattori (annate calde e ricerca di concentrazione in primis). Ci sono vini che colpiscono per l'opulenza, non c'è che dire, eppure sarei curioso di testarne l'effettiva longevità. Non ci resta che rimandare questa discussione, va bene fra cinque anni o ti sembra troppo presto? :)

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Danilo Ingannamorte

circa 13 anni fa - Link

Segnato, va bene. ma nel frattempo che si beve? Solo gin tonic?:)

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maricler

circa 13 anni fa - Link

Bevuto stasera, da Aimo. "Plastica bruciata", così descritto (con un certo coraggio, ammetto) da Federico Graziani, e "fiori secchi": l'ho scelto perché ne avevo letto qui, grazie della segnalazione :)

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