La carta dei vini? Pesa come un mattone, diverte la metà

di Antonio Tomacelli

Immagine 4Noiosa e pesante. Dite la verità, quando vi portano la carta dei vini al ristorante, vi assale lo sconforto. A me, per dire, quei due volumi zeppi di nomi fanno lo stesso effetto delle tremila pagine di Guerra e Pace, noia e pesantezza in una botta sola. Vabbeh, cominciamo l’avvincente lettura. Vediamo… Sassicaia c’è, Brunelli a iosa, Barolo in quantità e poi quei due o tre siculo-campani che fanno tendenza. E l’Amarone? Tranquilli, c’è e lotta insieme a noi, solo che devi arrivare alla V di Veneto (fine del primo tomo).

Lo sbadiglio è partito, per cui passo al secondo volume intitolato “I Vini Bianchi”. Inutile aspettarsi colpi di scena, ci sono i soliti trentatrè-trentini e qualche bianco campano capitato per caso. Secondo sbadiglio e avrei voglia di ordinare al cameriere “il solito”. Sì, lo so cosa state pensando: “una buona carta dei vini deve pur cominciare da qualcosa e poi mica si possono buttare via le vecchie glorie del vino italiano”. D’accordo con voi, ma un outsider ogni tanto non mi dispiacerebbe, eh! Io qua rischio di invecchiare senza aver mai bevuto un vino della Val d’Aosta, rendo l’idea? Lo so che la carta richiede impegno e lavoro ma suvvia! un po’ di sforzo.

Pensa che bello sentirsi dire al ristorante: “è il mese dei vini liguri, signore” oppure “è la settimana dei vini ortodinamici“. Mi accontenterei anche di un semplice: “assaggi questo, è di un giovane vignaiolo scoperto da noi”. Dio, come suona bene…

L’ispirazione qui

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Antonio Tomacelli

Designer, gaudente, editore, ma solo una di queste attività gli riesce davvero bene. Fonda nel 2009 con Massimo Bernardi e Stefano Caffarri il blog Dissapore e, un anno dopo, Intravino e Spigoloso. Lascia il gruppo editoriale portandosi dietro Intravino e un manipolo di eroici bevitori. Classico esempio di migrante che, nato a Torino, va a cercar fortuna al sud, in Puglia. E il bello è che la trova.

8 Commenti

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Vignadelmar

circa 14 anni fa - Link

Definire quell'assoluto capolavoro della letteratura universale che è "Guerra e Pace" di Tolstoj, come un compendio di noia e pesantezza, trovo sia quanto meno "strano". Così come il paragonarlo ad una voluminosa carta dei vini, di qualsiasi ristorante al mondo, Pinchiorri incluso. . Ahhhhhhhhhhh, magari tutti si leggessero almeno le ottocentesche letterature russa e francese !!!! Forse potremmo capire meglio il cibo, il vino, la convivialità, lo stare assieme, l'ospitalità e perchè no anche le radici dell'odierna ristorazione. . Ciao

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Antonio Tomacelli

circa 14 anni fa - Link

Mah, io sulla letteratura russa ho una visione Fantozziana...

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fabrizio scarpato

circa 14 anni fa - Link

Spero finisca il tempo delle carte monumentali. Posso capire grandissimi ristoranti (al Celler de Can Roca arrivano con un carrellino a tre scomparti con tre tomi pazzeschi, che nemmeno ho avuto coraggio di guardare), anzi anche lì lo capisco poco, ma in genere credo sarebbe preferibile la rotazione stagionale, tanto il distributore ha in carta diverse aziende, di una ventina/trentina di etichette ciascuna per bianchi e rossi, suddivisi, a seconda delle caratteristiche del locale, in due, tre fasce di prezzo. Ogni forma, ogni idea, ogni criterio selettivo, sia nella scrittura che nella proposta, come si dice nel post, sarebbe benvenuta e renderebbe più viva la scelta e la carta. Se uno, poi, vuol tenere una cassa di Petrus, en attendant un improbabile Abramovich, scriverà, a margine, della disponibilità di etichette e annate di prestigio per il prezzo delle quali il sommelier o il personale potrà volentieri fornire le opportune delucidazioni. Il vero problema è capire il perchè delle carte mastodontiche, a chi giova, se è una imposizione del sistema e del mercato, se è un modo, oggi forse un po' alla corda per via della crisi, per ricaricare sui prezzi, eccetera eccetera.

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Tomaso

circa 14 anni fa - Link

Ho paura che il problema sia anche di costume, non di rado mi sento dire, da persone che il vino lo bevono con piacere ma non si son messi a studiarlo "hai provato quel ristorante? E' di livello, ha una una carta dei vini di un certo spessore". Mah, sarà, ma non sono ancora riuscito a capire se sia pigrizia del distributore o del ristoratore....

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fabrizio scarpato

circa 14 anni fa - Link

Concordo. Ma qualcuno o qualcosa, nel tempo, avrà pur determinato, al di là di fantasmagoriche eccezioni che dovrebbero confermare una regola di maggior controllo, la tendenza all'equazione più vini = miglior ristorante. In realtà ti insegnano che far girare una cantina, renderla redditizia non è cosa facile: quasi quasi sembrerebbe più semplice accatastare vini civetta per ottenere patente di grandeur e relativi ricarichi sulle addizioni.

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Maurizio Cortese

circa 14 anni fa - Link

La tendenza generale è quella di ridurre drasticamente il numero di etichette. Ovvi i motivi, immobilizzo di capitali e anche la raggiunta consapevolezza che quei libroni servono a poco. Sono finiti i tempi dell'equazione grande carta uguale grande ristorante. Per me il "grande ristorante" è quello dove il sommelier sa accompagnare la tua cena facendoti scoprire nuovi vini ben abbinati al cibo senza farti spendere un capitale. Un paio di mesi fa il sommelier di Vissani mi disse "stiamo razionalizzando la carta". Finalmente.

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Vignadelmar

circa 14 anni fa - Link

Trovo l'esempio Vissani giusto ma fino ad un certo punto. Nel senso che la carta del Maestro non è mai stata additata come fra le più elefantiache fra i ristoranti blasonati d'Italia. Ben altre erano (e forse sono ancora) le carte bibliche, senza dover necessariamente scomodare Pinchiorri. Sono comunque contento che adottino un'ulteriore razionalizzazione. Quello che alcuni anni addietro caratterizzava la carta del Maestro erano i ricarichi enormi e non giustificabili. Quei ricarichi ora sono notevolmente diminuiti. Ecco, quello del "giusto ricarico" sui vini è un tema che dovrebbe far riflettere molti di noi ristoratori. Chi non lo ha ancora capito si aggiornasse in fretta, i ricarichi spaventosi non sono più tollerati dalla clientela e sono economicamente deleteri per chi li pratica. . Ciao

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Tomaso

circa 14 anni fa - Link

Ma io non sono, modestamente, dell'idea che si debba per forza operare in riduzione della carta, secondo me basterebbe essere coerenti. Voglio dire, se vuoi far si che i vini siano il tuo punto di forza e vuoi che questa esclusività ti dia premio "basterebbe" gestirla attivamente. Se fai stoccaggio e fai un inventario allora si che immobilizzi, ma se inizi a gestire la cosa attivamente facendola diventare una tua peculiarità allora le cose cambiano. Un esempio, serate a tema su vini che non si trovano e che vanno fuori dal solito "formaggi e vini abbinati", magari degustazioni che ti fanno conoscere "vini possibili", con piatti affatto elaborati ma altrettanto non scontati. Io l'ho visto con nicola cavallaro, che ha accoppiato vini come il dolcetto e la barbera a piatti interessanti ma non per forza per esperti a prezzi che spendi volentieri. Ed è anche uno dei pochi che assaggiando un sur lie non m'ha detto "sto vino ha il fondo" e s'è messo a proporlo perchè lo ha trovato interessante e ci ha abbinato dei fiori fritti. Lo so lo so, parliamo sempre degli stessi, ma cavolo, in fin dei conti non possiamo prescindere dal vedere che i piaceri che fino a ieri eravamo pronti a goderci, oggi sono diventati più lontani per colpa dell'impoverimento medio che abbiamo subito con sta benedetta crisi, quindiè lecito pensare a qualcosa ... Alternativamente basterebbe assistere i poveri malcapitati per fargli vedere quegli angoli della bibbia che possono aprire mondi a chi abbia voglia di inserire nel piacevole trascorrere della serata anche un angolino per sperimentare un vino non necessariamente nuovo o strano, ma anche, semplicemente dimenticato o diverso. my two cents

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