Il Mario Rossi delle Doc di Puglia

di Antonio Tomacelli

andria_4aProblema: c’è da scegliere il nome per una nuova DOC: voi a cosa dareste la precedenza, al territorio o al vitigno?

Non affrettatevi a dire “territorio” se siete quelli che urlano per un Brunello taroccato-Cabernet e lasciatemi spiegare cosa succede nella mia regione. La lunghissima Puglia vinicola (400km) è divisa in partes tres: il Salento (territorio) a sud, un marchio che ha cannibalizzato una decina di Doc a base negroamaro, il centro-sud del Primitivo di Manduria Doc (vitigno) ed il centro-nord a fare da outsider. Qui, in una zona lunga cento chilometri, le tante denominazioni a base Nero di Troia hanno vivacchiato invidiando i vicini, finché non si è deciso di dare vita all’ennesima DOC promossa da comuni, province e consorzi che, speriamo, sostituirà le altre.

Al momento di scegliere il nome, la decisione che accontenta tutti: Terre del Nero di Troia, ovvero il niente in tre parole. Il dibattito è ancora aperto, ma è inutile sperare in soluzioni coraggiose quando di mezzo c’è la politica. A me, per esempio, sarebbe piaciuto un allargamento della doc Castel del Monte, visto che i castelli federiciani coprono tutto il territorio e sono patrimonio culturale comune. In attesa che il dio Bacco illumini le menti,  vi ripropongo la domanda: territorio o vitigno?

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Antonio Tomacelli

Designer, gaudente, editore, ma solo una di queste attività gli riesce davvero bene. Fonda nel 2009 con Massimo Bernardi e Stefano Caffarri il blog Dissapore e, un anno dopo, Intravino e Spigoloso. Lascia il gruppo editoriale portandosi dietro Intravino e un manipolo di eroici bevitori. Classico esempio di migrante che, nato a Torino, va a cercar fortuna al sud, in Puglia. E il bello è che la trova.

18 Commenti

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Luciano Pignataro

circa 15 anni fa - Link

In Italia siamo specialisti nel creare doc pensando che alla norma segua il commercio e non viceversa Terre del Nero di Troia è l'ennesima stronzata a cui saremo costretti ad assistere, come se l'eutanasia di almeno una decina di doc pugliesi non avesse insegnato nulla a nessuno. Né territorio, né vitigno. Possibilmente vino

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Franco Ziliani

circa 15 anni fa - Link

veramente un nome stupido, sono proprio stati "geniali" nell'arrivare ad una "soluzione" tanto banale... Povera amatissima Puglia!

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Enzo Scivetti

circa 15 anni fa - Link

Antò!! non posso concedermi qualche giorno di febbre che trovo novità così sconvolgenti!!! ma chi ha avuto la geniale idea di proporre questa nuova doc? e per quali territori? mi piacerebbe proprio capire come il mondo intero posso collocare su una cartina geografica la "Terra del Nero di Troia" senza alcun riferimento geografico! Scommetto che sarà possibile anche l'assemblaggio con altri uve "black block"! Se sostituisse le presenti (fattore positivo) comunque dovrebbe richiamare il territorio nel nome e dovrebbe lasciar possibile l'indicazione della vecchia doc di riferimento come sottozona. Allora un senso ci sarebbe e la storia di Sansevero piuttosto che di barletta, Cerignola ecc. non si perderebbe con un colpo di spugna. Il problema maggiore da risovere invece dovrebbe riguardare la diminuzione delle rese per ettaro ed il sostegno alla qualità reale di produzione rispetto a tanta "acqua minerale speciale" tuttora prodotti per dar sostegno a strutture produttive obsolete che contaminano il mercato trascinando sempre più in basso il prezzo (se ancor così può chiamarsi) dei vini pugliesi. A che serve trovare sul mercato vini, spesso dauni o salentini, alla elevatissima valutazione diretta al pubblico di ben Euro 0,80, bottiglia, tappo, capsula, etichetta, grafico, commerciale e tutto quant'altro incluso (anche l'IVA del 20%). Ci penseranno?

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Antonio Tomacelli

circa 15 anni fa - Link

Ne parla (strombazza) anche l'amata gazzetta qui: http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/GdM_dallapuglia_NOTIZIA_01.php?IDNotizia=255177&IDCategoria=1 Il disciplinare proposto parla di una zona che va da Lucera a Ruvo di Puglia, isole comprese! :-)

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Vignadelmar

circa 15 anni fa - Link

Fra vitigno e territorio io scelgo il Terroir. In ogni penso anche io che il nome scelto sia orrendo. Siccome la storia va di moda è buona l'idea di allargare la DOC di Castel del Monte ma scatterebbero invidie a profusione; forse meglio sarebbe Castelli Federiciani di Puglia DOC, oppure Terre Federiciane di Puglia DOC, oppure Tenimenti Federiciani di Puglia DOC.....verificando bene prima se esistano già Aziende e/o Produttori con nomi simili. Invece si potrebbe pensare a Lucera, la città martire del post Federico II (importantissima sotto di lui) ed al suo castello: Castello di Lucera - Nero di Troia DOC oppure Lucera - Nero di Troia DOC ed infine Terre di Lucera - Nero di Troia DOC. Avrebbe anche come secondo effetto di valorizzare sempre e non solo Castel del Monte. Ciao

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Pasquale Porcelli

circa 15 anni fa - Link

Se lasciassimo le cose come stanno? sono tra quelli, che credono che avere troppe DOC fa male alla salute. A quella dei consumatori innanzitutto che capiscono sempre meno in un mare di denominazioni che la cui individuazione geografica e quindi lo sbandierato territorio è sempre più difficile ; a quella dei viticoltori che pensano che la Doc li possa salvare dall’uva a 30 euro al quintale.

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Riccardo Francalancia Vivanti Siebzehner

circa 15 anni fa - Link

Sottoscrivo !!!!!

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francesco bonfio

circa 15 anni fa - Link

Prima di discutere se il nome sia stupido (Ziliani) o orrendo (Vignadelmar), forse verificherei la possibilità di chiamare la denominazione con il nome di un vitigno che come tale NON può essere oggetto di protezione. Credo che la UE non darebbe mai il riconoscimento ad una denominazione con questo nome. Francesco Bonfio

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Antonio Tomacelli

circa 15 anni fa - Link

E secondo te decine di Comuni, due Province, svariati consorzi, cooperative vinicole, esperti enologi e comunicatori starebbero commettendo un sì pacchiano errore? Mi sa che hai ragione....:-)

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francesco bonfio

circa 15 anni fa - Link

Se è per questo La regione Toscana, l'amministrazione Provinciale di Siena, tutte le associazioni agricole,la Camera di Commercio e gli allevatori che li ascoltavano hanno aspettato anni per ottenere il riconoscimento di una IGP "Cinta senese". Agli uffici della Comunità preposti al riconscimento delle indicazioni geografiche protette è bastato accorgersi che "cinta senese" è il nome di una razza animale e pertanto NON soggetta a protezione per bocciare inappellabilmente la richiesta. Aggiungo che alla denominazione Terre del Nero di Troia manca completamete il riferimento geografico che è parte essenziale di una denominazione. Cordialità, Francesco Bonfio

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Luigi Di Tuccio

circa 15 anni fa - Link

alcune osservazioni: "Terre del nero di Troia" ha un chiaro riferimento geografico in quanto TROIA è anche un comune della Provincia di Foggia. I Troiani infatti sostengono che l'UVA DI TROIA sia figlia del loro territorio, e non è un caso che il sindaco del comune sia presidente del comitato promotore della nuova DOC. -l'idea pertanto era quella di cogliere territorio e Vitigno con un solo nome. Ora non so se come dice il Sig. Bonfio, il fatto che nome del vitigno (che in effetti si chiama UVA DI TROIA) e Doc coincidano sia un ostacolo dal punto di vista normativo. - Concordo infine con quanto dice Enzo a proposito di disciplinari, quantitativi e qualità della DOC, ma ci sono troppe cooperative nel comitato e di conseguenza troppa politica...... e non devo aggiungere altro. - In definitiva io sarei favorevole ad una doc che tuteli il Nero di Troia e che inquadri l'intera provincia di foggia, oggi disseminata di Micro DOC assurde.

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francesco bonfio

circa 15 anni fa - Link

Buonasera signor Di Tuccio. Il vitigno si chiama Uva di Troia ma come sinonimo ha Nero di Troia. Più che un riferimento geografico legato al nome del comune del foggiano ritengo che Troia sia una specificazione della varietà (come per esempio Trebbiano Toscano e Trebbiano di Soave). Il fatto che gli abitanti del comune di Troia sostengano che la varietà è figlia di quel territorio semmai sarebbe una argomentazione in più per chiedere ed ottenere una doc Troia limitata al solo territorio amministrativo del comune e/o a quelli limitrofi, eventualità che evidentemente per opportunità di tipo politico non può essere nemmeno presa in considerazione. Condivido comunque la sostanza della ciritca etrovi assurda l'intera questione. Cordialità, Francesco Bonfio

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Lizzy

circa 15 anni fa - Link

Questione di ore e anche questo problema cesserà di essere tale. http://cucina.blogautore.espresso.repubblica.it/litalia-dei-vini-dopo-locm-ue/

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Paolo Bargelloni

circa 15 anni fa - Link

Anch'io preferisco il territorio, anche perché nessun vitigno è veramente autoctono, ma è il territorio che ne dà il carattere. Non si può neanche frammentare troppo il territorio e non si deve esagerare con l'internalizzazione. Da un lato, si avranno DOC sconosciute e introvabili, dall'altro si avrà una serie di prodotti tutti uguali, senza personalità, banali.

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Enzo Scivetti

circa 15 anni fa - Link

ragazzi, ma perchè, per buona pace dei foggiani, non creare una DAUNIA Nero di Troia doc con le eventuali sottozone (attuali doc) contemplate ed estendere Castel del Monte a tutto il territorio che dal castello si può ammirare, quindi Canosa e Barletta, anche in questo caso con menzione delle sottozone. Così tutti felici e contenti, Daunia-man e BAT-man!!!

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Enzo Scivetti

circa 15 anni fa - Link

E naturalmente estendee il concetto alle 10dico10 doc salentine del negroamaro allo stesso modo con la creazione della DOC Salento con 10dico10 sottozone!!

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Nicola Pascazio

circa 15 anni fa - Link

Scusate, ma a cosa servono i disciplinari ed i relativi commenti attorno ad essi (il mio in testa a tutti) se ci sono ancora migliaia di aziende (o pseudo tali) capaci solo di foraggiare il "sistema"? Queste non dovrebbero nemmeno fare il vino (surrogato)! Senza dimenticare le "DOC G(ARANTITA??????"..... GARANTITA DA COSA E DA CHI? DAI GARANTI DEI DISCIPLINARI? Lunga vita alle terre della puglia. Lunga vita al vino delle cantine VERE, lunga vita agli enologi, agli agronomi che sanno scendere ai compromessi.....solamente con la natura. LUNGA VITA ALLE UVE DI TROIA che rischiano di essere etichettate e maltrattate costrette ad una descrizione sdrucita e arrabbattata dagli uomini di scarsa volontà.

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chicovite

circa 14 anni fa - Link

Credo di poter dare un utile contributo e nuovi elementi all’interessante discussione (unica voce fuori del coro rispetto alla stampa allineata di questi giorni) sulla bocciatura della DOC Terre del Nero di Troia. Innanzi tutto sono fermamente convinto che fregiarsi di un marchio DOC sia una legittima aspirazione di ogni territorio in grado di produrre vini di qualità; è però pur vero che: 1) esistono delle chiare leggi da rispettare; 2) occorre non collidere o danneggiare altre DOC ed altri produttori; 3) va considerato e privilegiato, rispetto al campanile, un prevalente interesse generale del “Sistema Regione”; 4) occorre considerare i dictat del mercato con le sue ineluttabili regole economiche. Leggendo ed ascoltando tutte le notizie di stampa (Gazzetta del Mezzogiorno, Telenorba, Puglianews, Teleradioerre, Teleblu, ecc.) fatte scrivere o comunque sollecitate dal Consorzio promotore e/o da Esponenti politici locali, sembrerebbe che il parere negativo espresso dalla Regione e dal suo Comitato Vitivinicolo sia dettato da “inaccettabili” ragioni politiche; niente di più falso!!! Sarebbe più utile considerare i marchi e quindi le DOC, in modo pragmatico e concreto piuttosto che romantico, ciò che in realtà sono: “uno strumento di mercato”; la questione non è quindi che il nome scelto sia bello o brutto ma che risponda a precise esigenze economiche generali. So che da oltre 15 anni nell’Assessorato Regionale (e da circa 2 nel giovane Comitato consultivo vitivinicolo) si discute e si è convinti della necessità di semplificare il sistema delle DOC Pugliesi, peraltro riconducibili a non più di 4 diverse tipologie varietali (vini base Negro Amaro/Malvasia nera, base Uva di Troia, base Primitivo ed i Bianchi di Valle d’Itria e Gravina), spesso con disciplinari identici; molte DOC rivendicano pochissimo, sono sconosciute agli stessi consumatori pugliesi, non possono permettersi un Consorzio di tutela né incisive e costose azioni di marketing territoriale e promozione; in pratica esistono ormai solo per ragioni di campanile creando oltretutto grande confusione tra i consumatori. Tecnicamente sarebbe razionale sopprimere alcune DOC ma, poichè nessun politico avrebbe mai il coraggio di farlo, una possibile soluzione sarebbe costituire 2-3 nuove DOC cosiddette ad “ombrello”, ampie e più semplici da promuovere, che possano pian piano far convergere i produttori delle piccole DOC. Tale direzione è stata ad esempio intrapresa dalla Regione Piemonte che, pur possedendo alcune delle DOC più note d’Italia, ha costituito l’omonima DOC Piemonte. Il comportamento del Comitato vitivinicolo e della Regione mi sembra quindi coerente a questa strada logica della semplificazione e del mercato. E' da apprezzare come la Puglia abbia ad esempio istituito solo 5 IGT mentre numerose altre Regioni ne hanno create molte di più. Il Comitato ha coerentemente saputo esprimere parere negativo all’istituzione dell’ennesima denominazione Salentina (DOC “Melissano”) peraltro politicamente sponsorizzata. E’ stata recentemente inviata al MiPAF, con l’unanime parere favorevole delle 12 DOC dell’area, delle Organizzazioni di categoria ed il sostegno del Comitato vitivinicolo, la proposta di riconoscimento di 2 nuove DOC (appunto ad ombrello) “Negroamaro di Terra d’Otranto” e “Terra d’Otranto” con l’obiettivo di semplificare il sistema. Chiarita la logica e la posizione generale del Comitato vitivinicolo regionale conviene comunque fare qualche ulteriore considerazione particolare sulla proposta del Nero di Troia. Personalmente ritengo legittimo e condivisibile il tentativo di proteggere a livello Comunitario, con lo stratagemma dell’omonimia Vitigno-Comune (come ad es. fatto in Veneto con il Prosecco), la varietà autoctona pugliese (peraltro purtroppo già presente, senza che ne esistano vigneti, nei disciplinari di produzione di numerose IGT di altre Regioni); ciò andrebbe però fatto con una DOC, appunto ad “ombrello”, che comprenda tutti i territori in cui il vitigno è presente (su poco più di 2.000 ettari) e storicamente coltivato, senza escludere nessuno. E’ peraltro comprensibile la posizione contraria del Consorzio della DOC Castel del Monte rispetto alla nuova Denominazione e soprattutto al suo nome; immagino che alcune possibili ragioni possano essere: a) i notevoli capitali investiti per 40 anni per promuovere il vitigno e la sua tipologia monovarietale “Castel del Monte Uva di Troia”; b) la richiesta di riconoscimento in atto della DOCG “Castel del Monte Uva di Troia” che potrebbe subirne danni; c) il considerare illegittima l’appropriazione del nome del vitigno che è diffuso soprattutto nell’area del Castel del Monte; d) le possibili complicazioni legali correlate alla richiesta di protezione del marchio “Terre del nero di Troia”. A mio avviso la proposta delle Terre del Nero di Troia , nei necessari contatti ed accordi preventivi con le altre DOC, è stata politicamente gestita molto male; anzicch’è cercare una soluzione tecnicamente valida che mettesse tutti d’accordo e non fosse discriminatoria, si è scelta una strada più breve ma unilaterale, necessariamente destinata ad un ineluttabile scontro; non a caso, molto probabilmente per riuscire a raggiungere la necessaria % di rappresentatività richiesta dalla normativa, nell’ultima versione del disciplinare il territorio di produzione è stato ristretto escludendo, dopo la pubblicazione sul BURP, addirittura il territorio di Canosa (Comune da cui deriva l’originario nome del vitigno appunto “Uva di Canosa”, successivamente denominato anche Troja o Uva di Troia). Definirei inaccettabile, piuttosto che il parere negativo del Comitato vitivinicolo, proprio la proposta dell’ennesima (la 26esima) DOC di vecchio stampo campanilistico (con poco più di 230 ettari ovvero appena l’11% delle superfici regionali investite con Uva di Troia). Concludendo questo fin troppo lungo intervento, poiché ritengo il disciplinare di produzione valido ed anche innovativo, penso si possa trovare una soluzione che, modificando il nome e/o il territorio di produzione, sia largamente condivisa e migliorativa; consiglierei quindi alla Regione, anzicchè tornare sui propri passi e rimangiarsi un parere tecnicamente valido e motivato, di promuovere l’apertura di un tavolo di concertazione tra tutti i soggetti interessati (Comitato promotore, altre DOC, Organizzazioni di Categoria, Regione, Comitato Vitivinicolo) per tornare a discutere “alla luce del sole” nell’interesse dell’intera vitivinicoltura ed enologia Pugliese.

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