I capisaldi della Via Emilia

di Jacopo Cossater

Pensi alla Via Emilia, magari d’estate, e subito la mente vola alla pianura. Calda e apparentemente infinita. Alle sue città, ordinatamente riposte sulla mappa una dopo l’altra. Dal finestrino scorrono via veloci, il panorama sembra sempre lo stesso. Pensi alle sue genti, apparentemente così diverse ma poi non così tanto, dalle porte di Milano fino giù, al mare. Pensi a tutte queste cose, magari anche al lambrusco e ai popcorn, e magari ti dimentichi che proprio lì a fianco iniziano le colline, quelle che poi salgono fino a diventare l’Appennino, quello Tosco-Emiliano. E dove c’è collina c’è vite. Quindi vino. Quindi vignaioli. Ecco, pensi alla Via Emilia e il rischio è quello di dimenticare quanto proprio il vino possa essere un altro filo conduttore, un altro modo di vederla e di scoprirla.

In provincia di Pavia Lino Maga ti accoglie forse diffidente, ma ci vogliono poche decine di minuti perchè il ghiaccio si sciolga e le parole comincino a scorrere via via più veloci. Eccoti quindi a scoprire che era proprio lì, in quella che una volta era la vecchia cantina lungo la strada del paese, che nasceva uno dei più stupefacenti vini italiani. Oggi c’è una sorta di punto vendita ed ufficio, una grande stanza che nella sua accoglienza trasuda storia da ogni dettaglio. Dalle foto con Veronelli e Brera alle tante bottiglie esposte di ogni provenienza ed annata. E’ lì che il Lino Maga ti racconta con orgoglio di una battaglia legale durata ventitré anni. Una lotta volta unicamente a difendere il nome di un vino e di una vigna, quello che avevano sempre fatto. Il famoso Barbacarlo.
Un vino che forse più di ogni altro è figlio dell’annata che lo vede nascere. Un vino capace di essere appena abboccato nel 2006 e verticalissimo nel 2009 come nel 2005. Un vino che forse è da considerarsi come il padre spirituale di tutte le rifermentazioni naturali in bottiglia tornate prepotentemente alla ribalta negli ultimi anni. Croatina, uva rara, vespolina, barbera trovano una simbiosi straordinaria in un vino capace di sfidare il tempo. Il 1983, l’anno in cui finalmente la legge si decise a dichiarare che Barbacarlo era uno e soltanto uno, è asciutto e rigoroso, avvolgente e lunghissimo. Di una finezza a tratti rurale, ma al tempo stesso di rara eleganza. La sua voce, quella di Lino Maga, assume una dimensione di grande profondità mentre riassaggia i suoi vini in un continuo susseguirsi di parole e di silenzi. Anche quando parla del Montebuono, altro vino/vigneto. Altra sorpresa.

Più giù, vicino Parma, Camillo Donati produce soprattutto lambrusco, uno dei pochi a gestirlo a queste altezze. Ma quando ti siedi con lui capisci quanto non sia possibile inquadrare il suo lavoro in un unico vino. Entusiasta e curioso è capace come pochi altri di coinvolgerti nel piacere della scoperta. Quella del cabernet franc, per dire. Davvero, non avresti mai pensato che un 2005 potesse essere ancora così straordinariamente vivo ed elettrico. Ma anche tutto il resto. La barbera è una sicurezza, il 2006 in una grande annata. E la malvasia, il trebbiano, il sauvignon, il merlot. Vini immediatamente riconoscibili anche nello stile. Come se a Langhirano ci fosse questa grande capacità di coniugare al meglio i tre elementi più importanti che cerchi nel vino: vitigno, terroir e uomo. Vini la cui presa di spuma è elemento capace di semplificarne i tratti e al tempo stesso di donare profondità e leggiadria.

Anche Vittorio Graziano, non così lontano da Modena, è conosciuto -a ragione- per il suo lambrusco. E’ uno di quelli di grande spessore, strutturato e bevibilissimo. Un esempio. E’ vulcanico nel raccontarti i suoi vini, i bicchieri si vuotano e si riempiono alla stessa velocità con cui parla. Ecco quindi i due bianchi: il Tarbianaaz, un trebbiano fatto ancora con un cappello di gesso in vinificazione, e soprattutto il Ripa di Sopravento, uno dei vini più bevibili di sempre. Sarà stato il caldo, ma ogni sorso ti richiamava il successivo. Come lo Smilzo, il rosato.

Tre vignaioli quindi, uniti non solo da quella strada sempre così vicina ma anche dalle rifermentazioni in bottiglia. O di più, tre uomini capaci di produrre splendidi esempi di vini di territorio. E poi, fatto non indifferente, ti sei ritrovato a scoprire che la Via Emilia, d’estate, è anche e soprattutto generosità. Quella che hai trovato nei vini e nelle persone.

Jacopo Cossater

Docente di marketing del vino e di giornalismo enogastronomico, è specializzato nel racconto del vino e appassionato delle sue ripercussioni sociali. Tra gli altri, ha realizzato i podcast Vino sul Divano e La Retroetichetta, collabora con l'inserto Cibo del quotidiano Domani e ha cofondato il magazine cartaceo Verticale. Qui su Intravino dal 2009.

14 Commenti

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Nic Marsèl

circa 13 anni fa - Link

Jacopo, mi pice moltissimo Camillo Donati, che sono andato a trovare l'estate scorsa in un viaggio simile al tuo, ma sono confuso su un punto : se la rifermentazione in bottiglia è uno dei cardini della filosofia produttiva, quando questa non avviene (e succede), come dobbiamo giudicare quel vino, difettoso? non riuscito? o solo figlio dell'annata? In realtà, rimanendo un residuo zuccherino, le sue versioni "ferme" (bolle a parte ovviamente) risultano estremamente diverse da quelle correttamente rifermentate.

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Jacopo Cossater

circa 13 anni fa - Link

Credo che il 2009 (per i rossi) rimarrà per Camillo un grande cruccio. Lui per primo ammette l'errore e la mia posizione è quella che anche tu ribadisci. Purtroppo non è un vino riuscito. Credo che giudicarlo sia impossibile proprio per essere nato con lo scopo di rifermentare, dopo l'inverno, in bottiglia. Bevuto fermo è evidente manchi di qualcosa.

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Simone F

circa 13 anni fa - Link

Scusate l'ignoranza, ma come si fa a capire se il vino è rifermentato o no? Basta che "frizzi"? Io comunque ricordo un Pinot Bianco 06 di Donati completamente fermo..

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Jacopo Cossater

circa 13 anni fa - Link

Ops, il pinot bianco di Camillo mi manca. Comunque si, tutti i vini con le bollicine sono figli di una seconda fermentazione. Nei casi nominati nel post questa avviene in bottiglia ma, a differenza del metodo classico (lo stesso degli Champagne) non c'è sboccatura, ovvero quell'operazione che permette di eliminare i depositi delle fecce (sono certo mi scuserete per tal approssimativa spiegazione).

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Francesco Maule

circa 13 anni fa - Link

GRANDI GRANDISSIMI TUTTI E TRE! TRE SOMMI MAESTRI DIREI. GRAN BEL POST JACOPO, GRAN BEL POST!

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anonimo

circa 13 anni fa - Link

ognittanto un post sul lambrusco vi scappa, manigoldi. non potete farne a meno. è la vostra droga. a vi fa arrazzare. vi perdono perchè siete giovani e ancora acerbi. tutto quello che frizza e prodotto nei dintorni del ducato di maria luiga vi riporta indietro alle prime sbronze e ai vhs di ciccolina. propongo una moratoria di almeno un mese.che cali il silenzio sul lambrusco e sullo champagne. poi quando finalmente mi inviteranno ad una grigliata modenese qualcuno vi vendicherà.

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she-wolf

circa 13 anni fa - Link

Anonimo New Entry, quando impazzavano i vhs di Moana e Cicciolina questi bolgghisti qui erano ancora in mente dei. Peccato, perché gli avrebbe fatto bene scafarsi un poco con il duo di cui sopra. Avrebbero capito che l'uso migliore per il Lambrusco 99,9% é un bello sciampo. E per lo sciampagne una jacuzzi a tre piazze.

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Nic Marsèl

circa 13 anni fa - Link

Anonimo non è un New Entry ma una vecchia conoscenza di questo sito che il qui sotto Gian Paolo ha incontrato di persona al Vinitaly ... da intravino ... distribuiva magliette e salame di prima qualità... :-)

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she-wolf

circa 13 anni fa - Link

Ma và! E io che mi credevo che era un camion (cit. Mai dire gol)! Ho dimenticato di ringraziare Jacopo Cossater per aver nobilitato la Via Emilia con questo bel post, non solo quei produttori di Lambrusco che lo meritano. Grazie.

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gian paolo

circa 13 anni fa - Link

ops mi sento tirato in ballo e balliamo e balleremo...caro anonimo non hai ancora sentito niente perchè quei fighetti di romagnoli sono a fare gli sburoni in spiaggia con le tedesche..beati loro e io a lavorare..vedrai che la chiamata arriverà... Tornando topic o topac che mi piace dipiù, vorrei sottolineare che l'ex mio capo- Vittorio!!- è un grande produttore anche di vino fermo; il suo Sassoscuro è veramente un ottimo vino e capostipite dei rossi fermi Modenesi e non solo aggiungo io!!Ciao GP

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Marco De Tomasi

circa 13 anni fa - Link

bevvi, cassandoli, tanti lambrusco. Nessuno incontrava il mio favore. Poi incontrai Vittorio Graziano, e mi si aprì un mondo !

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Luca Miraglia

circa 13 anni fa - Link

Da napoletano e, mi si passi il termine, eno-archeologo, ho scoperto in là con gli anni i "grandi" del Lambrusco: Camillo Donati è un monumento di coerenza e tutti, tutti i suoi vini ne rappresentano il rigore in vigna ed in cantina; sono quindi restato molto soddisfatto quando, preso dapprima in giro per averli offerti in qualche cena domestica, ho lasciato gli ospiti a bocca aperta. Vittorio Graziano è "oltre", oltre qualsiasi orizzonte enoico che riterresti raggiungibile: lui è uno, dieci, cento passi più in là, ad affabulare, raccontare, incazzarsi per il mondo che "va così"; l'ho conosciuto lo scorso Novembre a "Vinnatur Taranto" e conservo la foto scattata con lui come un bellissimo ricordo di una grande giornata trascorsa fra "uomini veri".

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VioLanTE

circa 13 anni fa - Link

Io direi semplicemente che la Via Emilia è davvero lunga.. oltre ad eccellenze presentate al Vinitaly per la regione Emilia-Romagna (o bassa Lombardia)ci sono alcune piccole realtà che meritano il passaggio lungo la Via. (e mi permetto di precisare che non tutti i lambrischi sono così beverini, benchè volti a sopperire alla cultura gastronomica della loro regione) :-) See u next.

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